Suolo e Salute

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STUDIO LUISS: L’ALIMENTAZIONE BIOLOGICA AIUTA GLI SPORTIVI

STUDIO LUISS: L’ALIMENTAZIONE BIOLOGICA AIUTA GLI SPORTIVI

Migliori recuperi, riduzione peso corporeo, maggior benessere psico-fisico, migliori prestazioni: i risultati sorprendenti ottenuti dal confronto tra due diversi gruppi di atleti dei team As Luiss Volley alimentati con dieta bio e convenzionale

È stato presentato a Roma lo studio “Alimentazione biologica, performance sportiva e stili di vita” condotto da Sport Luiss Lab (Libera università internazionale degli studi sociali Guido Carli).

Un documento che mostra i benefici che gli sportivi possono ottenere da un piano alimentare personalizzato a base di alimenti biologici e sostenibili.

 

Squadre a confronto

Un gruppo di atleti dei team As Luiss Volley ha seguito un piano nutrizionale a base di alimenti biologici, mentre un secondo gruppo ha seguito le consuete abitudini alimentari, adottando schemi dietetici personalizzati. Dopo appena un mese, entrambi i gruppi hanno ottenuto benefici evidenti. In particolare, la dieta biologica ha portato a risultati sorprendenti. Da migliori recuperi e prestazioni sportive, a una riduzione del peso corporeo, fino a un maggior benessere psico-fisico.

 

Doppio vantaggio

«L’inclusione di alimenti biologici – afferma Stefano D’Ottavio, direttore scientifico Luiss Sport Lab – nella dieta quotidiana degli atleti ha avuto un impatto significativo sulla diversità dei prodotti alimentari consumati e ha incoraggiato la formazione di sane abitudini alimentari». Lo schema di alimentazione più sostenibile utilizzato ha determinato un maggiore utilizzo di alimenti di origine vegetale, con un doppio vantaggio per la salute degli atleti e per quella del pianeta.

SEMINATIVI BIO, UN BILANCIO DELL’ANNATA

SEMINATIVI BIO, UN BILANCIO DELL’ANNATA

Listini bio sulla breccia dell’onda, ma rese condizionate dal clima. A fare la differenza è stata la competenza e la filosofia di produzione: solo chi mette al primo posto l’agronomia ha portato a casa il risultato economico

I risultati tecnici e commerciali dei seminativi bio in un’annata condizionata dalla siccità evidenziano forti differenze tra chi punta sulla competenza tecnica e chi invece si è improvvisato coltivatore biologico solo per opportunismo. Un articolo uscito sul numero 34/2022 del settimanale Terra e Vita fa infatti un bilancio dell’effetto della siccità record della primavera ed estate 2022 sulle colture biologiche di pieno campo della pianura padana.

In campo i produttori si sono prodigati per evitare l’effetto della stretta sui cereali autunno vernini e, soprattutto, per salvaguardare colture primaverili come girasole, mais e soia dall’impatto di una siccità prolungata. Ma per fortuna le Borse Merci, complice la crisi geopolitica internazionale, premiano i raccolti biologici con rialzi mai visti.

Il balzo delle quotazioni

A guidare gli apprezzamenti è ancora una volta il girasole bio, arrivato a superare all’Ager di Bologna i 900 €/t nella versione altoleico (e il linoleico è poco distante), ovvero il 30-40% in più rispetto ai listini del 2021. Una tendenza ricalcata dalla soia bio, che ha inizio novembre ha addirittura sfiorato i mille €/t.

La colza bio nazionale è stata “bruciata” sotto trebbia con quotazioni più che soddisfacenti per i produttori e anche i listini di grano tenero e orzo bio, dopo una prolungata stasi, hanno ripreso a correre, sostenuti dalla domanda estera di prodotti trasformati bio. E il differenziale con le referenze convenzionali, anch’esse spinte verso l’alto dalle tensioni internazionali, si è mantenuto in territorio ampiamente positivo.

 

tab. 1 Listini bio (€/t)
2022 2021
Frumento tenero di base 420 330
Mais ad uso alimentare 540 380
Seme di girasole 900 650
Seme di soia 990 850
Fonte Ager Borsa Merci Bologna. Quotazioni 4 novembre

 Il rispetto del suolo

Risultati commerciali che però non sono stati alla portata di tutti i produttori. Il mantra del metodo biologico è il rispetto del suolo. Un obiettivo che si raggiunge evitando pesanti interventi meccanici in primavera soprattutto sui terreni più pesanti e argillosi e curando la fertilizzazione ricorrendo ad ammendanti organici di buona qualità. Chi segue queste indicazioni da anni ha potuto così giovare dei benefici, in termini di maggiore disponibilità idrica, di suoli con un’adeguata dotazione organica in grado di contenere le perdite di resa legate agli eccessi termici e radiativi.

14 MILIONI DI ETTARI BIO ENTRO TRE ANNI, IL PIANO DI CONVERSIONE INDIANO VA AVANTI

14 MILIONI DI ETTARI BIO ENTRO TRE ANNI, IL PIANO DI CONVERSIONE INDIANO VA AVANTI

La necessità di spezzare la dipendenza dall’import di fertilizzanti e input chimici sempre più introvabili e costosi spinge il Governo di Nuova Dehli a rafforzare il piano di conversione lanciato nel 2015

Il biologico può contribuire alla sicurezza alimentare globale? A dispetto delle calunnie delle lobby europee anti-bio, l’India ci crede e continua a puntare su questo modello di produzione low input proprio per risolvere problemi di food security molto più pressanti dei nostri, dovendo assicurare la disponibilità di cibo per oltre 1,4 miliardi di persone.

Tre anni per realizzare il piano

Siamo infatti a tre anni dalla conclusione del “Paramparagat Krishi Vikas Yojana (PKVY)” piano di sviluppo del bio lanciato nel 2015 e che prevedeva, attraverso specifiche sovvenzioni e facilitazioni, di arrivare al 10% di sau bio, ovvero 14 milioni di ettari, entro 10 anni. Oggi solo il 3% della superficie arabile del grande paese asiatico, pari a oltre 4,3 milioni di ha, corrisponde a questa definizione (vedi le cifre aggiornate qui), ma le forti tensioni internazionali sul prezzo e sulla disponibilità di fertilizzanti chimici spinge il governo indiano a intensificare gli sforzi in questa direzione. Uno impegno rafforzato dalla necessità d spezzare il legame tra la sicurezza alimentare interna e l’importazione di input produttivi dall’estero e alleggerire così le crescenti tensioni sulla bilancia commerciale.

Una voce emergente

In un recente intervento Sujit Jain, rampante rappresentante della nouvelle vague dei giovani imprenditori seriali indiani, Amministratore Delegato e Presidente di Netsurf Communications e di una galassia di altre società da 100 milioni di dollari, voce emergente nel panorama della comunicazione indiana per i suoi scritti persuasivi sulla vendita diretta, spezza una lancia in favore della necessità di un maggiore impegno nella realizzazione del Pkvy.

«La capacità dell’India – dice – di convertire al bio ulteriori 10 milioni di ettari nei prossimi 3 anni potrebbe essere messa in discussione, ma la nostra Nazione ha sicuramente il potenziale per sostenere questa ambizione».

L’importanza dell’India per il bio

Quello che capita a New Dehli ha un’importanza decisiva per il movimento mondiale del bio. Non solo per il peso economico e agricolo di questo paese Brics, ma anche per il suo ruolo storico. È infatti proprio studiando all’inizio del secolo scorso le tecniche di agricoltura estensive adottate dagli agricoltori indiani che Sir Albert Howard, botanico e fitopatologo inglese, ha scoperto l’importanza del compost e degli ammendanti organici e di una gestione più naturale nell’abbassare i danni delle malattie del suolo sui raccolti, gettando le basi dell’agricoltura biologica assieme a Rudolf Steiner e Eve Balfour.

Punti di forza e di debolezza

Secondo Sujit Jain i vantaggi del biologico in India sono:

  1. Raccolti di maggior valore sia in termini di maggiori entrate per gli agricoltori che di fertilità della terra.
  2. La possibilità di corrispondere alla crescente sensibilità del mercato interno e estero sul tema della sostenibilità;
  3. Maggiore autosufficienza delle comunità locali per il minore ricorso a fertilizzanti e input esterni, con effetti positivi sull’equilibrio biologico dei suoli.

L’importanza della certificazione

Dall’altro lato della bilancia l’imprenditore indiano mette la difficoltà iniziale a convertirsi e a cambiare metodo di produzione, in assenza di un sistema di formazione assistenza tecnica evoluto. «Ma la crescente domanda di bio che caratterizza anche il mercato indiano e gli sgravi finanziari per gli agricoltori potrebbero essere una grande motivazione per passare al bio».

Altro elemento critico per Jain è la certificazione: «tutti gli sforzi compiuti dagli agricoltori e dal Governo possono risultare vani se non si diffonde un sistema affidabile per convalidare la qualità biologica delle produzioni. La certificazione è importante perché assicurerebbe ai produttori un alleato in grado di  sostenere tecnicamente ed emotivamente i produttori nell’impegno verso l’agricoltura biologica».

LA FRANCIA E I TERRITORI BIOLOGICI “IMPEGNATI”

LA FRANCIA E I TERRITORI BIOLOGICI “IMPEGNATI”

Il recente riconoscimento ottenuto dal distretto di Gers, a ovest di Tolosa, consente di entrare nel merito di una certificazione ambita che nel Paese transalpino vale da 8 anni come quella italiana di biodistretto

Più efficaci e più riconoscibili dei biodistretti italiani. E questo ormai da più di otto anni. La Francia, per favorire la coesione territoriale del biologico, ha adottato un marchio certificato: “Territoire Bio Engagé”, ovvero “territorio biologico impegnato”.

L’iniziativa dell’Occitania

Un’iniziativa che l’interprofessione regionale del biologico Interbio dell’Occitania ha adottato sin dal 2014 e che può essere richiesta dagli enti locali che hanno raggiunto gli obiettivi del Piano francese “Ambizione Bio”. Un percorso recentemente attivato dal dipartimento del Gers, a ovest di Tolosa. Un territorio noto per il suo approccio virtuoso in termini di agricoltura biologica. Ma in concreto cosa significa e come si ottiene?

I requisiti

Per poter vantare l’insegna di “territorio bio” occorre che almeno il 15% della superficie agricola sia coltivato con metodo biologico. È inoltre necessario che il 20% dell’offerta di servizi di ristorazione (in valore) provenga da produzione biologica. Se entrambi gli obiettivi vengono raggiunti, la comunità interessata può richiedere la certificazione.

Un riconoscimento per il lavoro degli agricoltori

«Al di là di un semplice distintivo apposto all’ingresso del Paese – spiega Christine Huppert, sindaco di Saint-Blancard, un comune del dipartimento del Gers – è una sorta di omaggio agli uomini e alle donne che ne favoriscono la sostenibilità ambientale e la coesione sociale».

«Chi fa vivere i villaggi del Gers sono gli agricoltori – continua- e la denominazione ottenuta consente di mettere in risalto il ruolo determinante di questa professione».

IN AUSTRIA I PIONIERI DEL BIO INVESTONO IN ARACHIDI

IN AUSTRIA I PIONIERI DEL BIO INVESTONO IN ARACHIDI

Una scommessa quella dei fratelli Stefan e Roman Romstorfer, titolari di una storica azienda bio a Nord-est di Vienna, vinta anche a causa degli effetti del climate change

I cambiamenti climatici fanno migrare verso Nord le colture macroterme. Così dalla vite si producono ormai ottimi vini anche in Inghilterra e Scandinavia, mango e papaya attecchiscono in Sicilia e specie tipiche del Sud America o Nord Africa come l’arachide vengono coltivate con successo anche in Austria.

Il coraggio dei pionieri

Anche se la coltivazione di questa specie leguminosa con un elevato fabbisogno di alte temperature e irraggiamento è stata per molto tempo considerata impossibile in questo Paese, ci hanno pensato infatti i fratelli Stefan e Roman Romstorfer a dimostrare il contrario nella propria azienda agricola biologica di Raggendorf, a nord-est di Vienna. Quello di quest’anno è stato il settimo raccolto consecutivo. Uno spirito pionieristico che i due fratelli hanno ereditato dal padre Franz, che a metà degli anni ’90 è stato uno dei primi agricoltori biologici della Bassa Austria.

Un vantaggio per le rotazioni

Nel tempo i fratelli Romstorfer hanno messo a punto la migliore tecnica agronomica fino a raccogliere circa 20-30 quintali ad ettaro di “noccioline”, ma l’inizio non è stato facile. «Ci è voluta un po’ di follia – ammettono – perché essendo i primi coltivatori di arachidi in Austria, non c’era alcun riferimento tecnico a cui eventualmente appellarsi».

La sostenibilità del km zero

Oggi la produzione di arachide è entrata nelle rotazioni aziendali investendo circa 20 ettari all’anno e assicurando un prezioso contributo in termini di aumento della fertilità dei suoli grazie alle proprietà azotofissatrici di questa leguminosa. La produzione viene tostata e imbustata direttamente in azienda e venduta nel circuito locale, abbassando la carbon footprint e dando un prezioso contributo in termini di sostenibilità.

«FATTO IL GOVERNO, SI ATTUI IL PIANO D’AZIONE SUL BIO»

«FATTO IL GOVERNO, SI ATTUI IL PIANO D’AZIONE SUL BIO»

Aiab chiede a ministro e sottosegretari di non indugiare sulla realizzazione delle attività di promozione sui mercati e di aiutare le aziende bio snellendo la burocrazia e favorendo l’accesso al credito

«Il biologico, settore in cui l’Italia è leader, è uno strumento fondamentale per uscire dalle diverse crisi, quella ambientale, quella economica e sociale». «È anche la strada da intraprendere per sostenere le crisi internazionali, come quella che stiamo fronteggiando con il conflitto in Ucraina, puntando su sistemi di produzione più indipendenti da input esterni e più resilienti e allo stesso tempo in grado di prendere con decisione la strada della transizione ecologica».

È quanto dichiara Giuseppe Romano, presidente dell’Associazione italiana agricoltura biologica (Aiab), evidenziando alcune proposte al neo-ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, e ai nuovi sottosegretari che hanno giurato il 2 novembre, «con l’intenzione di collaborare allo sviluppo del settore biologico».

L’impatto della crescita dei costi energetici

«Nonostante questo – aggiunge il presidente Aiab – le aziende bio sono in difficoltà, a causa dei costi energetici e dei costi di produzione che devono sostenere. Chiediamo perciò al nuovo ministro l’immediata attuazione del Piano d’azione nazionale sul bio, in particolare del marchio biologico italiano Made in Italy Bio, che può favorire la realizzazione di filiere di biologiche 100% nazionali e al giusto prezzo, per valorizzare la qualità italiana e affermarla verso l’export».

Sostenere le aziende

«Chiediamo inoltre di favorire il sistema di assistenza tecnica. innovazione, ricerca, formazione degli agricoltori, per aumentare in quantità e qualità le produzioni e favorire la conversione al biologico, snellendo la burocrazia e favorendo l’accesso al credito per gli investimenti».

«Rimane strategica inoltre- conclude Romano- l’attività di comunicazione e informazione ai cittadini sui valori ambientali dei prodotti bio, un altro modo per promuovere le eccellenze alimentari italiane e garantire la qualità del prodotto e l’etica nella filiera di produzione».