Suolo e Salute

Mese: Febbraio 2014

A Verona la 111° edizione di “Fieragricola”

Prende il via oggi la 111° edizione di “Fieragricola”, appuntamento biennale dedicato al mondo e alle novità del  settore agricolo. Un appuntamento classico del settore e uno dei “must” per gli addetti ai lavori italiani ed esteri. L’edizione di quest’anno vedrà al centro degli incontri e degli eventi in programma la  nuova politica agricola comunitaria e gli sviluppi futuri del settore. Non mancheranno inoltre approfondimenti dedicati alla biodiversità, alla genetica vegetale e alle colture globali, territoriali e tipiche.

Fonte: AIOL

Oltre un terzo di specie in più nei campi bio rispetto a quelli convenzionali

Qual è l’effettivo impatto sull’ambiente delle coltivazioni biologiche? A riproporre il quesito un nuovo studio dell’Università di Oxford, in conclusione del quale i ricercatori hanno potuto verificare che, rispetto ad una coltivazione convenzionale, i campi biologici sono in grado di sostenere ben il 34% in più di specie animali e vegetali. Addirittura, nel caso delle api, la percentuale sale al 50%. Restano tuttavia alcuni interrogativi aperti per i ricercatori. L’autore principale dello Studio, il Dr. Sean Tuck del Department of Plant Sciences di Oxford, pone l’accento sul fatto che I risultati forniscono un’indicazione qualitative, ma non quantitative: “La ricchezza delle specie ci dice quante differenti specie ci sono, ma non ci dice nulla riguardo il totale degli organismi presenti. Ci sono molti modi di studiare la biodiversità e la ricchezza delle specie è facile da misurare, fornendo un utile punto di partenza.”

Va detto che, come regola generale, censire un elevato numero di specie è indice di elevata biodiversità, ma non fornisce informazioni sul totale dei singoli individui. Una possibilità contemplata dai ricercatori è che l’aumento delle specie nei campi bio sia collegato anche all’elevata densità delle coltivazioni circostanti, come confermato da Lindsay Turnbull del Department of Plant Sciences di Oxford, co-autrice dello studio: “Abbiamo riscontrato come l’impatto delle aziende agricole biologiche sulla ricchezza delle specie fosse più evidente quando situate in regioni intensamente coltivate. Questo ha senso in quanto i benefici della biodiversità di ogni coltivazione organica vengono diluite in gruppi di aziende biologiche rispetto a un’isola di agricoltura biologica posta in un mare di campi convenzionali coperti di pesticidi. L’effetto risulta più debole però per gli impollinatori poiché sono inclini a visitare anche campi vicini e potrebbero entrare a contatto comunque con i pesticidi”.

Indubbiamente, in ogni caso, lo studio fornisce una prima, importante indicazione rispetto al rapporto tra agricoltura biologica e biodiversità e conferma l’impatto decisamente positivo sulla varietà di specie di una scelta bio.

Fonte: http://www.greenstyle.it/

OrAqua, un nuovo progetto europeo sull’acquacoltura biologica

Si chiama OrAqua, European Organic Aquaculture, il nuovo progetto dell’UE contenente raccomandazioni per lo sviluppo del quadro normativo dell’Unione europea nel settore dell’acquacoltura e  per sostenerne la crescita. Secondo Nofima, l’Istituto Norvegese per il cibo, la pesca e la ricerca in acquacoltura, meno dell’1% dei pesci proviene da allevamenti biologici. Secondo la responsabile del progetto, Ingrid Olesen, “ci sono molte di sfide da affrontare, a cominciare dal l’armonizzazione delle norme in modo tale da soddisfare al tempo stesso le esigenze dei produttori e dei consumatori ” .Per avviare il progetto, ventisette ricercatori ed esperti provenienti da tutta Europa si sono riuniti il 9 e 10 gennaio scorso presso la sede Nofima di  Ås, piccola città nel sud del paese sede dell’importante Università Norvegese di Scienze della Vita.Obiettivo primario del progetto quello di incentivare il settore dell’acquacoltura biologica in Europa attraverso criteri scientifici rigorosi in accordo con i regolamenti europei in materia e con le aspettative dei consumatori. Per questo motivo, il progetto mira ad implementare l’attuale quadro normativo di settore attraverso un’indagine in merito alle conoscenze scientifiche disponibili in materia, un’analisi degli aspetti produttivi ed economici dell’acquacoltura e un approfondimento del livello di conoscenza e di interesse da parte dei consumatori. Il progetto si concentrerà in particolare sull’acquacoltura delle principali specie europee di pesci, molluschi , crostacei e alghe.Per garantire l’interazione con tutte le parti interessate nel corso del progetto verrà inoltre realizzata una piattaforma multi-stakeholder . Il progetto prenderà  in considerazione le attuali conoscenze riguardanti salute degli animali, nutrizione , alimentazione , sistemi di produzione di novellame, ) impatti ambientali, rilevanze  economiche e socio-economiche  dell’acquacoltura , aspetti legati ai consumatori , normative e standard privati esistenti ​​per l’acquacoltura biologica . I risultati saranno comunicati attraverso una vasta gamma di supporti e strumenti, al fine dicoinvolgere tutti i gruppi . I 13 partner del progetto OrAqua formano un consorzio che comprende quattro università , cinque istituti di ricerca acquacoltura , tre gruppi di ricerca in scienze sociali, un’organizzazione di allevatori di pesce , un singolo allevatore di pesce e due organismi di certificazione e controllo del biologico . I principali risultati attesi dovrebbero riguardare input per il miglioramento della normativa europea,  ed un piano d’azione di settore, oltre a precise indicazioni per un miglioramento dello sviluppo complessivo del comparto dell’acquacoltura bio europea.

Fonte: Oneco

L’Emilia-Romagna mette a disposizione Agribio per la notifica informatizzata

Si chiama Agribio il programma informatico messo a disposizione dalla regione Emilia-Romagna per agevolare gli operatori nella presentazione della notifica di attività con metodo biologico. Il programma è accessibile via internet e consente di predisporre la notifica di attività con metodo biologico allineandola  con il fascicolo aziendale. Tutte le informazioni di dettaglio e le modalità per accedere ad Agribio sono disponibili sul sito Regione Emilia-Romagna a questo indirizzo http://agricoltura.regione.emilia-romagna.it/servizi-online/servizi/notifica-operatore-biologico

Fonte: Regione Emilia-Romagna

Spreco alimentare domestico, pubblicato il Rapporto 2013

Ogni anno in Italia vengono buttati letteralmente nel pattume alimenti per un valore economico pari  allo 0,5% del PIL nazionale. Il dato, piuttosto sconcertante, proviene dal Rapporto 2013 sullo spreco domestico realizzato da Knowledge for EXPO, il nuovo Osservatorio di SWG e Last Minute Market, con l’apporto dell’Osservatorio nazionale sugli sprechi Waste Watcher. Il lavoro è stato sotto la supervisione del presidente di Last Minute Market Andrea Segrè (intervistato qualche tempo da Suolo e Salute sull’argomento) con il presidente di SWG Maurizio Pessato e l’esperto statistico di Waste Watcher Furio Camillo. Più in dettaglio, è proprio lo spreco domestico ad incidere in maniera significativa, se paragonato allo spreco della filiera agroalimentare (ovvero quello ascrivibile ad aziende agricole, industria alimentare, piccola e grande distribuzione, mercati all’ingrosso, ristorazione collettiva):  gli italiani gettano 8,7 miliardi di euro in alimenti, per una media di 213 grammi di cibo che finisce settimanalmente nel bidone delle immondizie e un costo medio di 7,06 euro a famiglia ogni settimana. Lo studio, con un’analisi approfondita e accurata, cerca anche di tipizzare gli “spreconi”, suddividendoli in categorie in base a reddito, abitudini sociali, cultura etc. Ebbene, come è lecito aspettarsi, i livelli di spreco aumentano all’aumentare del reddito: lo “sprecone seriale” è più tipicamente un uomo, giovane e/o studente o comunque con una situazione economica media o medio alta, con un titolo di studio elevato, spesso del Sud Italia e residente in un grande comune. All’estremo opposto, tra i virtuosi, soprattutto donne, anziani, persone con coniuge in pensione, abitanti principalmente nel Nord Est, ma con bassa scolarità e bassi livelli di socialità poco sport, niente cinema e a teatro, scarsa frequentazione di internet e dei media tradizionali). Chi spreca molto, in sostanza, ha in genere un elevato stato di benessere, dispense molto (anzi, troppo) fornite, si curano poco sia della spesa che delle indicazioni di scadenza, non si preoccupano di acquistare cibi di stagione e, quando fanno acquisti, abitualmente non hanno una lista della spesa e raramente sfruttano le offerte commerciali e le promozioni. A fronte di questi dati, tuttavia, si assiste anche ad una crescente sensibilità da parte degli italiani sul fronte dello spreco: per il 90% dei nostri concittadini infatti lo spreco alimentare è considerato  molto o abbastanza grave; il 78% si dice preoccupato da questo problema, e ben l’89% vorrebbe ricevere maggiore informazione sulle conseguenze dello spreco e sui sistemi utili a ridurlo. Quasi sei italiani su 10, inoltre (il 57%), dichiarano di non gettare quasi mai il cibo, il 27% ammette di farlo ma meno di una volta alla settimana, il 14% almeno una volta a settimana, il 55% dichiara di riutilizzarlo, il 34% lo getta nella spazzatura e il 7% lo destina per gli animali.

Anche la sensibilità ambientale sembra in deciso aumento: : il 72% degli intervistati di un’indagine di SWG – Knowledge for EXPO ritiene che sviluppo economico e occupazione debbano passare dalla tutela dell’ambiente (conto il 57% del 2007e solo il 28% degli italiani giudica allarmistici gli allarmi lanciati sulla questione ambientale (il  35% nel 2007). L’81% degli intervistati ritiene importante il ruolo del singolo per  contribuire alla salvaguardia dell’ambiente e della natura, ma solo il 18% ritiene che le persone si impegnino veramente in questa direzione. Qui emerge una prima contraddizione, che si ritrova a maggior ragione nel caso della lotta allo spreco alimentare: cosa si dicono disposti a fare gli italiani per affrontare il problema? Molti chiedono maggiore informazioni, soprattutto rispetto ai danni provocati all’ambiente e agli impatti economici negativi. Parimenti importante è considerata l’istruzione nelle scuole. Ma solo il 38% auspica confezioni di cibo più piccole e tasse a misura di spreco, mentre ben il 23% dei soggetti intervistati al contrario desidererebbe confezioni ancora più grandi e si oppone ad ogni idea di tassazione legata agli sprechi. Il lavoro da fare, insomma, è ancora lungo, ma senz’altro quello di Last Minute Market costituisce uno degli esempi più importanti e significativi di lotta attiva allo spreco e di sensibilizzazione dei cittadini su un tema che, in questi tempi, sta diventando sempre più popolare.

Fonte: AIOL, Last Minute Market

Ad Assisi il VI convegno nazionale sulla gestione del rischio in agricoltura

Nella cornice del Centro Congressi Domus Pacis di Assisi si è svolto venerdì 31 gennaio scorso il VI° convegno nazionale sulla gestione del rischio in agricoltura. L’evento dal titolo “Il futuro della gestione del rischio in agricoltura tra cambiamenti climatici e nuova PAC” è stato organizzato dal Ce.S.A.R. (Centro per lo Sviluppo Agricolo e Rurale), con la collaborazione di ASNACODI (Associazione Nazionale Consorzi di Difesa) e del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’ Università degli Studi di Perugia. L’iniziativa rientra nell’ambito delle attività di Comunicazione del PSR della Regione Umbria. I cambiamenti climatici in atto e la frequenza sempre crescente di eventi climatici estremi rappresentano sfide di portata epocale per il mondo agricolo, interessando territori sempre più ampi con conseguenze non di rado distruttive. LA gestione dei rischi in agricoltura pertanto si trova ad un punto di svolta, ad una fase “2.0” cui tutto il mondo agricolo, e non solo, è chiamato a rispondere. All’incontro hanno preso parte oltre 500 persone, comprese delegazioni provenienti da Svizzera, Germania e Spagna. Il direttore Ce.S.A.R. Frascarelli, sottolineando che oramai il tema dei cambiamenti climatici “va affrontato a tutto tondo”, ha ricordato che tra le misure previste nella nuova PAC ce né una specifica per la prevenzione e gestione del rischio, risultato a suo dire molto importante perche testimonia quanto il tema sia entrato a far parte stabilmente della PAC. Per il direttore ASNACODI Bertolini, è stato il settore del vino quello capace di intercettare al meglio le opportunità e i vantaggi offerti dalla gestione del rischio, sottolineando che dal 2007 ad oggi il Nord del paese ha visto una crescita del valore assicurato molto superiore al centro-sud. Lo stesso Bertolini ha dichiarato che l’azione di Asnacodi avrà come obiettivo primario quello di “costruire un piano assicurativo nazionale ed una nuova normativa sui fondi di mutualità”, allo scopo di “proteggere il settore agroalimentare italiano”. I risultati importanti del sistema assicurativo in Italia sono stati ricordati dal Presidente Ismea Arturo Semerari, che ha sottolineato la maggiore sensibilità dell’UE sul tema rispetto agli anni passati. Per Semerari “i principali limiti dell’attuale sistema assicurativo sono la bassa adesione delle aziende agricole, la forte concentrazione territoriale al nord, la limitata diffusione delle polizze multirischio e gli alti costi delle perizie”. Anche in merito alle cosiddette “avversità catastrofali” c’è molto da fare, dato che al momento non sono né assicurate né risarcite. Un problema da affrontare con urgenza dato che “”gli eventi estremi stanno aumentando e continueranno a crescere nei prossimi anni”. Per il Presidente ISMEA è fondamentale usare al meglio gli strumenti per la gestione del rischio previsti dalla PAC, “introdurre nei PSR  delle misure premianti per gli agricoltori che scelgono misure assicurative” e approvare un piano agricolo nazionale pluriennale, in grado di “favorire la razionale programmazione delle aziende agricole in tema di gestione dei rischi nel medio periodo”.

Il capo dipartimento delle politiche europee e internazionali dello sviluppo rurale del Mipaaf Giuseppe Blasi, riferendosi alla gestione del rischio, ha dichiarato che quello che si sta allestendo è una sorta di “grande cantiere”, esprimendo la propria soddisfazione per l’accordo sulla ripartizione delle risorse FEASR raggiunto nella conferenza Stato-Regioni, grazie ai 21 miliardi di euro stanziati per il settore agricolo: “abbiamo dato più risorse in termini assoluti ai programmi che spendevano meglio e abbiamo messo le regioni che spendevano meno nelle condizioni di poter agire meglio nella fase di programmazione”. Per Blasi “ciò che manca nel nuovo regolamento finanziario che disciplina gli strumenti di crisi e’ il 75% di copertura delle percentuali di contribuzione” e la copertura dei danni causati dalla selvaggina, trascurati perché, secondo il capo dipartimento, “la commissione non li ha compresi appieno e ha deciso che non dovevano entrare nel pacchetto di misure per la gestione del rischio”.

Blasi ha anche menzionato il Collegato Agricolo, che delega al governo la riforma del fondo di solidarietà nazionale e del pacchetto anticrisi: ciò, secondo Blasi, “significa che nel giro di 7-8 mesi abbiamo la possibilita’ di riscrivere alcune regole, cercando di arrivare ad sistema diverso. “Credo sia arrivato il momento di entrare in una fase evoluta della gestione dei fondi mutualistici, puntando sulle polizze multirischio, e di creare una banca dati nazionale sulle rilevazioni meteorologiche, consultabile da periti, agricoltori e altri interessati”, ha dichiarato invece il presidente ASNACODI Agabiti. Le conclusioni dei lavori sono state affidate all’assessore regionale all’agricoltura Fernanda Cecchini che, nell’esprimere apprezzamento per gli esiti dell’incontro, ha voluto sottolineare le difficoltà derivanti dai continui avvicendamenti al Ministero dell’Agricoltura: “l’agricoltura ha bisogno di stabilità politica ed il settore primario non può essere considerato come un elemento di compensazione per ministri insoddisfatti, altrimenti e’ meglio che il ministero dell’agricoltura lo tenga ad interim il presidente del Consiglio”. “Come sistema regioni siamo più che soddisfatti dalle misure contenute nella PAC, anche se sul primo pilastro non tutte le regioni portano a casa lo stesso risultato” e questo e’ un punto sul quale probabilmente si poteva fare di piu’, ha concluso l’assessore.

Fonte: Agrapress