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LA CORSA DEL BIOLOGICO NEI DISCOUNT

LA CORSA DEL BIOLOGICO NEI DISCOUNT

L’attenzione al prezzo sposta gli acquisti nei canali considerati più convenienti. Dove cresce in particolare l’ortofrutta bio (+3,6%) e i prodotti per la prima colazione con incrementi a due cifre. L’analisi di Nomisma presentata al convegno organizzato dal Consorzio Il Biologico

La tempesta inflattiva innescata dalla guerra in Ucraina non fa cessare l’interesse dei consumatori italiani nei confronti del biologico. Ma fa aumentare senza dubbio la ricerca dei prezzi più bassi. Una miscela che sta spingendo verso l’alto le vendite del bio in un canale finora poco battuto come quello dell’hard discount.

Balzo nel 2022

«In questi canali distributivi – spiega Silvia Zucconi di Nomisma – il bio ha segnato una crescita delle vendite a valore del 16% nel primo quadrimestre 2022».

Un dato che evidenzia la maggiore attenzione dei consumatori riguardo alla questione prezzo. «Poiché negli iper e nei super – rivela la ricercatrice –  la tensione promozionale si sta riducendo, gli acquisti si spostano sul canale dei discount. Una lettura è confermata dalla private label, la marca del distributore che nel primo trimestre è rimasta stabile. Tra i valori in crescita anche il paniere benessere (+5,8%)”.

Dati che sono emersi nel corso del recente convegno “La filiera del biologico: numeri, sfide e sostenibilità” organizzato dal consorzio Il Biologico.

I 5 prodotti bio top

In cima tra le categorie più vendute nel biologico nel 2021 rimangono le uova, con 101 milioni di euro di fatturato un peso del bio che arriva al 19,6% ma un calo del 7,2% accusato ne corso dell’anno. Le confetture seguono lo stesso trend, seconde con 78,3 milioni di euro, un peso sul settore del 83,4% ma un calo annuale del 3,6%. IN forte crescita invece le gallette di riso, al terzo posto con 76,7 milioni e un balzo annuale del 13,4%. Significato anche l’exploit della frutta fresca confezionata, al quarto posto con 76,5 milioni di euro di vendite a valore e una crescita del 3,6% rispetto al 2020, mentre la verdura fresca confezionata è al quinto posto con 48,7 milioni di euro di vendite a valore e un trend in leggera discesa rispetto al 2020 (-1,9%). Tra i prodotti più vivaci anche i cereali per la prima colazione che nell’analisi di Nomisma sono balzati al decimo posto con un fatturato di quasi 36 milioni di euro e un balzo del 11,6%.

 

«Nonostante i buoni numeri dell’ortofrutta bio dell’anno scorso – ha specificato Zucconi – il settore ha risentito degli scenari evolutivi che impattano sul consumatore, come i rincari dei beni energetici e dei costi di produzione».

L’IMPATTO DELL’INFLAZIONE SUL BIOLOGICO IN GERMANIA

L’IMPATTO DELL’INFLAZIONE SUL BIOLOGICO IN GERMANIA

Crescono i costi di produzione, ma i valori di vendita risentono della forte tensione sui prezzi. I produttori bio bavaresi chiedono di rivedere il sistema dei sostegni pubblici per non vanificare l’obiettivo di raggiungere il 30% di bio entro il 2030

Più attenzione e più sostegni da parte del governo del land bavarese. L’effetto dell’inflazione con l’aumento dei prezzi dei generi alimentari, l’incertezza dei consumatori e gli elevati aumenti dei loro costi di produzione, spinge gli agricoltori biologici di questa regione tedesca a chiedere di rivedere gi indirizzi della politica agricola.  «Serve più coraggio nel sostegno del settore bio – dichiara Hubert Heigl sulle pagine del quotidiano di Monaco di Baviera Süddeutsche Zeitung – altrimenti diventa difficile raggiungere l’obiettivo del 30% di agricoltura biologica entro il 2030, cinque punti in più rispetto al Farm To Fork, stabilito in questa regione per legge».

Rivedere i sostegni

Heigl, gestisce un allevamento di suini biologici nell’Alto Palatinato ed è presidente dell’Associazione statale per l’agricoltura biologica, l’organizzazione ombrello delle quattro principali associazioni biologiche Bioland, Naturland, Biokreis e Demetra. La sua richiesta: «Il Land bavarese dovrebbe pagare gli agricoltori biologici fino a 317 euro per ogni ettaro di seminativo che coltivano biologicamente dal 2023. La tariffa massima finora è stata di 273 euro».

Una crescita decennale

In Germania il settore biologico può guardare indietro ad anni di boom senza precedenti. Secondo l’Ufficio federale di statistica, la quota di alimenti biologici venduti è più che raddoppiata in dieci anni, con un fatturato nel settore più recente pari a 15,87 miliardi di euro. L’anno 2020, caratterizzato dalla pandemia da coronavirus, è stato l’anno di punta per il settore, il tasso di crescita è letteralmente esploso del 22%.

Un dato che ha innescato numerose conversioni. Molti agricoltori convenzionali hanno riconosciuto l’agricoltura biologica come un’opportunità per le loro aziende agricole. Frumento, latte e altri prodotti biologici hanno infatti ottenuto finora prezzi notevolmente migliori rispetto alle controparti convenzionali. Inoltre, i ricavi del biologico sono stati tradizionalmente molto più stabili rispetto all’agricoltura convenzionale, senza la volatilità che ha finora caratterizzato le commodities agricole convenzionali. Dopo la petizione per la biodiversità “Salva le api” del 2019 Monaco di Baviera ha fissato in una legge regionale l’obiettivo del 30 percento della superficie agricola bio entro il 2030. Sarebbe circa un milione di ettari.

In ritardo sulla tabella di marcia

Finora la superficie bio cresceva ad un tasso del 10% all’anno. Tanto che Il ministro dell’Agricoltura Michaela Kaniber (CSU) ha elogiato la Baviera come Regione bio numero uno in Germania. A fine 2021, però, secondo i dati dell’Istituto Statale per l’Agricoltura, solo 379mila ettari, ovvero il dodici per cento dei terreni agricoli, erano coltivati ​​secondo le linee guida del biologico. Quindi mancano ancora ben 600.000 ettari per l’obiettivo del 30%.

L’incertezza dei consumatori

Un obiettivo ora reso più arduo dagli effetti della guerra in Ucraina. «C’è la massima incertezza – afferma Heigl -. Il tasso di inflazione per il cibo è stato recentemente dell’11% e ciò mette a dura prova soprattutto i prodotti a più alto valore». «La direzione è chiara: anche il biologico sta andando verso un prezzo più conveniente». Un fattore che non si accorda bene con l’aumento dei costi di produzione che riguarda anche i mezzi tecnici bio e che spinge gli agricoltori tedeschi a rivedere l’ammontare del sostegno pubblico.

CONVERSIONE “A U” DEGLI STATI UNITI: ORA PUNTANO SUL BIO

CONVERSIONE “A U” DEGLI STATI UNITI: ORA PUNTANO SUL BIO

300 milioni di dollari per favorire le conversioni delle aziende al biologico. Il segretario Tom Vilsack: «l’agricoltura biologica ha un ruolo decisivo nella transizione ecologica del sistema alimentare statunitense»

L’agricoltura americana cambia rotta e punta sul bio. L’amministrazione Biden ha infatti lanciato un piano  strategico sostenuto da un finanziamento di 2 miliardi di dollari che punta a migliorare quasi ogni aspetto della produzione e distribuzione agroalimentare. Una particolare attenzione viene però riservata alle esigenze delle piccole e medie imprese e alla promozione dell’agricoltura biologica e urbana.

Le sfide da affrontare

L’obiettivo è quello di affrontare diverse sfide, dai cambiamenti climatici alla cattiva alimentazione fino al riequilibrio della trasformazione e distribuzione alimentare.

Filiere corte e orti urbani

La strategia prevede la spesa di 1,3 miliardi di dollari per la trasformazione e distribuzione degli alimenti, 300 milioni per sostenere le conversioni degli agricoltori al biologico e 230 milioni di dollari per espandere l’agricoltura urbana e aumentare le autoproduzioni nei centri urbani e nelle comunità rurali considerate “deserti alimentari”.

In un discorso alla Georgetown University, il segretario all’agricoltura Tom Vilsack ha affermato che gli stanziamenti saranno disponibili entro la fine dell’anno e che ulteriori risorse arriveranno dal disegno di legge sull’agricoltura, che il Congresso scriverà nel 2023.

L’annuncio di Vilsack arriva mentre l’amministrazione Biden è alle prese con l’aumento dei prezzi al consumo che minacciano le speranze dei Democratici di mantenere il controllo del Congresso nelle elezioni di medio termine.

«Di fronte alle grandi sfide – ha affermato Vilsack – l’America coglie l’opportunità di trasformarsi in una forma più forte e migliore di se stessa». Le iniziative sono finanziate attraverso l’American Rescue Plan emanato nel marzo 2021 per fare fronte alle conseguenze della pandemia.

Il tutoraggio del bio

I 300 milioni di dollari destinati alla transizione verso il bio sosterranno anche inedite forme di tutoraggio da agricoltore a agricoltore fornendo anche assistenza per le pratiche di coltivazione carbon neutral, la difesa passiva delle colture e lo sviluppo delle filiere corte.

Il grosso dei finanziamenti, 650 milioni di dollari, è però destinato al settore della trasformazione zootecnica. «L’USDA – afferma Vilsack – ha già ricevuto circa 250 richieste di sovvenzioni per un totale di 900 milioni di dollari per aumentare la capacità di lavorazione di carne e pollame».

FIRMATO IL DECRETO ATTUATIVO DEL NUOVO REGOLAMENTO SUI PROCESSI PRODUTTIVI BIO ED ETICHETTATURA

FIRMATO IL DECRETO ATTUATIVO DEL NUOVO REGOLAMENTO SUI PROCESSI PRODUTTIVI BIO ED ETICHETTATURA

Battistoni (sottosegretario Mipaaf): «Il provvedimento abroga le disposizioni precedenti disciplinando in modo organico e univoco le procedure relative alla produzione biologica vegetale, animale, delle alghe e degli animali di acquacoltura, degli alimenti trasformati e del vino»

Semplificazione e armonizzazione delle norme sulle produzioni biologiche ai sensi del regolamento europeo Ue 2018/848. Sono le motivazioni che hanno spinto il Ministero delle Politiche agricole alla promulgazione dell’atteso decreto attuativo dello scorso 20 maggio inerente i processi produttivi bio e l’etichettatura.

Disciplina univoca

«Il decreto – spiega Francesco Battistoni -, sottosegretario Mipaaf, abroga le disposizioni normative precedenti disciplinando così, in modo organico e univoco, le procedure relative alla produzione biologica vegetale, animale, delle alghe e degli animali di acquacoltura, degli alimenti trasformati, oltrechè del vino».

Deroghe per gli allevamenti di molluschi

«Tra le disposizioni transitorie e finali – aggiunge – è stata inoltre introdotta la norma che consente agli allevamenti di molluschi biologici di rimanere nel sistema di controllo precedente».

«Ciò consentirà agli allevatori di proseguire nella loro produzione biologica che, altrimenti, sarebbe stata penalizzata. Un risultato, questo, che non si sarebbe potuto raggiungere senza la fattiva collaborazione degli uffici del Mipaaf, delle regioni e gli operatori del settore ai quali va il mio ringraziamento».

LA SARDEGNA PUNTA A DIVENTARE TUTTA GREEN E BIO ENTRO IL 2030

LA SARDEGNA PUNTA A DIVENTARE TUTTA GREEN E BIO ENTRO IL 2030

Nasce a Ollolai (Nuoro) un comitato promotore per testimoniare la capacità di resilienza dell’agricoltura dell’Isola. Obiettivo è arrivare entro 8 anni a filiere 100% certificate bio e made in Sardegna

Trasformare la Sardegna entro il 2030 nella prima isola totalmente naturale e biologica. Il comitato promotore si è recentemente costituito a Ollolai (Nuoro), nel cuore della Barbagia.

L’associazione La Base attraverso Efisio Arbau ha dato gambe al progetto, coinvolgendo associazioni di categoria, ambientaliste e culturali, cooperative, professionisti, politici e singoli cittadini in questo grande e ambizioso progetto.

Filiere certificate per aumentare la sovranità alimentare

Si punta così ad avere intere filiere 100% certificate, non soltanto di alimenti per l’uomo ma anche per gli animali.  Produzioni bio ma anche 100% sarde.

«Sarà un incentivo – sostiene Arbau – al ritorno alla produzione anche delle materie prime rispondendo con un progetto concreto e calato sulle vocazioni tradizionali, ai grandi limiti che sta evidenziando in questi mesi la guerra in Ucraina sul fronte dell’approvvigionamento alimentare». «Allo stesso tempo si riscoprirebbe la consapevolezza del cibo sano, genuino e garantito ed al rispetto dell’ambiente».

I punti di forza dell’Isola

La Sardegna, infatti, è la prima regione nel Mediterraneo in cui si pratica l’allevamento degli ovini al pascolo. Inoltre l’Isola – secondo i dati Coldiretti – è al settimo posto nella classifica delle Regioni italiane bio con circa 120mila ettari (le aziende agricole sono circa 2mila) ed è sopra la media europea sull’incidenza della superficie biologica sulla Superficie Agricola Utilizzata (SAU) con circa il 10% rispetto ad una media UE di cerca l’8%.

Il volano del distretto bio

Da circa un anno inoltre è stato riconosciuto dalla Regione il Distretto regionale del Biologico (Sardegna Bio). «La Sardegna deve essere l’avamposto mondiale in cui si pratica la vita umana compatibile con la resilienza del pianeta – ha spiegato il promotore dell’iniziativa Efisio Arbau – Occorre un metodo di lavoro per le popolazioni che ci vivono, per riprendersi quella naturalità che garantirebbe lo sfruttamento di tutto il territorio regionale, produzioni di qualità e quantità adeguate alla popolazione residente e quella dei turisti che amano la nostra terra».

L’iniziativa è stata lanciata durante un convegno che si è tenuto nell’orto botanico di Ollolai durante il quale sono intervenuti: il direttore di Coldiretti Sardegna Luca Saba, il Presidente di Legacoop Claudio Atzori, il docente dell’Università di Sassari Pietro Pulina e il Presidente di Confcooperative Nuoro Ogliastra Michele Ruiu.

Suolo e Salute è il primo organismo di controllo e certificazione delle Sardegna con oltre 1000 operatori bio certificati, di cui 800 allevamenti, e quasi 100.000 ettari assoggettati al controllo.

PATUANELLI: «L’AGRICOLTURA BIO È STRATEGICA PER L’ITALIA»

PATUANELLI: «L’AGRICOLTURA BIO È STRATEGICA PER L’ITALIA»

«Siamo primi per numero di operatori, ai primi per incidenza e abbiamo anticipato al 2027 l’obiettivo del 25% di superfici coltivate, ma lo stesso deve capitare per le quote di mercato». L’intervento in difesa del settore biologico del ministro delle Politiche agricole

«L’agricoltura biologica è nei fatti è strategica per il nostro Paese». Il ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli ha le idee chiare nei confronti di questo modello di agricoltura e lo ribadisce nel momento in cui il conflitto in Ucraina e il rischio di una crisi alimentare nei Paesi del terzo mondo dipendenti dall’import di grano dal Mar Nero spingono alcuni a mettere in discussione gli impegni ambientali della prossima politica agricola comune.

Fare crescere assieme produzioni e domanda

«Sono i numeri a dimostrare il forte legame dell’Italia con l’agricoltura bio, dobbiamo impiegare le risorse di cui possiamo disporre anche per far crescere il valore dei prodotti e lavorare sulla comunicazione nei confronti del consumatore». Una presa di posizione espressa dal ministro in occasione del convegno romano organizzato dalle associazioni del bio per fare il punto sulla legge e sul piano d’azione per il biologico in fase di “assemblaggio” presso il ministero. Il ministro ha quindi enunciato i numeri del successo del bio in Italia.

Il Ministro dà i numeri

«Siamo primi in Europa per numero di operatori con 81.731 e un incremento dell’1,3% rispetto al 2019, terzi per superficie dopo Francia e Spagna; la nostra superficie risulta aumentata rispetto al 2019 di 5,1 punti percentuali, centomila ettari in più, in base ai dati 2021».

La Sicilia è la regione più bio d’Italia, a seguire Puglia, Calabria e Toscana che assieme raccolgo il 51% dell’intera superfice.

«Siamo al primo posto per numero di produttori, 71.590, la Francia ne ha poco più di 53.000, la Spagna 44.500». «Ai primi posti, ha detto ancora Patuanelli, anche come incidenza, al 16,6% e per questo abbiamo anticipato al 2027 l’obiettivo del green deal di arrivare al 25% di Superficie agraria.

Promuovere un messaggio chiaro e condiviso

L’export dei prodotti biologici nazionali ha un valore di 2,9 miliardi di euro, cresciuto degli ultimi due anni nonostante la pandemia. «I consumatori chiedono cibi sostenibili – ha spiegato Patuanelli – una domanda che dobbiamo assecondare non generando fratture ma puntando su un messaggio chiaro e unico». «Il nostro obiettivo non è solo quello di raggiungere il 25% di superfici coltivate a bio ma anche il 25% di quote di mercato».