CAMBIARE PARADIGMA AGRICOLO PER CONTRASTARE LA CRISI CLIMATICA

L’agricoltura intensiva disperde la sostanza organica dei suoli e riduce la qualità del cibo. Lo conferma la Fao nel suo studio sulla gestione dei suolo nei prati-pascoli. Modelli più sostenibili come il bio contribuiscono invece efficacemente alla neutralità climatica aumentando lo stock di carbonio nei terreni

Il sequestro di carbonio nei suoli è lo strumento più efficace per contrastare la crisi climatica. La conferma autorevole arriva dalla pubblicazione del Global Assessment of Soil Carbon in Grasslands, il primo studio commissionato su questo tema dalla Fao, l’Organizzazione per il cibo e l’agricoltura delle Nazioni Unite, secondo cui migliorare le pratiche di gestione dei prati-pascoli può aumentare la capacità dei suoli di assorbire il carbonio e aiutare i Paesi a raggiungere i loro obiettivi climatici.

Puntare sulla carbon farming

La carbon farming, ovvero la gestione agricola sostenibile e attenta ai carbon sink del suolo è stata di recente riconosciuta anche dall’Unione europea come lo strumento più efficace per invertire la spirale dell’incremento delle emissioni dei gas clima-alteranti. Lo studio è quindi un importante punto di riferimento per tutto il mondo agricolo perché mette in luce le modalità per incrementare i carbon sink dei suoli agrari.

Prati sani e prati degradati

Dallo studio Fao emerge che la maggior parte dei prati-pascoli del mondo ha un bilancio positivo, ovvero che il suolo è in buone condizioni. Alcune aree geografiche sono però già in sofferenza: si tratta dell’ Asia orientale, America centrale e meridionale e dell’ Africa a sud dell’Equatore, dove si registra un bilancio negativo del carbonio, dovuto a un’ agricoltura intensiva e alle difficili condizioni climatiche.

 

Dati positivi invece per le regioni della Federazione Russa e del Nord America, che immagazzinano il massimo della quantità di carbonio nel suolo per ettaro nei terreni destinati all’agricoltura. La regione della Federazione Russa ha il 50% dello stoccaggio di carbonio a livello globale. Insieme al Nord America, queste due regioni sembrano non aver sofferto la mano dell’uomo sul suolo. I risultati peggiori arrivano invece da una regione dall’Europa, quella orientale, l’unica con stock inferiori a 1 mega tonnellata (Mt).

La situazione in Europa

Da un recente studio europeo (Soil monitoring in Europe, realizzato nel 2022 e publicato il 30 gennaio scorso) emerge che la degradazione dei suoli del Vecchio Continente è legata principalmente a: urban sprawl, ovvero l’espansione incontrollata delle grandi città; l’intensificazione dell’agricoltura con conseguente aumento dell’uso di fertilizzanti e prodotti fitosanitari e macchinari pesanti; al cambiamento climatico che provoca eventi meteorologici estremi che provocano l’erosione del suolo fertile.

Rapporti che richiamano con forza la necessità di cambiare paradigma produttivo, adottando tecniche di gestione sostenibili come quelle proprie dell’agricoltura biologica.

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