IL RITORNO DEL COTONE, PER UNA FILIERA CORTA BIO E 100% MADE IN ITALY

Due giovani imprenditori stanno facendo rifiorire nella Capitanata una filiera redditizia e sostenibile che parte dal seme, passa dalla bambagia e arriva a camicie di misura certificate 100% bio e made in Italy. Via alla semina di 50 ettari nella prossima primavera, ma l’obiettivo di Michele Steduto e Pietro Gentile è di arrivare a 10 volte tanto entro il 2025. Suolo e Salute è l’ente di certificazione del cotone bio.

Dalla materia prima bio al prodotto confezionato finito. Dal seme alla bambagia, fino alla camicia 100% made in Italy. Il progetto di due giovani imprenditori foggiani chiude un progetto di filiera a chilometro zero interamente biologica e inconsueta per i campi italiani: quella del cotone. Un ritorno per una coltura dimenticata che è merito di Michele Steduto e Pietro Gentile, alla guida del gruppo tessile Gest e della società Strep It Oso e anche di Suolo e Salute che è l’organismo di certificazione scelto per seguirne la fase di produzione in campo, di trasformazione e commercializzazione.

Il microclima e i terreni ideali

I suoli fertili e il clima della Capitanata, in provincia di Foggia, costituiscono l’ambiente ideale per il risorgimento di una coltura che richiede l’alternanza di una stagione caldo-secca e una più umida e che era già praticata in passato da queste parti. Si tratta della coltura tessile più coltivata al mondo, la concorrenza internazionale è agguerrita, ma la forte tensione sugli aspetti relativi alla tutela dell’ambiente, l’attenzione all’origine e al rispetto di condizioni di lavoro eque e sostenibili stanno creando i presupposti per un suo ritorno in grande stile.

«Il nostro obiettivo – spiega Michele Steduto – è quello di seminare un futuro di sostenibilità, di lasciare un esempio per i nostri figli valorizzando le competenze di una filiera decisiva per il made in Italy ma che si sta disperdendo: quella tessile, con il ritorno di attività come la filatura e la tessitura».

L’interesse dei grossi brand

Un impegno che raccoglie già i primi frutti. «All’orizzonte si profilano infatti possibili intese con grandi gruppi del settore tessile interessati a garantirsi una filiera certificata tutta bio e tutta italiana».

Dopo due anni di sperimentazioni il progetto di filiera sta infatti entrando nel vivo: in Puglia spunteranno le prime e uniche piantagioni di cotone bio europeo.

Seme certificato bio

Steduto, grazie ad un accordo con un’azienda sementiera, ha fatto produrre seme certificato biologico per almeno 50 ettari. La società Strep It Oso di San Marco in Lamis, alle pendici del Gargano, è la capofila di un progetto di filiera che promette reddito e soddisfazione morale per gli agricoltori che stanno sottoscrivendo i contratti di coltivazione per le semine imminenti.

Le prove effettuate negli ultimi due anni ne confermano la validità. La collaborazione tecnica di Demetrio Neri, che nei 7 ettari di proprietà dell’azienda Posta Faugno ha già raccolto 20mila chili di cotone purissimo, dimostra la possibilità di sviluppare una filiera alternativa a quelle del grano duro e del pomodoro da industria, imperanti in questa zona, con costi di coltivazione competitivi.

Una risorsa per le rotazioni

«Il cotone – assicura Steduto – rappresenta una valida alternativa colturale e una risposta concreta al divieto di monosuccessione imposto dalla prossima programmazione della Politica agricola comunitaria».

«Per ora puntiamo su aziende agricole che sono già in biologico che possono inserire questa coltura da rinnovo nelle rotazioni aziendali assicurandosi un notevole valore aggiunto». Presto ci sarà spazio però per nuove conversioni al bio. «L’obiettivo è infatti quello di arrivare a 500 ettari entro il 2025». Un ottimismo giustificato dai risultati economici di questa coltura.

Il bio come carta di valorizzazione

A fronte di costi colturali pari a circa 2mila euro ad ettaro, compresi quelli dell’irrigazione e di una seminatrice pneumatica fornita da Strep It Oso (circa un quarto di quanto costa oggi produrre pomodoro da industria), i guadagni per l’agricoltore possono arrivare a 5mila euro ad ettaro, grazie a rese medie di 50 quintali ad ettaro di bambagia e a un prezzo che oggi è superiore a 1 dollaro al chilo.

Ma il cotone non è solo fibra e per gli imprenditori agricoli vi sono anche altre opportunità, valorizzandole l’olio di semi per cosmesi e farmaceutica, il seme può essere utilizzato in zootecnia, la biomassa dei residui vegetali per la produzione di energia.

«La crescita di una massa critica per il cotone made in Italy potrebbe poi spingere per l’ottenimento di un aiuto accoppiato, in linea con quanto viene già riconosciuto in Grecia».

E poi c’è la carta del biologico: «è la nostra scommessa per differenziarci da Spagna e Grecia, dove ci sono solo coltivazioni convenzionali. Un vero asso nella manica che può rimettere il made in Italy al centro».

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