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BATTISTONI RILANCIA: «AVREMO UNA BANCA DATI DELLE TRANSAZIONI DEL BIO»

BATTISTONI RILANCIA: «AVREMO UNA BANCA DATI DELLE TRANSAZIONI DEL BIO»

Sarà un progetto di Leonardo e sarà gestita da Ismea. L’annuncio a margine del convegno con la presentazione dei dati del bio

«Il biologico cresce in superficie, nel numero di operatori e anche nella creazione delle nuove aziende». «E il Governo conferma e rafforza il proprio impegno per il settore, stanziando fondi per la programmazione 2023-2027 della nuova Pac per oltre 2 miliardi di euro».

L’annuncio di Battistoni

Lo annuncia il sottosegretario alle Politiche agricole, con delega al biologico, Francesco Battistoni al margine del convegno con la presentazione dei dati Ismea. «Un progetto molto importante a cui stiamo lavorando- ha detto Battistoni, – è la Banca Dati delle transazioni per il settore biologico, sviluppata per collegare i processi di controllo di tutti gli Odc (Organismi di certificazione)».

Quattro anni di attesa

Non si tratta certo di un progetto inedito. La Banca Dati doveva infatti essere uno dei punti di forza del Dl 20/2018, un provvedimento che era stato annunciato come lo strumento risolutivo per prevenire ogni possibile frode nel settore del bio. Un decreto che ha inasprito sanzioni e appesantito il carico burocratico per operatori e organismi di controllo, applicato in toto tranne, appunto, per quanto riguarda l’introduzione della piattaforma transazioni. In questi quattro anni gli organismi di certificazione hanno offerto la loro piena collaborazione per individuare lo strumento digitale più adeguato per le esigenze del settore, ora si spera che agli annunci seguano i fatti.

«Nelle prossime settimane si procederà ad organizzare – ha precisato il sottosegretario alle Politiche agricole – un incontro tecnico per la consegna e la discussione delle specifiche funzionali con i referenti del Mipaaf e della società Leonardo che sta curando la parte tecnica. L’iniziativa rientra tra le attività gestite dall’Ismea».

Tre anni in anticipo sul Green deal

Per quanto riguarda gli obiettivi del Green Deal il sottosegretario annuncia che, «grazie all’adozione del Piano di Azione nazionale sul biologico di durata triennale, nel 2025 potremmo raggiungere l’obiettivo del 20% di Sau bio per arrivare alla soglia del 25% nel 2027, anticipando di tre anni gli obiettivi europei».

ALL’ITALIA IL RECORD DELL’INCIDENZA DEL BIO

ALL’ITALIA IL RECORD DELL’INCIDENZA DEL BIO

Superfici in crescita del 4,4% con una quota che arriva al 17,4% del totale della Sau italiana e la promessa di bruciare le tappe per arrivare all’obiettivo del 25% richiesto dalla Farm to Fork

Cala la superficie agricola convenzionale, cresce quella bio. Un processo che non si ferma e che è emerso anche nel corso dell’evento promosso da Mipaaf, Ismea, Ciheam a Roma lo scorso 6 luglio. Dai dati presentati da Fabio del Bravo di Ismea è infatti emerso che la superficie biologica italiana è aumentata del 4,4% nel 2021 (monitoraggio Sinab-Ismea), arrivando a sfiorare i 2,2 milioni di ettari. Il mantenimento di questo ritmo di crescita permetterebbe di raggiungere i 2,7 milioni di ettari al 2027, ultimo anno della Pac 2023-2027, e toccare i 3 milioni al 2030, valore prossimo al target Farm to Fork del 25% di superficie bio, da raggiungere entro la fine del decennio.

Già oggi l’incidenza sulla SAU nazionale è del 17,4%,  la più alta in ambito Ue. E’ apparso in crescita anche il numero degli operatori, giunti a 86.144 (+5% rispetto al 2020, cresciuti del 78,5% negli ultimi 10 anni), mentre il fatturato del settore ha raggiunto circa 4 miliardi di euro, (+11% su base annua).

Il traino di Campania, Toscana e Friuli

Un quadro nazionale che non è tuttavia omogeneo tra le diverse regioni, con alcuni territori come Campania (+55%), Toscana (+25%) e Friuli-Venezia Giulia (+23%) in cui le superfici biologiche crescono a ritmi mai visti finora; e altri come la Sicilia che, pur mantenendo il suo primato, ha perso in un anno più superficie biologica di quanta ne conti l’Abruzzo ( vedi il documento sui dati del Biologico del 2021 -Anticipazioni di “BIO IN CIFRE  2022”) .

Alla base di queste dinamiche molto differenziate, le diverse scelte operate dalle Regioni relativamente agli impegni agroambientali dei PSR 2014-2020 e in particolare l’uscita di nuovi bandi della Misura 11.

Crescono le colture permanenti

Tra le diverse coltivazioni bio crescono soprattutto le colture permanenti (+3,5% nel complesso), con andamenti diversificati tra le diverse tipologie: si riducono gli agrumeti (arance -17,2% e limoni -0,8%) e rimangono sostanzialmente stabili i meleti bio (-0,4%) e gli oliveti (+0,5%) mentre aumentano i vigneti (+9,2%) e i noccioleti (+12,5%). Crescono anche le superfici investite a cereali (+2,8%) trainate soprattutto dai maggiori investimenti a grano duro e tenero, mentre risultano stabili le colture foraggere (-0,7%) e i prati e pascoli (-0,8%).

La zootecnia segna il passo

L’analisi della zootecnia biologica fa invece emergere alcune rilevanti criticità, con una incidenza dei capi allevati che nel complesso rimane inferiore al 10%. Nell’ultimo triennio le consistenze dei bovini, suini, ovini e caprini mostrano livelli pressoché stabili mentre il comparto degli avicoli (con particolare riferimento ai polli da carne e alle galline ovaiole) mostra una dinamica positiva più marcata, tanto da guadagnare ogni anno circa mezzo milione di capi. A rallentare la conversione degli allevamenti sono le difficoltà tecniche che la gestione del biologico comporta, dalla reperibilità e l’alto costo dei mangimi biologici, dalla bassa richiesta del mercato agli alti oneri che comporta la riconversione delle strutture d’allevamento a un modello più estensivo.

 

LA SFIDA DELLA RIVITALIZZAZIONE DEL BIO

LA SFIDA DELLA RIVITALIZZAZIONE DEL BIO

Biologico a due velocità: crescono le superfici ma calano i consumi. Sono le tendenze emerse a Roma nell’evento promosso da Mipaaf, Ismea e Ciheam. Ma secondo l’economista Alberto Mattiacci non c’è da temere: il bio rappresenta ancora la risposta più solida e convincente per la richiesta di “identità” del cittadino consumatore

Biologico a due velocità in Italia. Prosegue la crescita delle superfici coltivate (2,2 milioni di ettari a fine 2021) e del numero di operatori coinvolti (oltre il 5% rispetto al 2020), ma calano – per la prima volta – i consumi, come probabile riflesso alla perdita di potere d’acquisto delle famiglie aggravata dalla spinta inflazionistica degli ultimi mesi.

L’evento romano

Questa l’istantanea scattata durante il convegno sulle prospettive del settore organizzato lo scorso 6 luglio da Ismea a Roma. Un evento organizzato da Mipaaf, Ismea e Ciheam Bari (vedi QUI il programma) con la presenza di Angelo Frascarelli e Fabio Del Bravo di Ismea; Francesco Battistoni, sottosegretario alle Politiche agricole con delega al biologico, le relazioni di Del Bravo sulla struttura produttiva e il mercato del biologico in Italia (il documento si può scaricare QUI); il punto sull’evoluzione normativa del settore fatto da Pietro Gasparri del Mipaaf; l’interessante analisi di Alberto Mattiacci, Ordinario di economia e gestione d’impresa alla Sapienza di Roma. La tavola rotonda con i rappresentanti delle associazioni di categoria è stato moderato dal giornalista Gianni Convertini.

La flessione della domanda

Affrontiamo subito le note dolenti, ovvero la flessione sul fronte della domanda. Dopo l’ottima performance del 2020 (+9,5%), sostenuta da una maggiore propensione delle famiglie italiane all’acquisto di alimenti genuini e salutari nel periodo del primo confinamento domiciliare indotto dal lockdown, lo scorso anno il valore della spesa si è infatti contratto del 4,6%, portandosi a 3,38 miliardi di euro, anche se è rimasta invariata l’incidenza del bio sul totale degli acquisti agroalimentari (3,9%).

Le evidenze sui primi 5 mesi del 2022, limitate ai soli acquisti presso la Gdo, evidenziano un’ulteriore riduzione dell’1,9% su base annua, peraltro in un contesto di generalizzata crescita dei prezzi. A preoccupare, in questo caso, è il confronto con l’agroalimentare convenzionale che segna nello stesso periodo un incoraggiante +1,8%.

Un nuovo livello di consapevolezza

C’è da preoccuparsi? Non secondo l’analisi di Alberto Mattiacci che, nella relazione “il bio fra vecchi atteggiamenti e nuove sensibilità”, ha messo in evidenza il progresso irreversibile del passaggio dalla società post-industriale a quella digitale che ha trasmesso un nuovo livello di consapevolezza al cittadino- consumatore non più disposto a rinunciare alla propria affermazione come persona anche nelle scelte d’acquisto.

Una nicchia affollata

Scelte che convergono sul messaggio portato avanti dal bio, che continua a rappresentare una “nicchia contesa”, con un messaggio e un’identità chiara, una promessa di valore a cui viene riconosciuto un prezzo premium. Una nicchia un po’ affollata a dire il vero a causa dell’affiancamento di una pletora di marchi e definizioni (km0, sostenibile, naturale, vegano, senza-qualcosa, equo e solidale, ecc) che insistono sullo stesso segmento distraendo l’attenzione del consumatore.

Il ritorno alla semplicità

La soluzione è, secondo il docente di marketing, il ritorno alla semplicità e alla trasparenza del messaggio, rappresentando la solidità senza uguali dei vantaggi assicurati da questa categoria di prodotti per vincere la sfida della “rivitalizzazione” del bio.

Una sfida da vincere innanzitutto nel nome della coerenza di scelte politiche come il “green deal”, un pacchetto di iniziative che vedono nello sviluppo dell’agricoltura biologica uno dei cardini della transizione green in agricoltura. Indirizzi che sono stati richiesti, anzi pretesi, solo pochi anni fa proprio dai cittadini-consumatori europei.

 

 

IN GERMANIA VINO ITALIANO OK, SE È BIOLOGICO È MEGLIO

IN GERMANIA VINO ITALIANO OK, SE È BIOLOGICO È MEGLIO

L’indagine di Nomisma Wine Monitor mette in evidenza la maggiore diffusione delle nostre etichette rispetto a quelle francesi e la forte attenzione sulle etichette bio e sostenibili

Grazie al bio le nostre etichette di vino battono in Germania quelle francesi. È quanto emerge da una recente ricerca di Nomisma Wine Monitor presentata in occasione della recente presentazione dell’Annual report di Valoritalia.

Nei bicchieri di due terzi dei consumatori

La frequenza di consumo del vino (il 64% dei tedeschi ha bevuto italiano negli ultimi 12 mesi) gioca infatti nettamente in nostro favore, mentre ci piazziamo alle spalle dei cugini d’oltralpe nel challenge sulla percezione della qualità.

Quello tedesco è uno dei principali mercati di riferimento per i nostri vini, con un valore dell’export che nel 2021 ha raggiunto gli 1,1 miliardi di euro, superato solo dagli Stati Uniti.

La percezione del bio

L’indagine della società di ricerca bolognese ha monitorato la diversa percezione tra i consumatori italiani e tedeschi nel terzo anno di pandemia. Emerge che in entrambi i Paesi a indirizzare le scelte dei consumatori sono elementi come la notorietà del brand, il marchio biologico e la certificazione della sostenibilità, con una spiccata sensibilità nei confronti di metodi di produzione rispettosi delle risorse ambientali, origine e tracciabilità della filiera.

La responsabilità sociale

Non mancano, in Germania come in Italia, i consumatori più sensibili, che puntano i riflettori sulla responsabilità sociale ed economica dell’azienda. Un messaggio che il mondo produttivo italiano sembra aver colto e che determina da tempo le strategie delle imprese, sia in termini di produzione che di comunicazione e marketing. E il futuro, almeno secondo il 75% delle 141 imprese intervistate da Nomisma, appartiene ai vini sostenibili e biologici. Una percentuale ancora minoritaria, ma comunque in crescita rispetto agli anni precedenti, punta poi su vini a basso contenuto alcolico, vegani o addirittura senza alcol.

Approcci differenti fuori casa

«L’indagine – spiega Denis Pantini, Responsabile Nomisma Wine Monitor -, condotta su un campione di 1000 consumatori italiani e altrettanti tedeschi evidenzia diverse similitudini ma anche approcci decisamente differenti».

«Per esempio, nel consumo casalingo entrambi guardano principalmente all’origine territoriale e alla notorietà del brand. Ma quando si esce di casa e si consuma in un ristorante o in un winebar, le cose cambiano. Per gli italiani sono poche le differenze rispetto al consumo indoor, mentre il consumatore tedesco preferisce lasciarsi guidare dal titolare o dal personale di sala. Gli italiani puntano molto sull’indicazione geografica, i tedeschi maggiormente sul vitigno, per entrambi l’attenzione all’ambiente gioca un ruolo fondamentale».

IL BIO FA BENE AL CLIMA E ALLE COMUNITÀ LOCALI

IL BIO FA BENE AL CLIMA E ALLE COMUNITÀ LOCALI

È una potente soluzione ai problemi dei cambiamenti climatici ed è una risorsa per la promozione di comunità rurali sane- Lo ribadisce negli Usa la rete di produttori New Hope Network che propone di cambiare paradigma e di non rappresentare più il settore solo in termini negativi: «C’è di più nel biologico che il “senza pesticidi”»

Il biologico è un settore che sta acquisendo una forte importanza a livello globale, con un volume di affari da 63,3 miliardi di dollari. Gli Stati Uniti sono uno dei Paesi dove sta crescendo più rapidamente.

La locomotiva a stelle e strisce

Un sondaggio della Organic Trade Association del 2020 su 3.188 acquirenti ha rilevato che oltre il 90% ritiene che il biologico sia più importante che mai. Ma trovare messaggi semplici ed efficaci su cos’è il biologico e perché è importante rimane uno dei maggiori ostacoli per l’esplosione del settore con gli acquirenti tradizionali. Ci ha provato New Hope Network, una rete di vendita diretta di prodotti biologici con sede a Bourden, Colorado, ad attualizzare la missione del bio.

I vantaggi del bio

«I vantaggi del biologico per la salute umana e per il pianeta – viene spiegato nella homepage della rete – sono ben noti agli operatori del settore, ma poiché il biologico comprende un’ampia varietà di pratiche, spiegare ai consumatori perché dovrebbero prendersene cura può essere una questione complicata». Non basta più secondo i produttori a stelle e strisce descrivere cosa non è bio, ovvero niente pesticidi, niente OGM, niente prodotti chimici artificiali.

«È molto più efficace descrivere le positività di questo metodo di produzione, come l’impatto positivo del biologico sui cambiamenti climatici, la maggiore trasparenza e il sostegno diretto alle aziende agricole e alle comunità locali». «La soluzione ideale per traghettare la crescita economica verso un futuro più sano e sostenibile».

OK ALLA RIPARTIZIONE DEL FONDO DA 5 MILIONI PER LE MENSE SCOLASTICHE BIO

OK ALLA RIPARTIZIONE DEL FONDO DA 5 MILIONI PER LE MENSE SCOLASTICHE BIO

Lo schema di decreto predisposto dal Mipaaf ottiene il via libera nel corso della Conferenza unificata

Mense bio, avanti con i sostegni. È stata raggiunta l’intesa in Conferenza Unificata sullo schema di decreto del Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, di concerto con il Ministro dell’istruzione, per il riparto del Fondo da 5 milioni di euro per le mense scolastiche biologiche per l’anno 2022.

L’impegno ad abbassare i costi per gli utenti

Lo annuncia il Mipaaf in una nota nel precisare che l’86% delle risorse, pari a 4,3 milioni di euro, è assegnato a Regioni e Province autonome con l’obiettivo fondamentale di ridurre i costi a carico dei beneficiari del servizio di mensa scolastica biologica.

Informazione e promozione

La restante quota del 14%, pari a 700mila euro, è assegnata in base alla popolazione scolastica dei relativi territori per realizzare iniziative di informazione e di educazione alimentare sull’agricoltura biologica, ad eccezione della Regione Emilia Romagna per la quale il livello di informazione e promozione risulta già soddisfatto.