Suolo e Salute

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BIO E RESIDUI DI PRODOTTI FITOSANITARI: UN PROGETTO PER IL MIGLIORAMENTO DEL QUADRO GIURIDICO

BIO E RESIDUI DI PRODOTTI FITOSANITARI: UN PROGETTO PER IL MIGLIORAMENTO DEL QUADRO GIURIDICO

È di forte propositività la posizione di IFOAM in relazione ad alcuni punti deboli del nuovo regolamento UE 2018/848, sulla produzione e l’etichettatura di prodotti biologici.

L’aspetto che pone l’organizzazione internazionale in una posizione di reattività e intervento concreti, riguarda la gestione di residui di pesticidi all’interno dei prodotti: il quale non opererà in piena armonizzazione secondo la strategia messa in campo attraverso il nuovo decreto.

Gli approcci in merito, infatti, sembrano mostrare numerose differenze tra i diversi Stati membri; differenze che potrebbero portare a problematiche di gestione nel commercio di prodotti biologici all’interno dell’UE e tra l’UE e Paesi terzi.

 

Il nuovo regolamento, lascia però intravedere possibilità di cambiamento progettuale per il 2024/2025, entro il quale una nuova proposta di gestione relativa al tema dei residui potrebbe essere presentata.

IFOAM Organics Europe non intende perdere tempo, per questo si è attivata per realizzare una proposta soddisfacente già in vista del 2022. A tal fine ha stretto un accordo con FiBL, partner scientifico dell’iniziativa nonché principale istituto di ricerca mondiale nel campo dell’agricoltura biologica.

Il progetto avviato da IFOAM si chiamaPesticide contamination: ensuring favourable environment for organic operators through EU legislative frameworks” e ha come scopo ultimo il miglioramento della situazione attuale. Si compone di quattro pilastri: i primi due sono scientifici e basati sulla ricerca, il terzo e il quarto riguardano le attività di advocacy nei confronti delle istituzioni UE.

Attraverso il progetto, si intende provare a comprendere la dinamica legata ai residui di fitofarmaci nell’ambiente e nella filiera agroalimentare in EU.

Lo scopo è quello di armonizzare il trattamento e la gestione della problematica in ambito degli Stati Membri.

I dati raccolti e i risultati dell’iniziativa saranno presentati a Bruxelles e utilizzati da IFOAM per dare voce al settore biologico e al movimento che lo anima.

Con l’intento di rendere più agevole la raccolta dei dati è stato realizzato un questionario attraverso cui tutti gli attori che compongono il comparto potranno comunicare le loro esperienze e modalità di gestione sul tema. Emergeranno informazioni più complete rispetto al tipo di residui che più frequentemente si presentano e all’interno di quali specifici prodotti. Il questionario sarà limitato ai prodotti vegetali e funghi.

L’indagine, nelle domande e risposte del questionario, verrà gestito da FiBL in modo anonimo ed aggregato, sia nella raccolta che nella presentazione dei dati emersi e nessun dato personale verrà trasmesso a IFOAM UE o a terzi.

La partecipazione al questionario avviene unicamente in modo volontario e vi è la possibilità di ritirare il proprio consenso agli indirizzi mail seguenti: dataprotection@fibl.org oppure residue_ifoam_questionnaire@fibl.org .

Il questionario è compilabile al link:

https://survey.fibl.org/index.php/398791

Fonte: Sinab

PESTICIDI: ALCUNI FUORILEGGE IN EUROPA MA LEGALI IN AFRICA

PESTICIDI: ALCUNI FUORILEGGE IN EUROPA MA LEGALI IN AFRICA

Tap, agenzia di stampa tunisina, ha recentemente reso noto un rapporto che denuncia l’utilizzo e l’importazione di pesticidi altamente dannosi per l’ambiente e per la salute in Tunisia. Il rapporto è stato realizzato dall’Aeefg – Association de l’Education Environnementale pour les Futures Générations in collaborazione con IPEN – Rete internazionale per l’eliminazione degli inquinanti.

Se il caso tunisino colpisce per il numero di importazioni: nel 2018 più di 240 tonnellate per uso agricolo, compresi 35 mila kg di cianamide (fertilizzante azotato che può causare vomito se ingerito), secondo un rapporto di Greenpeace e PublicEye; l’Unione Europea stupisce per esportazioni nei tre paesi del Maghreb, Marocco, Algeria e Tunisia. Nel 2019 infatti risulta responsabile di aver esportato 19 pesticidi vietati nel territorio europeo.

Le Ong definiscono ipocrisia tossica il comportamento assunto dai paesi dell’Unione Europea che continuano a effettuare esportazioni di questi prodotti, nonostante il divieto diffuso nei propri Stati Membri.

Entrando nel merito del caso tunisino, 33 sono le aziende attive nel settore dell’agrochimica, con un numero che ammonta a 215 pesticidi registrati sul mercato, con circa 500 marchi differenti.

La biologa e presidente dell’Aeefg, Semia Gharbi, denuncia il mancato aggiornamento dell’elenco dei pesticidi importati nel suo paese. L’ultimo dei quali risalirebbe all’anno 2017. Nonostante la digitalizzazione dei dati, segnala l’assenza di trasparenza e precisione, davanti al quale, afferma, il Ministero dell’Agricoltura dovrebbe intervenire anche in anticipo rispetto a una potenziale azione da parte dell’Unione Europea.

Il rapporto reso noto da Tap, nel quale Aeefg è attiva, mette in evidenza le carenze legate alla gestione dei pesticidi e che questi incontrano, dal processo di controllo post-approvazione alla commercializzazione, dallo stoccaggio fino alla gestione degli imballaggi vuoti.

Secondo gli esperti dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) l’uso di pesticidi altamente pericolosi potrebbe in parte spiegare la recrudescenza osservata in Tunisia di vari tumori.

PublicEye, introduce punti di vista non incoraggianti, riportando l’opinione di una fonte dell’Unione Europea, che affermerebbe che: introdurre un divieto di esportazione da parte dell’UE in merito ai pesticidi non è detto impedirebbe ai paesi terzi di utilizzarli. L’esportazione potrebbe infatti avvenire attraverso altri stati. Sensibilizzare il paese invece, persuadendolo a non farne più uso, sarebbe la strategia più diretta ed efficace.

La soluzione, riteniamo, possa identificarsi in una duplice azione, all’interno del quale si possa fronteggiare il problema da ambo le parti; al fine di cercare risposta a una questione che riguarda in primis la garanzia di una salute diffusa e comune.

Fonte: Cambia la terra

L’INVISIBILITÀ DEGLI ORGANISMI DEL SUOLO NELLA VALUTAZIONE DELL’IMPATTO DEI PESTICIDI

L’INVISIBILITÀ DEGLI ORGANISMI DEL SUOLO NELLA VALUTAZIONE DELL’IMPATTO DEI PESTICIDI

 

I pesticidi stanno danneggiando le “minuscole creature” che operano per mantenere la salubrità e la fertilità del suolo e partecipano a sostenere la vita sulla terra, questo è quanto emerge dalla prima verifica di uno studio affrontato sul tema.

Le opinioni degli scienziati in merito sono contrastanti: c’è chi definisce l’impatto delle sostanze chimiche di sintesi sui terreni come letale e quindi molto preoccupante il risultato di queste sugli animali tellurici utili, quali i lombrichi, e c’è chi invece minimizza fortemente la questione.

Alcune ricerche suggeriscono infatti che gli organismi del suolo sono scarsamente considerati quando si valuta l’impatto ambientale dei pesticidi. Si prendono in analisi altri fattori, ma negli studi non viene data sufficiente importanza a questo elemento. Gli Stati Uniti per esempio, testano le sostanze chimiche solo su api mellifere ma poco o nulla sugli insetti del terreno.

Un rapporto delle Nazioni Unite del dicembre 2020, ha definito il futuro dei suoli bleak, cioè cupo, senza un’azione urgente mirata alla loro salvaguardia.
Si ritiene infatti che questi contengano quasi un quarto di tutta la biodiversità del pianeta e una volta compromessi, ci vogliano migliaia di anni per la rigenerazione di nuovi.

La rivista “Frontiers in Environmental Science” ha esaminato circa 400 studi sugli effetti dei pesticidi su invertebrati non bersaglio, che vivono parte della loro vita nel suolo. La ricerca ha coinvolti oltre 275 specie e 284 principi attivi, ad esclusione delle sostanze chimiche attualmente vietata negli Stati Uniti.

Gli studi hanno testato ogni specifico pesticida su un particolare organismo, per una data caratteristica, tra queste: la mortalità, il comportamento, la riproduzione, il cambiamento morfologico e biochimico ecc. Gli studi hanno fornito più di 2.800 parametri testati.

Il 71% di questi mostrava effetti negativi sugli organismi causati dall’esposizione ai pesticidi. Il 28% non riportava effetti significativi, mentre l’1% mostrava effetti positivi.

Un risultato specifico per esempio, riporta che l’84% dei parametri testati sui lombrichi è stato danneggiato dalle classi più comuni di insetticidi e da alcuni erbicidi e fungicidi.

Gli studi di verifica possono essere influenzati dal cosiddetto “bias di pubblicazione”, che può verificarsi se i ricercatori hanno avuto la tendenza a pubblicare solo quegli esperimenti che hanno mostrato un risultato interessante.

In questo caso però, la distribuzione dei risultati all’interno degli studi pubblicati pesa fortemente sugli effetti negativi, dichiara Matt Shardlow, dell’associazione inglese Buglife, sottolineando che: il parametro verificato più preoccupante è quello inerente le conseguenze delle sostanze chimiche sulla riproduzione di questi organismi e che se vogliamo proteggere la salute dei suoli, dobbiamo prendere in considerazione gli organismi che li abitano per valutare se un pesticida è sicuro o no da utilizzare.

Se negli Stati Uniti l’unico organismo su cui vengono testati i pesticidi sono le api mellifere, la regolamentazione è ancora meno presente e rigorosa nelle nazioni meno sviluppate.

Per quanto riguarda l’Unione Europea, le normative sui pesticidi includono test su acari, collemboli, lombrichi e sull’attività microbica. Sono in sperimentazione test ulteriori, su onischi e funghi simbionti. Anche in questo contesto, vi è la certezza si possa fare di più.

CropLife America, società rappresentante le aziende di pesticidi, non ha risposto di fronte a una richiesta di commento rispetto ai risultati delle ricerche riportate.

 

Fonte: The Guardian

RICERCA SVIZZERA SULLA CONTAMINAZIONE DA PESTICIDI: IL BIOLOGICO E’ ALLEATO DEL SUOLO

RICERCA SVIZZERA SULLA CONTAMINAZIONE DA PESTICIDI: IL BIOLOGICO E’ ALLEATO DEL SUOLO

Sebbene l’agricoltura a metodo bio festeggi ormai un’applicazione ventennale, la scia dei residui di pesticidi nei suoli è ancora significativa.

A renderlo noto, un team di ricercatori, a seguito di una rilevazione effettuata in Svizzera, sui campioni prelevati dai terreni di cento aziende agricole.

La ricerca evidenzia residui di tipo differente, sia in terreni coltivati tradizionalmente, che in quelli coltivati a metodo biologico. I ricercatori hanno passato in rassegna i terreni attraverso un metodo analitico contenente 46 pesticidi, tra questi: 16 erbicidi, 8 prodotti per la trasformazione di questi ultimi, 17 fungicidi e 7 insetticidi.

I risultati confermano che una percentuale di pesticidi ad alta residualità era presente in tutti i campi, senza alcuna eccezione, compresi quindi i quaranta coltivati biologicamente. E ciò escludendo utilizzi di sostanze non ammesse per il biologico ma principi attivi presenti per residualità di lungo termine.

In questi ultimi tuttavia, la percentuale di pesticidi presente è risultata notevolmente inferiore: circa nove volte minore rispetto a quella dei terreni coltivati convenzionalmente.

Vincente risulta in questo senso la gestione biologica, seppure con una lunghezza del tempo di depurazione da queste sostanze ancora molto importante.

Secondo il parere del team, un’altra ipotesi legata alla diffusione dei pesticidi, potrebbe essere la contaminazione di ritorno. In taluni casi infatti, questi potrebbero aver “viaggiato” dai terreni coltivati in maniera convenzionale verso quelli coltivati con metodo biologico per effetto deriva, l’azione dell’acqua o per persistenza negli strati profondi del terreno.

Fonte: Cambia la terra

AGRICOLTURA DI PRECISIONE E AGRICOLTURA BIOLOGICA: UNA POSSIBILE ALLEANZA PER L’AMBIENTE

AGRICOLTURA DI PRECISIONE E AGRICOLTURA BIOLOGICA: UNA POSSIBILE ALLEANZA PER L’AMBIENTE

La riduzione dei prodotti chimici è un obiettivo comune di tutto il comparto agricolo, e tra le possibili strategie emergono l’agricoltura di precisione e l’agricoltura biologica.

A tal proposito, riportiamo un’interessante intervista a Giorgio Maria Balestra, professore dell’Università della Tuscia, condotta da Matteo Giusti di Agro Notizie. Il Prof. Balestra si occupa da anni della possibile integrazione fra l’agricoltura biologica e l’agricoltura di precisione.

Giorgio Mariano Balestra, quali sono le potenzialità della protezione bio associata all’agricoltura di precisione?
“Per ridurre gli input chimici nella protezione delle coltivazioni dobbiamo innanzitutto chiarire i meccanismi d’interazione che si instaurano tra i differenti binomi ospite/patogeno. Quindi, capire quali approcci di difesa biologica applicare, unitamente a tecnologie derivanti dall’agricoltura di precisione che possono concorrere ad ottimizzare gli interventi di protezione e quindi prevenire e ridurre le perdite derivanti dagli agenti di malattia, come l’impiego delle molecole di sintesi”.

In concreto ci sono già degli studi che state portando avanti?
“In virtù del progetto Psr SmartAgri Platform, coordinato dal Consorzio agrario dell’Umbria, stiamo lavorando sul grano per proteggerlo dal fungo (Fusarium graminearum) particolarmente dannoso ed agente causale della fusariosi della spiga. Con la dottoressa Sara Francesconi abbiamo approcciato la problematica fusariosi della spiga del grano studiando come la modulazione stomatica e differenti parametri fotosintetici sono coinvolti nelle risposte di resistenza.

A seguito d’infezione da parte di F. graminearum e mediante analisi RT-qPCR, abbiamo chiarito quali geni sono coinvolti nella regolazione stomatica ed attiva nella cultivar Sumai3, resistente alla fusariosi, ma non nella cultivar Rebelde, sensibile alla fusariosi. Rispetto alla chiusura stomatica, nella cultivar Sumai3 sette geni risultano coinvolti nella regolazione positiva e due nella regolazione negativa, evidenziando un’interazione genica nell’apertura/chiusura degli stomi in risposta all’infezione da F. graminearum. Inoltre, a seguito dell’infezione da parte di questo fungo abbiamo chiarito come, con l’aumento della temperatura, si evidenzia un’influenza di determinati genotipi di grano determinando una diminuzione dell’efficienza fotosintetica nella cultivar Rebelde ma non nella cultivar Sumai e, confermando così, che i parametri fotosintetici sono correlati alla resistenza della fusariosi della spiga del grano, e lo studio ci è stato recentemente pubblicato su la rivista scientifica PLoS ONE“.

Sono ipotizzabili dei risvolti applicativi di queste vostre scoperte?
“Gli aspetti che stiamo studiando e traducendo in conoscenze applicative sono differenti ma collegati tra di loro. Parallelamente agli aspetti d’interazione ospite/patogeno, stiamo registrando dei risultati molto significativi con principi attivi di origine naturale in grado di inibire efficacemente F. graminearum meglio delle attuali molecole di sintesi utilizzate”.

E l’agricoltura di precisione come entra in tutto questo?
“Il progetto Psr SmartAgri Platform sta mettendo a punto una piattaforma interattiva dove tutti gli utenti potranno verificare in tempo reale il livello di rischio (basso, medio, alto) rispetto all’infezione da parte dell’agente della fusariosi, cosi da intervenire tempestivamente e preventivamente, in funzione di numerosi parametri (agronomico-colturali, microbiologici, fenologici, climatico-ambientali), ottimizzando gli interventi fitosanitari. Per andare oltre ed ottimizzare il tutto, ora ci stiamo avvalendo, proprio in virtù degli studi inerenti le risposte delle piante alle variazioni di temperatura, di monitoraggi e studi mediante droni con specifiche ottiche, in grado di elaborare delle risposte puntuali.

Ci auspichiamo nel breve di realizzare un sistema rapido, sensibile, economico e fruibile su larga scala, in grado di dare delle informazioni tempestive e risultare di concreto supporto a scelte decisionali strategiche per la difesa d’importanti coltivazioni made in Italy come il grano. L’obiettivo è di coniugare le conoscenze specifiche inerenti le risposte di resistenza nelle piante di grano, le potenzialità applicative di sostanze naturali attive nei confronti dell’agente della fusariosi della spiga, avvalendoci di tecnologie di precisione applicabili alla protezione delle piante”.

L’uso dei droni per il monitoraggio sarà poi facilmente applicabile nelle realtà aziendali?
“Sì, l’obiettivo è quello di indirizzare ed ottimizzare interventi di carattere agronomico-colturale e fitoiatrico con valenza territoriale. In areali caratterizzati da una determinata coltivazione ed interessati dalle stesse problematiche fitopatologiche come in questo caso (grano e fusariosi della spiga) questo approccio permetterà di ridurre significativamente differenti input (chimici, energetici) e quindi costi e perdite, tutto a vantaggio delle realtà aziendali”.

Si potrà pensare di distribuire con i droni anche altri mezzi di lotta come microrganismi o prodotti naturali magari in modo mirato?
“I droni sono fondamentali non solo per il trattamento in senso stretto, ma soprattutto per determinare quando è il momento d’intervenire, mediante rilievi con specifiche ottiche ed elaborazioni mirate di assoluta precisione che non rientrano nel visibile e che tengono conto di parametri (es. temperatura, attività fotosintetica delle piante) e della biologia dei patogeni (batteri, funghi). A questi aspetti, associando i risultati sull’individuazione di principi attivi di origine naturale in grado di controllare efficacemente come in questo caso F. graminearum, si annullano i rischi di resistenza dei patogeni, che solitamente si instaurano impiegando molecole di sintesi e quindi stiamo riuscendo a sviluppare un binomio naturale e tecnologico particolarmente ecosostenibile e dai risvolti applicativi molto promettenti”.

Quali altri aspetti dell’agricoltura di precisione possono essere ben abbinati alla difesa biologica delle colture?
“Molteplici; per esempio nello stesso progetto, oltre ad un difesa fitopatologica a basso impatto ambientale, si stanno valutando molti altri aspetti in grado di migliorare complessivamente la coltivazione e la produzione del grano. Dall’eliminazione delle infestanti, alla nutrizione del grano, dalle lavorazioni del suolo, all’efficientamento delle macchine agricole e delle attrezzature ad esse collegate. Tutto sarà di facile e rapida consultazione e di immediato utilizzo mediante la piattaforma SmartAgri e tutti coloro che aderiranno potranno consultare moltissime informazioni e ridurre costi e perdite con continui aggiornamenti in tempo reale, tenendo in considerazione anche tutti i parametri climatici territoriali.

Fonte: https://agronotizie.imagelinenetwork.com/difesa-e-diserbo/2020/08/27/difesa-biologica-e-agricoltura-di-precisione-e-possibile-metterle-insieme/67723

QUANDO IL CANTO DI UNA RANA TI CAMBIA LA VITA: IL RITRATTO DI GIULIA MARIA CRESPI

QUANDO IL CANTO DI UNA RANA TI CAMBIA LA VITA: IL RITRATTO DI GIULIA MARIA CRESPI

Due settimane fa si è spenta all’età di 97 anni Giulia Maria Crespi, una pioniera nel mondo della biologico e della biodiversità.

Nata in una delle famiglie lombarde più importanti, ha avuto sin dall’infanzia una forte propensione verso la cultura e la scienza. Da bambina constatò che intorno alle risaie il gracidare delle rane s’interrompeva bruscamente ogni maggio; colpita da questo fenomeno iniziò a studiarne le cause.

Grazie ad un viaggio in Svizzera si avvicinò al metodo biologico e biodinamico, ai loro grandi pregi a livello ambientale e nutritivo e al fatto che queste tecniche di produzione avrebbero permesso un ritorno di biodiversità negli agroecosistemi e quindi, salvare anche le rane delle sue risaie. Nel 1974 iniziò la sua grande scommessa investendo sul biologico e sul biodinamico, e portò, in poco tempo, i suoi marchi ad avere il favore dei consumatori che iniziava a sensibilizzarsi sul tema.

La Crespi continuò la sua battaglia in modo trasversale, studiando e denunciando le tecniche agricole invasive e pericolose per l’ambiente. Fu tra le prime a sollevare il problema delle sementi geneticamente modificate e dei rischi che ne sarebbero scaturiti.
Una donna da una tempra fuori dal comune che ha sicuramente cambiato in meglio il modo d’intendere l’agricoltura e l’ambiente.

Il pensiero di Giulia Maria Crespi era affine e vicino allo spirito che, fin dal 1969, aveva animato l’Associazione Suolo e Salute, in particolare il suo fondatore, il prof. Francesco Garofalo. Cinquanta anni fa, infatti, esattamente il 31 marzo 1969, nasceva, la prima associazione italiana – col nome esplicativo di Suolo e Salute – impegnata nella divulgazione e nella promozione del metodo organico-minerale in agricoltura, dal quale il biologico ha tratto le sue origini.

Una vera è propria “cattedra ambulante” per diffondere tra gli agricoltori questo metodo di coltivazione che all’epoca, sembrava un’idea di visionari, almeno in Italia, e che oggi rappresenta non solo un metodo di coltivazione, regolamentato ed affermato, ma uno stile di vita ed un orientamento anche culturale per una larga parte di consumatori che riconoscono il biologico come “la giusta visione” che guarda alla sostenibilità ambientale e ad un’alternativa produttiva valida per le aziende agricole e le comunità rurali.

Per la vicinanza e nel fervido ricordo di Giulia Maria Crespi vi invitiamo a leggere un suo articolo riproposto da Repubblica in cui parla di questi argomenti, buona lettura: Quel silenzio delle rane sterminate dai pesticidi, da lì è iniziata la “rivoluzione” dell’agricoltura biologica

Foto di Frank Winkler da Pixabay