Suolo e Salute

Mese: Agosto 2017

Sana 2017 : tutti gli appuntamenti con la Federazione del biologico italiano

Torna per la 29esima edizione il salone internazionale del biologico e del naturale. A partire da venerdì 8 settembre e fino a lunedì 11, il Sana 2017 ospiterà eventi, workshop, esposizioni e prodotti green a Bologna Fiere, sede storica dell’appuntamento. Suolo e Salute sarà presente e vi aspetta al Padiglione 25 Stand B99/C100.

Durante il salone saranno coinvolte aziende e associazioni di settore. Tra loro, anche FederBio, la Federazione Italiana Agricoltura Biologica e Biodinamica, che collabora attivamente all’organizzazione del Salone. Ecco tutti gli appuntamenti organizzati dalla Federazione o a cui parteciperanno i suoi rappresentanti.

Sana 2017: gli appuntamenti FederBio

Sei gli eventi da ricordare.Si parte venerdì 8 settembre con il Convegno inaugurale Sana 2017. Presso la Sala Concerto (Centro Servizi, 1°piano, Blocco D), FederBio organizza un convegno dal titolo “Quale regolamento per potenziare la crescita del biologico europeo?”, sulla discussa riorganizzazione normativa del settore.

Maggiori info sull’evento.

Sempre di venerdì, è la volta del mercato bio italiano. Nomisma e Sana 2017, in collaborazione con Sinab, ISMEA, FederBio e Assobio, snocciolano “Tutti i numeri del Bio Italiano”, presentando i dati dell’Osservatorio SANA.Appuntamento: ore 15, Sala Notturno (Centro Servizi, 1°piano, Blocco D).

Alle 16:30, invece, FederBio organizza il convegno “Servizi alle imprese: Il Salto di Qualità per il Biologico Italiano”, sempre presso la Sala Notturno. Qui si discuteranno tematiche d’interesseper le aziende bio italiane: accesso al credito, sviluppo dei mercati, aggregazioni d’imprese, tracciabilità, innovazione, R&D.

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Sabato 9 settembre, secondo giorno di Sana 2017, si svolgeranno due eventi con la Federazione.

Il primo, dalle 10, presso la Sala Allegretto (Centro Servizi, 1°piano, Blocco C-D). Il tema: “I biodistretti per lo sviluppo e l’attuazione di strategie collaborative di sostenibilità ambientale”. Il convegno è organizzato da ENFAP Emilia Romagna, con il sostegno di FederBio e si concentrerà sulle opportunità e le prospettive dei Biodistretti e delle associazioni di categoria.

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Rappresentanti della Federazione parteciperanno inoltre, alle 15, al convegno “Attenti a quei due. Il mercato biologico nel canale specializzato e nella GDO” (Sala Notturno). L’evento è organizzato da AssoBio e Nielsen.

Ultimo appuntamento segnalato da Federbio, durante la giornata conclusiva del Sana 2017, lunedì 11: “Biologico 3.0: stato dell’arte e casi studio di buone pratiche nel mediterraneo”. Ifoam Agribiomediterraneo e Organic Action Network Italia illustrano alcune delle best practice nel settore bio nel mediterraneo.

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Sana 2017: attesi quasi 50mila visitatori

L’ultima edizione del Salone ha fatto registrare 47.221 visitatori, con 833 aziende espositrici e 50mila metri quadrati di rassegna. Eventi e workshop erano stati più di 60 (a cui hanno partecipato 4.800 persone). 2.300 sono stati infine gli incontri con buyer internazionali. Visto il buon andamento del comparto – +20% le aziende italiane nel settore nel 2016, +300mila gli ettari convertiti a bio – è possibile aspettarsi la conferma e il superamento di tali cifre.

Al tema tradizionale dell’agricoltura biologica, a cui il Sana 2017 dedicherà i padiglioni 25, 26 e 32, quest’anno la kermesse si concentrerà su altre due tematiche, che riflettono trend e nicchie di mercato: Salute e bellezza al naturale, a cui saranno dedicati i padiglioni 21 e 22, e Green Lifestyle nel padiglione 16. L’ultimo tema sarà a sua volta suddiviso in 7 sottocategorie (Home & Office, Mom & Kids, Mobility, Clothing & Textiles, Pet & Garden, Hobby & Sport, Travel & Wellness).

FONTI:

http://www.feder.bio/agenda.php?nid=1204

http://www.sana.it/home/1229.html

http://www.italiafruit.net/DettaglioNews/39914/mercati-e-imprese/sana-2017-scalda-i-motori-le-novita-di-settembre

http://www.suoloesalute.it/aziende-agricole-biologiche-boom-3-regioni-del-sud-italia/

Grano e riso, origine in etichetta: dopo l’Italia, si muove anche l’Ue

I decreti del governo italiano sull’origine obbligatoria in etichetta per riso e grano per la pasta hanno scatenato ampio dibattito sul tema, a livello comunitario.

FoodDrinkEurope, associazione che rappresenta gli operatori dell’industria alimentare europea, ha dichiarato l’illegittimità dei provvedimenti. Facendo poi appello alla Commissione Europea affinché agisca contro le nuove norme.

Una scossa che potrebbe portare l’Ue all’adozione di regolamenti simili. Ecco le ultime novità.

Origine obbligatoria: le proteste di FoodDrinkEurope

Secondo l’associazione, i decreti sull’origine obbligatoria metterebbero a rischio il mercato unico europeo. I provvedimenti, lo ricordiamo, sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale ad agosto e diventeranno definitivamente operativi a fine febbraio.

I due decreti riguardano le nuove regole per l’etichettatura del riso e della pasta, con particolare riferimento al grano utilizzato per produrla. Entrambi prevedono che siano indicati con chiarezza i Paesi di coltivazione, trasformazione e confezionamento dei prodotti.

L’intervento si era reso necessario a causa della crisi attraversata dai due settori, provocata presumibilmente dalle eccessive quantità di prodotto importate dai paesi extra-Ue a dazio zero. Non solo. Il governo italiano sottolinea come esista da tempo un regolamento UE sul tema, mai attuato. Si tratta del 1169/2011, che prevede appunto l’inserimento obbligatorio dell’origine in etichetta. Una norma disattesa: per l’applicazione si attendono ancora gli atti di esecuzione della Commissione Europea.

Ragioni che hanno spinto i ministri Maurizio Martina (agricoltura) e Carlo Calenda (Sviluppo Economico) a forzare la mano. I due decreti, approvati a maggio, infatti, attendevano ancora l’ok di Bruxelles, che sarebbe arrivato entro tre mesi dall’invio alle autorità europee. Timing che il governo italiano ha deciso di ignorare. Martina e Calenda hanno quindi firmato i provvedimenti, rendendo probabile una procedura d’infrazione europea nei confronti dell’Italia.

Tempi e modalità che non sono piaciuti a FoodDrkinkEurope:

«Al di là del fatto che sono state ignorate le procedure dell’Ue, [i decreti] avranno un effetto negativo sulla competitività del settore food, minando il funzionamento regolare del mercato unico e ostacolando il commercio internazionale e tra Paesi Ue», ha dichiarato un portavoce dell’associazione.

Origine in etichetta, Martina: “Pronti ad affrontare la Commissione”

Il ministro Martina ha rincarato la dose. I due decreti, dice, sono stati adottati per “spronare la Commissione a dare piena attuazione al regolamento Ue”:

«Siamo pronti ad affrontare la Commissione, come è già noto a Bruxelles. Ma, per essere chiari, è stata una scelta dell’Ue non procedere tempestivamente con la piena attuazione del regolamento 1169 sull’etichettatura. Per troppo tempo, Bruxelles ha evitato di scegliere su questo punto strategico. Rispettiamo le scelte europee e siamo pronti a dare il nostro contributo utile, ma non abbiamo intenzione di farci fermare ulteriormente».

Un atteggiamento che, pare, abbia in qualche modo spronato la Commissione Europea ad agire. Secondo un portavoce dell’istituzione, infatti, “le regole di implementazione saranno adottate dalla Commissione nella seconda metà del 2017”.

Sulla scelta dell’Italia di adottare i decreti, il portavoce di Bruxelles ha inoltre affermato:

«I servizi della Commissione stanno raccogliendo tutti i fatti e le informazioni rilevanti dalle autorità italiane riguardo l’adozione della legislazione nazionale».

Una volta acquisiti tutti gli elementi, le autorità europee decideranno “i prossimi step.

FONTI:

http://www.informatoreagrario.it/ita/News/scheda.asp?ID=3440

https://www.euractiv.com/section/agriculture-food/news/food-industry-upset-with-rome-over-obligatory-labelling-of-origin-of-pasta-and-rice/

http://www.suoloesalute.it/pasta-riso-origine-obbligatoria-etichetta-ai-produttori-6-mesi-adeguarsi/

Pasta e riso, origine obbligatoria in etichetta: ai produttori 6 mesi per adeguarsi

pasta

Pasta e riso: l’indicazione di origine in etichetta diventa obbligatoria.

Il Ministero per le politiche agricole rende nota l’approvazione e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di due decreti sui prodotti cerealicoli e risicoli. Al centro dei provvedimenti, la tutela degli alimenti Made in Italy.

L’approvazione è arrivata dopo una lunga crisi che ha interessato i due settori in Italia. Una crisi provocata soprattutto dal crollo dei prezzi, causato a sua volta dall’importazione massiccia di prodotti a dazio zero dai Paesi extra Ue, soprattutto nel comparto del riso.

Ma i provvedimenti hanno l’obiettivo di lanciare un messaggio chiaro anche ai consumatori. Un messaggio che punta su trasparenza e sicurezza delle materie prime utilizzate, fattori sempre più importanti nelle scelte di acquisto degli italiani. Come informa lo stesso Mipaaf, infatti, secondo una consultazione pubblica online svolta dallo stesso ministero, l’85% dei nostri connazionali “considera importante conoscere l’origine delle materie prime per questioni legate al rispetto degli standard di sicurezza alimentare”. All’indagine hanno partecipato 26mila cittadini.

Ecco cosa prevedono le nuove norme e come rispondono al bisogno di trasparenza emerso dal sondaggio.

Pasta e riso Made in Italy: 180 giorni per adeguarsi

I decreti pubblicati in Gazzetta Ufficiale, sono stati firmati da Maurizio Martina, Ministro dell’agricoltura, e da Carlo Calenda, Ministro dello sviluppo economico. Come accennato, i provvedimenti interministeriali introducono l’obbligo di indicazione dell’origine di riso e grano per la pasta in etichetta.

Dal momento della pubblicazione, avvenuta il 20 e 21 agosto, le aziende hanno 180 giorni di tempo per adeguarsi al nuovo sistema e smaltire etichette e confezioni già prodotto. Nello specifico, gli obblighi definitivi scatteranno quindi il 16 febbraio (riso) e il 17 febbraio (pasta).

Un periodo di transizione previsto anche per una normativa simile, applicata alle etichette dei prodotti lattiero-caseari ed entrata in vigore il 19 aprile scorso.

Sempre imitando la norma relativa al latte, la sperimentazione andrà avanti per due anni. Oppure, fin quando non vedrà piena attuazione l’articolo 26, paragrafo 3 del regolamento UE 1169/2011, che prevede l’indicazione del paese d’origine o del luogo di provenienza dell’ingrediente primario utilizzato negli alimenti. La normativa comunitaria risulta però disattesa: l’applicazione è infatti subordinata all’adozione di atti di esecuzione da parte della Commissione Europea. Atti che, ad oggi, non sono stati emanati.

Pasta e Riso: i due decreti in dettaglio

Entrambi i decreti prevedono che le indicazioni di origine vadano apposte in etichetta “in un punto evidente e nello stesso campo visivo in modo da essere facilmente riconoscibili, chiaramente leggibili ed indelebili”.

Esistono poi delle regole specifiche che contraddistinguono i due tipi di prodotti.

Grano e Pasta

Il decreto su grano e pasta Made in Italy prevede l’obbligo in etichetta delle seguenti diciture:

  • Paese di coltivazione del grano
  • Paese di molitura (macinazione del grano)

A seconda della provenienza, se le due fasi avvengono in più Paesi, potranno essere applicate le diciture:

  • Paesi UE
  • Paesi NON UE
  • Paesi UE E NON UE

Se il grano duro utilizzato per la produzione di pasta è coltivato almeno per metà in un solo Paese – per esempio l’Italia – si potrà ricorrere alla dicitura “Italia e altri Paesi UE e/o non UE”.

Riso

Sono 3 invece le indicazioni di origine obbligatorie per le etichette del riso:

  • Paese di coltivazione del riso
  • Paese di lavorazione
  • Paese di confezionamento

Nel caso in cui le 3 fasi avvengano in uno stesso Paese – ad esempio l’Italia – sarà possibile utilizzare la dicitura “Origine del riso: Italia”. In caso contrario, vanno applicate le 3 diciture previste anche per la pasta: UE, NON UE, UE E NON UE.

Martina: “Obiettivo: massima trasparenza”

A commentare la pubblicazione dei decreti, il ministro Martina:

«Da metà febbraio avremo finalmente etichette più trasparenti sull’origine di riso e grano per la pasta. È una scelta decisa compiuta insieme al Ministro Calenda, che anticipa la piena attuazione del regolamento europeo 1169 del 2011. Il nostro obiettivo è dare massima trasparenza delle informazioni al consumatore, rafforzando così la tutela dei produttori e dei rapporti di due filiere fondamentali per l’agroalimentare Made in Italy. Non rinunceremo a spingere ancora in Europa perché questi provvedimenti vengano presi per tutta l’Ue».

FONTI:

https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/11589

http://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2017-08-16&atto.codiceRedazionale=17A05698&elenco30giorni=true

http://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2017-08-17&atto.codiceRedazionale=17A05704&elenco30giorni=true

http://www.suoloesalute.it/riso-italiano-decreto-del-mipaaf-la-salvaguardia-del-comparto/

http://www.suoloesalute.it/latte-formaggio-origine-certa-le-nuove-etichette/

Cosmesi naturale e bio, l’indagine: fondamentale per 7 italiani su 10

950 milioni di euro: tanto vale la cosmesi naturale e bio in Italia.

Se nel suo complesso il settore cosmetico arriva a sfiorare gli 11 miliardi, il comparto del make up green e cruelty free arriva oggi al 9% del totale. I dati sono emersi da un’indagine di Cosmetica Italia, relativa alle stime per l’anno in corso.

E il trend sembra essere in crescita: Human Highwayha recentemente realizzato un’indagine in cui emerge che più della metà degli italiani guarda con favore alla produzione sostenibile ed etica dei cosmetici.

Tutti i dettagli del report.

Cosmesi naturale: uno sviluppo decennale

Human Highwayè l’associazione nazionale delle imprese del settore della cosmesi naturale e bio. Di recente ha pubblicato i risultati di un’indagine sui consumatori italiani sul tema. 1.600 i consumatori coinvolti, a cui va ad aggiungersi un panel di 58 imprese associate a Cosmetica Italia.

Il trend, è il chiaro risultato della ricerca, è in forte crescita. Ed è destinato a essere sempre più forte.

7 consumatori italiani su 10, infatti, pensano che “la produzione sostenibile e attenta all’ambiente e ai vincoli etici” sarà un volano fondamentale per lo sviluppo del settore cosmetico nei prossimi 10 anni.

Via libera quindi alla cosmesi naturale, cruelty free e con ingredienti provenienti da produzioni biologiche. Sono 3 le parole d’ordine che accompagneranno domanda e offerta nel comparto, secondo Human Highway: “Innovazione, efficacia e naturale”.

In particolare, fanno sapere gli esperti, i consumatori sono interessati soprattutto ai concetti di biologico, economico e naturale. Le imprese sono invece maggiormente focalizzate su sicurezza e lunga durata.

La cosmesi naturale nella percezione dei consumatori

Ma a cosa pensano esattamente i consumatori quando parliamo di cosmesi naturale?

Human Highway stila una classifica dei “valori” associati con maggior frequenza a tali prodotti:

  • Il 34,3% degli intervistati pensa in primis a trucchi e prodotti cruelty free, che non prevedono cioè l’impiego di test animali;
  • Il 25,3% parla invece di prodotti che non contengano ingredienti considerati pericolosi, causa di allergie o poco sostenibili: glutine, olio di palma, parabeni e così via;
  • Il 22,1% si riferisce alla categoria “bio-friendly”;
  • Il 20,6% pensai al make up “eco-friendly”;
  • Importante, per il 16,3%, anche l’aspetto sociale: attenzione a lavoratori e territorio;
  • Ultime 3 categorie interpellate: prodotti vegani (11,2%), a km zero (9,2%), a ridotto consumo d’acqua (8,1%)

Ancora, è importante prestare attenzione all’impatto ambientale del packaging. Per il 47% dei clienti è importante che i contenitori di cosmetici siano biodegradabili al 100%. Anche i produttori condividono questo orizzonte, in misura ancora maggiore: il 66% ritiene sia un aspetto fondamentale.

Cosmesi naturale: l’appuntamento al Sana

Per dimostrare l’accresciuto interesse verso la cosmetica naturale e green, il Sana 2017 ospiterà un convegno a tema. Il Sana è il Salone internazionale del biologico e del naturale, una kermesse di portata globale, fiore all’occhiello del comparto italiano. Quest’anno, l’appuntamento è in programma a Bologna Fiere dall’8 all’11 settembre.

Domenica 10, il Sana ospiterà il convegno “Quale futuro per la cosmetica green?”. Rivolto a erboristi, distributori, aziende e media, l’evento è organizzato dal Gruppo Cosmetici erboristeria di Cosmetica Italia. Interverranno Giacomo Fusina, CEO di Human Highway, e Gian Andrea Positano, responsabile del Centro studi e cultura d’impresa di Cosmetica Italia.

FONTI:

http://www.adnkronos.com/salute/2017/08/19/cosmetici-green-valgono-mln-vuole-etici-sostenibili_BX5RW2fZ2lwVn0RQQc1LvM.html?refresh_ce

http://www.sana.it/home-page/1229.html

Poison Papers, i documenti dei veleni che accusano Monsanto e altre società

Poison Papers: i documenti dei veleni.

Li hanno chiamati i Poison Papers: una raccolta di 20mila documenti raccolti quasi interamente da Carol Van Straum, 76enne americana, scrittrice e ambientalista. Cosa contengono? “Note riservate, lettere interne, verbali di riunioni e studi scientifici che mostrano le avanzate conoscenze che i grandi gruppi della chimica mondiale[…] avevano a disposizione”, riassume L’Espresso.

Van Straum aveva sinora catalogato e archiviato i documenti in formato cartaceo, per un totale di quasi 3 tonnellate di carta. Il Bioscience Resource Project, organizzazione non-profit che ha come obiettivo la divulgazione di informazioni scientifiche sulla sicurezza alimentare e il benessere del pianeta, ha deciso di digitalizzare i documenti raccolti. Realizzando così uno dei più grandi archivi sull’argomento.

All’interno viene dimostrato come “sia le aziende che gli enti di vigilanza conoscessero la straordinaria tossicità di molti prodotti chimici prodotti”,scrivono dal Bioscience Resource Project in una nota. Una conoscenza nota molto prima che la loro pericolosità venisse resa pubblica. Aziende ed enti, però, avrebbero “lavorato insieme per celare tali informazioni al pubblico e alla stampa”.

Citate, tra le altre, Monsanto e DuPont, Union Carbide e Dow. Aziende che avrebbero avuto a disposizione “già negli anni ’70 [documenti] sulla tossicità di erbicidi, pesticidi e composti chimici”.

La vicenda dei documenti sui veleni e di Carol Van Straum inizia nel 1974, in Oregon. E arriva fino in Italia, a Brescia, dove sono stati scoperti 300 ettari di terreno contaminati, coinvolgendo 25mila abitanti.

Carol Van Straum e i documenti sui veleni: tutto ebbe inizio con un pesticida

Il sito d’informazione The Intercept ha raccontato la storia di Carol, sottolineando alcune rivelazioni contenute nelle 100mila pagine sui veleni raccolte nei Poison Papers.

Carol comincia a raccogliere documenti nel 1974. Insieme alla sua famiglia, in quell’anno si trasferisce nella foresta di Siuslaw, in Oregon. Vuole vivere una vita semplice, immersa nella natura. Subito dopo, però, scopre che la Forestale locale utilizza sulle piante un erbicida chiamato 2,4,5-T.

Il prodotto era stato precedentemente utilizzato in Vietnam dall’esercito americano. Uso sospeso quasi subito, perché era stato reso noto un collegamento con casi di cancro, aborti e altri problemi molto gravi a persone, animali e all’ambiente.

Ma la Forestale continua a usare il componente in USA dal 1972 al 1977. 20mila libbre (circa 9mila chili) vengono spruzzate dalla Forestale nei dintorni della casa dei Van Strum in quegli anni. E i bambini di Carol soffrono di epistassi, diarrea con tracce di sangue, mal di testa. Molte donne della zonasono colpite da aborti spontanei.

Infuriata, Carol e una vicina querelano la Forestale per l’utilizzo dell’erbicida. Ottenendo un bando temporaneo nel 1977 e il divieto totale 6 anni dopo.

Ma nei documenti sui veleni raccolti dalla donna c’è molto di più. Tra le aziende citate, la Monsanto. Alcuni documenti, tratti dall’Industrial Bio-Test Laboratories, sono per esempio diventati molto importanti in un caso che riguarda il Roundup. John Sanders e Frank Tanner, due agricoltori californiani, hanno contratto il Linfoma Non Hodgkin, sostengono, dopo aver utilizzato l’erbicida. Secondo loro, i componenti presenti al suo interno sarebbero responsabili della malattia.

Carol Van Strum ha raccoltoin 40 anni una documentazione fittissima su questi argomenti. Sia per sé, che per amici, conoscenti o perfetti sconosciuti che le chiedevano un aiuto. Una battaglia contro i veleni che l’ha accompagnata fino a oggi.

Monsanto e i veleni di Brescia

Tra le carte, emerge anche un collegamento con l’Italia. Nel caso, che riguarda un’azienda di Brescia, pare che Monsanto si sia dimostrata maggiormente sensibile nei confronti della salute delle popolazioni locali. Peccato che l’impresa italiana non sia stata altrettanto accorta.

Si parla di Pcb, policlorobifenibili. Brevettati nei primi anni ’30 da Monsanto,sono stati utilizzati, fino agli anni ’80 come isolanti nei trasformatori.Tali composti sono stati vietati per la prima volta nel 1972, in Giappone. L’azienda Caffaro di Brescia ha prodotto sin dagli anni ‘30 tali sostanze, su brevetto Monsanto.

Secondo quanto riporta l’Espresso, che cita i Poison Papers, già nel 1970 la Monsanto avvertiva la società bresciana, della pericolosità dei composti.

Secondo alcuni documenti, infatti, in 3 incontri riservati a Francoforte e Bruxelles la Monsanto ha informato la Caffaro e altre due società produttrici, una francese e la tedesca Bayer, dell’estrema pericolosità dei Pcb.In effetti già nel 1969 veniva pubblicato il Monsanto Pollution Abatement Plan, in cui la multinazionale discuteva la necessità di mettere al bando i composti.

Eppure, Caffaro ha continuato a produrre il “Fenclor” (denominazione commerciale del Pcb) fino al 1984, per 15 anni. Oggi il Ministero dell’Ambiente stima il danno ambientale prodotto in almeno 1,5 miliardi di euro. I 10 chilogrammi di Pcb che ogni giorno sarebbero fuoriusciti dalla fabbrica, avrebbero contaminato 300 ettari di terreno. 25mila gli abitanti coinvolti. Nella popolazione bresciana più esposta, sono stati individuati livelli di Pcb nel sangue tra i più elevati al mondo. L’Istituto Superiore di Sanità ha inoltre riscontrato, nel 2014, un aumento dell’incidenza di tumori collegati alla sostanza. Un esempio su tutti, i tumori della mammella: +25% per le donne del luogo.

INFO:

https://www.poisonpapers.org/

http://www.prwatch.org/news/2017/07/13269/poison-papers-expose-collusion-industry-regulators-hazardous-pesticides-chemicals

https://theintercept.com/2017/07/26/chemical-industry-herbicide-poison-papers/

https://theintercept.com/2016/05/17/new-evidence-about-the-dangers-of-monsantos-roundup/

http://espresso.repubblica.it/inchieste/2017/08/17/news/pcb-i-veleni-prodotti-in-italia-nonostante-gli-allarmi-sulla-loro-pericolosita-1.308097

Climate Change e bio: il ruolo dell’agricoltura nel riscaldamento globale

Climate Change: l’agricoltura, e in particolare quella biologica, può fare qualcosa per arrestare il riscaldamento globale?

Una risposta a questa e a tante altre domande hanno provato a darla le organizzazioni mondiali che dal 21 al 23 marzo 2017, presso la sede della FAO a Roma, hanno preso pare al Global Symposium on Soil Organic Carbon (GSOC17). Oggi vengono pubblicati i dati, le relazioni e i report diffusi in quei giorni. La speranza c’è e viene dal bio.

GSOC17: il punto sul Climate Change

Ad organizzare il simposio, alcunetra le più importanti organizzazioni mondiali che si occupano di Climate Change e della distribuzione delle risorse alimentari tra i popoli:

  • Food and Agriculture Organization of the United Nations (FAO);
  • Global Soil Partnership (GSP) e il suo Intergovernmental Technical Panel on Soils (ITPS);
  • Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC);
  • Science – Policy Interface (SPI) of the United Nations Convention to Combat Desertification (UNCCD);
  • World Meteorological Organization (WMO).

Durante l’evento si sono susseguiti 103 interventi orali e 35 presentazioni sulla misurazione, conservazione e valorizzazione del carbonio organico nel suolo di diverse aree del mondo. Obiettivo era rivalutare il ruolo del carbonio organico in relazione al Climate Change, allo sviluppo sostenibile e alla neutralità del degrado nel suolo.

Il simposio si è incentrato principalmente su tre tematiche:

  • Valutazione del carbonio organico nel suolo (SOC) (misurazione, mappatura, monitoraggio e segnalazione delle scorte)
  • Manutenzione e aumento degli Stock del SOC (come mantenerli e/o aumentarli)
  • Gestione del carbonio organico in specifiche tipologie di terreno (terreni a elevata concentrazione, praterie, sistemi di allevamento, terreni secchi).

Climate Change: il ruolo dell’agricoltura biologica

Nei giorni scorsi, la FAO ha reso noti gli atti del Simposio. Nel documento, sono contenuti gli abstract di tutte le presentazioni scientifiche che si sono tenute durante l’evento.

Tra queste, è incluso anche il contributo di IFOAM – Organic International, l’organizzazione che raccoglie attori e appassionati del biologico di tutto il mondo.

Le conclusioni a cui giunge IFOAM nel suo intervento dipingono l’agricoltura biologica come strada percorribile e necessaria per combattere il Climate Change.

Secondo l’Organizzazione, per aumentare lo stoccaggio di carbonio nel terreno non sarebbe utile investire in tecnologie costose, potenzialmente pericolose e non provate. Sarebbe sufficiente, infatti, puntare maggiormente sull’agricoltura rigenerativa, le cui pratiche sono già ampiamente riconosciute e applicate. I tassi di stoccaggio di carbonio potrebbero poi essere ulteriormente migliorati attraverso la ricerca.

Questo trasformerebbe l’agricoltura in un importante strumento risolutivo nella lotta al Climate Change. L’adozione diffusa di questi sistemi dovrebbe essere di massima priorità da parte dei governi, delle organizzazioni internazionali e dell’industria.

Fonti:

https://www.ifoam.bio/en/news/2017/08/21/proceedings-global-symposium-soil-organic-carbon-2017

http://www.suoloesalute.it/carbonio-organico-nel-suolo-salvare-clima-ruolo-dellagricoltura-bio/

http://www.fao.org/3/a-i7565e.pdf