Suolo e Salute

Mese: Febbraio 2022

NASCE COLDIRETTI BIO, MARIA LETIZIA GARDONI PRESIDENTE

NASCE COLDIRETTI BIO, MARIA LETIZIA GARDONI PRESIDENTE

Promozione, trasparenza e tutela del made in Italy bio: il programma della neopresidente per un settore che vale 7,5 miliardi di euro

Nasce Coldiretti Bio la task force di aziende ed esperti per un settore che a livello nazionale vale 7,5 miliardi di euro tra consumi interni ed export. È quanto annuncia la Coldiretti in riferimento alla nuova associazione guidata dalla presidente Maria Letizia Gardoni.

Classe 1988, giovane imprenditrice, Gardoni ha un’azienda di ortofrutta bio proprio a Osimo, in provincia di Ancona, città dove è nata. Laureata in Scienze e tecnologie agrarie all’Università Politecnica delle Marche, ha ricoperto l’incarico di Delegata Nazionale di Coldiretti Giovani Impresa. È presidente di Coldiretti Marche e membro della giunta nazionale di Coldiretti.

 La promozione di Campagna Amica

«Con 70mila produttori -dice la neopresidente – siamo il Paese leader in Europa per numero di imprese impegnate nel biologico e che vanta ancora ampie opportunità di crescita economica ed occupazionale».

«La nascita di Coldiretti Bio sancisce l’attenzione che abbiamo sempre dimostrato nei confronti di un’agricoltura in linea con gli indirizzi europei di sostenibilità e complementare all’agricoltura tradizionale del nostro Paese».

«Campagna Amica sarà per noi il primo strumento di promozione del biologico italiano che saprà garantire tracciabilità, identità e riconoscibilità del marchio».

 I dati del settore

Nell’ultimo decennio – spiega Coldiretti – le vendite bio totali sono più che raddoppiate (+122%) secondo dati Biobank. Il successo nel carello sostiene l’aumento della produzione nazionale su 2 milioni di ettari di terreno coltivati, fornendo una spinta al raggiungimento degli obiettivi della strategia Farm to Fork del New Green Deal dell’Unione Europea che punta ad avere – riferisce la Coldiretti – almeno 1 campo su 4 (25%) dedicato al bio in Italia. Un obiettivo strategico per raggiungere il quale – ricorda Coldiretti – è importante l’approvazione del disegno di legge sull’agricoltura biologica non ha ancora concluso il suo iter parlamentare.

Trasparenza negli acquisti

Con quasi due italiani su tre (64%) che mettono prodotti bio nel carrello occorre difendere i consumatori e garantire la trasparenza degli acquisti – sottolinea la Coldiretti – con anche l’introduzione di un marchio per il bio italiano per contrassegnare come 100% Made in Italy solo i prodotti biologici ottenuti da materia prima nazionale. Bisogna assicurare una piena informazione circa la provenienza, la qualità e la tracciabilità dei prodotti – continua Coldiretti – con una delega al Governo per rivedere la normativa sui controlli e garantire l’autonomia degli enti di certificazione.

 La forza dell’origine

Un passo importante per dare la possibilità di distinguere sullo scaffale i veri prodotti biologici Made in Italy – sottolinea Coldiretti – dinanzi all’invasione di prodotti biologici da Paesi extracomunitari, che spesso non rispettano gli stessi standard di sicurezza di quelli Europei. Infatti – conclude Coldiretti – i cibi e le bevande stranieri sono sei volte più pericolosi di quelli Made in Italy con il numero di prodotti agroalimentari extracomunitari con residui chimici irregolari che è stato pari al 5,6% rispetto alla media Ue dell’1,3% e ad appena lo 0,9% dell’Italia, secondo l’analisi della Coldiretti su dati Efsa.

FRUMENTO, UNA FILIERA BIO E EQUA DAL CAMPO ALLO SCAFFALE

FRUMENTO, UNA FILIERA BIO E EQUA DAL CAMPO ALLO SCAFFALE

Cia-Agricoltori Italiani e ItalMopa siglano un protocollo d’intenti per sviluppare progetti dedicati che garantiscano qualità, sostenibilità e giusto prezzo per tutti gli operatori coinvolti delle filiere del grano tenero e duro biologici

Collaborare per sviluppare e promuovere insieme progetti di filiera del grano 100% biologico italiano, con l’obiettivo di soddisfare i requisiti di qualità e sostenibilità e di garantire il giusto prezzo a tutti i soggetti coinvolti. È il senso del protocollo d’intenti siglato da Cia-Agricoltori Italiani e Italmopa.

Gdo da coinvolgere

Lo scopo delle due organizzazioni è di costruire una “filiera bio equa italiana”, partendo dai primi anelli, vale a dire produttori agricoli e industria molitoria, per poi allargarlo agli altri attori, fino alla Gdo.

 

Alla base del protocollo, la consapevolezza della centralità del settore biologico, sia per i consumatori, sia per le nuove politiche comunitarie e nazionali, dalla Pac al Green Deal al Pnrr, in un’ottica di maggiore sostenibilità ambientale, economica e sociale.

 

«D’altra parte – ricorda Dino Scanavino, presidente di Cia – in Italia l’agricoltura biologica conta 2 milioni di ettari coltivati, il 16% circa (330.284 ettari) destinato ai cereali, di cui il 34% al grano duro e il 10% al frumento tenero; oltre a impegnare 80.000 operatori per un valore alla produzione di 3,5 miliardi di euro». «Anche nella sfida europea, ovvero arrivare entro il 2030 a destinare il 25% dei terreni agricoli al bio, l’Italia risulta in vantaggio, con una percentuale di coltivazioni dedicate al 16% contro l’8% della media Ue».

La ricerca del giusto prezzo

Nasce con questi obiettivi il protocollo d’intenti di Cia e Italmopa, per promuovere equi accordi commerciali fra i soggetti coinvolti, improntati al giusto prezzo, con l’impegno a collaborare per la definizione dell’opportuno meccanismo di definizione dei prezzi, della tipologia di contratti e della loro durata.

 

Inoltre, le due organizzazioni vogliono condividere gli obiettivi di qualità, dai requisiti della materia prima agli sfarinati al prodotto finito, nonché valorizzare la trasparenza e la tracciabilità delle filiere, l’origine italiana del grano biologico ovvero le specifiche aree territoriali regionali vocate del Paese.

 

L’obiettivo finale resta quello di comprendere, in tali accordi di filiera, tutti i soggetti coinvolti, dai produttori agli stoccatori, dai primi e secondi trasformatori alla Gdo. Con due considerazioni sullo sfondo: pagare il giusto prezzo ad agricoltori e molini è indispensabile per permettere la programmazione della produzione di grano, mentre oggi il ruolo della Grande distribuzione è sempre più centrale per poter valorizzare i prodotti biologici sul mercato.

Contratti di filiera e di coltivazione

In particolare, Cia e Italmopa si impegnano a favorire, tra le proprie strutture, modalità quali Contratti di Filiera e Contratti di Coltivazione, con dettagliati disciplinari di produzione tracciati, particolarmente avanzati dal punto di vista ambientale e sociale, promuovendo al contempo la ricerca e i processi innovativi, per esempio l’utilizzazione di strumenti digitali come la Blockchain.

 

«Questo protocollo d’intenti – conclude Nicola De Vita, presidente della Commissione Prodotti biologici di Italmop a- è un contributo importante per consolidare e rafforzare i rapporti nella filiera del grano bio Made in Italy e costruire percorsi sempre più green e di qualità, riconoscendo contemporaneamente il giusto reddito a tutte le componenti della catena produttiva, dal campo allo scaffale».

CRESCITA ECCEZIONALE DEL MERCATO BIOLOGICO EUROPEO 2020

CRESCITA ECCEZIONALE DEL MERCATO BIOLOGICO EUROPEO 2020

Esce la consueta analisi del centro di ricerche svizzero Fibl. Il mercato del biologico raggiunge i 52 miliardi di euro (+15%), effetto del tasso di crescita più alto dell’ultimo decennio. In crescita, ma meno, anche  i terreni agricoli bio arrivati a 17 milioni di ettari nel 2020

Il mercato biologico europeo ha raggiunto un livello record nel 2020. È aumentato del 15% e ha raggiunto 52,0 miliardi di euro, il tasso di crescita più alto dell’ultimo decennio. Anche i terreni agricoli biologici hanno continuato a crescere. È quanto emerge dagli ultimi dati riportati nell’annuario statistico “The World of Organic Agriculture 2022″, presentato martedì 15 febbraio 2022 in diretta streaming da Fibl, l’istituto svizzero che è un punto di riferimento in Europa per gli studi sul biologico, ma andiamo con ordine.

Riguardo al potenziale produttivo Fibl rileva che nel 2020 in tutta Europa erano 17,1 i milioni di ettari di terreni agricoli erano biologici, di cui  14,9 milioni di ettari entro i confini dell’Unione europea. L’Italia purtroppo rallenta e non tiene il passo dei due nuovi Paesi leader. Con quasi 2,5 milioni di ettari, la Francia è infatti diventata il nuovo paese numero uno in termini di terreni agricoli a gestione biologica, seguita da Spagna (2,4 milioni di ettari), Italia (2,1 milioni di ettari) e Germania (1,7 milioni di ettari).

Settecentomila ettari di nuova superficie bio

I terreni agricoli biologici sono aumentati di oltre 0,7 milioni di ettari nell’Unione Europea, con un aumento del 5,3%. La crescita è stata, tuttavia, inferiore a quella dell’anno precedente. La Francia ha registrato 307.000 ettari in più rispetto al 2019, l’Italia oltre 102.000 ettari in più e la Germania oltre 88.000 ettari in più.

Il Liechtenstein ha la quota biologica più alta

Nel 2020, i terreni agricoli biologici in Europa costituivano il 3,4% del totale dei terreni agricoli e il 9,2% nell’Unione Europea. In Europa (e nel mondo), il Liechtenstein ha la quota biologica più alta di tutti i terreni agricoli (41,6%), seguito dall’Austria, il paese dell’Unione Europea con la quota biologica più alta (26,5%). Quindici paesi europei hanno riferito che almeno il 10 per cento dei loro terreni agricoli è biologico.

Modesta la crescita degli operatori

C’erano quasi 420.000 produttori biologici in Europa e quasi 350.000 nell’Unione Europea. L’Italia ha il numero più alto (71.590).

84’799 i trasformatori europei registrati nello stesso periodo e oltre 78’000 nell’Unione Europea. Sono stati contati oltre 6’800 importatori in Europa e quasi 5’800 nell’Unione Europea. Il paese con il maggior numero di trasformatori è l’Italia (quasi 23’000), mentre la Germania ha il maggior numero di importatori (oltre 1’900).

Boom nelle vendite al dettaglio

Le vendite al dettaglio in Europa sono state valutate a € 52,0 miliardi (€ 44,8 miliardi nell’Unione Europea). Il mercato più grande è la Germania (14,99 miliardi di euro). L’Unione Europea rappresenta il secondo mercato unico per i prodotti biologici a livello mondiale dopo gli Stati Uniti (49,5 miliardi di euro).

Il mercato europeo ha raggiunto un tasso di crescita record del 14,9 per cento nel 2020, il più alto dell’ultimo decennio. Tra i mercati chiave, la crescita più alta è stata osservata in Germania (22,3%). Nel 2020, i mercati del biologico in molti paesi hanno mostrato una crescita a doppia cifra a causa della pandemia poiché le persone sono rimaste a casa e hanno iniziato a cucinare più spesso. Salute, ambiente e cambiamento climatico sono diventate questioni importanti anche per i consumatori. Se questa tendenza continua, la produzione e la trasformazione devono tenere il passo. Secondo Fibl la strategia Farm to Fork dell’Unione Europea può supportare questo sviluppo con le rispettive misure.

I consumatori europei spendono di più in alimenti biologici

In Europa, i consumatori spendono 63,3 € per alimenti biologici pro capite all’anno (Unione Europea: 101,8 €). La spesa pro capite per alimenti biologici è raddoppiata nell’ultimo decennio. Nel 2020 i consumatori svizzeri e danesi hanno speso di più in alimenti biologici (rispettivamente 418 e 384 euro pro capite).

La Danimarca ha la quota di bio più alta al mondo

A livello globale, i paesi europei rappresentano le quote più alte delle vendite di alimenti biologici in percentuale dei rispettivi mercati alimentari. La Danimarca ha la quota di vendita di alimenti biologici più alta al mondo, con il 13,0% nel 2020, seguita dall’Austria con una quota dell’11,3% e dalla Svizzera con il 10,3%.

L’AUSPICIO DI FARINETTI: ITALIA TUTTA BIO IN 3-5 ANNI

L’AUSPICIO DI FARINETTI: ITALIA TUTTA BIO IN 3-5 ANNI

«Raddoppieremmo le esportazioni e il turismo». L’inventore di Eataly lancia la proposta nel corso dell’Innovation Talk sul futuro dell’agroalimentare italiano a Dubai

«Se dipendesse da me, dichiarerei obbligatoria l’agricoltura biologica in Italia entro tre-cinque anni». Firmato: Oscar Farinetti, presidente di Eataly, uno che di biologico e di marketing se ne intende.

Il ruolo attivo di Suolo e Salute

Eataly, la catena concepita da Farinetti per distribuire made in Italy di qualità in tutto il mondo, da qualche anno ha puntato sul biologico con prodotti che hanno conquistato uno spazio sempre più centrale nell’offerta. Un progetto in cui Suolo e Salute svolge un ruolo attivo come organismo di certificazione degli store Eataly sul territorio nazionale.

«É auspicabile e possibile arrivare al 100% di prodotti italiani biologici nel prossimo futuro». Lo ha ribadito nel suo intervento nel corso dell’Innovation Talk su “Il futuro del sistema agroalimentare tra innovazione, sicurezza e sostenibilità”, organizzato dall’agenzia Ice al Padiglione Italia di Expo 2020 Dubai.

L’evento è stato realizzato in occasione della partecipazione dell’Italia al Gulfood 2022, la più grande fiera dell’agroalimentare nel Medio Oriente.

«Immaginate se il premier Mario Draghi annunciasse che tutta l’Italia è biologica, sarebbe una convincente azione di marketing».

La prima regola di marketing

La prima regola di marketing osservata dall’imprenditore piemontese nelle sue attività è: dare alle persone quello che veramente desiderano, anche se non sanno ancora di desiderarlo.

E in effetti la domanda di sostenibilità non è mai stata così elevata nell’agroalimentare mondiale, una sfida che il nostro Paese può vincere se non mette in discussione proprio adesso i suoi record nelle produzioni di qualità e nel biologico. «In un mercato competitivo, o ti differenzi, o soccombi». Il cliente è sovrano, non lo si può conquistare senza una proposta di valori difendibili.
«Se vincessimo questa sfida, raddoppieremmo le esportazioni e il turismo. Dobbiamo essere forti su questo concetto, il futuro dell’Italia si gioca sulla forte correlazione tra biologico e sostenibilità».

IL RITORNO DEL COTONE, PER UNA FILIERA CORTA BIO E 100% MADE IN ITALY

IL RITORNO DEL COTONE, PER UNA FILIERA CORTA BIO E 100% MADE IN ITALY

Due giovani imprenditori stanno facendo rifiorire nella Capitanata una filiera redditizia e sostenibile che parte dal seme, passa dalla bambagia e arriva a camicie di misura certificate 100% bio e made in Italy. Via alla semina di 50 ettari nella prossima primavera, ma l’obiettivo di Michele Steduto e Pietro Gentile è di arrivare a 10 volte tanto entro il 2025. Suolo e Salute è l’ente di certificazione del cotone bio.

Dalla materia prima bio al prodotto confezionato finito. Dal seme alla bambagia, fino alla camicia 100% made in Italy. Il progetto di due giovani imprenditori foggiani chiude un progetto di filiera a chilometro zero interamente biologica e inconsueta per i campi italiani: quella del cotone. Un ritorno per una coltura dimenticata che è merito di Michele Steduto e Pietro Gentile, alla guida del gruppo tessile Gest e della società Strep It Oso e anche di Suolo e Salute che è l’organismo di certificazione scelto per seguirne la fase di produzione in campo, di trasformazione e commercializzazione.

Il microclima e i terreni ideali

I suoli fertili e il clima della Capitanata, in provincia di Foggia, costituiscono l’ambiente ideale per il risorgimento di una coltura che richiede l’alternanza di una stagione caldo-secca e una più umida e che era già praticata in passato da queste parti. Si tratta della coltura tessile più coltivata al mondo, la concorrenza internazionale è agguerrita, ma la forte tensione sugli aspetti relativi alla tutela dell’ambiente, l’attenzione all’origine e al rispetto di condizioni di lavoro eque e sostenibili stanno creando i presupposti per un suo ritorno in grande stile.

«Il nostro obiettivo – spiega Michele Steduto – è quello di seminare un futuro di sostenibilità, di lasciare un esempio per i nostri figli valorizzando le competenze di una filiera decisiva per il made in Italy ma che si sta disperdendo: quella tessile, con il ritorno di attività come la filatura e la tessitura».

L’interesse dei grossi brand

Un impegno che raccoglie già i primi frutti. «All’orizzonte si profilano infatti possibili intese con grandi gruppi del settore tessile interessati a garantirsi una filiera certificata tutta bio e tutta italiana».

Dopo due anni di sperimentazioni il progetto di filiera sta infatti entrando nel vivo: in Puglia spunteranno le prime e uniche piantagioni di cotone bio europeo.

Seme certificato bio

Steduto, grazie ad un accordo con un’azienda sementiera, ha fatto produrre seme certificato biologico per almeno 50 ettari. La società Strep It Oso di San Marco in Lamis, alle pendici del Gargano, è la capofila di un progetto di filiera che promette reddito e soddisfazione morale per gli agricoltori che stanno sottoscrivendo i contratti di coltivazione per le semine imminenti.

Le prove effettuate negli ultimi due anni ne confermano la validità. La collaborazione tecnica di Demetrio Neri, che nei 7 ettari di proprietà dell’azienda Posta Faugno ha già raccolto 20mila chili di cotone purissimo, dimostra la possibilità di sviluppare una filiera alternativa a quelle del grano duro e del pomodoro da industria, imperanti in questa zona, con costi di coltivazione competitivi.

Una risorsa per le rotazioni

«Il cotone – assicura Steduto – rappresenta una valida alternativa colturale e una risposta concreta al divieto di monosuccessione imposto dalla prossima programmazione della Politica agricola comunitaria».

«Per ora puntiamo su aziende agricole che sono già in biologico che possono inserire questa coltura da rinnovo nelle rotazioni aziendali assicurandosi un notevole valore aggiunto». Presto ci sarà spazio però per nuove conversioni al bio. «L’obiettivo è infatti quello di arrivare a 500 ettari entro il 2025». Un ottimismo giustificato dai risultati economici di questa coltura.

Il bio come carta di valorizzazione

A fronte di costi colturali pari a circa 2mila euro ad ettaro, compresi quelli dell’irrigazione e di una seminatrice pneumatica fornita da Strep It Oso (circa un quarto di quanto costa oggi produrre pomodoro da industria), i guadagni per l’agricoltore possono arrivare a 5mila euro ad ettaro, grazie a rese medie di 50 quintali ad ettaro di bambagia e a un prezzo che oggi è superiore a 1 dollaro al chilo.

Ma il cotone non è solo fibra e per gli imprenditori agricoli vi sono anche altre opportunità, valorizzandole l’olio di semi per cosmesi e farmaceutica, il seme può essere utilizzato in zootecnia, la biomassa dei residui vegetali per la produzione di energia.

«La crescita di una massa critica per il cotone made in Italy potrebbe poi spingere per l’ottenimento di un aiuto accoppiato, in linea con quanto viene già riconosciuto in Grecia».

E poi c’è la carta del biologico: «è la nostra scommessa per differenziarci da Spagna e Grecia, dove ci sono solo coltivazioni convenzionali. Un vero asso nella manica che può rimettere il made in Italy al centro».

UN CARRELLO DELLA SPESA PIÙ SOSTENIBILE

UN CARRELLO DELLA SPESA PIÙ SOSTENIBILE

Esplosione delle etichette green su prodotti della Gdo. Lo rileva l’Osservatorio Immagino, la piattaforma di rilevamento creata da GS1 Italy che, nella decima edizione relativa al secondo semestre 2021, ha evidenziato una forte crescita del paniere dei prodotti che si rifanno ai temi della transizione ecologica per un valore che arriva a 11,5 miliardi di vendite.  Un comparto di prodotti sostenibili capitanato dal biologico, che mantiene la quota maggiore di vendita. In forte crescita i prodotti certificati come compostabili e quelli confezionati con bioplastiche

La sostenibilità guida le scelte d’acquisto degli italiani, ma soprattutto permea le politiche commerciali delle aziende del largo consumo, che stanno affrontando su più fronti la transizione ecologica e lo comunicano sempre più spesso ai consumatori.

Il “green” invade le etichette

È quel che emerge dalla nuova edizione dell’Osservatorio Immagino, che ha rilevato ben 35 indicazioni “green” leggibili sulle etichette di oltre 30 mila prodotti venduti in supermercati e ipermercati di tutta Italia.

L’Osservatorio Immagino è la piattaforma di indagine creata da GS1 Italy (nuova denominazione di Indicod-Ecr, è l’unico ente italiano autorizzato al rilascio dei Codici a Barre) per raccontare i consumi degli italiani in un modo nuovo.

Monitora i fenomeni di consumo nel nostro Paese mettendo in rapporto le informazioni delle etichette dei prodotti già digitalizzati da Immagino e i dati di Nielsen di venduto, consumo e uso dei media. Aggiorna i rilevamenti ogni sei mesi su carta o in digitale.

Un terzo del paniere

La decima edizione dell’Osservatorio ha appunto rilevato un paniere significativo e multiforme di prodotti “green”, che ha superato gli 11,5 miliardi di euro di vendite nel periodo osservato (dal 1 luglio 2020 al 30 giugno 2021), mettendo a segno un aumento di +3,2% rispetto ai 12 mesi precedenti e contribuendo per quasi il 30% al sell-out di tutto il paniere rilevato.
«Una crescita- spiega Marco Cuppini, che in GS1 Italy ricopre il ruolo di Research and communication director-  che è legata all’aumento dell’offerta di prodotti dalle caratteristiche sostenibili, che rappresentano ormai il 23,9% delle 125.431 referenze monitorate».

Fantasia nei claim

Oltre ad aumentare il numero dei prodotti segnalati come sostenibili, aumentano anche i claim “green” presenti sulle loro confezioni, che l’Osservatorio Immagino ha suddiviso in quattro aree tematiche: management sostenibile delle risorse, agricoltura e allevamento sostenibili, responsabilità sociale e rispetto degli animali.
Complessivamente, l’indicazione più diffusa è quella del Biologico (6,6% delle referenze), seguita dalla certificazione FSC (gestione sostenibile delle foreste) e dai claim “sostenibilità” e “riciclabile”. Le più performanti nel 2021 sono state Mater-Bi, ovvero i prodotti confezionati con bioplastica brevettata (+48,0% delle vendite), la certificazione Ok-Compost e le indicazioni “compostabile” e “senza antibiotici”.