Suolo e Salute

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APPUNTAMENTO A BOLOGNA CON IL VINO “SLOW”

APPUNTAMENTO A BOLOGNA CON IL VINO “SLOW”

La seconda edizione dell’evento dedicato al vino buono, pulito e giusto organizzato da BolognaFiere e Slowfood dal 26 al 28 febbraio 2023

Il vino slow torna a Bologna. Dopo il successo dell’anno scorso (con 500 cantine da 18 Paesi) torna dal 26 al 28 febbraio 2023 Slow Wine Fair, l’evento internazionale dedicato al vino buono, pulito e giusto, organizzato da Bologna Fiere con la collaborazione di Slow Food.

Il manifesto del vino buono, pulito e giusto

Le cantine che si riconoscono nei criteri stabiliti dal manifesto di Slowfood devono adottare una filosofia produttiva positiva e sostenibile.

Una filosofia che mira a creare vini che siano lo specchio del terroir di provenienza, che valorizzino la biodiversità e rispettino il paesaggio, che siano il frutto di una rete di collaborazione con la comunità agricola del territorio in cui sono prodotti. Che siano amici dell’ambiente, e dunque prodotti secondo un uso sostenibile e cosciente delle risorse ambientali e senza utilizzare sostanze chimiche di sintesi.

Le novità

Durante i tre giorni della manifestazione si riuniranno centinaia di produttori da tutto il mondo in laboratori, dibattiti, degustazioni e con l’esposizione di migliaia di etichette provenienti da ogni parte del globo.

Tra le novità del 2023, lo spazio dedicato alle bevande spiritose e l’area dei partner della sostenibilità, con soluzioni tecnologiche, impianti, attrezzature e servizi connessi alla filiera del vino. #SlowWineFair2023

«IL BIOLOGICO È ANCORA UNA STRATEGIA DI INTERESSE NAZIONALE?»

«IL BIOLOGICO È ANCORA UNA STRATEGIA DI INTERESSE NAZIONALE?»

Appello congiunto di Aiab e Federbio al ministero della sovranità alimentare. I fondi per la conversione al biologico sono infatti messi a rischio da un “codicillo temporale”. Assicurazioni di pronto intervento dal dicastero di via XX Settembre

«All’avvio della nuova programmazione del Piano Strategico Nazionale della PAC  si rischia una trappola per il bio: un codicillo temporale potrebbe rendere inaccessibili i finanziamenti per molte nuove imprese che hanno deciso di scommettere sul futuro green dell’agricoltura italiana».

La lettera delle associazioni

È quanto dichiarano Mariagrazia Mammuccini e Giuseppe Romano, presidenti rispettivamentedi FederBio ed Aiab, le due associazioni di rappresentanza del settore biologico, che alla fine di dicembre hanno inviato una lettera al Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (Masaf) e per conoscenza agli assessori regionali all’agricoltura.

«Abbiamo voluto evidenziare – spiegano i Presidenti – che fissare una scadenza al 31 dicembre per la presentazione delle notifiche biologiche, in un quadro di totale incertezza, sarebbe stato assolutamente inopportuno e controproducente per il conseguimento degli obiettivi del Piano Strategico per la PAC, nel quale è previsto che, entro il 2027, i terreni coltivati con metodo di produzione bio devono arrivare al 25% della superficie agricola totale nazionale». «Tale imposizione avrebbe limitato fortemente l’accesso di nuove realtà agricole che in questo periodo stanno valutando le informazioni sulla nuova PAC al fine di programmare le proprie scelte future».

Il Masaf si muove

«Il Masaf – aggiungono – a tal riguardo ha attivato una serie di interlocuzioni con gli uffici della Commissione Europea, che auspichiamo diano quanto prima un esito positivo con una proroga dei termini di presentazione delle notifiche biologiche». Le associazioni sono determinate nel continuare a fare pressione fino a quando non sarà trovata una soluzione. «La crisi economica dovuta al caro energia e la lotta contro il cambiamento climatico richiedono scelte politiche coraggiose che tengano conto dell’importanza della riconversione green nell’ottica di semplificazione degli iter burocratici: il biologico è uno strumento importantissimo per l’uscita dalle crisi del comparto agricolo. Sarebbe stato assurdo che un cavillo burocratico fermasse la crescita dell’agricoltura biologica nazionale».

GIRASOLE BIO, COLTURA “DA REDDITO”

GIRASOLE BIO, COLTURA “DA REDDITO”

Uno studio pubblicato sulla rivista L’Informatore Agrario mette in evidenza le potenzialità di una coltura che unisce vantaggi ambientali ed economici

Più 34% di fatturato e addirittura +69% di ricavi. Uno studio pubblicato sulla rivista l’Informatore Agrario mette in evidenza i vantaggi del girasole alto oleico coltivato secondo i dettami dell’agricoltura biologica.

La sperimentazione, che ha coinvolto un nutrito team di ricercatori (L. Dalla Costa, P. Belvini, L. Masaro, M. Vianello, L. Marcon, A. Leoni, D. Carnio, G. La Malfa, A. Dalla Riva, M. Galazzo), svolta presso l’azienda di Castelfranco Veneto (Treviso) dell’Istituto agrario «Isiss Domenico Sartor» ha verificato la fattibilità tecnico-economica della conduzione bio, a confronto con convenzionale, del girasole.

I risultati produttivi

Secondo i ricercatori: «il livello produttivo raggiunto dal girasole è risultato buono, considerando che si trattava di quasi un secondo raccolto, avendolo seminato l’11 giugno». La tesi «biologico» ha fornito, nella media dei due ibridi, una produzione inferiore dell’8%. Tale minore prestazione è imputabile alla minore produzione media per pianta. All’analisi dei caratteri del seme, solo l’acidità è risultata superiore nel bio.

Conto economico

Le differenze emergono però con clamore nel conto economico. I costi di produzione sono infatti risultati superiori nelle tesi biologiche (+ 26%). La plv è risultata superiore nella coltura biologica (+34%), grazie al migliore prezzo di commercializzazione del girasole biologico (+44%). La differenza tra PLV e costi evidenzia un margine migliore nella coltivazione biologica di quasi il 70%.

GIUSEPPE DE NOIA È NUOVO PRESIDENTE ANABIO-CIA

GIUSEPPE DE NOIA È NUOVO PRESIDENTE ANABIO-CIA

L’impegno del neo presidente: tutelare il primato italiano nel bio e raggiungere gli obiettivi del Green deal e sostenendo l’impegno delle aziende bio

Giuseppe De Noia è il nuovo presidente di Anabio, l’associazione per il biologico promossa da Cia-Agricoltori Italiani.

L’identikit

Imprenditore pugliese, di Terlizzi, 51 anni, Di Noia è stato votato dall’Assemblea elettiva nazionale riunita il 7 dicembre a Roma. Possiede un’azienda olivicola e vitivinicola biologica a cui affianca la coltivazione di ciliegie e di fico fiorone Domenico Tauro, prodotto tutelato in biodiversità.

Attualmente è presidente di Cia Levante (Bari e Bat), oltre a far parte del Comitato di gestione e amministrazione del Distretto Florovivaistico e del Cibo di Puglia e del Consiglio della Camera di Commercio di Bari in rappresentanza del settore primario. Resterà alla guida di Anabio-Cia per i prossimi quattro anni, succedendo a Federico Marchini, al vertice negli ultimi due mandati.

I numeri

«L’Italia oggi è chiamata a difendere un primato prestigioso nel settore biologico -ha detto De Noia-. Il nostro Paese vanta la più alta percentuale di superfici bio sul totale (17%), a fronte di una media europea ancora ferma al 9% e ben lontana dall’obiettivo del 25% indicato dal Green Deal per il 2030».

«Un target importante che, invece, noi possiamo centrare, arrivando a toccare i 3 milioni di ettari coltivati a bio dai 2,2 milioni attuali».

Per farlo secondo Di Noia occorre però informare e sostenere le aziende agricole affinché beneficino appieno di tutti i nuovi strumenti, normativi ed economici, necessari per affrontare la crisi globale e diventare davvero protagonisti e custodi della transizione verde in agricoltura.

AIAB: «IL BIO È IL VERO MODELLO VINCENTE DI SOSTENIBILITÀ»

AIAB: «IL BIO È IL VERO MODELLO VINCENTE DI SOSTENIBILITÀ»

Lo dichiara il Presidente Giuseppe Romano che propone una convergenza di interessi per fare diventare il biologico come modello riferimento per il nostro sistema produttivo

«Parlare di agricoltura biologica oggi significa parlare di futuro e di sostenibilità, perciò i riflettori sono sempre più puntati verso questo tipo di attività che ha fatto tanta strada».

Una rete virtuosa

È quanto ha dichiarato Giuseppe Romano, presidente di Aiab (Associazione Italiana Agricoltura Biologica), intervenuto all’evento “C’era una volta il BIO”, promosso da Slow Food Roma, presso il Mercato Centrale. «Aiab – ha aggiunto Romano – ha fatto la storia del biologico italiano, mettendo in rete le tante realtà bio d’Italia e promuovendone gli interessi».

Un modello di riferimento

«Sicuramente – ha continuato – siamo soddisfatti della strada che abbiamo percorso e di dove siamo arrivati, ma sappiamo bene che ora come ora non possiamo fermarci, dobbiamo far sentire sempre di più la voce dei produttori biologici affinché questo modello di agricoltura che rispetta l’ambiente in modo certificato e garantito possa affermarsi sempre di più come modello principale di produzione agricola».

UN MILIONE DI OLIVI BIO ENTRO 2030

UN MILIONE DI OLIVI BIO ENTRO 2030

Monini prosegue nell’impegno di fare nascere un polmone verde capace di sequestrare fino a 50 mila tonnellate di anidride carbonica in 10 anni Oltre 650 mila già piantumati tra Umbria e Toscana

Un milione di nuovi olivi nel cuore dell’Italia entro il 2030, di cui oltre 650 mila già piantumati tra Umbria e Toscana e coltivati al 100% in regime biologico.

In occasione della Giornata mondiale dell’olivo, istituita il 26 novembre di ogni anno dall’Unesco, Monini ha presentato i primi risultati del progetto Bosco Monini, avviato due anni fa.

L’impegno ambientale

L’azienda sottolinea attraverso una nota che il nuovo “polmone verde”, realizzato prevalentemente su terreni abbandonati e riqualificati, «ha un forte impatto ambientale: le nuove piante proteggono la salute del terreno e lo preservano da rischi di erosione, tutelano la ricchezza dell’olivicoltura italiana e delle sue cultivar e instaurano un sistema virtuoso di salvaguardia della biodiversità».

100% carbon neutral

Gli alberi consentiranno di sequestrare fino a 50 mila tonnellate di anidride carbonica in 10 anni. Un dato che si somma al progetto “100% carbon neutral”, dedicato a Monini classico e a quello Delicato. «Con questo progetto – spiega Zefferino Monini, presidente e ad dell’azienda – vogliamo contribuire a promuovere un’olivicoltura di qualità che sia italiana fin dall’origine e che sia sostenibile sotto il profilo ambientale, sociale ed economico. L’olivo rappresenta per la nostra famiglia la vita da oltre tre generazioni e con questo progetto vogliamo difendere il nostro futuro e quello di chi verrà dopo di noi».