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TRA INRAE E FIBL UN PATTO NEL NOME DELLA RICERCA NEL BIO

TRA INRAE E FIBL UN PATTO NEL NOME DELLA RICERCA NEL BIO

L’istituto di ricerca francese e quello svizzero rinnovano il loro accordo di cooperazione per favorire lo sviluppo dell’agricoltura biologica

Insieme per fare crescere il bio. Philippe Mauguin, Presidente e Direttore Generale dell’INRAE (istituto nazionale francese di ricerche per l’agricoltura e l’ambiente) e Knut Schmidtke, Direttore dell’Istituto di Ricerca sull’Agricoltura Biologica FiBL, hanno rinnovato nel corso della Fiera Internazionale dell’Agricoltura di Parigi l’accordo di cooperazione siglato cinque anni orsono.

Gli obiettivi

Nel corso di questa collaborazione, i ricercatori dei due istituti hanno lavorato insieme su più di dieci progetti europei. Una cooperazione che mira a:

  • sviluppare ulteriormente l’agricoltura biologica e accompagnarne la crescita,
  • fornire le risorse di conoscenza richieste dagli agricoltori bio,
  • garantire la produttività e la qualità degli alimenti (conservazione, trasformazione, qualità e salute)
  • esaminare i temi della coesistenza dei sistemi di produzione (agricoltura biologica, altre etichette sostenibili, agricoltura convenzionale).

Scambi tra Parigi e Zurigo

Mentre l’Unione Europea si è impegnata a destinare al bio almeno il 25% dei terreni agricoli entro il 2030, il rinnovo dell’accordo tra Inrae ​​e FiBL conferma la volontà dei due istituti di lavorare insieme per sostenere questo obiettivo. Lo scambio tra ricercatori, la supervisione congiunta di studenti di dottorato e l’attuazione condivisa di grandi progetti di ricerca saranno ulteriormente ampliati.

BRANDEBURGO, ISOLA FELICE PER IL BIO

BRANDEBURGO, ISOLA FELICE PER IL BIO

Il primo rapporto sul mercato biologico della regione che ingloba la capitale tedesca indica il forte squilibrio tra produzione bio, comunque in crescita, e domanda. Con ampie possibilità per il nostro export in particolare ortofrutticolo

La domanda di prodotti biologici a Berlino e nel Brandeburgo è molto più alta di quanto i produttori agricoli della regione possano coprire. Il dato emerge dal primo rapporto sul mercato biologico pubblicato in febbraio dal ministero dell’Agricoltura di questo land tedesco.

Sei milioni di abitanti motivati

Il Brandeburgo (in tedesco Brandenburg) è uno dei sedici Stati federati della Germania. La capitale e città maggiore è Potsdam. Questa regione ingloba interamente la città-stato di Berlino e insieme ad essa forma la regione metropolitana di Berlino/Brandeburgo, in cui vivono più di sei milioni di persone. Più di un terzo della superficie del Brandeburgo è occupata da parchi naturali, foreste e laghi.

Riguardo alla superficie agricola, la quota di bio, secondo i dati federali, ha raggiunto il 15,5% della superficie agricola (nel 2019 era 12,3%) una frazione che colloca il Brandeburgo al quarto posto in Germania dopo Saarland, Assia e Baden-Württemberg. Il totale della superficie bio tedesca è arrivata nel 2022 a 1,9 milioni di ettari (10,9 %).

Avena e ortofrutta

La forte domanda di bio degli abitanti di Berlino, che da sola assorbe circa tre quarti della spesa questa regione, crea un forte squilibrio aprendo ampie prospettive anche per l’export italiano. . Secondo il ministro dell’Agricoltura Axel Vogel (Verdi) la produzione locale deve crescere soprattutto per quanto riguarda l’ortofrutta e l’avena (a causa della crescente domanda di latte d’avena biologico), referenze di cui c’è una forte carenza. L’eccezione è rappresentata dalla patata biologica, per la quale il rapporto indica una forte  produzione locale.

LA RIVOLTA DEL BIO FRANCESE CONTRO LE ETICHETTE CHE FANNO GREENWASHING

LA RIVOLTA DEL BIO FRANCESE CONTRO LE ETICHETTE CHE FANNO GREENWASHING

Alla 59° edizione del Salon International de l´Agriculture di Parigi va in scena la contestazione di produttrici bio motivate come Rosélène Pierrefixe contro scelte politiche che sfruttano il boom dei consumi bio degli anni scorsi per favorire protocolli alternativi come quelli marchiati Hve (High Environmental Value)

«Se non ci fossero gli agricoltori biologici finireste per mangiarvi solo le unghie!». A Parigi, Porte de Versailles, fino al 5 marzo va in scena la 59° edizione del Salon International de l´Agriculture. Un’edizione che si sta caratterizzando per la riscossa dell’orgoglio bio. Rosélène Pierrefixe è una giovane imprenditrice bio bretone. Dieci anni fa ha investito assieme al marito i suoi pochi averi, ma massima volontà di fare, in una minuscola azienda orticola a Monterblanc, vicino a Vannes, nel dipartimento del Morbihan, in Bretagna. Nel 2019 ha conquistato la copertina del mensile francese di agricoltura biologica “Symbiose” in un numero dedicato alle piccole realtà bio, giustificando il titolo: “microaziende, maxi fierezza”.

L’impatto del climate change

Una fierezza oggi piegata dall’impatto del climate change. «La scorsa estate – racconta-, il sud della Bretagna ha registrato temperature record, fino a 41 gradi». «Ondate di caldo e di siccità che hanno reso più impegnativo, anche dal punto di vista fisico, il nostro lavoro». «Ma quello che più indigna è come le autorità hanno mal governato la grave carenza idrica».

«Abbiamo infatti dovuto conquistarci ogni goccia d’acqua litigandocela con chi gestisce campi da golf o autolavaggi». «Eppure noi produciamo cibo. E con l’agricoltura biologica siamo in grado di immagazzinare nel suolo più carbonio di quanto ne emettiamo, contribuendo a mitigare gli effetti del climate change».

Una crisi climatica che si sta riproponendo, ma in maniera decisamente anticipata, quest’anno. «In Bretagna non piove da più di un mese, l’emergenza delle colture è rallentata e le espone al rischio delle gelate». «Gli eventi meteo estremi sono ormai diventati la norma: se arriva una gelata quando le patate sono alte 20 centimetri perdiamo tutto».

La contestazione va in scena a Parigi

Una situazione allarmante che l’ha spinta a recarsi a Parigi per contestare la consueta sfilata di politici al Salon International de l´Agriculture: «State sbagliando tutto: create confusione per sfavorire i consumi di cibo biologico e locale. Vorrei che il marchio del bio fosse riconosciuto, che i suoi agricoltori fossero ascoltati, non solo la Fnsea (Fédération nationale des syndicats d’exploitants agricoles, la federazione ombrello che riunisce le maggiori sigle di agricoltori francesi convenzionali)..».

Ecoscore e Hve, messaggi fuorvianti

Sotto accusa, non solo da parte di Rosélène, è il marchio Hve (High Environmental Value), voluto dal ministero dell’agricoltura francese. Dopo la denuncia di Ifoam Organics Europe contro il marchio francese eco-score (ne abbiamo parlato qui) perché favorisce la produzione intensiva a discapito di quella biologica,  un gruppo di associazioni, agricoltori e aziende ha seguito l’esempio facendo ricorso all’alto Consiglio di Stato in gennaio 2023 contro l’etichetta francese di Alto Valore Ambientale (HVE) asserendo che ha ingannato il consumatore per più di dieci anni. «Viene spacciata come molto rispettosa dell’ambiente, ma il disciplinare che c’è dietro non è più esigente della media delle pratiche agricole francesi, secondo gli studi condotti dall’Ufficio francese per la biodiversità e dall’Istituto per lo sviluppo sostenibile e le relazioni internazionali».

Dopo il boom registrato in Francia nel 2020 e 2021 il consumo del bio in Francia è rallentato anche a causa della confusione innescata da queste etichette e alla retromarcia del Governo francese sui promessi aiuti nazionali agli agricoltori bio. Le referenze bio sugli scaffali della grande distribuzione stanno così calando a discapito di etichette che fanno greenwashing.

La riscossa del bio

Le evidenze scientifiche confermano però che è l ‘agricoltura biologica a preservare la biodiversità, proteggere la qualità dell’acqua, del suolo e dell’aria e adattarsi meglio ai cambiamenti climatici. Tanto che anche il gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (IPCC) raccomanda di espandere rapidamente questo modello agricolo.

Al Salone di Parigi è così scattata la riscossa del bio: associazioni come Fnab (Federazione nazionale dell’agricoltura biologica) o Terre de Liens hanno avviato campagne informative per spingere i consumatori a guardare meglio le etichette e riconoscere il marchio del bio. In più dal 20 al 30 marzo è stata indetta “la Settimana delle alternative ai pesticidi”. Perchè il contrasto al cambiamento climatico ha bisogno di produttori responsabili, ma anche di consumatori consapevoli.

IL PIANO DI BERLINO PER UN’AGRICOLTURA PIÙ BIOLOGICA

IL PIANO DI BERLINO PER UN’AGRICOLTURA PIÙ BIOLOGICA

Il ministero dell’Agricoltura del Governo federale tedesco punta all’incremento degli alimenti bio nelle mense e nella ristorazione. Una misura per garantire l’equilibrio tra una produzione chiamata in Germania a raggiungere il 30% delle superfici coltivabili entro il 2030 e il mercato

Il piano di Berlino per trainare il biologico europeo procede senza intoppi, o quasi. Alla fine del 2021, la coalizione di governo tedesca ha infatti stabilito che l’agricoltura biologica debba rappresentare il 30% della superficie agraria federale entro il 2030, superando l’obiettivo della Farm to Fork europea del 25%.

Il rilancio di Scholz

Per raggiungere questo obiettivo, l’accordo prevedeva l’affinamento della strategia tedesca in favore dell’agricoltura biologica. Un piano in questo senso era infatti già stato presentato nel 2019 dall’ex ministro dell’agricoltura Julia Klöckner del partito conservatore cdu. Il nuovo accordo proposto due anni dopo dall’attuale governo del cancelliere Olaf Scholz ha proposto di espandere la strategia includendo l’intera catena del valore della filiera agroalimentare per garantire adeguati sbocchi di mercato alle produzioni bio.

Il punto al BioFach

Alla fiera BioFach della scorsa settimana a Norimberga, secondo quanto riporta un articolo pubblicato sul magazine digitale Euroactiv, la segretaria di Stato del ministero dell’Agricoltura Silvia Bender ha fornito un aggiornamento sullo stato di avanzamento della strategia.

«Il nostro stile alimentare – ha spiegato Bender durante l’intervento- ha effetti di vasta portata sull’ambiente, sulla biodiversità e sul clima in Germania. Non solo sull’ambiente, ma anche sulla biodiversità, sulla nostra salute e sul nostro benessere: ecco perché l’agricoltura biologica è necessaria».

I consumatori, secondo la segretaria di Stato, hanno bisogno di maggiori informazioni su come l’agricoltura biologica contribuisca alla protezione dell’ambiente e del clima.

Più alimenti biologici nelle mense e nei ristoranti

Per questo il 15 febbraio il Governo federale di Berlino ha approvato alcuni emendamenti che spingono per più prodotti biologici nella ristorazione fuori casa come mense, caffetterie e ristoranti.

Gli emendamenti, approvati dal Consiglio dei Ministri, costituiranno la base per una nuova disciplina sulla ristorazione biologica fuori casa, attualmente in corso di formalizzazione.

Nel contempo, nell’ambito della strategia per l’agricoltura biologica, il ministero sta cercando di lanciare una campagna informativa per sensibilizzare i consumatori sui benefici sociali e altri vantaggi dei prodotti biologici.

Spazio per le esportazioni italiane

Le associazioni tedesche del biologico da tempo chiedevano la promozione del biologico non solo per i produttori ma anche per la distribuzione ei consumatori. Tuttavia, la domanda di alimenti biologici in Germania supera già la produzione nazionale per molti prodotti. L’ultimo rapporto di settore dell’industria alimentare biologica conclude anche che gli aumenti della produzione nell’ultimo anno difficilmente potrebbero tenere il passo con la crescente domanda. Pertanto, un aumento della domanda non comporterebbe necessariamente un aumento della produzione interna, ma dovrebbe essere coperto dalle importazioni, almeno a breve termine.

Investimenti nella ricerca

Altre misure previste dal piano illustrato dalla Bender riguardanoil rafforzamento delle catene del valore biologico e maggiori investimenti nella ricerca sull’agricoltura biologica. È previsto infatti che il 30% del budget per la ricerca a disposizione del ministero sia destinato a questo settore.

Il piano strategico della Germania per l’attuazione della politica agricola comune riformata (PAC), entrato in vigore all’inizio di quest’anno, comprende anche diverse misure di promozione, tuttavia, secondo l’Associazione tedesca per gli alimenti biologici (Bölw), questi sono insufficienti per raggiungere l’obiettivo del 30% e rappresenterebbero solo il 12% entro il 2030. Secondo il rapporto di settore, lo scorso anno la quota di terreni ​​bio è cresciuta infatti di poco meno del 4% fino a circa l’11% del totale, ma è ancora lontana dall’obiettivo del 30%.

BIO, GODIAMOCI I DATI DEL 2021

BIO, GODIAMOCI I DATI DEL 2021

Il report “The World of Organic Agriculture” di Fibl e Ifoam testimonia la crescita degli indicatori di superficie e di mercato anche in questo anno. Si sa già però che nel 2022 il bioritmo del bio ha rallentato.  Quello in corso è però l’anno della prima attuazione della strategia Farm to fork e dell’auspicato avvio del piano d’azione di settore, in attesa che arrivino notizie positive dal “fronte orientale” per rivitalizzare i consumi

Godiamoci i dati del 2021. Il quadro che emerge del 24° report “The World of Organic Agriculture ” (clicca qui per scaricare il rapporto), curato dall’Istituto svizzero di ricerca sull’agricoltura biologica Fibl in collaborazione con Ifoam, la Federazione delle associazioni del biologico a livello mondiale son infatti tutti estremamente positivi.

I dati presentati a Norimberga

I dati presentati all’ultima edizione del Biofach evidenziano trend di crescita in tutti i fondamentali del bio e ciò vale in particolare per il Vecchio Continente, dove il mercato cresce di quasi il 4%, raggiungendo i 54,5 miliardi di euro. Nel 2021, altri 0,8 milioni di ettari sono stati convertiti al biologico, +4,4% rispetto al 2020, portando la superficie agricola europea coltivata a bio a 17,8 milioni di ettari (nell’Unione europea: 15,6 milioni di ettari).

Italia al terzo posto

Su questo specifico parametro, l’Italia si posiziona al terzo posto con i suoi 2,2 milioni di ettari, dietro la Francia, salita al primo posto con quasi 2,8 milioni, seguita dalla Spagna con 2,6 milioni. I terreni agricoli biologici arrivano nel 2021 al 9,6% della Sau dell’Unione Europea. L’Italia si aggiudica il gradino più alto del podio per quanto riguarda il numero dei produttori bio con oltre 75mila operatori sui 440mila attivi in Europa.

Consumi inibiti

Sul fronte dei consumi, nel 2021, la spesa media per i prodotti bio è stata di 65,7 euro pro capite registrando un sostanziale raddoppio nel decennio 2012-2021. Le vendite 2021, tuttavia, hanno subito un rallentamento, evidenziando un incremento del 3,8%, molto inferiore rispetto al +15% registrato l’anno precedente e per quanto riguarda il 2022 sappiamo di doverci aspettare un ulteriore rallentamento, in attesa che le strategie Farm to Fork e Biodiversità 2030 producano i loro frutti riguardo alla struttura produttiva. E magari che il piano di azione di settore, accompagnato da notizie positive sul “fronte orientale”, producano importanti effetti distensivi sul lato della domanda.

CAMBIARE PARADIGMA AGRICOLO PER CONTRASTARE LA CRISI CLIMATICA

CAMBIARE PARADIGMA AGRICOLO PER CONTRASTARE LA CRISI CLIMATICA

L’agricoltura intensiva disperde la sostanza organica dei suoli e riduce la qualità del cibo. Lo conferma la Fao nel suo studio sulla gestione dei suolo nei prati-pascoli. Modelli più sostenibili come il bio contribuiscono invece efficacemente alla neutralità climatica aumentando lo stock di carbonio nei terreni

Il sequestro di carbonio nei suoli è lo strumento più efficace per contrastare la crisi climatica. La conferma autorevole arriva dalla pubblicazione del Global Assessment of Soil Carbon in Grasslands, il primo studio commissionato su questo tema dalla Fao, l’Organizzazione per il cibo e l’agricoltura delle Nazioni Unite, secondo cui migliorare le pratiche di gestione dei prati-pascoli può aumentare la capacità dei suoli di assorbire il carbonio e aiutare i Paesi a raggiungere i loro obiettivi climatici.

Puntare sulla carbon farming

La carbon farming, ovvero la gestione agricola sostenibile e attenta ai carbon sink del suolo è stata di recente riconosciuta anche dall’Unione europea come lo strumento più efficace per invertire la spirale dell’incremento delle emissioni dei gas clima-alteranti. Lo studio è quindi un importante punto di riferimento per tutto il mondo agricolo perché mette in luce le modalità per incrementare i carbon sink dei suoli agrari.

Prati sani e prati degradati

Dallo studio Fao emerge che la maggior parte dei prati-pascoli del mondo ha un bilancio positivo, ovvero che il suolo è in buone condizioni. Alcune aree geografiche sono però già in sofferenza: si tratta dell’ Asia orientale, America centrale e meridionale e dell’ Africa a sud dell’Equatore, dove si registra un bilancio negativo del carbonio, dovuto a un’ agricoltura intensiva e alle difficili condizioni climatiche.

 

Dati positivi invece per le regioni della Federazione Russa e del Nord America, che immagazzinano il massimo della quantità di carbonio nel suolo per ettaro nei terreni destinati all’agricoltura. La regione della Federazione Russa ha il 50% dello stoccaggio di carbonio a livello globale. Insieme al Nord America, queste due regioni sembrano non aver sofferto la mano dell’uomo sul suolo. I risultati peggiori arrivano invece da una regione dall’Europa, quella orientale, l’unica con stock inferiori a 1 mega tonnellata (Mt).

La situazione in Europa

Da un recente studio europeo (Soil monitoring in Europe, realizzato nel 2022 e publicato il 30 gennaio scorso) emerge che la degradazione dei suoli del Vecchio Continente è legata principalmente a: urban sprawl, ovvero l’espansione incontrollata delle grandi città; l’intensificazione dell’agricoltura con conseguente aumento dell’uso di fertilizzanti e prodotti fitosanitari e macchinari pesanti; al cambiamento climatico che provoca eventi meteorologici estremi che provocano l’erosione del suolo fertile.

Rapporti che richiamano con forza la necessità di cambiare paradigma produttivo, adottando tecniche di gestione sostenibili come quelle proprie dell’agricoltura biologica.