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DOPO L’ALLUVIONE LA ROMAGNA RIPARTE DAL BIO

DOPO L’ALLUVIONE LA ROMAGNA RIPARTE DAL BIO

Cab Massari, la cooperativa di Conselice (Ra) tra le più colpite dagli effetti degli allagamenti, annuncia il raddoppio del pereto allevato con metodo bio e l’investimento su sostenibilità ed elettrificazione

La Romagna riparte e punta sul bio. La Cab (Cooperativa agricola bracciantile) Massari di Conselice (Ravenna) ha infatti annunciato un piano aziendale coraggioso che punta, tra l’altro, a dribblare la crisi della pericoltura. Il pereto biologico sarà infatti raddoppiato con l’intenzione di valorizzare la sostenibilità certificata.

Il sacrificio per salvare l’abitato di Conselice

Cab è stata uno dei simboli dell’alluvione in Emilia-Romagna: quando arrivò la piena la cooperativa acconsentì ad abbassare il livello degli argini, per far sfogare l’acqua nei propri campi e alleggerire la pressione verso l’abitato di Conselice, che fu comunque duramente colpito.

 

Un territorio ancora ferito

Vigneti, campi e frutteti sono rimasti sotto l’acqua per settimane. Le strade che collegano le coltivazioni non sono ancora del tutto ripristinate e il 95% della produzione annuale è andato perso. Il pereto del Cab Massari è l’esempio vivente degli effetti del cambiamento climatico: prima flagellato nei primi mesi del 2023 dalle gelate che hanno compromesso le gemme, poi dall’alluvione di maggio lo ha sommerso due volte e da una tromba d’aria a luglio che ne ha completato la distruzione. Tutte le piante sono state strappate e ripiantate, si spera in una raccolta tra almeno 4 anni.

Il piano di investimento sostenuto da Coop

Ma la Cab Massari non si è arresa: «Rilanciamo – spiega il direttore Giampietro Sabbatani – con un ambizioso piano di investimenti che prevede la ricostituzione del pereto biologico di 8,2 ettari distrutto nel 2023 e l’impianto di ulteriori 7,5 ettari di pereto biologico che andranno a sostituire altrettanti pereti che stanno finendo il loro ciclo produttivo».

«Abbiamo programmato ulteriori 4,5 ettari di noceto che andrà ad alimentare la filiera di produzione italiana di frutta secca di Coop Italia». A ciò si aggiungono altri investimenti in tecnologie avanzate e rispettose dell’ambiente, come l’introduzione di tre carri raccolta ad alimentazione elettrica e un sollevatore telescopico elettrico per la movimentazione dei box contenenti le pere biologiche. Investimenti da 1,3 milioni, a cui ha contribuito Coop che ha destinato al Cab parte delle risorse ottenute dalla raccolta fondi avviata a maggio 2023, che si è conclusa con 2,1 milioni donati da 81 mila tra soci, fornitori, dipendenti e consumatori.

PIÙ INCLUSIVO O ESCLUSIVO? BIO SVIZZERO IN CRISI D’IDENTITÀ

PIÙ INCLUSIVO O ESCLUSIVO? BIO SVIZZERO IN CRISI D’IDENTITÀ

Bio Suisse sotto attacco: l’accordo di esclusiva con Coop e Migros spinge in alto il sovrapprezzo che per certe referenze è il doppio del convenzionale. Una valorizzazione che riguarda solo la distribuzione e non la produzione. Il marchio ombrello elvetico registra infatti numerose defezioni di agricoltori a causa di regole giudicate troppo permissive o troppo stringenti.

Il biologico elvetico è sotto il fuoco incrociato di rigoristi e permissivisti. Sul banco degli imputati Bio Suisse, il marchio ombrello creato più di 40 anni fa da FiBL, Biofarm, Bioterra, Demeter e Progana.

Le inchieste giornalistiche

Una recente inchiesta pubblicata dalla locale rivista di consumatori “Il saldo” denuncia infatti: il sovrapprezzo dei prodotti alimentari bio, in particolare di quelli di provenienza zootecnica, è “più grasso della salsiccia”.

E un approfondimento della rivista digitale “Die Grüne” mette in evidenza il crescente numero di produttori che rinunciato al marchio “Bio Suisse” a causa delle norme giudicate troppo permissive o troppo rigide a seconda dei casi.

La fuga  dei produttori

Dopo aver raggiunto una quota di mercato del 10,8% nel 2020, con 7122 aziende agricole biologiche e 1150 aziende di trasformazione, l’anno successivo Bio Suisse ha infatti registrato una perdita di 221 produttori. Alcuni dei produttori delusi denunciano l’eccessivo permissivismo delle linee guida, ad esempio per la possibilità di utilizzare l’insetticida Spinosad.

Altri invece le difficoltà a rispettare i vincoli ulteriori riguardo al benessere animale, alle restrizioni per i mangimi anche bio, oppure per il vincolo del ritiro dalla produzione del 3,5% delle superfici per favorire la biodiversità (per l’Unione europea i vincoli delle Epa, aree di interesse ecologico previste dalla nuova Pac sono superiori, paria al 4%).

L’esclusiva a Coop e Migros

Le critiche maggiori derivano però dall’esclusività del marchio Bio Suisse concessa alle catene di distribuzione Coop (svizzera) e Migros. L’indagine della rivista Saldo ha infatti messo in evidenza che in questo modo, in queste due catene, il prezzo dei tipici wurstel svizzeri bio è più del doppio del prezzo dei cervelat convenzionali, anche se il prezzo alla produzione è di solo 8 centesimi per 100 grammi in più.

Le catene di hard discounti Aldi e Lidl cercano da tempo di poter vendere prodotti Bio Suisse (come succede in Italia), un’opzione che il marchio ombrello elvetico ostacola in ogni modo.

Domanda di cereali e carne a diversa velocità

Ora, in seguito alla defezioni di così tanti produttori, per fare fronte alle richieste di Coop e Migros, Bio Suisse dovrebbe trovare almeno 500 nuove aziende bio in particolar modo cerealicole per fare fronte a una crescente richiesta di pane e sfarinati bio. Il piano è di ulteriori 15mila ettari entro il 2027, ma il fatto che le aziende bio siano di tipo misto, con produzioni sia cerealicole che zootecniche (anche per realizzare preziosi percorsi di economia circolare), rischia di provocare una sovrapproduzione e quindi una perdita di valore dei prodotti bio come carne e latte. Una valorizzazione che rimane appannaggio solo del settore della distribuzione e che non favorisce nuove adesioni a Bio Suisse.