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Pesticidi neonicotinoidi dannosi per le api selvatiche: lo studio Uk

Una nuova ricerca scientifica collega l’esposizione ai pesticidi neonicotinoidi con il consistente declino delle popolazioni di api selvatiche. Lo studio è stato realizzato dal Centre for Ecology and Hydrology (CEH) di Wallingford, nel Regno Unito, e pubblicato su Nature Communications.

La ricerca, che è stata finanziata dal governo britannico, ha studiato 62 specie di api selvatiche per 17 anni, dal 1994 al 2011. In particolare, gli studiosi si sono soffermati sui campi britannici coltivati a colza.

I pesticidi neonicotinoidi sono stati introdotti su vasta scala in Gran Bretagna dal 2002. A partire da questa data, gli scienziati hanno osservato un declino nella diffusione geografica delle api, pari al -13%, in media. Le specie che impollinavano e si nutrivano nei campi di colza sono state particolarmente danneggiate dagli agenti chimici. I pesticidi neonicotinoidi sarebbero stati responsabili per un declino medio del 7% nella distribuzione delle api. Nei campi di colza, avrebbero invece causato una perdita del 10% della popolazione.

Per alcune specie studiate l’impatto è stato ancora più grave. Per 5 di esse la diminuzione ha superato il 20%. Per altre, addirittura il 30%.

api selvatiche

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I nostri risultati dimostrano che i neonicotinoidi sono dannosi per le api selvatiche: ne siamo certi”, ha affermato Nick Isaac, uno dei ricercatori coinvolti nello studio.

Come ha dichiarato Ben Woodcock, un altro autore della ricerca, sono molte le specie di api in declino in tutto il mondo e le cause sono numerose: “I cambiamenti climatici, la perdita degli habitat naturali, i parassiti e altri insetticidi oltre ai neconicotinoidi sono stati collegati al problema”.

L’Unione Europea ha imposto un divieto temporaneo sull’utilizzo di tre neonicotinoidi: il clothianidin, l’imidacloprid e il thiamethoxam. Alcuni addetti del settore, però, contestano la decisione sostenendo che prodotti simili non hanno la stessa efficacia. Il Regno Unito ha revocato il divieto dei tre insetticidi lo scorso anno, ammettendone l’uso in caso di emergenza. Se il rischio di distruzione causato dai fitofagi è troppo elevato, è il ragionamento, è possibile ricorrere ai neonicotinoidi.

Entro gennaio del 2017, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) dovrebbe completare il riesame dell’impatto dei pesticidi neonicotinoidi sulle api. I dati raccolti dai ricercatori del CEDH dovrebbero rientrare nel processo, fornendo prove ulteriori sulla pericolosità di tali agenti chimici.

FONTI:

http://www.nature.com/articles/ncomms12459

http://www.nature.com/news/controversial-insecticides-linked-to-wild-bee-declines-1.20446

https://www.theguardian.com/environment/2016/aug/16/high-pesticide-levels-on-oilseed-crops-harm-wild-bees-scientists-prove

http://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/natura/2016/08/17/pesticidi-nei-campi-di-colza-legati-a-declino-api_e289d352-92fc-4077-86eb-6bf11d61febc.html

 

Dai pesticidi e fertilizzanti chimici all’agricoltura biologica: il miracolo indiano di Kedia

Agricoltura biologica, un sistema completamente autonomo e sostenibile dal punto di vista energetico, rimozione quasi completa di pesticidi e fertilizzanti chimici, valorizzazione degli antichi saperi degli agricoltori: è questo il progetto che un gruppo di agricoltori, insieme a Greenpeace, sta portando avanti nel Bihar, stato dell’India conosciuto per l’arretratezza e l’estrema povertà. Una zona che potrebbe rinascere grazie all’esempio dei contadini del villaggio di Kedia.

Tutto è partito nel 2013, quando Greenpeace ha avviato l’iniziativa ‘Living Soil’ (suolo vivente) in diverse parti del Bihar, per informare le persone sull’impatto negativo di pesticidi e fertilizzanti. Ai coltivatori veniva proposto un modo di pensare diverso: la strada della sostenibilità. I residenti di Kedia si sono mostrati da subito entusiasti all’idea e sono riusciti, nel tempo, a riportare speranza a tutto il settore agricolo indiano. Negli ultimi anni, infatti, il Paese vive una profonda crisi che sta devastando vite e campi coltivati; difficoltà nate anche a causa di un programma governativo, il BGREI Bringing Green Revolution to Eastern India (Portiamo la Rivoluzione Verde in India), che avrebbe aumentato l’utilizzo di agenti chimici nei campi.

Kedia è la dimostrazione che c’è ancora speranza, se si persegue un modello di sviluppo sostenibile.

kedia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Negli ultimi 3 anni, i coltivatori locali hanno avviato forme di produzione biologica utilizzando il vermicompost e diverse soluzioni naturali per aumentare la fertilità del terreno e allontanare i fitofagi: tutti i pesticidi sono stati già eliminati, mentre l’utilizzo di fertilizzanti chimici è stato ridotto del 70%.

L’aspetto più straordinario è che la resa dei terreni non è diminuita, o lo ha fatto in maniera marginale. La produzione di grano è rimasta la stessa, così come quella di cipolle e patate. Qualche differenza è stata riscontrata in alcuni campi di riso, con una leggere diminuzione della produzione.

Il programma della ‘Green Revolution’ aveva lasciato in eredità un sistema agricolo guasto, costringendo i coltivatori ad accettare il pesante sfruttamento delle risorse naturali, invece di lavorare in armonia con l’ambiente naturale, come hanno sempre fatto nella loro storia”, ha spiegato Ishteyaque Ahmed (Greenpeace), che ha seguito l’avventura del villaggio fin dall’inizio. “Da quando abbiamo avviato questo cambiamento a Kedia, siamo stati testimoni dei bellissimi risultati della collaborazione rispettosa ed equilibrato tra la natura, gli agricoltori e gli strumenti messi a disposizione dal Governo”.

In meno di 20 mesi, i coltivatori locali hanno costruito quasi 300 unità per la produzione di vermicompost, creato un combustibile da biomasse (usato in cucina) utilizzando 11 diversi tipi di piante, raccolto letame e urine dal bestiame per realizzare pesticidi naturali e trasformato gli escrementi umani in fertilizzanti. Grazie all’utilizzo di tecniche tradizionali e biologiche, il progetto Kedia è riuscito anche a creare un terreno che trattiene maggiormente l’acqua, attenuando l’impatto della devastante siccità che la regione ha sofferto negli ultimi mesi.

Rajkumar Yadav, uno degli agricoltori coinvolti, ha spiegato che il progetto gli “ha permesso di ridurre significativamente i costi di produzione”. Non solo: “Ora siamo certi di essere protetti dagli effetti dannosi dei prodotti chimici che avremmo usato in alternativa”, ha raccontato.

Il progetto Kedia non smette di affrontare nuove sfide. Nei giorni scorsi, Ishteyaque Ahmed e Greenpeace India hanno avviato una raccolta fondi online per installare un sistema di immagazzinamento a freddo, completamente alimentato dal fotovoltaico, per aumentare le capacità di conservazione dei prodotti agricoli del villaggio. Ad oggi, più del 40% degli alimenti coltivati in India deve essere buttato a causa della carenza di siti di immagazzinamento: gli abitanti di Kedia stanno cercando una strada sostenibile per ovviare anche a questo problema.

FONTI:

http://www.merinews.com/article/from-droughts–chemical-fertilisers-to-thriving-organic-agriculture-kedias-journey-with-greenpeace/15918476.shtml&cp

http://www.greenpeace.org/india/en/Press/The-Kedia-Model-Is-Here/https://greenpeaceindia.ketto.org/fundraiser/support-indias-farming-future?utm_campaign=kedia&utm_source=greenpeace-india&utm_medium=facebook&utm_content=post

http://timesofindia.indiatimes.com/city/patna/Bihars-Kedia-village-an-iconic-success-story-in-the-Eco-Agri-Revolution/articleshow/52606587.cms

http://www.greenpeace.org/india/en/Press/Greenpeace-Launches-Food-For-Life-Campaign-On-World-Environment-Day-/

http://www.greenpeace.org/india/en/Blog/Community_blogs1/hope-in-bihar/blog/56283/

 

Ue approva le limitazioni d’uso del glifosate

Il Comitato Ue per la salute delle piante approva le raccomandazioni della Commissione europea per limitare l’impiego del glifosate. La decisione contraddice in parte la scelta, adottata circa 15 giorni fa, di prolungarne l’uso per altri 18 mesi.

Lo scorso 11 luglio, gli esperti dei 28 Stati membri hanno votato a favore della restrizione delle condizioni d’uso del glifosate nell’Ue.

Le restrizioni includono:

  • il divieto di prodotti a base di glifosate con il coformulante POE-tallowamine,
  • l’obbligo di rinforzare il controllo sull’utilizzo in agricoltura come coadiuvante nella fase precedente alla raccolta,
  • raccomandazioni per ridurne l’uso al minimo in aree specifiche, come parchi pubblici e campi da gioco.

A darne conferma, il portavoce del commissario Ue alla salute Vytenis Andriukaitis.

Il divieto d’uso con il POE-tallowamine, una sostanza chimica impiegata per miscelare molecole diverse in un gran numero di pesticidi ed erbicidi, diventerà effettivo venti giorni dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale europea.

La bozza sulle restrizioni approvata nei giorni scorsi da Bruxelles faceva parte del pacchetto che conteneva l’estensione dell’utilizzo del glifosato per i prossimi 18 mesi, fino al 31 dicembre 2017.

oms fao glifosato

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le limitazioni si applicheranno quindi in parallelo alla durata della proroga dell’autorizzazione, in attesa che l’Echa, l’Agenzia Ue per le sostante chimiche, emetta il suo parere sulla tossicità o meno del glifosato.

La proposta è passata con una maggioranza qualificata al primo tentativo, adesso gli stati membri dovranno armonizzare le proprie legislazioni nazionali con queste nuove disposizioni.

Maria Grazia Mammuccini, portavoce delle Coalizione italiana #StopGlifosato, ha definito l’approvazione delle restrizioni “una conferma, se mai ce ne fosse bisogno, della pericolosità della sostanza“.

La Coalizione chiede al ministero per le Politiche Agricole l’attuazione di misure concrete per la difesa del principio di precauzione perlomeno fino alla pronuncia dell’Echa, l’Agenzia Ue per le sostanze chimiche .

Il nostro Paese  – continua Mammuccini –  deve ora dare seguito all’annuncio del ‘Piano Glifosato Zero’. Ci aspettiamo che il ministro Martina incontri presto la nostra Coalizione, che riunisce 46  associazioni e organizzazioni della società civile, per discutere nel merito delle azioni concrete da realizzare per vietare totalmente la pericolosa sostanza, a partire dai PSR“.

Da più di un anno è in corso una disputa scientifica sulla cancerogenicità del glifosate tra l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) dell’Organizzazione mondiale della sanità e l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa).

Fonti:

http://www.informatoreagrario.it/ita/News/scheda.asp?ID=2917

https://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2016/07/11/glifosato-ok-ue-a-limitazioni-uso-erbicida-_d533efbf-1705-4bb0-a221-2fd68460cdff.html

http://www.feder.bio/comunicati-stampa.php?nid=1047

 

Perturbatori endocrini in fitofarmaci e biocidi: l’Ue fissa nuovi criteri per l’identificazione

Fissati i nuovi criteri per identificare i cosiddetti “perturbatori endocrini” in agrofarmaci e biocidi.

Dopo mesi di attesa e polemiche e in netto ritardo rispetto ai tempi imposti dalla legislazione comunitaria, la Commissione europea ha finalmente stabilito e pubblicato i criteri scientifici che identificano le sostanze ritenute perturbatori endocrini, eventualmente presenti nei prodotti fitosanitari e nei prodotti biocidi adoperati nell’Ue.

Previste anche “una serie di iniziative per minimizzare l’esposizione ai perturbatori”. Nel breve termine si punterà su ricerca e cooperazione internazionale, nel medio termine sulla metodologia per i test e nel lungo termine, invece, sulla regolamentazione.

I criteri scientifici sostenuti dalla Commissione Ue si basano sulla definizione di “perturbatore endocrino” data dall’Oms.

È un perturbatore una sostanza che ha un effetto nocivo sulla salute di animali e uomini, ha una modalità di azione endocrina e se c’è un collegamento causale tra l’effetto nocivo e la modalità di azione.

L’identificazione sarà effettuata utilizzando tutte le rilevanti prove scientifiche, un approccio soppesato basato sulle prove e attuando una robusta valutazione sistematica.

FITOFARMACI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lo scorso 15 giugno, dunque, Bruxelles ha presentato due atti legislativi, che dovranno ora essere approvati da Consiglio e Parlamento.

Come ha sottolineato il Presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker, “i perturbatori endocrini possono avere serie conseguenze sulla salute e sull’ambiente e anche se molte delle sostanze che li contengono sono state già vietate in seguito alle norme esistenti su pesticidi e biocidi, dobbiamo restare vigili. La Commissione è impegnata ad assicurare il più elevato livello di protezione della salute e dell’ambiente, motivo per cui oggi abbiamo presentato rigidi criteri per i perturbatori endocrini, basati sulla scienza, rendendo il sistema regolatorio Ue il primo al mondo a definirli“.

Per accelerare i tempi, la Commissione ha chiesto all’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e all’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa) di iniziare a verificare se singole sostanze autorizzate sospettate di essere interferenti endocrini, possano essere identificate come tali secondo i nuovi criteri previsti.

Fonti:

http://agronotizie.imagelinenetwork.com/difesa-e-diserbo/2016/06/20/perturbatori-endocrini-in-agrofarmaci-e-biocidi-giro-di-vite-in-ue/49271

http://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2016/06/15/in-pesticidi-sostanze-che-alterano-ormoni-nuovi-criteri-ue_e14e5e14-2c28-4506-a419-8d28dae98313.html

Rotazione delle colture cerealicole riduce l’uso di pesticidi e fertilizzanti chimici

La sostenibilità dei sistemi agricoli biologici si basa su un utilizzo razionale ed equilibrato dei fattori di produzione che compongono l’ecosistema: l’acqua, il suolo, l’aria e gli esseri viventi. La pratica della rotazione delle colture può fornire una valida alternativa all’utilizzo di pesticidi e fertilizzanti chimici, proprio nel rispetto di questi principi.

La rotazione consente infatti una corretta gestione della fertilità del suolo, il controllo delle piante infestanti e di eventuali problemi fitosanitari. Inserire i cereali in un’adeguata rotazione consente di raggiungere questi risultati, senza la necessità di ricorrere a prodotti di sintesi.

Nell’agrosistema di produzione biologica il cereale rappresenta un componente importante: la sua coltivazione infatti contribuisce all’equilibrio dell’avvicendamento colturale.

rotazione colture

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I fattori di forza di una rotazione delle colture cerealicole sono legati innanzitutto al fatto che l’apparato radicale delle piante è di tipo fascicolato ed ha la capacità di contrastare il progressivo compattamento dei terreni. Non solo: i cereali occupano la superficie dei suoli durante il periodo di maggior intensità delle piogge, contenendo di fatto sia i fenomeni di erosione che di lisciviazione dei nutrienti. Le stoppie, infine, cioè i residui colturali dei cereali, risultano molto importanti per la formazione di humus e il miglioramento della struttura e della tessitura del terreno.

Alcuni coltivatori biologici in Iowa, nella contea di Polk, hanno deciso di ricorrere all’antica pratica della rotazione delle colture cerealicole per contrastare la proliferazione dei parassiti nei campi.

L’agricoltore Aaron Lehman, uno dei primi che ha deciso di adottare questo sistema, ha spiegato che il segreto è di far crescere le altre colture, di solito avena e trifoglio, per un anno intero, in modo tale da creare un ambiente ostile ai parassiti, impedendogli di insediarsi nuovamente nei campi.

Scegliere una rotazione delle colture cerealicole ha inoltre un notevole vantaggio per la terra e per la gestione delle malattie, eliminando la necessità di ricorrere a prodotti chimici.

Una soluzione che, secondo Lehman, potrebbe andare bene anche per gli orti casalinghi.

Fonti:

http://www.publicnewsservice.org/2016-06-13/environment/old-idea-in-farming-made-new-to-reduce-pesticides-chemical-fertilizers/a52363-1

http://www.conmarchebio.it/wp-content/uploads/2014/10/BIOMARCHE-opuscolo-2.pdf

Api e pesticidi: pericosi quelli usati in prati e giardini

api e pesticidiNon solo i campi irrorati di pesticidi, ma anche i giardini e le aiuole pubbliche possono mettere a repentaglio la vita delle api.

Una ricerca della Purdue University (Usa), pubblicata su Nature, ha dimostrato che, anche se nei pressi delle arnie sono presenti campi di mais e soia, il polline raccolto dalle api nell’arco di una stagione è prelevato da diversi tipi di piante, e quel polline è costantemente inquinato sia da pesticidi agricoli che urbani.

Lo studio, dunque, chiama in causa anche le sostanze chimiche usate dai cittadini e dalle amministrazioni in giardini e spazi pubblici.

Per arrivare a questa conclusione, i ricercatori hanno esaminato il polline raccolto dalle api mellifere nell’arco di 16 settimane. All’interno del polline, proveniente da una trentina di famiglie di piante diverse, sono stati rilevati i residui di un numero “impressionante” di pesticidi che abbracciano nove classi di sostanze chimiche.

Tra queste, i neonicotinoidi, pesticidi usati nelle colture di mais e soia che nel corso di altri studi si sono rivelati tossici per le api, e i piretroidi, insetticidi che si trovano vicino a case e giardini con una grande varietà di piante in fiore, che hanno fatto registrare la concentrazione più alta nei campioni analizzati.

I ricercatori affermano che “i risultati mostrano che le api sono cronicamente esposte a numerose sostanze chimiche per tutta la stagione rendendo i pesticidi un importante fattore di stress a lungo termine per questi insetti“. Durante lo studio, infatti, gli esperti hanno trovato 29 pesticidi nei prati, 29 nei campi agricoli trattati e 31 nei campi non trattati.

La vita delle api, dunque, non dipende solo dagli agricoltori, ma anche dai cittadini che, se “hanno a cuore le api, devono usare gli insetticidi sono quando sono strettamente necessari, perché le api entrano in contatto con queste sostanze“, spiegano i ricercatori.

Fonti:

http://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/natura/2016/05/31/api-fanno-il-pieno-di-pesticidi-non-in-campi-agricoli_4d0550c2-4ad5-4cba-a02f-945588ce9ec2.html

http://www.focus.it/ambiente/ecologia/le-api-sono-contaminate-da-molti-pesticidi

http://www.nature.com/ncomms/2016/160531/ncomms11629/full/ncomms11629.html