Suolo e Salute

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A SLOW WINE FAIR IL PUNTO SU CLIMA, DENOMINAZIONI E BIO

A SLOW WINE FAIR IL PUNTO SU CLIMA, DENOMINAZIONI E BIO

“Nutrire il suolo per contrastare gli effetti del climate change”. Tre conferenze digitali per avvicinarsi all’appuntamento del 26 febbraio a Bologna dove sono attese 750 cantine di cui la metà bio

L’edizione 2023 prenderà il via il 26 febbraio e sarà preceduta da tre conferenze digitali. Attese 750 cantine espositrici, il 50% in più rispetto all’anno scorso, di cui metà certificate bio

Slow Wine Fair, la seconda edizione della fiera del vino buono, pulito e giusto, organizzata da BolognaFiere e Sana, con la direzione artistica di Slow Food e il coinvolgimento di FederBio aprirà i cancelli a Bologna da domenica 26 a martedì 28 febbraio.

Tre appuntamenti digitali

Nel corso della conferenza stampa di apertura, che si è tenuta il 10 febbraio presso la sede di Ascom Bologna, sono state annunciate alcune tappe di avvicinamento. Dopo infatti la conferenza online dell’8 febbraio sugli effetti del cambiamento climatico sulla produzione vitivinicola, i seguenti webinar per anticipare i contenuti della fiera sono quelli del 15 e del 22 dedicati al tema delle denominazioni e del biologico.

L’obiettivo di Slow Food

L’obiettivo di Slow Food è quello di “difendere il vino buono, pulito e giusto e promuovere la viticoltura sostenibile”. Lo ha detto, alla presentazione dell’iniziativa, Federico Varazi, vicepresidente di Slow Food Italia. La manifestazione sarà «un’occasione per guardare al futuro dell’agricoltura e dei territori del vino italiano e un modo per riflettere insieme al mondo della politica sull’alternativa al modello di agricoltura fin qui perseguito» che rischia di minacciare «il suolo e l’ambiente naturale, e sperperare materie prime e impoverire i produttori».

Sviluppo ecosostenibile

Di cambiamenti climatici ed effetti nel mondo del vino ha parlato anche Giancarlo Gariglio, coordinatore della Slow Wine Coalition. «Sta nascendo una comunità di persone che crede fermamente che si possa cambiare il sistema agricolo dalle basi -ha osservato – facendo sì che le nuove parole d’ordine siano sostenibilità ambientale e uso oculato delle risorse naturali, difesa del paesaggio e la sua tutela per contrastare cementificazione, incendi, dissesti idrogeologici».

Scegliere di produrre vino biologico non è solo importante per tutelare l’ambiente ma è anche un ottimo modello di business, come ha spiegato Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio.

Uno su due beve “green”

«Da un’indagine condotta da Nomisma-Wine Monitor – ha detto -risulta che i italiano su 2 sceglie vino biologico». Prodotto che «è particolarmente apprezzato anche all’estero, dove vale il 19% dell’esportazione globale di agroalimentare bio. In termini assoluti parliamo di 626 milioni di euro di vino bio Made in Italy e una quota sul totale dell’export vitivinicolo italiano dell’8%” in base ai dati Nomisma Osservatorio Bio». «Senza contare che negli ultimi 10 anni le superfici di vite coltivate a bio sono aumentate di oltre il 109%” e sono uno “strumento per la comunità locale e per il territorio».

Imparare dal vino

Punta sull’educazione, infine, Daniele Ara, assessore alla Scuola e all’educazione del Comune di Bologna, per il quale «la conoscenza del buon vino può essere un deterrente rispetto a tanti eccessi da parte dei più giovani».

MADE IN ITALY BIO, PRIORITÀ AL MARCHIO DI PROMOZIONE

MADE IN ITALY BIO, PRIORITÀ AL MARCHIO DI PROMOZIONE

Le strategie per sostenere il biologico italiano con più promozione, ricerca e accordi di filiera al centro del summit tra il presidente di Aiab Giuseppe Romano e il sottosegretario all’Agricoltura con delega per il bio Luigi D’Eramo

I temi più importanti e strategici per il settore biologico, a partire dall’attuazione del piano d’azione nazionale, sono stati al centro dell’incontro in via XX Settembre a Roma, sede al ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, tra il presidente di Aiab (Associazione Italiana Agricoltura Biologica) Giuseppe Romano e il sottosegretario al Masaf Luigi D’Eramo, al quale è stata da poco formalizzata la delega al biologico.

L’origine incontra la sostenibilità

«Abbiamo affrontato – fa sapere Giuseppe Romano – il tema della promozione del marchio biologico italiano “Made in Italy Bio”, che può favorire la realizzazione di filiere di biologiche 100% nazionali e al giusto prezzo».

I temi caldi

Altri temi caldi al centro del tavolo di confronto sino stati:

  • il sistema di assistenza tecnica (innovazione, ricerca, formazione degli agricoltori) per aumentare in quantità e qualità le produzioni e favorire la conversione al biologico, snellendo la burocrazia e favorendo l’accesso al credito per gli investimenti,
  • l’attività di comunicazione e informazione ai cittadini sui valori ambientali dei prodotti biologici.

«Infine – ricorda Romano – abbiamo voluto sollecitare la riorganizzazione del tavolo tecnico del bio e la celere operatività del piano d’azione nazionale».

«Ringraziamo – conclude Romano – il sottosegretario per la disponibilità e l’ascolto, certi della possibilità di avviare una proficua collaborazione, assieme alle altre associazioni di settore, così da ribadire il ruolo di leader dell’Italia nel settore biologico».

NEL PANIERE ISTAT ENTRANO ANCHE L’ORTOFRUTTA BIO

NEL PANIERE ISTAT ENTRANO ANCHE L’ORTOFRUTTA BIO

È la prima volta che vengono considerati i prodotti bio per l’elaborazione dellìindice dei prezzi al consumo e secondo Coldiretti è un riconoscimento indiretto del valore di un settore arrivato a quasi 4 miliardi di euro di valore

Frutta e verdura biologiche entrano nel paniere dell’Istat per il calcolo dell’indice dei prezzi al consumo. È una conferma indiretta della sempre maggiore attenzione da parte dei consumatori verso la sostenibilità nel piatto. Coldiretti ricorda infatti che, in base ai dati Nielsen, quasi nove famiglie italiane su dieci (89%) hanno acquistato questi prodotti almeno una volta.

New entry vitaminica

L’aggiornamento da parte dell’Istat considera l’elenco dei prodotti che compongono il paniere di riferimento per la rilevazione dei prezzi al consumo nel 2023. La lista di ortofrutta bio “new entry” comprende arance, mandarini, limoni, banane, mele, pere, pesche, kiwi, pomodori da insalata, melanzane, zucchine, peperoni, carote, cipolle.

I canali di distribuzione

«Il valore degli acquisti di prodotti biologici – fa sapere Coldiretti – ha raggiunto la cifra di oltre 3,9 miliardi di euro, con la grande distribuzione a rappresentare il canale di vendita principale».

L’exploit del maggior incremento delle vendite (+5%) si registra però nei mercati contadini assieme ai Gas (Gruppi di acquisto solidale) e ai piccoli negozi.

A spingere il fenomeno è la leadership dell’Italia a livello europeo con 86mila imprese e il 17% della superficie coltivata a bio contro una media Ue del 9%. In 10 anni la superficie coltivata è raddoppiata (+99%), salendo alla cifra record di quasi 2,2 milioni di ettari, secondo l’analisi Coldiretti su dati Ismea e arrivando molto vicino agli obiettivi previsti dalla strategia Ue per il cibo “Farm to Fork”, che prevede di portare le superfici bio europee al 25% entro il 2030.

ALLEVAMENTI: IL MODELLO BIO VA RAFFORZATO

ALLEVAMENTI: IL MODELLO BIO VA RAFFORZATO

Alla tappa milanese della Festa del bio la coalizione di “Cambia La Terra” presenta una proposta in più punti per migliorare i sistemi di allevamento di bovini, suini e avicoli.

Cambia la terra, partendo dal cambiamento dell’allevamento zootecnico. È la proposta lanciata dalla seconda tappa della seconda edizione della festa del bio che si è tenuta il 4 febbraio a Milano. «Il regolamento europeo sugli allevamenti biologici non basta più, andare oltre significa puntare soprattutto sul miglioramento delle condizioni di vita del bestiame allevato».

Vantaggi per l’ambiente e per il benessere animale

È quanto rileva la Federazione italiana per l’agricoltura biologia e biodinamica (FederBio), che ha messo nero su bianco i criteri per ridefinire un sistema di allevamento biologico che sia in grado di produrre vantaggi per l’ambiente, per la salute dell’uomo e che, allo stesso tempo, tenga conto del benessere animale.

I punti della proposta

I criteri sono definitivi nel nuovo quaderno frutto del progetto “Cambia La Terra”, intitolato “Sostenibile non basta: il modello è quello del bio”. Ecco alcuni dei punti contenuti nella proposta:

  • i bovini devono poter pascolare all’aperto per almeno 120 giorni l’anno,
  • i vitelli devono poter essere alimentati alla mammella, in modo naturale,
  • gli allevamenti bio devono scegliere razze a lento accrescimento, in modo tale da assicurare una durata adeguata di vita agli animali;
  • le scrofe devono poter passare il periodo della gestazione all’aperto e non possono essere rinchiuse nelle gabbie;
  • ai polli non può essere tagliato il becco, una pratica che denuncia comunque allevamenti affollati;
  • occorre risolvere il problema dell’eliminazione dei pulcini maschi.

Il documento è stato redatto con i contributi di tutte le Associazioni di Cambia la Terra: FederBio, Isde Medici per l’ambiente, Legambiente, Lipu, Slow Food e WWF.

BRUXELLES CERTIFICA LA CRESCITA DEL BIO EUROPEO

BRUXELLES CERTIFICA LA CRESCITA DEL BIO EUROPEO

Il rapporto sul biologico della Commissione europea evidenzia un decennio di crescita nella produzione e nei consumi. La quota di superficie bio del vecchio continente arriva così al 9,1%. Dovrà arrivare al 25% entro il 2030

Esce l’edizione 2023 del Market Brief della Commissione europea e sono buone notizie per l’agricoltura biologica del vecchio continente.

La quota di terreni agricoli dell’UE destinati all’agricoltura biologica è aumentata infatti di oltre il 50% nel periodo 2012-2020, con un aumento annuo del 5,7%. Nel 2020 il 9,1% della superficie agricola dell’UE è stata coltivata con il metodo bio (dovrà aumentare di più del 150% in 10 anni per raggiungere l’obiettivo del 25% della Farm To Fork). In media, sebbene con forti differenze Stati membri, le aziende agricole bio sono più grandi di quelle convenzionali e sono gestite da imprenditori più giovani.

Parallelamente alla crescita della produzione, le vendite al dettaglio di prodotti biologici sono raddoppiate nell’UE tra il 2015 e il 2020.

Cresce la polarizzazione

I quattro paesi con la più vasta superficie agraria bio nell’Ue sono Francia, Spagna, Italia e Germania, che insieme rappresentano il 52% del totale nel 2012 e il 59% nel 2020. La quota maggiore è ancora dedicata ai prati permanenti (42%), seguiti dai foraggi verdi (17%), cereali (16%) e colture arboree come frutteti, oliveti e vigneti (11%). Nonostante una crescita significativa, la produzione zootecnica biologica rappresenta ancora una piccola quota totale dell’UE, tra l’1% e il 7% a seconda del settore.

Produrre con meno input

In un momento in cui è fondamentale per l’UE ridurre la sua dipendenza dai fertilizzanti per ragioni geopolitiche, ambientali ed economiche, i dati della rete di dati contabili agricoli dell’Ue (RICA) mostrano che le aziende di produzione vegetale biologica spendono molto meno per questi prodotti e per i pesticidi rispetto alle aziende convenzionali. Le aziende di seminativi bio risparmiano dal 75 al 100% sui costi dei prodotti fitosanitari per ettaro e dal 45 al 90% sui costi dei fertilizzanti rispetto alle aziende convenzionali. Le aziende bio hanno in media rese inferiori (5-30% a seconda delle colture) e in alcuni settori hanno un maggiore bisogno di manodopera. Generano tuttavia un reddito per lavoratore simile o superiore al convenzionale grazie a prezzi più elevati e livelli più elevati di sostegno dell’UE, derivanti principalmente dalla politica agricola comune (Pac).

Gli aiuti Pac

Nel 2020 il 61,6% dei terreni dell’UE destinati all’agricoltura biologica ha ricevuto pagamenti di sostegno specifico per il biologico dalla Pac, con una media di 144 €/ha di sostegno comunitario e 79 €/ha di cofinanziamento nazionale. Un aiuto accresciuto per i produttori bio che operano nelle zone con vincoli naturali. Anche altre misure di sviluppo rurale hanno sostenuto lo sviluppo del bio, compresi gli investimenti nelle pratiche di agricoltura biologica e gli aiuti per la commercializzazione e la promozione dei prodotti biologici. Con la nuova Pac partita da gennaio 2023, la quota di Sau che riceverà il sostegno per l’agricoltura biologica è più elevata.

Bio come bene rifugio nei momenti di crisi

La crescita delle vendite di prodotti biologici è stata particolarmente forte durante la pandemia da Covid-19, come conseguenza della maggiore attenzione dei consumatori ai problemi di salute, dell’aumento del consumo di cibo a casa e/o della carenza di alimenti convenzionali. Gli attuali sviluppi economici, come l’inflazione che galoppa nel comparto agroalimentare, tuttavia, incidono sul potere d’acquisto dei consumatori dell’Ue penalizzando la domanda di prodotti biologici.

IFOAM DENUNCIA L’ETICHETTA “ECO” FRANCESE

IFOAM DENUNCIA L’ETICHETTA “ECO” FRANCESE

La rete del bio europeo Ifoam Organics Europe contesta il marchio francese eco-score perché favorisce la produzione intensiva a discapito di quella biologica

Ifoam Organics Europe, l’associazione del settore biologico Ue, e la sua affiliata francese hanno fatto causa all’Agenzia per la transizione ecologica di Parigi e a un gruppo di aziende che usano il marchio “eco-score” per indicare i prodotti alimentari eco-compatibili.

Un marchio che confonde

Le associazioni contestano il marchio perché «associa illecitamente il diminutivo “eco” a prodotti certificati non biologici, creando confusione tra produzione convenzionale e biologica».

Secondo Ifoam l’etichetta raccomandata dal governo francese «favorisce una produzione intensiva e convenzionale piuttosto che una transizione dei sistemi produttivi verso processi rispettosi dell’ambiente e della biodiversità». Ifoam ha fatto anche ricorso al tribunale dei brevetti francese per far annullare il marchio.

Un regolamento in arrivo

Una proposta Ue sui green claims, per regolamentare il ricorso delle aziende a definizioni come ‘sostenibile’ ed ‘eco’ per promuovere i loro prodotti, è attesa per fine marzo.