Suolo e Salute

Anno: 2019

La zona del Chianti si muove sempre di più verso il biologico

La zona del Chianti si muove sempre di più verso il biologico

Il Chianti muove i suoi passi verso la produzione biologica e la tutela dell’ambiente, con più del 30% di superficie agricola utilizzata dedicata al biologico.

I produttori biologici del vino Docg Chianti Classico costituiscono il Biodistretto Chianti il 27 settembre 2016, mossi dal desiderio di voler ridurre l’uso di agrofarmaci di sintesi nell’intero territorio. Il Biodistretto si estende per i Comuni di Barberino Tavarnelle, Castellina in Chianti, Castelnuovo Berardenga, Gaiole in Chianti, Greve in Chianti, Radda in Chianti e San Casciano.

“I dati diffusi dalla Regione Toscana confermano l’impegno di tutti i Comuni che fanno parte del Biodistretto del Chianti a promuovere la vocazione ad agricoltura sostenibile di tutto il territorio e la sua tutela come nostro bene primario. Questi numeri, inoltre, stimolano nuove iniziative per favorire crescenti vantaggi socioeconomici per le aziende che scelgono la produzione biologica puntando su qualità dell’aria e dell’acqua e, quindi, anche sulla tutela dell’ambiente, con ripercussioni positive per marketing, turismo e promozione del territorio”, spiega Roberto Stucchi Prinetti, presidente del Biodistretto del Chianti.

“Il biodistretto del Chianti ha tra i suoi obiettivi primari la presenza di alimenti biologici nelle mense pubbliche; il non utilizzo di diserbanti nelle aree e nelle strade pubbliche; l’implementazione della raccolta differenziata dei rifiuti e il crescente utilizzo di materiali e stoviglie biodegradabili negli eventi pubblici”. Molte di queste azioni “sono già realtà nei Comuni del Chianti e continueremo a lavorare su questa strada coinvolgendo sempre di più i cittadini, le scuole e il mondo agricolo nella tutela e nella valorizzazione del nostro territorio e delle sue eccellenze enogastronomiche”, continua il coordinatore del Biodistretto Fabrizio Nepi, sindaco di Castelnuovo Berardenga.

 

Fonte: http://www.uipa.it/13-4-agricoltura-biodistretto-chianti-puntiamo-al-biologico/

È migliore la frutta biologica importata o quella “in conversione al bio” locale?

È migliore la frutta biologica importata o quella “in conversione al bio” locale?

L’azienda Elshof Organic Fruit, di Dronten, nei Paesi Bassi, si è posto l’obiettivo di muoversi verso la conversione a biologico per la produzione di pere, considerata la crescente domanda europea.

“I supermercati non vogliono frutta “in fase di conversione al bio”. Richiedono solo frutti convenzionali o biologici. Della prima tipologia il mercato è pieno, ma allo stesso tempo ci sono intere navi cariche di pere biologiche provenienti dall’Argentina. Di conseguenza, perfino sul mercato del bio si registra un po’ di pressione. Secondo noi, è un peccato. Ecco perché stiamo tentando di convincere i nostri clienti a scegliere le pere olandesi, pur se ancora in fase di conversione al bio, invece che le pere biologiche d’importazione dall’Argentina”, spiega Robert Elshof, il direttore dell’azienda.

L’azienda produce anche mele biologiche, che coltiva nei frutteti di sua proprietà.

“Mi aspetto di riuscire a fornire questi frutti fino a giugno-luglio. Le nostre mele biologiche sono destinate ai supermercati olandesi e belgi. Il nostro obiettivo è anche quello di vendere quanta più frutta possibile a livello locale. Per quanto riguarda le pere, ci stiamo riuscendo – spiega Robert – perché il mercato è molto più orientato verso l’Europa. I nostri principali paesi di vendita sono Germania, Francia e Scandinavia. In tali paesi, le pere di alta qualità sono molto poche”, continua il direttore.

Per dirigersi verso questo obiettivo, l’azienda ha creato uno nuovo impianto di smistamento ottico nel quale ha introdotto macchinari di ultima generazione che classifica la qualità dei prodotti e un nuovo spazio di refrigerazione per le pere biologiche.

“Questo perché le pere bio devono essere refrigerate in maniera diversa rispetto a quelle convenzionali. Per la refrigerazione delle pere convenzionali si fa di tutto per minimizzare la disidratazione, come per esempio la tecnica del raffreddamento ad acqua”, spiega Robert.

“Da molti anni ormai va avanti una discussione sugli squilibri del potere negoziale lungo la filiera. Tuttavia, stiamo cercando di invertire la rotta e di instaurare partnership con i buyer direttamente dal settore della coltivazione. Secondo noi, ciò permette una situazione da cui tutti traggono beneficio. Lavorando con partner di grandi dimensioni, i supermercati hanno a disposizione una fornitura costante, con meno sprechi.

I coltivatori, inoltre, ricevono un buon prezzo per il loro prodotto. Ciò significa che possono fare crescere la loro attività ora e in futuro. Possono investire per rendere sostenibili le loro aziende agricole e il consumatore ottiene un prodotto biologico che ha dietro una storia di successo. Cosa si potrebbe volere di più?” conclude Robert Elshof.

 

Fonte: https://www.freshplaza.it/article/9092395/meglio-un-frutto-locale-in-fase-di-conversione-al-bio-o-uno-gia-biologico-d-importazione/

Accolto con favore il nuovo studio IDDRI su agroecologia e mitigazione dei cambiamenti climatici entro il 2050

Accolto con favore il nuovo studio IDDRI su agroecologia e mitigazione dei cambiamenti climatici entro il 2050

L’istituto francese IDDRI (Institut du Développement Durable et des Relations Internationales) ha pubblicato una valutazione sulla potenziale riduzione delle emissioni di gas serra dell’agricoltura, ipotizzando lo scenario di transizione dell’agricoltura europea verso il biologico (lo studio parla di agroecologia) entro il 2050 (Dieci anni per l’agroecologia – TYFA). Le riduzioni delle emissioni vanno dal 40% al 47%, mentre vengono evidenziati importanti benefici per la biodiversità, le risorse naturali e di riflesso per la salute.

Eric Gall, Policy Manager di IFOAM EU, ha dichiarato: “Lo scenario prospettico da “Ten Years For Agroecology” è un esercizio rivoluzionario in quanto mostra come una conversione completa dell’agricoltura europea all’agricoltura biologica possa contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici, preservando le nostre risorse naturali e proteggere la biodiversità. È fondamentale che i dibattiti prospettici e politici su come ridurre le emissioni di carbonio in agricoltura integrino meglio la biodiversità e le questioni relative al mantenimento della fertilità del suolo e considerino anche la necessità di ridurre drasticamente l’uso degli agrofarmaci in agricoltura. Il movimento per l’alimentazione e l’agricoltura biologica è pienamente impegnato a utilizzare i principi di agroecologici per fare dell’agricoltura parte della soluzione per la preservazione del clima”.

Lo studio “Agroecology e carbon neutrality in Europa entro il 2050: quali sono i problemi?, scritto da Pierre-Marie Aubert, Marie-Hélène Schwoob (IDDRI) e Xavier Poux (AScA, IDDRI), riporta:

L’ultimo rapporto speciale dell’IPCC stabilisce l’obiettivo di raggiungere la neutralità del carbonio entro il 2050, il 2070 al più tardi se vogliamo mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2 ° C. L’intensificazione sostenibile della produzione agricola, in una logica di risparmio del territorio, è spesso considerata un passaggio necessario per raggiungere questo obiettivo. In questo contesto, nel caso dell’Europa, è il potenziale contributo di un sistema basato sull’agro-ecologia. L’obiettivo della mitigazione è messo in prospettiva con altre sfide chiave associate al funzionamento del sistema alimentare: salute umana, conservazione delle risorse naturali e della biodiversità e adattamento ai cambiamenti climatici.

 

Fonte: https://www.ifoam-eu.org/en/news/2019/04/16/press-release-ifoam-eu-welcomes-new-iddri-study-agroecology-and-carbon-neutrality

 

L’agricoltura biologica è l’unica sostenibile

L’agricoltura biologica è l’unica sostenibile

Durante un’intervista, la senatrice Elena Cattaneo sottolineò la sua idea di biologico come una favola “bella e impossibile” e, in tale occasione, rilanciò la lettera indirizzata a tutti i senatori della Repubblica per chiedere il ritiro della legge sul biologico, approvato dalla Camera e al vaglio del Senato.

Oggi a rispondere è Claudia Sorlini, docente di Microbiologia agraria dell’Università degli Studi di Milano e tra gli autori della petizione “Gruppo di docenti per la libertà della scienza”, a favore dell’agricoltura biologica e favorevole al nuovo Disegno di legge 988.

Il “Gruppo di docenti per la Libertà della Scienza”, spiega la docente, unisce 6 docenti delle Università Italiane, lei compresa, che presentano una lunga esperienza nel campo della ricerca e della didattica. Il Gruppo è a favore dell’agricoltura biologica considerata la sua attenzione alla sostenibilità ambientale e sociale, oltre alla qualità dei prodotti.

È vero, come sostiene la senatrice Cattaneo, che il biologico ha meno resa del convenzionale, quindi non è sostenibile?

L’agricoltura biologica, risponde la docente, ha una minor produttività ma non per questo è insostenibile. La sostenibilità non si misura sulla resa, ma anche sulla capacità di incrementare la sostanza organica, la fertilità biologica dei suoli, di conservare la biodiversità e di limitare l’uso di prodotti agrochimici di sintesi.

Oggi tutto il mondo si sta mobilitando verso uno sviluppo sostenibile sul piano economico, ambientale e sociale, comprese le istituzioni.

I prodotti derivati dall’agricoltura biologica hanno più qualità, dovuto soprattutto dal fatto che non contengono residui di agrofarmaci di sintesi. Questo perché l’agricoltura biologica vieta queste sostanze in tutte le fasi di produzione agricola.

Il Disegno di legge 988?

La legge guarda al futuro e risponde a istanze e bisogni di una parte crescente della popolazione.

 

Fonte: https://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2019-04-15/l-agricoltura-biologica-e-l-unica-sostenibile-e-non-sono-no-vax-194241.shtml?uuid=AB3EDOpB

Dai rifiuti della frutta si può ottenere la bioplastica

Dai rifiuti della frutta si può ottenere la bioplastica

Da una ricerca dell’Università di Boras, Svezia, è emerso che dai rifiuti della frutta è possibile produrre della bioplastica.

La plastica inquina, per questo anche l’Università della Svezia ha deciso di mettersi in gioco per trovare una soluzione alternativa, sostenibile ed efficiente, con materiali alternativi e a basso impatto ambientale, alla produzione della plastica.

Veronika Bàtori, ricercatrice dell’ateneo svedese, ha indagato sulla potenzialità dei rifiuti alimentari, utilizzando gli scarti di mele e arance.

“Entrambi contengono molta acqua e materia organica e, se buttati in discarica, rilasciano grandi quantità di metano. Sono anche difficili da bruciare a causa della percentuale acquosa e non funzionano bene come alimenti animali a causa degli alti livelli di zucchero e del basso pH”, spiega la ricercatrice.

Il progetto della ricercatrice ha messo in evidenza due metodi principali per la produzione della bioplastica:

  1. La Solution Casting, colata da soluzione, consiste nel colare su un nastro che scorre in un forno, uno strato sottile di una soluzione di polimero, in idoneo solvente. Il prodotto finito potrebbe confezionare gli alimenti o diventare un sacchetto per l’umido domestico.
  2. Il secondo metodo ha permesso di creare bicchieri e posate dalla massa residua organica attraverso lo stampaggio a compressione. Una volta utilizzate le stoviglie, queste possono essere trasformate in compost o addirittura mangiate.

Un progetto ancora da perfezionare, ma che potrebbe veramente essere commercializzato in un futuro prossimo.

 

Fonte: http://www.italiafruit.net/DettaglioNews/48820/mercati-e-imprese/bioplastica-dai-rifiuti-di-frutta-ricerca-svedese

Francia: “Senza l’Unione Europea non sarebbe stato possibile convertirsi al biologico”

Francia: “Senza l’Unione Europea non sarebbe stato possibile convertirsi al biologico”

La principale beneficiaria della Politica agricola comune, PAC, risulta essere la Francia che vede sempre più aziende abbandonare l’agricoltura intensiva e l’uso di pesticidi in favore di un’agricoltura biologica e naturale.

Ma la Francia si presenta preoccupata per il prossimo futuro a causa della Brexit e della perdita del contributo della Gran Bretagna, poiché l’Ue dovrà ridurre sicuramente il sostegno all’agricoltura.

Si stima che si passerà da uno stanziamento di 408 miliardi di euro attuali ai 365 miliardi di euro per il periodo 2021-2027.

La Francia, oggi, riceve 9 miliardi all’anno: la Pac, infatti, rappresenta il 62% degli aiuti che riceve dall’Europa.

Cosa significa veramente la Pac per un agricoltore francese?

A spiegarlo è un giovane agricoltore, Emmanuel Roch, 28 anni, che rappresenta la terza generazione nell’azienda agricola di famiglia che gestisce a Sainte-Beuve-en-Rivière, in Normandia.

L’azienda fu acquistata nel ’74 dal nonno e si estendeva per 75 ettari dedicati all’allevamento di bestiame, alla produzione di latte e alla coltivazione di cereali. Ad oggi, l’azienda si estende per 150 ettari. Produceva tanto e riusciva a vendere la propria produzione fino agli anni Ottanta, anni in cui i Paesi agricoli non europei si mossero verso una concorrenza sleale.

Nel 1992 ebbero inizio le riforme della Pac, introducendo un adeguamento ai prezzi del mercato mondiale, a cominciare dai cereali e dalle carni bovine.

All’inizio fu quasi una manna”, ricorda il padre di Emmanuel. “Le sovvenzioni avrebbero dovuto compensare l’adeguamento dei prezzi dei cereali ai mercati mondiali, ma, visto l’aumento dei prezzi all’epoca, la Pac arrivava come dei soldi in più per i coltivatori di cereali… Non era molto giustificata”.

“Nel 2012, quando mio figlio si è trasferito qui e abbiamo portato l’azienda a 150 ettari, ricevemmo 58.000 euro in sovvenzioni annuali. Ora siamo a 43.000…”, spiega il padre.

“Nessun sistema è perfetto, ma oggi la Pac è essenziale per la sopravvivenza delle aziende agricole. Senza di essa, siamo condannati”, aggiunge Emmanuel.

Oggi, i sussidi europei permetteranno all’azienda, in questa primavera, di passera all’agricoltura biologica: un passo che senza gli aiuti alla transizione all’agricoltura bio della Pac non avrebbero mai pensato di fare.

 

Fonte: https://www.repubblica.it/dossier/esteri/eu4you-europa-progetti-parlamento-ue/2019/04/01/news/_senza_l_unione_europea_la_nostra_conversione_al_biologico_sarebbe_impossibile_-223050333/