Suolo e Salute

Anno: 2021

LO IUS NATURAE DI BARTOLOMIOL: IL PRIMO VINO CERTIFICATO EPD IN ITALIA

LO IUS NATURAE DI BARTOLOMIOL: IL PRIMO VINO CERTIFICATO EPD IN ITALIA

Lo Ius Naturae, Prosecco Superiore Docg Brut Millesimato, prodotto dalle uve dei filari del Parco della Filandetta, nucleo biologico dell’azienda della famiglia Bartolomiol, è il primo vino italiano ad essere certificato Epd – Environmental Product Declaration. Il biologico è da molti anni certificato da Suolo e Salute.

Epd è l’unica certificazione di qualità ambientale attualmente valida a livello internazionale (ISO 14025), rilasciata dall’ente di Stoccolma che presiede l’International Epd System.

L’Ente, che ha visto scadere i suoi regolamenti specifici nel 2017 per quanto riguarda gli spumanti e nel 2019 per i vini fermi, ha adottato una riscrittura delle proprie linee guida, che è stata portata avanti a partire dal 2018 in collaborazione con un team italiano: tra cui la stessa azienda Bartolomiol, la Fattoria Maliziosa, e Indaco2 – società spin off dell’Università di Siena, per l’analisi del Ciclo di Vita dei vini dell’azienda.

Tenendo presente l’analisi del Ciclo di Vita del prodotto, viene appunto stilata la sua Dichiarazione Ambientale; le regole quindi per un corretto ciclo dell’intera filiera produttiva: dalla vigna alla cantina, dall’imbottigliamento alla produzione.

Tra gli indicatori considerati, uno è la Carbon Footprint, la quantità di gas serra emessa nell’atmosfera nel corso dei vari passaggi che compongono la filiera.

Per quanto riguarda lo Ius Naturae, l’emissione è risultata di 1.54 kg CO2eq, il 22% in meno rispetto alla media emessa a livello internazionale. Senza contare, per quanto riguarda il caso specifico di Bartolomiol, che l’impronta carbonica viene compensata da un terreno boschivo di oltre 3 ettari, collocato nei pressi del Monte Cesen, parte della tenuta che la famiglia tutela con attenzione.

La vicepresidente dell’azienda, Elvira Bartolomiol, racconta l’importanza del traguardo raggiunto; risultato che segue ad alcune scelte già intraprese negli anni precedenti. A partire dal 2011 infatti, l’azienda ha introdotto il protocollo Green Mark, procedura che chiarisce le pratiche da adottare all’interno del vigneto.

L’azienda tuttavia non si ferma nella sua conversione alla sostenibilità, ha infatti già avviato un lavoro di certificazione che andrà presto a investire l’intera produzione vitivinicola.

 

 

Fonte: Wine News

LA SFIDA DEL SUOLO: L’URGENZA DI UNA RIVOLUZIONE DAL BASSO

LA SFIDA DEL SUOLO: L’URGENZA DI UNA RIVOLUZIONE DAL BASSO

Una crisi che appare sottovalutata, quella dei suoli europei, in cui circa il 60-70% dello strato superficiale risulta compromesso.

Alla base delle cause vi è una parolina fondamentale: Sfruttamento, la stessa che negli ultimi tempi abbiamo sentito così di frequente utilizzare per altri settori della nostra società.

Sfruttiamo il suolo fino all’eccesso e il risultato è l’esaurimento delle sostanze nutritive al suo interno. Ma poiché l’interesse è farlo “funzionare”, lo riempiamo di fertilizzanti, che provocano fenomeni di eutrofizzazione nell’acqua e un aumento della biomassa solo temporaneo, che una volta esaurita elimina l’ossigeno presente nel terreno, lasciandolo svilito dal punto di vista nutritivo.

Se a questo processo aggiungiamo la cementificazione e l’uso di macchinari, il risultato è l’alterazione della struttura dei suoli, che genera il dissesto idrogeologico.

Senza acqua, nutrienti e bioma, il suolo va lentamente morendo, si erode, fino alla desertificazione.

Lo Stockholm Resilience Center, ha definito quella del suolo, una delle questioni più urgenti da dover affrontare all’interno della crisi ambientale che stiamo attraversando; perché quando in buono stato, i suoli sono alleati diretti nella lotta al cambiamento climatico grazie all’assorbimento di CO2.

Il dato di insalubrità è allarmante: poiché oggi i terreni europei coltivati, perdono anidride carbonica ad un tasso dello 0,5% all’anno. Il risultato economico è importante, circa 50 miliardi di euro l’anno di danni associati al degrado della terra e migliaia di malati.

Giuseppe Corti, Presidente della Società italiana di Pedologia, racconta che in Italia, perdiamo ogni giorno una superficie pari a quindici campi da calcio.

È una novità di inizio 2021 la presa in carico, da parte della Commissione Europea, della sfida per la rigenerazione dei suoli tra le cinque missioni strategiche del processo di ripresa e resilienza in corso.

La Mission fa parte del Progetto Horizon Europe e ha il nome di Soil Health and Food, prevede il raggiungimento entro il 2030 del 75% di suoli europei in stato di salubrità che significa la possibilità da parte di questi di fornire servizi naturali ed essenziali come la fornitura di cibo, il sostegno alla biodiversità, l’immagazzinamento e la regolamentazione del flusso d’acqua.

Per quanto riguarda la Mission sul fronte italiano, vi sarà in prima linea Catia Bastioli, AD di Novamont, da sempre militante attiva nella difesa dei suoli e a favore della bioeconomia circolare per l’Europa, a favore della rigenerazione dei nutrienti come della biodiversità all’interno dei terreni.

Le classi di azioni ipotizzate dal gruppo di lavoro saranno dunque due: Conservazione e appunto, Rigenerazione. Si lavorerà per preservare gli stock di carbonio organico del suolo, fermare l’impermeabilizzazione, aumentare il riutilizzo di suoli urbani, arrestare l’erosione, creare in sintesi una gestione sana e intelligente delle aree naturali.

Al fine di realizzare la Rigenerazione, sarà necessario aumentare la qualità del biota del suolo, i microrganismi che una volta inseriti, aggrediscono i minerali, liberando le sostanze nutrienti per le piante. Ma anche introdurre una sostanza organica che il biota non aggredisca troppo rapidamente. Il processo è minuzioso e complesso.

In sintesi, con lo scopo di rinnovare di vita il suolo, occorre unire le innovazioni tecnologiche, organizzative e sociali che coinvolgano ricercatori, agricoltori, imprese alimentari, istituzioni in un percorso rigenerativo che inizi letteralmente dal basso. Occorre inoltre raddoppiare il tasso di ripristino dei siti inquinati, sottolinea Catia Bastioli e recuperare tra il 35 e 50 % di ritenzione idrica all’interno dei suoli, un dato alterato da oltre 70 anni.

 

Fonte: Repubblica

RIPRISTINIAMO LA NOSTRA TERRA: IL RUOLO DELLE AZIENDE AGRICOLE NELLA SALVAGUARDIA DEL PIANETA

RIPRISTINIAMO LA NOSTRA TERRA: IL RUOLO DELLE AZIENDE AGRICOLE NELLA SALVAGUARDIA DEL PIANETA

È appena trascorsa la Giornata della Terra, la data scelta per onorare l’ambiente e la salvaguardia del pianeta, che ricorre ogni 22 aprile, un mese e un giorno dopo l’Equinozio di Primavera.

Il tema di quest’anno è stato significativo. La parola chiave è stata Restore, in particolare, “Restore Our Earth” cioè ripristiniamo la Nostra Terra e assumiamoci la responsabilità della sua cura come del suo equilibrio.

Ma che peso e che ruolo hanno le aziende agricole nella gestione e salvaguardia del pianeta?

Più del 65% della superficie italiana è affidata alla gestione delle imprese, tra superficie agricola utilizzata (42% ovvero 12,8 milioni di ettari) e superficie forestale (36% ovvero 11 milioni di ettari); quest’ultima in forte crescita.

Il settore primario, racconta Confagricoltura, viaggia nella consapevolezza del ruolo centrale che l’impresa agricola assume, attraverso produzioni nutrienti e nel mantenimento di superfici sane, di fronte a fenomeni quali il cambiamento climatico e nella lotta verso la sua mitigazione. In assenza di quest’ultima, vi sarebbero conseguenze quali l’aridità dei suoli, cioè la perdita di fertilità e sostanza organica, risorse fondamentali sempre meno disponibili, e l’inasprirsi dei fenomeni metereologici. In tutto questo l’agricoltura biologica gioca un ruolo di primo piano.

L’ISPRA segnala nel suo ultimo rapporto che l’agricoltura ha ridotto le emissioni di ammoniaca di circa il 25% tra il 1990 e il 2019, del 17% quelle di gas serra, del 30% quelle di PM10.

Altro settore d’interesse legato all’agricoltura riguarda il fronte delle tecnologie verdi, con investimenti legati alla bioeconomia, nella produzione di biomateriali e bioprodotti, evolvendo le tecniche di gestione dei suoli per esempio nella gestione forestale sostenibile e nell’assorbimento di CO2, al fine di contribuire alla prevenzione del dissesto idrogeologico e al presidio delle aree rurali e interne italiane.

Da non sottovalutare è l’impatto che la transizione verso l’agricoltura biologica giocherà sull’agricoltura mondiale in un momento storico che non ha precedenti dal punto di vista dei rischi che il pianeta sta correndo. Ben oltre la metà dei terreni agricoli del mondo è a rischio di contaminazione da chimica di sintesi.

Lo ha dimostrato lo studio elaborato dall’Università di Sydney: questo riporta che il 64% dei terreni agricoli nel mondo (24,5 milioni di km quadrati) sono a rischio di inquinamento da pesticidi, il restante 31% risulta già ad un livello di rischio avanzato. Quest’ultima percentuale, comprende regioni ad alta biodiversità, aree con scarsità d’acqua e nazioni con un reddito medio basso. Analizzando il rischio di inquinamento, sarebbe causato da 92 sostanze chimiche utilizzate solitamente nei pesticidi agricoli (59 erbicidi, 21 insetticidi, 19 fungicidi) per il suolo, l’atmosfera, le acque superficiali e sotterranee in 168 paesi. Il risultato dell’analisi ha dimostrato che il 61,7% dei terreni agricoli europei rientra tra quelli a rischio elevato.

È necessario dunque passare all’azione di Ripristino della Terra con forte urgenza, tenendo bene a mente, che se l’Agricoltura cosiddetta convenzionale ha per obiettivo il nutrimento della pianta, al fine di aumentare la resa dei prodotti; l’Agricoltura biologica invece, lavora per nutrire la Terra, tutelarne la fertilità, la biodiversità presente al suo interno, per garantire cibo sano e una stabilità di produzione che soddisfi il presente tenendo conto però di chi verrà dopo, nel futuro.

In questa seconda ottica, è opportuno agire tempestivamente, o come dicevano gli antichi romani: Nulla interposita mora (Senza frapporre indugio).

 

Fonte: Wine News

NUOVO REGOLAMENTO UE 2018/848 SULL’AGRICOLTURA BIO: BOZZA PUBBLICA FINO AL 23 APRILE

NUOVO REGOLAMENTO UE 2018/848 SULL’AGRICOLTURA BIO: BOZZA PUBBLICA FINO AL 23 APRILE

Entrerà in vigore all’inizio del 2022 il regolamento UE 2018/848 sull’agricoltura biologica, in sostituzione del precedente 834/2007.

Al fine della sua prossima applicazione, la Commissione Europea ha condiviso sul sito UE una bozza del documento, che comprende il regolamento attuativo con la lista dei relativi mezzi tecnici, in sostituzione del regolamento 889/2008 (quest’ultimo recante le modalità di applicazione del regolamento 834/2007).

Tra i mezzi tecnici presi in esame, la bozza passa in rassegna i prodotti fitosanitari, in questa versione suddivisi in quattro categorie così riportate per conformità all’organizzazione del regolamento 1107/2009:

La prima categoria passata in rassegna riguarda le Sostanze di base: tutte le sostanze di base originate da prodotti ad uso alimentare, sono state ammesse in agricoltura biologica. Sono invece vietate le sostanze di base con attività erbicida.

Le condizioni generali di utilizzo, fatta eccezione per alcune limitazioni, sono le stesse rese ufficiali nel documento di approvazione. Nella versione precedente del documento, queste sostanze non risultavano raggruppate in nessuna categoria apposita;

La seconda e più recente categoria, riguarda le Sostanze attive a basso rischio. All’interno di questa non sono inclusi i microrganismi. Allo stato attuale la categoria contiene in tutto quattro prodotti;

La terza categoria è invece dedicata interamente ai Microrganismi: a patto che non siano di origine Ogm. La categoria evidenzia come, tutti i microrganismi approvati come prodotti fitosanitari, sono ammessi in agricoltura biologica;

La quarta ed ultima categoria, è inerente alle Altre sostanze attive, cioè i restanti principi attivi ammessi in agricoltura biologica. Tra questi troviamo dagli oli ed estratti vegetali, ai feromoni, dai rameici agli oli minerali. Questa parte del testo risulta poco variata rispetto all’edizione precedente;

Ad aggiungersi e completare la lista dei mezzi tecnici, vi sono i fertilizzanti, seguiti dai prodotti utilizzati per la preparazione degli alimenti e anche dei mangimi animali.

La fase di discussione pubblica inerente alla bozza del documento, terminerà il 23 aprile 2021 in vista della sua formalizzazione nel 2022. Il regolamento entrerà in vigore al contempo degli altri provvedimenti, inerenti alle nuove azioni per lo specifico comparto dell’agricoltura biologica.

Fonte: Agronotizie

IL RUOLO DELLA FILIERA PER LO SVILUPPO E IL MANTENIMENTO DELLA REDDITIVITA’ DEL BIOLOGICO

IL RUOLO DELLA FILIERA PER LO SVILUPPO E IL MANTENIMENTO DELLA REDDITIVITA’ DEL BIOLOGICO

Tra le principali sfide dell’Europa, poste negli obiettivi del Piano d’Azione 2021-2027 presentato dalla Commissione Europea, vi è l’incremento delle superfici a metodo biologico unito a quello della crescita del consumo di prodotti di questo tipo.
Ma come sviluppare questi obiettivi, senza cadere nell’inevitabile conseguenza del calo dei prezzi, a svantaggio di chi produce?

La questione è emersa nell’ambito di un seminario dedicato al tema del biologico, a cui hanno preso parte diverse personalità del settore, tra cui il coordinatore dell’Alleanza Cooperative italiane, Francesco Torriani.

Torriani sottolinea come il calo dei prezzi sarà poco evitabile a causa della prima legge di mercato, che regola domanda e offerta, ma la chiave di volta nel riequilibrio dell’assetto che si andrà a modificare sta, oltre che nell’incremento della domanda della materia prima, nel sostegno di filiere sempre più solide e via via più strutturate; che valorizzeranno in termini di profitto tutte le fasi del processo, con una cura particolare alla più delicata delle fasi, quella della produzione.

La posizione di Torriani sembra è condivisa da Frascarelli, professore associato del dipartimento di scienze agrarie, alimentari ed ambientali dell’Università di Perugia, che aggiunge come il valore aggiunto all’interno del metodo biologico, non risieda nella materia prima, ma nel prodotto finito.

Il cuore del “fare filiera”, aggiunge Frascarelli, sta proprio nel cercare di riportare il valore verso l’anello più debole, che anche a suo avviso è la fase della produzione.

Il ruolo veramente fondamentale per la crescita del comporta, sarà svolto, in termini di ricerca e innovazione, dalla preparazione dell’imprenditore, che se adeguatamente formato riuscirà ad applicare una visione innovativa alla propria azienda. Questo il punto di vista di Stefano Vaccari, direttore generale del Crea, il quale evidenzia la necessità di un potenziamento di questo tipo, nelle possibilità degli imprenditori. Resta della stessa opinione per quanto riguarda l’implementazione delle competenze degli agricoltori.

La costruzione di filiere strutturate dal punto di vista produttivo quindi, che proceda di pari passo alla crescita delle competenze e all’accesso di queste, per chi della filiera è parte.

Fonte: Italiafruit

PROTEZIONE E BENESSERE ANIMALE: UNA SFIDA ANCORA APERTA

PROTEZIONE E BENESSERE ANIMALE: UNA SFIDA ANCORA APERTA

Risale a circa cinquant’anni fa la prima legislazione dell’UE sul tema del benessere degli animali. Con il trascorrere degli anni l’argomento alla base della legislazione è cresciuto per importanza, diventando oggi assai di rilievo per i cittadini dell’Unione europea.

L’ultima strategia realizzata in materia, risale al 2012 (per il triennio 2012-2015) e aveva per obiettivo il miglioramento della condizione animale e una responsabilizzazione dei cittadini dell’UE, finalizzata a scelte inerenti al consumo alimentare più consapevole.

Con la diffusione della pandemia da Covid-19, il punto di vista sull’argomento sembra essersi nuovamente trasformato, ponendo in risalto le forti connessioni tra il tema della protezione e benessere animale e quello della salute ambientale e dei cittadini.

L’argomento è suscettibile di complessità, difatti ad oggi, l’obiettivo della salute animale non è ancora stato completato con efficacia. Per questa ragione, la Commissione Europea ha intrapreso una valutazione della Strategia dell’UE finora adottata per la Protezione e il Benessere degli animali, valutazione inerente gli anni 2012- 2018.

Uno studio esterno ha fornito la base principale di prove per la valutazione, incorporando le opinioni di un’ampia gamma di parti interessate, tra cui consumatori; organizzazioni animaliste; industrie del settore; organizzazioni non governative e talune altre parti. Qualcuno si interroga sulla percentuale della rappresentanza scientifica presente all’interno dei dati relativi l’indagine, rilevando come sia scarsamente rappresentata.

I risultati, oltre ad essere vagliati per la valutazione della Strategia, da parte della CE, saranno passati in rassegna per le possibili future iniziative nell’area del benessere degli animali, anche in linea con il progetto Farm to Fork e con il capitolo compreso in quest’ultimo relativo all’etichettatura dei prodotti di origine animale e alle condizioni di benessere con il quale quegli stessi prodotti sono stati ottenuti.

Ma se entriamo nel vivo di quanto emerso dalla valutazione, ne risultano numerose lacune, che comportano la necessità di misure quali: il miglioramento della conformità tra gli Stati membri rispetto al trasporto animale e l’urgenza di eliminare alcune pratiche cruente ancora in uso, quali il taglio della coda nei suini e lo stordimento applicato ad alcuni animali.

L’urgenza di un quadro legislativo dell’UE semplificato sul benessere degli animali e da creare ex novo per alcune specie non ancora tutelate, come per esempio i conigli e il fronte ancora aperto relativo all’allevamento dei pesci.

L’importanza di rafforzare la cooperazione internazionale al fine di superare la riluttanza di alcuni paesi a conformarsi agli standard dell’Unione sul tema e l’implementazione dell’informazione dei consumatori sulla cura e benessere degli animali.

In termini più generali, risulta fondamentale ottimizzare la sinergia e allineare la strategia a quella della PAC 2021-2027, al fine di sfruttare al meglio gli strumenti in questa compresi per migliorare gli standard di benessere degli animali ed acuire la consapevolezza dei beneficiari della PAC in quest’ottica.

Un’ulteriore punto di rilievo riguarda i costi della suddetta strategia, che, dalla percezione delle parti interessate, risulterebbero distribuiti in modo non uniforme; da qui la richiesta e la necessità di un riequilibrio.

A livello internazionale, la strategia ha contribuito a promuovere gli standard di benessere degli animali nelle sedi internazionali, a stabilire sinergie con le attività in materia di benessere degli animali dell’OIE – Organizzazione mondiale per la salute animale e della FAO – Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) e per costruire la cooperazione con i partner commerciali.

Il lavoro futuro dovrà essere quello di sviluppare e consolidare queste sinergie al fine di confermare il ruolo guida dell’UE nella transizione globale verso sistemi sostenibili e rispettosi del benessere degli animali.

Il lavoro è quindi già iniziato, sebbene nessuno degli obiettivi della strategia sia ancora stato pienamente raggiunto. Tuttavia non resta che procedere lungo questa via, tenendo fede a una visione che tuteli il benessere degli animali nei grandi numeri dell’Unione Europea, che consiste ad oggi di: 88 milioni di bovini; 148 milioni di suini; 100 milioni di pecore e capre; più di 4,5 miliardi di polli, galline, ovaiole e tacchini.

Uno dei principi cardine della politica agroalimentare nell’Unione europea è quello della tracciabilità “from fork to farm” e, cioè, della possibilità di verificare le caratteristiche complessive di un prodotto non limitandosi alla sua qualità finale, ma considerando la qualità dell’intero processo produttivo, che comprende, a monte della filiera, anche la “qualità di vita” degli animali allevati. A dimostrazione di tale impegno, le aziende zootecniche biologiche adottano standard di benessere animale superiori a quelli previsti dalla legislazione vigente per la zootecnia convenzionale.

 

Fonte: Ruminantia