Suolo e Salute

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IL BIO FA BENE AL TERRITORIO  E ALLA QUALITÀ DEL BRUNELLO

IL BIO FA BENE AL TERRITORIO E ALLA QUALITÀ DEL BRUNELLO

Tredici vendemmie bio certificate da Suolo e Salute hanno assicurato all’azienda Col d’Orcia la possibilità di preservare la biodiversità e la storicità di un territorio considerato patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Un impegno che ora si affianca a quello della certificazione di sostenibilità Equalitas per soddisfare le richieste di attenzione alla tutela sociale richiesta nei mercati del Nord Europa. Il Patron Marone Cinzano: «Il futuro continua però a essere bio»

È il percorso che sta tracciando l’azienda Col d’Orcia, storica realtà al confine sud ovest dell’areale di produzione del Brunello di Montalcino Docg. La ricerca dell’equilibrio tra produzione e ambiente è la molla che ha spinto Francesco Marone Cinzano, proprietario dell’azienda, a puntare sul biologico, certificato da Suolo e Salute sin dal 2010. «Ma ricorriamo agli inerbimenti – specifica- all’interramento del letame e al sovescio da oltre 40 anni». Una sfida affrontata con decisione, rappresentando per anni il vigneto bio più esteso della Toscana e costituendo, sei anni fa, il comitato di produttori Montalcino bio, per promuovere la responsabilità collettiva sulla necessità della salvaguardia della biodiversità di un territorio unico.

Il “buon governo” del paesaggio

Un’attenzione giustificata dal rispetto di un paesaggio riconosciuto come patrimonio dell’umanità dall’Unesco. L’attuale aspetto della Val d’Orcia è infatti da collegare direttamente alle sistemazioni agrarie compiute ai margini della via francigena nel corso del tardo Rinascimento, seguendo gli ideali di buon governo. «In questo territorio il vigneto non è mai stato predominante, ma accompagnato da vaste aree cerealicole, olivicole e a bosco». Un orientamento rispettato nell’azienda Col d’Orcia, il cui vigneto copre “solo” 145 ettari, meno della metà dell’intera superficie aziendale (dove trova spazio un’ampia macchia mediterranea).

La ricetta per unire qualità e attenzione all’ambiente

Accurata gestione del suolo, attenta selezione clonale, bassa resa per ettaro, rigorosa cura manuale delle uve consentono ai vigneti di esprimere al meglio le straordinarie potenzialità ambientali di questa zona unica. Recenti prove quadriennali del dipartimento Diproves dell’Università Cattolica di Piacenza hanno evidenziato, in altri areali, un effetto significativo causato dalla copertura vegetale perenne del suolo sui parametri di qualità dei vini prodotti come il contenuto in antociani e polifenoli totali dei vini rossi.

L’effetto del bio

Marone Cinzano non è sicuro dell’effetto del biologico sulla durata dell’invecchiamento di referenze come il Brunello Riserva Poggio al Vento, top di gamma ottenuto da un cru aziendale caratterizzato da un suolo ricco di sabbia e calcare, in grado di assicurare acidità elevate e tannini fini e vellutati.

«L’attenta gestione della copertura dell’interfilare – dice – ha comunque assicurato una migliore gestione idrica dei suoli, con effetti positivi nella prevenzione fitosanitaria nelle annate critiche per i livelli di precipitazione e assicurando maggiore resilienza nelle ultime annate, quando l’effetto climate change si è fatto evidente anche in Val d’Orcia».

L’attenzione al sociale

Una certificazione biologica che negli ultimi tempi di sta affiancando anche a quella Equalitas per i vini sostenibili. «In questo incide – spiega Marone Cinzano – l’attenzione alla sostenibilità sociale che manifestano in particolare alcuni mercati del Nord Europa».

La sostenibilità del vino non ha infatti un significato univoco in ogni Paese. In Scandinavia ad esempio sono predominanti aspetti come il rispetto del lavoro e della parità di genere. Con le ispezioni degli organismi di controllo dei distributori di riferimento che arrivano a verificare le date di scadenza dei medicinali negli armadietti pronto soccorso destinati ai lavoratori.

La marcia in più del biologico

Una doppia certificazione di prodotto e di processo che rafforza l’impegno e la riconoscibilità di Col d’Orcia sui mercati internazionali senza “tradire” le convinzioni di Marone Cinzano. «Il biologico – dice – è il metodo che garantisce di più l’ambiente e la salute delle persone e per avere la conferma basta eseguire un’analisi multiresiduo sui vini ottenuti con questo metodo di produzione». «Il futuro è bio – conclude Marone Cinzano – non ci sono dubbi su questa necessità».

IL MIGLIORE VINO UMBRO BIO È SPIRIDIONE DI CANTINA BERIOLI

IL MIGLIORE VINO UMBRO BIO È SPIRIDIONE DI CANTINA BERIOLI

Alla storica azienda biologica certificata da Suolo e Salute il riconoscimento da parte della seconda edizione de “L’Umbria del vino”

Il migliore vino umbro del 2023 è il Trasimeno Merlot Riserva “Spiridione” 2018 (Magione) di Cantina Berioli. Il riconoscimento è arrivato dalla seconda edizione de “L’Umbria del vino”, unico concorso enologico regionale autorizzato dal Ministero dell’Agricoltura.

Giovedì 23 febbraio nella sede di Perugia della Camera di Commercio dell’Umbria (Centro congressi), c’è stato l’annuncio e la consegna del premio a Berioli e alle altre 16 cantine selezionate dopo la fase delle degustazioni alla cieca di 162 vini (bianchi, rossi, rosati, spumanti di qualità, frizzanti, dolci) prodotti da 58 cantine regionali.

Un prodotto di altissimo livello

Spiridione è un rosso elegante, di grande struttura e con una piacevole avvolgenza tannica ottenuto da macerazioni prolungate. Sosta almeno 18 mesi in barriques di rovere francese a media tostatura e al naso emerge la nota balsamica di spezie assieme ai sentori di frutta sotto spirito. «È un vino pluripremiato che rappresenta l’orgoglio della nostra azienda – fanno sapere da Berioli – con questo vino desideriamo proporre un prodotto di altissimo livello che rappresenta in pieno il nostro impegno di coniugare qualità e sostenibilità».

Sin dai primi del ‘900 la Famiglia Berioli si dedica con passione e dedizione alla coltivazione della vite, dell’olivo e del grano sulle colline vicino al piccolo e delizioso borgo medievale di Montesperello di Magione, sul Lago Trasimeno.

Qualità e sostenibilità

Oggi Roberto Berioli con sua moglie Cristina e con i figli Matteo ed Assunta, con le rispettive famiglie, stanno dando nuova spinta a questa storia famigliare. Hanno allargato la superficie produttiva arrivando a 12 ettari e la cura e la passione che li lega a questa terra hanno spinto ormai da tempo Roberto ad intraprendere e portare a termine il processo di conversione dei propri vigneti al metodo di Coltivazione Biologica affidandone la certificazione a Suolo e Salute. «Una scelta etica – dice Roberto – dettata dalla volontà di sentirsi parte di un sistema dove l’intervento dell’uomo si limita a seguire i ritmi biologici della natura».

Il rapporto con Suolo e Salute

«La finalità -ricorda Roberto – che ha guidato la nostra decisione, messa in atto dal 2014, è quella di raggiungere un modello di sviluppo sostenibile, che non solo valorizzi e rispetti l’ambiente, ma che salvaguardi anche la salute del consumatore, che può degustare così un vino in cui è fortemente marcata la tipicità e  in cui è assente l’artificialità». «Un vino biologico ha il vantaggio di presentare le intrinseche caratteristiche naturali e il pregio di NON essere intaccato da prodotti chimici che ne alterino la struttura».

Una scelta consapevole che ha spinto la cantina Berioli a costruirsi il proprio nome, assistiti dalla professionalità degli ispettori di Suolo e Salute, intorno all’agricoltura biologica.

FATTORIA NICODEMI, PARTE DAL BIO IL RILANCIO DEI VINI ABRUZZESI

FATTORIA NICODEMI, PARTE DAL BIO IL RILANCIO DEI VINI ABRUZZESI

Valorizzare il territorio: la ricetta indicata da Alessandro Nicodemi, presidente del Consorzio di tutela per rilanciare i vini d’Abruzzo. Proprio come viene fatto nella sua azienda sulle colline Teramane, biologica e certificata da Suolo e Salute

Il rilancio dei vini d’Abruzzo parte dall’impegno di produttori come Alessandro Nicodemi. Il presidente del Consorzio di tutela dei vini d’Abruzzo è tra gli artefici della recente modifica del disciplinare che punta a rafforzare il legame territoriale della produzione enologica di questa Regione attraverso 4 appellazioni territoriali (Colline Teramane, Colline Pescaresi, Terre de L’Aquila, Terre di Chieti) che da quest’anno in poi rappresenteranno il vertice della piramide della qualità delle doc abruzzesi. Ne parla un recente articolo del mensile VVQ, Vigne, Vini & Qualità che mette in luce il ruolo di battistrada che può giocare Nicodemi in questo nuovo percorso.

La tutela della tipicità

Fattoria Nicodemi, l’azienda di Notaresco (Te) che Alessandro dirige assieme alla sorella Elena è infatti una realtà vitivinicola famigliare impegnata nella tutela della tipicità, della biodiversità e paladina del biologico, legata a Suolo e Salute per il servizio di certificazione.

Una tenuta di 38 ettari complessivi, di cui 30 vitati a corpo unico, che beneficia di una fortunata esposizione verso sud-est a un’altitudine media di 300 metri. «Qui i filari di Montepulciano e Trebbiano d’Abruzzo – spiega Alessandro Nicodemi -, protetti dal massiccio del Gran Sasso alle spalle e spettinati dall’umida brezza dell’Adriatico lontano solo 10 km, godono di un’escursione termica e di una ventilazione salutari per la maturazione dell’uva». «E il suolo ricco di calcare e argilla imprime ai nostri vini una forte personalità distintiva».

Alessandro ed Elena hanno ereditato dal padre Bruno, scomparso prematuramente più di venti anni fa, la stessa passione per la salvaguardia dell’ambiente e degli elementi che caratterizzano la tipicità di un territorio unico.

Paladini del biologico

Per questo hanno scelto di gestire i vigneti seguendo i dettami del metodo biologico senza l’impiego di erbicidi, agrofarmaci o fertilizzanti chimici. «L’agricoltura biologica – dice Alessandro citando Jeremy Rifkin – tratta il terreno come una comunità vivente e la nostra attenzione è massima nella tutela della biodiversità di quello che sta sopra e sotto il suolo».

Da qui la scelta coerente dell’inerbimento spontaneo permanente dell’interfila, riducendo al massimo le lavorazioni e lasciando che siano gli apparati radicali delle specie erbacee a garantire la necessaria ossigenazione del suolo e l’arricchimento della fertilità organica. E per la gestione della chioma Nicodemi punta su una progressiva adozione della pergola modificata, dove la copertura delle strisce di chioma orizzontale sorrette da fili e bracci metallici montati su pali è alternata a strisce di terreno scoperto. Una soluzione che aumenta la circolazione dell’aria tra i filari, preservando l’uva dalle alte temperature e dagli attacchi dei patogeni fungini come la peronospora, assicurando anche migliori condizioni di lavoro agli operatori.

Vini che parlano la lingua del territorio

Una filosofia aziendale che si ritrova anche nella gestione della fase di cantina. Dove, tra le diverse linee di Montepulciano Colline Teramane Docg e Trebbiano d’Abruzzo Doc si stanno facendo largo le lunghe macerazioni nel Cocciopesto, uno degli ultimi progetti di Nicodemi. Una piccola produzione da 1.200 bottiglie l’anno ottenuta da una vinificazione in giare di cocciopesto che consente di rispettare l’espressione territoriale riducendo al minimo gli interventi enologici.

APPUNTAMENTO A BOLOGNA CON IL VINO “SLOW”

APPUNTAMENTO A BOLOGNA CON IL VINO “SLOW”

La seconda edizione dell’evento dedicato al vino buono, pulito e giusto organizzato da BolognaFiere e Slowfood dal 26 al 28 febbraio 2023

Il vino slow torna a Bologna. Dopo il successo dell’anno scorso (con 500 cantine da 18 Paesi) torna dal 26 al 28 febbraio 2023 Slow Wine Fair, l’evento internazionale dedicato al vino buono, pulito e giusto, organizzato da Bologna Fiere con la collaborazione di Slow Food.

Il manifesto del vino buono, pulito e giusto

Le cantine che si riconoscono nei criteri stabiliti dal manifesto di Slowfood devono adottare una filosofia produttiva positiva e sostenibile.

Una filosofia che mira a creare vini che siano lo specchio del terroir di provenienza, che valorizzino la biodiversità e rispettino il paesaggio, che siano il frutto di una rete di collaborazione con la comunità agricola del territorio in cui sono prodotti. Che siano amici dell’ambiente, e dunque prodotti secondo un uso sostenibile e cosciente delle risorse ambientali e senza utilizzare sostanze chimiche di sintesi.

Le novità

Durante i tre giorni della manifestazione si riuniranno centinaia di produttori da tutto il mondo in laboratori, dibattiti, degustazioni e con l’esposizione di migliaia di etichette provenienti da ogni parte del globo.

Tra le novità del 2023, lo spazio dedicato alle bevande spiritose e l’area dei partner della sostenibilità, con soluzioni tecnologiche, impianti, attrezzature e servizi connessi alla filiera del vino. #SlowWineFair2023

AL MERANO WINEFESTIVAL L’AZIENDA DI GIOVANNA RACCONTA IL VINO CON L’ARTE

AL MERANO WINEFESTIVAL L’AZIENDA DI GIOVANNA RACCONTA IL VINO CON L’ARTE

Tre i vini premiati della storica realtà siciliana bio certificata da Suolo e Salute alla 31aesima edizione della kermesse altoatesina che ha proiettato per l’occasione un inedito cortometraggio

Raccontare il vino siciliano attraverso l’arte, la bellezza della natura e l’energia del territorio. É quello che ha fatto al Merano Wine Festival l’azienda agricola siciliana Di Giovanna. Realtà storica del bio (lo fa da 25 anni) certificata da Suolo e Salute.

Nel corso della manifestazione dedicata alla qualità esclusiva del made in italy enologico italiano sono stati tre vini premiati da The WineHunter Award:

  • Helios Grillo 830 mt DOC Sicilia 2020,
  • il Vurrìa Nerello Mascalese Rosato,
  • Helios Nero d’Avola DOC Sicilia 2019, tra i più importanti vini rossi prodotti dall’azienda.

 

Wine is sunlight

La cantina siciliana produttrice di vini autoctoni e internazionali tra Sambuca di Sicilia (AG) e Contessa Entellina (PA), non è nuova a premi e riconoscimenti; ma questa volta oltre ai vini portati in degustazione si è aggiunto un evento inedito: l’azienda ha proiettato nel corso della kermesse, presso il teatro Puccini di Merano,  il cortometraggio del regista Carlo Guttadauro ( Anam Cara comunicazione) dal titolo “Wine is sunlight” con protagonista Helios Grillo 830 mt, sugli scenari naturali siciliani, che introduce a una bellezza senza tempo e alla dimensione di biodiversità.

 

Un progetto totalmente ispirato dal luogo siciliano dove l’azienda sorge: «Pper me la Sicilia – afferma Melissa Di Giovanna, responsabile marketing & export – è un’isola magica, un posto speciale al centro del Mediterraneo e credo che il punto di forza sia proprio la sua luce, che conferisce una biodiversità unica, ed é quello che abbiamo voluto trasmettere fortemente con questo cortometraggio».

 

L’amore della Sicilia nel vino

«Sciascia – aggiunge Gunther Di Giovanna, che gestisce l’azienda di famiglia, insieme al fratello Klaus -diceva che la Sicilia intera ha una dimensione fantastica che colpisce tutti». «Abbiamo la fortuna di lavorare in questa terra dell’amore. Ed è quello che vogliamo mettere nel nostro vino ogni anno quando lo produciamo».

IN VENETO CRESCONO GLI ETTARI BIO

IN VENETO CRESCONO GLI ETTARI BIO

In un anno crescita a doppia cifra per vigneti, oliveti e colture proteiche. La superficie regionale arriva così a toccare i 50mila ettari

In Veneto vigneti, oliveti e seminativi a leguminose sono sempre più bio. Andiamo con ordine: secondo Veneto Agricoltura dall’elaborazione dei dati Sinab (Sistema nazionale agricoltura biologica) e dell’agenzia regionale Avepa emerge infatti che i vigneti biologici in regione sono passati da 8.712 ettari del 2020 a 9.607 ettari del 2021 (+10,27%).

Il patrimonio viticolo green

Al primo posto in termini numerici è la provincia di Verona, che passa da 3.339,98 a 3.563,92 ettari (+6,70%), seguita da Treviso che da 1.929,58 ettari a sale a 2.265,90 (+17,43%), Padova da 1.331,15 a 1.478,46 ettari (+11,07), Venezia da 1.265,34 a 1.305,84 (+3,20), Vicenza da 811,20 a 889,12 (+9,60). Fanalini di coda Rovigo e Belluno, che però registrano la maggior crescita in termini percentuali, seppure con numeri ridotti in termini di ettari: Rovigo passa da 24,91 a 79,45 ettari bio (+218,93%) e Belluno da 9,83 a 24,31 ettari (+147,31%).

A spingere in favore delle conversioni è la crescente domanda di vino bio nei Paesi europei, soprattutto in quelli del Nord, dove i consumatori si caratterizzano per la sensibilità per i prodotti sostenibili. Un trend che emerge anche nel mercato degli spumanti bio, per il quale si prevede una grande crescita nei prossimi anni.

Boom per gli oliveti e le colture proteiche

Ma in Veneto non sono solo i vigneti a crescere sul fronte biologico. Veneto Agricoltura segnala infatti anche la forte avanzata degli oliveti, che segnano un +15% dal 2020 al 2021 e delle colture proteiche, come leguminose e da granella, che marcano un buon +25%. La frutta a guscio fa segnare un +3,4, i cereali +3%. Anche il latte segue il trend: 77 gli allevamenti bio, con primato a Vicenza (29), seguita da Belluno (27) e Verona (15). Un fronte, quello biologico, in continua crescita in estensione dei terreni e in produttività, sia sulla spinta degli obiettivi fissati dall’Unione europea sulla sostenibilità, sia per i favori dei consumatori nei confronti di tutto ciò che è coltivato con metodi più naturali.

Negli ultimi dieci anni il biologico in Veneto ha registrato una crescita importante, passando da poco più di 1.500 operatori del 2009 a più di 3.500 del 2019, con un incremento del 126,9% rispetto alla media nazionale del 63% (dati sistema d’informazione bio Sinab). Sono quasi 50.000 gli ettari coltivati con il metodo biologico (dati 2021), con il traino della viticoltura e il mondo delle erbe officinali in forte crescita, con un 30% in più di vendite per quanto riguarda tisane e affini.

Si può crescere ancora

«I dati evidenziano una situazione in continua evoluzione, ma anche uno spazio di ulteriore crescita in Veneto sia in termini di operatori che di superfici -evidenzia Laura Barduca, del settore biologico di Confagricoltura Veneto e presidente provinciale di Padova –. L’agricoltura biologica, con il suo regolamento e i recepimenti nazionali, rappresenta una risposta oggettiva al contrasto dei cambiamenti climatici. Il contesto socioeconomico attuale, unitamente alla complessità burocratica e normativa che interessa il settore, non incentiva però l’entrata di nuovi operatori all’interno del comparto».