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Il voto tedesco spinge l’Ue al rinnovo dell’autorizzazione sul glifosato

Il voto tedesco spinge l’Ue al rinnovo dell’autorizzazione sul glifosato

 

Rinnovata autorizzazione al Glifosato: decisiva la Germania

Arriva il verdetto definitivo sul glifosato, sostanza presente in diversi erbicidi in commercio, come il famoso RoundUp di Monsanto. Una scelta che delude le speranze degli ambientalisti: autorizzazione rinnovata per cinque anni.

Dopo una battaglia durata mesi, arriva una decisione da parte dei Paesi Ue sull’autorizzazione al glifosato, l’erbicida più utilizzato al mondo. E non è una buona notizia per chi ha a cuore salute e ambiente. La sostanza, infatti, potrà ancora essere utilizzata per 5 anni. E questo malgrado i no di peso di nazioni come Francia e Italia.

Decisivo il voto della Germania, che ha cambiato la propria posizione nel corso dell’ultima riunione del comitato di controllo Ue. Ecco tutte le novità.

Una trattativa lunga un anno, che ha portato la Commissione Europea a ridurre prima a 7 anni e poi a 5 la proposta di proroga per l’impiego dell’erbicida, dai 10 anni iniziali.

Il voto decisivo è stato quello della Germania. Fino a ieri, infatti, il Paese si era astenuto sulla proposta, ritenendo più giusta una proroga di tre anni. Il cambio nella decisione è arrivato a pochi giorni dal collasso delle trattative per la cosiddetta coalizione “Giamaica”, che avrebbe dovuto sostenere un nuovo governo Merkel. Il partito dei Verdi tedeschi sarebbe stato infatti contrario al rinnovo dell’autorizzazione. Per formare un’alleanza con il partito ambientalista, dunque, la CDU di Angela Merkel era pronta a dire no al glifosato in Europa. Venuta meno la possibilità di una coalizione, non c’è stato più motivo per la Germania di scegliere l’astensione sul diserbante.

Quello tedesco è certamente il voto più pesante. Ma anche altri 3 Paesi hanno cambiato posizione dall’astensione al sì: Romania, Bulgaria e Polonia (ma solo perché chiedevano una proroga più lunga, non perché contrari all’impiego del glifosato).

I 9 voti contrari sono stati espressi invece da Francia, Belgio, Grecia, Ungheria, Lussemburgo, Lettonia, Cipro, Malta. E, non ultima, dall’Italia: il governo, sulla spinta delle associazioni ambientaliste, ha sempre votato no al rinnovo.

«Il voto di oggi – esulta il commissario Ue alla Salute Vytenis Andriukaitis –dimostra che quando tutti vogliamo, siamo in grado di condividere e accettare la responsabilità collettiva nel processo decisionale»

Glifosato, gli ambientalisti: “Cittadini traditi”

La Coalizione italiana StopGlifosato, per bocca della portavoce Maria Grazia Mammuccini, parla di tradimento del mandato dei cittadini. E ricorda che più di un milione di europei hanno firmato contro il rinnovo dell’autorizzazione.

«La proroga di cinque anni – spiega Mammuccini – per un erbicida sospetto di cancerogenicità è la negazione totale del principio di precauzione su cui sono nate le politiche di tutela ambientale e della salute dell’Unione Europea. Il comitato che ha esaminato la richiesta ha concesso la proroga soprattutto grazie al fatto che la Germania si è schierata a favore dei 5 anni. Una brutta pagina anche per il governo tedesco, che lascia pensare al fatto che dopo l’acquisizione di Monsanto da parte della Bayer, il governo di Berlino pensi alla protezione dell’ambiente e della salute in maniera nettamente più tiepida che in passato».

La portavoce parla di “un’autentica truffa ai danni dei cittadini europei e dell’ambiente”. E ricorda “i cosiddetti Monsanto papers”, che hanno “svelato le pressioni e le interferenze della multinazionale produttrice sulle istituzioni di controllo europee”. Mammuccini prosegue sottolineando come la proroga non contenga una clausola di cessazione per l’uso dell’erbicida (come aveva proposto il governo italiano, che suggeriva il bando definitivo entro il 2020). Né il provvedimento prevede “limitazioni specifiche in relazione alla tutela degli ambienti acquatici”.

La battaglia della Coalizione, in ogni caso, non finisce qui:

«Noi terremo alta la pressione, sia a livello nazionale che internazionale».

Alle rimostranze della Coalizione fa eco anche Greenpeace, che sottolinea però almeno un aspetto positivo nella vicenda:

«Il voto odierno è un regalo alle multinazionali agrochimiche, a scapito di salute e ambiente. Bene comunque il voto contrario dell’Italia che ha dimostrato nuovamente di dare priorità alla tutela delle persone, e non al fatturato di chi produce e commercia il glifosato».

Coldiretti: “Ma il divieto italiano resta”

Come ricorda Coldiretti, l’Italia ha introdotto un divieto parziale sull’uso del glifosato. Il diserbante non può infatti essere utilizzato in aree frequentate dalla popolazione o da gruppi considerati vulnerabili. Stop quindi all’impiego nelle aree verdi pubbliche come parchi, giardini, campi sportivi, aree gioco per bambini, scuole, strutture sanitarie e così via. Divieto che si estende anche in campagna, ma solo in fase di pre-raccolta. Alcune regioni, come la Calabria, hanno inoltre vietato di fatto l’impiego della sostanza, escludendo dai finanziamenti del PSR (Piano di Sviluppo Regionale) le aziende agricole che vi fanno ricorso.

Coldiretti invita le istituzioni a fare un ulteriore passo in avanti in questo senso:

«L’Italia deve porsi all’avanguardia nelle politiche di sicurezza alimentare nell’Unione Europea. Deve fare in modo che le misure precauzionali introdotte a livello nazionale riguardino coerentemente anche l’ingresso in Italia di prodotti stranieri trattati con modalità analoghe. Come, ad esempio,il grano proveniente dal Canada, dove viene fatto un uso intensivo di glifosato proprio nella fase di pre-raccolta».

Etichetta della pasta: il Tar dice no ai pastai

Etichetta della pasta: il Tar dice no ai pastai

Il Tar del Lazio, con l’ordinanza n. 6194/2017, ha respinto la richiesta di sospendere il decreto interministeriale che introduce l’obbligo di indicazione d’origine del grano nella pasta, avanzata da Aidepi.

Il Tribunale ha ritenuto «prevalente l’interesse pubblico volto a tutelare l’informazione dei consumatori, considerato anche l’esito delle recenti consultazioni pubbliche circa l’importanza attribuita dai consumatori italiani alla conoscenza del Paese d’origine e/o del luogo di provenienza dell’alimento e dell’ingrediente primario».
Il provvedimento firmato dai Ministri Maurizio Martina e Carlo Calenda entrerà in vigore come previsto il 17 febbraio 2018.
«La decisione del Tar del Lazio – ha commentato il ministro Martina – conferma il diritto dei consumatori alla massima trasparenza delle informazioni in etichetta. Crediamo che questo provvedimento debba essere esteso a tutta l’Unione Europea, perché si tratta di una scelta di equità, competitività e giustizia».

Seconda la Coldiretti, è un’ottima notizia perchè l’Indicazione di origine salva centinaia di aziende

Così il Presidente Miotto: “Una buona notizia per i produttori di grano ma anche per i consumatori. La scelta del Tar del Lazio di respingere l’istanza di sospensione del decreto per l’etichettatura d’origine del grano utilizzato nella pasta accoglie infatti le richieste dell’81% degli italiani”

Etichetta della pasta Coldiretti: “Indicazione di origine salva centinaia di aziende”

Una buona notizia per i produttori di grano ma anche per i consumatori. La scelta del Tar del Lazio di respingere l’istanza di sospensione del decreto per l’etichettatura d’origine del grano utilizzato nella pasta accoglie infatti le richieste dell’81% degli italiani che chiedono maggiore trasparenza su quel che portano in tavola. E’ stato riconosciuto il diritto dei cittadini di conoscere l’origine dei grano utilizzato per fare la pasta». Esprime soddisfazione il presidente di Coldiretti Padova Federico Miotto a nome di centinaia di agricoltori padovani che coltivano frumento duro e frumento tenero nella nostra provincia. Si tratta nel complesso di 22.500 ettari, in larga maggioranza di frumento tenero, presenti un po’ in tutta la provincia, e in particolare nella Bassa Padovana, per una produzione di oltre 140 mila tonnellate e un fatturato di oltre 25 milioni di euro. Per il frumento duro continua la progressiva crescita e lo scorso anno nella nostra provincia gli investimenti sono raddoppiati.

La facoltà di scelta resta al cliente

«La sentenza del Tar è coerente con la richiesta di trasparenza dei consumatori – aggiunge Miotto perché attualmente un pacco di pasta su 3 prodotto in Italia è fatto con grano coltivato all’estero ed è per questo che il Decreto sull’etichettatura obbligatoria dell’origine del grano è fondamentale per creare la linea del discrimine tra chi fa pasta con grano italiano e chi con grano canadese, russo o francese. I consumatori devono essere messi nella condizione di scegliere. Con la decisione di accelerare sull’etichettatura di origine obbligatoria anche per la pasta di fronte alle incertezze comunitarie si realizza un passo determinante nella direzione della trasparenza dell’informazione ai consumatori in una situazione in cui, però, 1/3 della spesa degli italiani resta anonima».

«Non si può impedire ai consumatori – aggiunge Giovanni Roncalli, direttore di Coldiretti Padova – di conoscere la verità privandoli di informazioni importanti come quella di sapere se nella pasta che si sta acquistando è presente o meno grano canadese trattato in preraccolta con il glifosate, accusato di essere cancerogeno e per questo proibito sul grano italiano. Fare pasta con grano 100% italiano si può come ampiamente testimoniato dalla rapida proliferazione, anche in Veneto, di marchi che garantiscono l’origine italiana del grano impiegato al 100%. Parliamo di un percorso che è iniziato nei primi anni della crisi sotto la spinta dell’iniziativa del progetto di Filiera Agricola Italiana (FAI) che si è esteso ad alcune etichette della grande distribuzione e a noti pastifici italiani. Ma il decreto per l’etichettatura d’origine della pasta punta anche a contrastare le speculazioni che hanno provocato il crollo dei prezzi del grano italiano al di sotto dei costi di produzione con una drastica riduzione delle semine e il rischio di abbandono delle coltivazioni situate spesso spesso in aree marginali. Da pochi centesimi al chilo concessi agli agricoltori dipende la sopravvivenza della filiera più rappresentativa del Made in Italy, mentre dal grano alla pasta i prezzi aumentano di circa del 500% e quelli dal grano al pane addirittura del 1400%».

Fonti: http://www.padovaoggi.it/cronaca/etichetta-della-pasta-coldiretti-indicazione-di-origine.html

            http://www.informatoreagrario.it/ita/News/scheda.asp?ID=3589

Incontro tecnico sulla coltivazione kiwi biologico

Incontro tecnico sulla coltivazione kiwi biologico

Il 1 Dicembre si terrà un incontro tecnico realizzato in collaborazione con Suolo e Salute sulla coltivazione del kiwi biologico, presso Hotel Europa – Via E. Filiberto, 14 Latina

Il Programma della giornata qui di seguito:

9:00                Registrazione dei partecipanti
9:30                Apertura dei lavori
9:45 – 10:15  Saluti e presentazione della società AGRANA Claudio Garbari – AGRIBAS
10:15 – 10:45 Kiwi bio: produzione 2017 e prospettive di mercato Mauro D’Arcangeli Direttore Confagricoltura Latina
10:45 – 11:15 Controllo e Certificazione: aspetti legati alla fertilizzazione ammessa in biologico e principali problematiche – Alessandro D’Elia Direttore Tecnico Suolo e Salute
11:15 – 11:45  La nutrizione del kiwi in agricoltura biologica: prodotti, sottoprodotti e tecniche di intervento. Cesare Ippolito – Tecnico esperto
11:45 – 12:30 Valutazione di efficacia del concime organico BioAgenasol su diverse piante modello Silvia Piasentin – LandLab

 

Dibattito e chiusura lavori

Pranzo a Buffet

Segreteria organizzativa: 0773 605236 oppure lazio@suoloesalute.it

Locandina scaricabile 

Biologico ecco il nuovo regolamento dalla UE

Biologico ecco il nuovo regolamento dalla UE

La Commissione agricoltura del Parlamento europeo ha approvato il nuovo regolamento Ue sul biologico.  Le nuove regole, che prevedono controlli su tutta la filiera, certificazione di gruppo per le piccole aziende e banche dati per aumentare l’offerta di semi bio, saranno applicabili dal 2021. Il prossimo passo sarà l’approvazione della plenaria del Parlamento e del Consiglio dei ministri dell’agricoltura. Terminato questo iter si aprirà un percorso legislativo che si prevede si concluderà non prima del 2020.

Matteo Bartolini  Vice Presidente di Federbio con delega ai rapporti con l’UE dichiara: “Riconosciamo lo sforzo compiuto dalle Istituzioni per migliorare il testo iniziale della Commissione, anche prendendo in considerazione alcune  richieste dei produttori biologici come ad esempio la certificazione di gruppo e la protezione del valore produttivo europeo nei confronti di importazioni da Paesi extra UE con garanzie e quindi costi spesso inferiori.

Il settore biologico continua a crescere in Italia e nel resto dell’Unione europea e quindi siamo impegnati a tutelare con forza la fiducia che in esso ripone il cittadino. Chiediamo pertanto un forte impegno da parte delle istituzioni dell’UE e degli Stati membri a lavorare insieme per affrontare immediatamente le rilevanti debolezze che ancora esistono nel testo attuale, in particolare per quanto riguarda le soglie di contaminazione accidentale da pesticidi non ammessi. Confidiamo che nei prossimi giorni il Senato della Repubblica approvi il testo di legge “Disposizioni per lo sviluppo e la competitività della produzione agricola e agroalimentare e dell’acquacoltura effettuate con metodo biologico” e che il Governo approvi rapidamente la riforma del sistema di certificazione nazionale anche per dare un segnale forte in Europa dell’impegno dell’Italia per lo sviluppo dell’agricoltura biologica.”

fonte http://www.feder.bio/comunicati-stampa.php?nid=1253

fonte http://www.ansa.it/europa/notizie/agri_ue/biologico/2017/11/22/bio-ok-da-eurodeputati-a-nuovo-regolamento-ue_31625229-fb3c-4f83-b425-49428219070c.html

Erba medica bio più resistente ai parassiti: lo studio sul global warming

Erba medica bio più resistente ai parassiti: lo studio sul global warming

L’erba medica bio riesce a mantenere meglio il controllo biologico, in caso di aumento delle temperature. Sono questi i risultati di un recente studio pubblicato sulla rivista Integrative and Comparative Biology.

Durante le loro indagini, i ricercatori hanno cercato di simulare un aumento di temperatura di due gradi, per capire la risposta delle piante agli attacchi dei parassiti, in caso di global warming.

La ricerca è stata condotta nel campo della coltivazione dell’erba medica, siabiochee convenzionale.

Erba medica bio: la risposta possibile all’aumento delle temperature

Gli studi condotti fino ad oggi hanno dimostrato che i campi coltivati ad agricoltura biologica favoriscono la proliferazione di antagonisti naturali, mantenendo sotto controllo la popolazione dei parassiti. Sostanzialmente, nei campi coltivati con metodi sostenibili ci sono meno insetti fitofagi rispetto a quelli coltivati seguendo tecniche convenzionali. Complice l’aumento dei predatori naturali, sicuramente, ma anche una maggiore resistenza delle piante ai danni causati dai parassiti.

I ricercatori si sono chiesti come queste condizioni potrebbero cambiare a seguito di un aumento globale delle temperature. Per rispondere a questa domanda, hanno manipolato la temperatura, simulando un aumento di due gradi in otto campi coltivati con erba medica. Quattro ad agricoltura biologica e altri quattro usando metodi convenzionali. In tutti i campi sono stati realizzati dei recinti, riforniti in un secondo momento di afidi del pisello, un particolare tipo di parassita agricolo, di coccinelle, o di entrambe le specie di insetto.

In condizioni normali, le popolazioni di afidi erano simili in entrambe le tipologie di coltivazione. All’aumento delle temperature, la popolazione di afidi era maggiore nei campi di erba medica coltivata con metodo convenzionale, rispetto a quelli coltivati con metodo biologico. Al tempo stesso, il numero dei predatori naturali tendeva a scendere nella coltivazione convenzionale, rimanendo invariata, però, in quelli bio.

La conclusione dei ricercatori è quindi che, almeno per quanto concerne le coltivazioni di erba medica, in caso di global warming il controllo biologico funzionerebbe meglio in caso di agricoltura bio e non di tecniche di coltivazione convenzionali.

FONTI:

http://www.sinab.it/bionovita/riscaldamento-globale-maggior-aumento-dei-parassiti-nell%E2%80%99agricoltura-convenzionale-meno

https://academic.oup.com/icb/article-abstract/57/1/1/3778213/Warming-Alters-Prey-Density-and-Biological-Control?redirectedFrom=fulltext

La canapa per risanare la puglia dall’inquinamento

La canapa per risanare la puglia dall’inquinamento

La Coldiretti Puglia , il 22 novembre c.a, ha lanciato una proposta per risanare il territorio sul piano sanitario, ambientale e produttivo agricolo nella provincia di Taranto a causa dell’inquinamento delle acciaierie Ilva. La proposta riguarda la coltivazione della canapa.

La canapa come risposta all’inquinamento dell’Ilva

Gianni Cantele, presidente della Coldiretti Puglia ha esordito così tracciando uno dei possibili percorsi per uscire dallo stato di crisi ambientaleTarantopuò diventare il distretto della canapa del Sud Italia, fornendo una efficace risposta ambientale all’emergenza creata dall’Ilva. Dalle attività sulla canapa ed in particolare dalla selezione di nuove varietà stanno emergendoapplicazioni in campo alimentarecosmetico e nutraceutico che verosimilmente offriranno nuove possibilità di sviluppo di impresa e l’assunzione di nuovo personale.
Può essere coltivata senza alcun impiego di diserbanti e insetticidi. Ha minime esigenze di fertilizzanti e lascia nel terreno una buona dotazione di sostanza organica, rappresentata da una gran parte dell’apparato fogliare, oltre all’abbondante e profondo apparato radicale”
.

Il boom della coltivazione della canapa (Cannabis sativa) in provincia di Taranto, con un aumento di più del doppio dei terreni coltivati rispetto all’anno scorso a scopo tessile, edile, cosmetico, è già una realtà.
La corsa a questa coltura è stata spinta dalle molteplici opportunità di mercato che offre: particolarmente versatile e dalla quale si ottengono dai tessuti ai materiali edili, ma anche olio, vernici, saponi, cere, cosmetici, detersivi, carta o imballaggi. Senza contare il pellet di canapa per il riscaldamento, che assicura una combustione pulita.

L’agricoltura di qualità in provincia di Taranto

Un altro passaggio del discorso del presidente della Coldiretti Puglia è stato sull’importanza del rilancio del settore agricolo in provincia di Taranto. Questo perchè l’agricoltura jonica, con una superficie totale di 31.657 ettari, riesce a raggiungere mediamente una Plv agricola di 470 milioni di euro anno e rappresenta una realtà economica importante per l’intera regione.

In pochi anni sono stati raggiunti importanti risultati: punte di eccellenza nei comparti dell’uva da tavola e da vino, orticolo, agrumicolo e del lattiero-caseario, l’agricoltura tarantina si è vista riconoscere l’alta qualità dei propri prodotti, legata a storia e tradizioni, ottenendo 6 Doc – Aleatico, Primitivo di Manduria, Lizzano, Martina Franca, Locorotondo, Colline Joniche Tarantine e due Igt – Tarantino e Valle d’Itria per i vini, la Dop Terre Tarentine per l’olio, l’Igp per le Clementine del Golfo di Taranto e rientrando a pieno titolo, con le sue produzioni, nella lista dei 231 prodotti agroalimentari pugliesi riconosciuti ‘tradizionali‘ dal Mipaaf. Un valore esposto altissimo, che ha sofferto molto.

Dai danni alla costituzione come parte civile

Cantele, nel ripercorrere i dati sulla salute umana e sulla presenza di inquinanti talvolta rilevata nelle produzioni agricole ha poi detto: “Coldiretti non accetta che si perseveri con strategie che non tengano in dovuto conto esigenze e bisogni delle comunità interessate e si costituirà parte civile in tutti i procedimenti tesi ad accertare responsabilità in ciò che è accaduto, pertutelare le imprese agricole che, oltre ad essere coinvolte loro malgrado nella difficile vertenza ambientale che ha ferito duramente il territorio della provincia di Taranto, registrano pesanti perdite in termine di immagine e di reddito”.

“Da anni stiamo ripetutamente chiedendo che venga verificato immediatamente l’effettivo stato di salute della catena alimentare – ha concluso Cantele – su cui a cicli alterni si gettano pesanti ombre, individuando e rimuovendo gli eventuali problemi laddove venissero riscontrati. E’ un dovere naturale ed un impegno politico consequenziale al progetto di difesa del territorio che è espressione e culla della varietà e qualità dei prodotti agroalimentari.
Dovrà essere però garantita la massima chiarezza rispetto all’entità reale del problema, al fine di non generare allarmismi nei consumatori e danni irreversibili agli allevatori e agli agricoltori ed evitando che le criticità ambientali di un’area sostanzialmente circoscritta possano ledere l’immagine complessiva della produzione agroalimentare dell’intera provincia”
.

fonte : http://agronotizie.imagelinenetwork.com/agricoltura-economia-politica/2017/11/22/puglia-la-canapa-per-risanare-il-tarantino/56511