PIÙ INCLUSIVO O ESCLUSIVO? BIO SVIZZERO IN CRISI D’IDENTITÀ

Bio Suisse sotto attacco: l’accordo di esclusiva con Coop e Migros spinge in alto il sovrapprezzo che per certe referenze è il doppio del convenzionale. Una valorizzazione che riguarda solo la distribuzione e non la produzione. Il marchio ombrello elvetico registra infatti numerose defezioni di agricoltori a causa di regole giudicate troppo permissive o troppo stringenti.

Il biologico elvetico è sotto il fuoco incrociato di rigoristi e permissivisti. Sul banco degli imputati Bio Suisse, il marchio ombrello creato più di 40 anni fa da FiBL, Biofarm, Bioterra, Demeter e Progana.

Le inchieste giornalistiche

Una recente inchiesta pubblicata dalla locale rivista di consumatori “Il saldo” denuncia infatti: il sovrapprezzo dei prodotti alimentari bio, in particolare di quelli di provenienza zootecnica, è “più grasso della salsiccia”.

E un approfondimento della rivista digitale “Die Grüne” mette in evidenza il crescente numero di produttori che rinunciato al marchio “Bio Suisse” a causa delle norme giudicate troppo permissive o troppo rigide a seconda dei casi.

La fuga  dei produttori

Dopo aver raggiunto una quota di mercato del 10,8% nel 2020, con 7122 aziende agricole biologiche e 1150 aziende di trasformazione, l’anno successivo Bio Suisse ha infatti registrato una perdita di 221 produttori. Alcuni dei produttori delusi denunciano l’eccessivo permissivismo delle linee guida, ad esempio per la possibilità di utilizzare l’insetticida Spinosad.

Altri invece le difficoltà a rispettare i vincoli ulteriori riguardo al benessere animale, alle restrizioni per i mangimi anche bio, oppure per il vincolo del ritiro dalla produzione del 3,5% delle superfici per favorire la biodiversità (per l’Unione europea i vincoli delle Epa, aree di interesse ecologico previste dalla nuova Pac sono superiori, paria al 4%).

L’esclusiva a Coop e Migros

Le critiche maggiori derivano però dall’esclusività del marchio Bio Suisse concessa alle catene di distribuzione Coop (svizzera) e Migros. L’indagine della rivista Saldo ha infatti messo in evidenza che in questo modo, in queste due catene, il prezzo dei tipici wurstel svizzeri bio è più del doppio del prezzo dei cervelat convenzionali, anche se il prezzo alla produzione è di solo 8 centesimi per 100 grammi in più.

Le catene di hard discounti Aldi e Lidl cercano da tempo di poter vendere prodotti Bio Suisse (come succede in Italia), un’opzione che il marchio ombrello elvetico ostacola in ogni modo.

Domanda di cereali e carne a diversa velocità

Ora, in seguito alla defezioni di così tanti produttori, per fare fronte alle richieste di Coop e Migros, Bio Suisse dovrebbe trovare almeno 500 nuove aziende bio in particolar modo cerealicole per fare fronte a una crescente richiesta di pane e sfarinati bio. Il piano è di ulteriori 15mila ettari entro il 2027, ma il fatto che le aziende bio siano di tipo misto, con produzioni sia cerealicole che zootecniche (anche per realizzare preziosi percorsi di economia circolare), rischia di provocare una sovrapproduzione e quindi una perdita di valore dei prodotti bio come carne e latte. Una valorizzazione che rimane appannaggio solo del settore della distribuzione e che non favorisce nuove adesioni a Bio Suisse.

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