Suolo e Salute

Mese: Novembre 2021

PICCOLE FILIERE BIO CRESCONO ANCHE IN UGANDA

PICCOLE FILIERE BIO CRESCONO ANCHE IN UGANDA

L’idea di finanziare la crescita della produzione locale di peperoncino, chia e sesamo bio da esportare in Europa affronta le criticità rappresentate dal programma di irrorazioni anti malaria e dall’assenza di valide strutture di trasformazione

Le filiere bio crescono anche in Africa. «È il comparto agricolo – afferma Marck van Esch – in più rapida crescita a livello mondiale. Anche durante il Covid-19, il mercato è rimasto forte».  Secondo un rapporto di Reportlinker, il mercato globale degli alimenti biologici crescerà infatti del 14,59% all’anno per raggiungere i 368,94 miliardi di dollari entro il 2026.

Accordi di cooperazione

Van Esch, attraverso la sua società Shares Uganda Limited finanzia e gestisce, puntando a una diretta cooperazione con circa 10mila piccoli agricoltori, lo sviluppo della filiera del biologico in Uganda, curandone anche l’esportazione verso i mercati più esigenti come quello europeo.

Promuove soprattutto la coltivazione di peperoncino, chia e sesamo bio, con progetti di crescita anche nel girasole, leguminose e frutticole adatte alla produzione in Uganda.

La criticità delle irrorazioni anti malaria

«Una delle principali criticità per il bio – dice –  è rappresentato dall’impatto dannoso del programma IRS (indoor residual spraying, l’applicazione forzata di insetticidi per fare fronte al rischio malaria) ». «Se i prodotti chimici vengono applicati all’interno dei magazzini dove gli agricoltori conservano i loro raccolti, ciò porterebbe a contaminazioni che comporterebbero la perdita della certificazione biologica».  A causa di questo inconveniente il progetto di agricoltura biologica in Uganda ha già subito alcuni ritardi, per l’esigenza di spostare l’area di coltivazione a contratto.

Il nodo della mancanza della trasformazione

«Un altro punto chiave – spiega il finanziere – deriva dalla capacità di costruire filiere in grado di valorizzare i prodotti agricoli biologici ugandesi prima dell’esportazione».

Attualmente la capacità di trasformazione e condizionamento in loco è infatti piuttosto ridotta. «La maggior parte dei prodotti biologici trasformati che i consumatori locali mangiano proviene dal mondo occidentale. I paesi africani non producono quasi nessun prodotto finale certificato biologico e, quando lo fanno, spesso rimane disponibile solo per i mercati nazionali locali».

Fonte: www.howwemadeitinafrica.com

IL MONTECUCCO DOCG E L’OBIETTIVO DEL 100% BIO

IL MONTECUCCO DOCG E L’OBIETTIVO DEL 100% BIO

È la prima Denominazione toscana per diffusione di vigneti certificati (85%). Basile (presidente del Consorzio di tutela): «Merito della vocazione del territorio, ma soprattutto dell’impegno di produttori votati alla sostenibilità»

Alle pendici del Monte Amiata si estende una denominazione vitivinicola quasi del tutto bio. L’85% della produzione del Montecucco Docg è infatti certificata biologica e il 2% è in conversione.

L’imgombrante cono d’ombra delle docg confinanti

Montecucco è un territorio vitivinicolo emergente, al centro del triangolo che unisce Brunello di Montalcino, Nobile di Montepulciano e Morellino di Scansano, con standard qualitativi elevati che lo stanno facendo uscire dal cono d’ombra delle ingombranti denominazioni confinanti. Rispetto alle quali può giocare la carta della diffusione quasi uniforme della certificazione bio.

Lo studio del Consorzio

Lo rileva un’analisi condotta dal Consorzio di tutela della denominazione amiatina, che si estende su sette comuni del territorio Grossetano, su un campione di 30 cantine socie. «Percentuali altissime – spiega Giovan Battista Basile, alla guida del Consorzio e primo produttore a dare il buon esempio sulla via della sostenibilità ambientale – che confermano i dati del 2020 registrati e condivisi da Artea (Agenzia regionale Toscana erogazioni agricoltura), che posizionavano già il Montecucco sul podio delle Docg toscane con ben l’82% di produzione di Sangiovese Docg certificato bio».

«Il lavoro pulito e rigoroso in vigna e in cantina è nel DNA di questo territorio – sottolinea Basile -. I risultati di questa indagine, che ci ha impegnato molto negli ultimi mesi, ci porta non solo ad avere un riconoscimento di territorio ecosostenibile, ma ci incentiva a fare sempre meglio, considerato anche il numero di aziende attualmente in conversione: l’obiettivo è avere il 100% di produzione biologica».

L’impegno dei produttori

Il territorio è, secondo il presidente, naturalmente vocato alla sostenibilità, ma il record della sostenibilità è tutta frutto dell’impegno dei produttori.  «La nostra missione – conclude Basile – parte dall’adozione di buone pratiche agronomiche, ma anche dall’attenzione alla transizione ecologica attraverso il diffuso ricorso a impianti fotovoltaici in cantina e alla bioedilizia».

Fonte: ANSA

BIO AL 25%, QUANTO SONO LONTANI GLI STATI EUROPEI DALL’OBIETTIVO DEL FARM TO FORK

BIO AL 25%, QUANTO SONO LONTANI GLI STATI EUROPEI DALL’OBIETTIVO DEL FARM TO FORK

Un’analisi del network Euractiv mette in luce il vantaggio competitivo di Italia, Spagna e Austria e i forti ritardi soprattutto in Polonia, Bulgaria, Irlanda. Ecco la situazione Paese per paese

La Sau bio nei Paesi Ue (%)
Francia 7,5
Germania 10
Austria 23
Irlanda 1,6
Spagna 10
Italia 16
Grecia 8,7
Polonia 3,5
Slovacchia 10,3
Romania 3
Croazia 7,2
Bulgaria 2,3
Obiettivo Ue 2030 25

Ecoschemi, Bruxelles punta sul bio. L’agricoltura biologica è tra le pratiche ecocompatibili volontarie ammesse a ricevere i finanziamenti del primo pilastro della prossima Pac. Una scelta in linea con gli obiettivi della strategia Farm to Fork, la politica alimentare di punta dell’UE, che punta all’obiettivo del 25% di terreni agricoli coltivati ​​biologicamente entro il 2030. Quanto manca agli Stati membri per raggiungere tale obiettivo? Euractiv, il network paneuropeo che si occupa di informazione ha analizzato la situazione attuale Paese per Paese.

Dove il mercato “tira”

Francia. È bio il 12% delle aziende agricole (2020). Negli ultimi anni, la superficie coltivata è aumentata notevolmente, aumentando di oltre il 13% tra il 2017 e il 2018 (arrivando al 7,5% dei seminativi). Tuttavia il Paese transalpino è ancora lontano dagli obiettivi Ue. Il mercato dei prodotti biologici ha visto enormi sviluppi negli ultimi anni, raddoppiando in valore in cinque anni (da 6,7 ​​miliardi di euro nel 2015 a 13,2 l’anno scorso). Nel 2020 le famiglie francesi hanno speso in media il 6,5% della loro spesa alimentare in prodotti biologici. Nonostante ciò, si ritiene che la domanda di prodotti biologici sia ancora troppo bassa per raggiungere gli obiettivi della Commissione europea per l’agricoltura biologica, come è stato recentemente illustrato dai primi segnali di crisi nel settore del latte biologico. Secondo la federazione francese per l’agricoltura biologica (FNAB) i ritardi del bio sono legati alla discriminante applicazione della Pac voluta dal ministro dell’Agricoltura Julien Denormandie, «con una distribuzione dei fondi che penalizza l’agricoltura senza chimica».

Germania. Domanda in crescita, ma produzione nazionale è in ritardo. Secondo l’associazione tedesca degli agricoltori biologici (BÖLW), il mercato dei prodotti biologici ha raggiunto quasi 15 miliardi di euro, rispetto a circa 12 miliardi di euro nel 2019, con un aumento del 22%. Tuttavia, la sola produzione interna non riesce a soddisfare la crescente domanda. Ciò significa che la Germania importa circa il 30% di prodotti biologici. Per rilanciare la produzione a livello nazionale, il ministro dell’agricoltura uscente Julia Klöckner ha lanciato una strategia nazionale per il biologico nel 2019. La strategia prevede un obiettivo del 20% dei terreni agricoli ​​bio entro il 2030, rispetto al 25% previsto a livello UE. Oggi il bio copre circa il 10% della superficie agricola tedesca. Dopo le elezioni federali di settembre, socialdemocratici (SPD), Verdi e FDP, i partiti vincenti alle urne, hanno opinioni contrastanti sul bio: i primi due sono favorevoli, il terzo contrario.

Austria. È uno dei paesi leader in Europa per il bio con il 23% di terreni agricoli e quindi ormai prossimo all’obbiettivo del 25%. Anche il mercato è in forte crescita. Secondo l’associazione di categoria Bio Austria, nel 2020 le vendite di prodotti biologici hanno raggiunto un nuovo record di oltre 2 miliardi di euro. (+15% rispetto all’anno precedente). Nel 2019 un quarto del latte fresco venduto è biologico. Tuttavia, secondo l’organizzazione, la produzione di alimenti biologici in Austria è cresciuta di meno dell’1% nello stesso periodo.

L’Irlanda non è poi così “verde”

Irlanda. Con solo l’1,6% di terreni bio, l’Irlanda è molto indietro rispetto agli altri Stati membri. Ma registra comunque una notevole crescita grazie alle misure di sostegno messe in atto tramite le politiche di Sviluppo rurale. Gli ultimi dati registrano infatti circa 74mila ettari di produzione biologica con un aumento di quasi il 50% rispetto all’inizio del programma nel 2014, ma l’obiettivo del 25% rimane un miraggio. Sono circa 2.127 gli operatori biologici in Irlanda, di cui oltre 1.700 agricoltori, in massima parte allevatori. La stragrande maggioranza delle superfici (94%) è costituita da prati biologici, mentre il restante 6% è costituito da seminativi.

Nel tentativo di aumentare questa quota, il governo irlandese ha lanciato un nuovo schema di agricoltura biologica nel marzo 2021, assicurando un finanziamento extra di 4 milioni di euro che, secondo il ministro dell’agricoltura Pippa Hackett, avrebbe visto 500 nuove conversioni al bio. Il mercato degli alimenti biologici in Irlanda è cresciuto del 10,5% nel 2017, rispecchiando una tendenza in crescita in tutta Europa e sottolineando le opportunità per una maggiore produzione di prodotti alimentari biologici.

La polarizzazione spagnola

Spagna. È il paese europeo con la maggiore Sau bio e il terzo al mondo (2.437.891 ettari nel 2020). La percentuale è però pari al 10% dell’intera superficie agricola nazionale. La superficie bio è aumentata del 3,5% nel 2020 ed è cresciuta del 4,8% annuo negli ultimi cinque anni. Pertanto, il governo spagnolo si aspetta che la Spagna sia sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi del Green Deal dell’UE nel 2030.

Tra le regioni spagnole si distinguono due poli per il bio: l’Andalusia, con il 21% dei seminativi e la Catalogna con il 22%. Il numero di operatori bio è aumentato del 6,3% a 50.047 nel 2020. Le famiglie spagnole hanno speso 3,185 milioni di euro in alimenti biologici nel 2020, circa il 5% del loro budget annuale per cibo e bevande. Nonostante ciò, la domanda di alimenti biologici in Spagna è ancora al di sotto della media UE.

I record del Belpaese

Italia. Secondo i dati Sinab la superficie bio è di circa due milioni di ettari (il 15,8% del totale nel 2019) e questo pone il nostro Paese al di sopra della media europea, che si è attestata ad appena l’8% nel 2018, e davanti a competitor come Spagna, Germania e Francia. Dal punto di vista produttivo, l’Italia si è classificata al primo posto nel 2019 tra i Paesi UE per numero di aziende biologiche.

Nel 2019 i circa 1.600 nuovi operatori entrati nel sistema di certificazione hanno spinto il totale a 80.643 aziende, record europeo. Le superfici sono prevalentemente dedicate a pascoli, foraggere e cereali, seguite da olivi e viti. Per quanto riguarda il mercato, le stime Ismea dicono che nel 2020 gli acquisti di prodotti biologici certificati sono aumentati di oltre il 4%, con un fatturato di 3,3 miliardi di euro. Ciò significa che il 4% delle spese alimentari è dedicato ai prodotti biologici. Tra i più acquistati ci sono frutta e verdura fresca e uova.

Alcune regioni italiane come Calabria, Puglia e Sicilia hanno già raggiunto l’obiettivo europeo. Il problema è che il made in Italy biologico va forte nell’export, è apprezzato da tutti all’estero, mentre in Italia si comprano pochi prodotti biologici.

Grecia. Secondo gli ultimi dati Eurostat (2019) l’agricoltura biologica in Grecia detiene una quota dell’8,7% della superficie agricola utile e l’area in conversione è di circa il 3,3%. Il periodo della pandemia di Covid-19 ha visto un aumento delle vendite della produzione biologica, mentre allo stesso tempo molti paesi stranieri, come la Germania, hanno espresso un forte interesse per i prodotti biologici greci.

Nel contesto dell’aumento della domanda, ma anche della raccomandazione della Commissione di triplicare la superficie coltivata biologicamente entro il 2030, il governo greco ha introdotto una serie di misure per fornire nuovi incentivi, potenziando il piano d’azione per lo sviluppo della produzione biologica con un fondo di 420 milioni di euro.

Il “tradimento” della Polonia

Polonia. Qui il bio sta subendo una forte contrazione. Tra il 2013 e il 2020 si è infatti registrata una flessione dal 4,65% (670mila ettari) al 3,5% (509mila ettari), con una superficie media per azienda bio di 27,41 ettari.

Ciò significa che se si vuole raggiungere l’obiettivo del 25% entro il 2030, il Paese dovrà affrontare una dura battaglia. Il mercato è in crescita, ma i consumatori polacchi spendono ancora una media di soli 6 € all’anno in prodotti biologici, secondo un rapporto di BNP Paribas, che sottolinea che questo è ancora inferiore a un decimo della media UE.

Chi sale e chi scende ad Est

Slovacchia Agricoltura biologica in crescita del 20% negli ultimi 8 anni arrivando a 197mila ettari, ovvero il 10,3% della superficie agricola totale. Fino a due terzi della superficie biologica è costituita da prati permanenti. Cresce anche il numero di produttori biologici: da 362 nel 2012 a 439 nel 2017. Per raggiungere l’obiettivo del F2F la Slovacchia dovrebbe triplicare le superfici, uno sforzo che secondo il ministero dell’agricoltura comporterebbe un investimento da 350-400 milioni di euro. Una cifra che non è stata prevista dal Piano strategico nazionale per la nuova Pac.

Romania. Nonostante sia uno dei principali attori dell’agricoltura UE, la quota del bio in Romania è piuttosto insignificante (pari a circa il 3%). Dopo un calo tra il 2013 e il 2016, la superficie bio ha per fortuna ripreso a crescere, con grandi balzi negli ultimi due anni, secondo i dati del ministero dell’agricoltura.

Nel 2019 la superficie biologica in Romania era di circa 395mila ettari, nell’anno successivo è cresciuta fino a quasi 469 mila ettari. Nel frattempo, anche il numero di produttori biologici è aumentato arrivando a poco più di 10.000 nel 2020, anche se notevolmente inferiore a oltre 15.000 nel 2012-2013.

Croazia. Secondo i dati forniti dal ministero dell’agricoltura, il trend è di forte crescita. Nel 201, il numero degli operatori era 1.789 (di cui 1.608 produttori agricoli), un numero che nel 2019 è salito a 5.548 (di cui 5.153 produttori).Allo stesso modo la Sau è passata da 40mila ettari (2,6%) a 108mila (7,2%). Il mercato sta ancora emergendo, ma gli alti costi penalizzano il consumo di massa.

Bulgaria. Bio in regressione sulle sponde del Mar Nero: solo il 2,3% dei terreni agricoli in Bulgaria è certificato, una crisi innescata dalla mancanza di sostegno pubblico. Così negli ultimi quattro anni la superficie bio totale è diminuita del 27%. La tendenza al ribasso è iniziata nel 2016, interrompendo 14 anni di aumento. In questo modo la Bulgaria rimane al terzultimo posto nell’UE in termini di aree per l’agricoltura biologica, seguita solo dagli stati insulari di Irlanda e Malta. Nel febbraio di quest’anno il governo di Sofia ha approvato un’ordinanza esplicita e per la prima volta ha dato il via libera per consentire il cibo biologico nei menù delle scuole e degli asili, ma il budget non è sufficiente per sviluppare il settore.

 

AMAZON E SOIL ASSOCIATION, SINERGIE PER LE VENDITE DI ALIMENTI BIO NEL REGNO UNITO

AMAZON E SOIL ASSOCIATION, SINERGIE PER LE VENDITE DI ALIMENTI BIO NEL REGNO UNITO

Climate Pledge Friendly è lo standard sviluppato dal colosso delle vendite online per sostenere la vendita di prodotti di consumo sostenibili. In Gran Bretagna viene applicato anche agli alimenti e alle bevande bio

Amazon spinge forte sulle vendite degli alimenti biologici. Nel Regno Unito il colosso dell’ecommerce ha infatti sviluppato, grazie alla certificazione della Soil association, una nuova piattaforma di vendita come parte integrante del suo programma di sostenibilità “Climate Pledge Friendly” (impegno amichevole sul clima).

Un bollino per chi cerca sostenibilità certificata

L’iniziativa di sostenibilità, lanciata nell’ottobre 2020, mira a rendere più facile per gli acquirenti la ricerca di prodotti sostenibili con le garanzie di uno standard indipendente di controllo e certificazione. Amazon utilizza questo canale per veicolare in Gran Bretagna la sua vasta gamma di prodotti biologici.

Grandi aziende e piccole start up

Le aziende certificate dalla Soil Association possono, grazie a questo accordo, fare leva sul bollino “Climate Pledge Friendly” per un accesso facilitato ai milioni di acquirenti di Amazon Gb. La gamma di prodotti biologici di Amazon comprende attualmente sia brand affermati che piccole start-up che producono alimenti e bevande biologici.

Cos’è il Climate Pledge Friendly?

Amazon ha lanciato Climate Pledge Friendly insieme a partner come Soil Association, The Forest Stewardship Council (Fsc) o l’italiana Aiab per favorire la vendita di prodotti di consumo come carta igienica o prodotti estetici che soddisfano gli standard di sostenibilità. Il programma è iniziato negli Stati Uniti e ora si è esteso a Regno Unito, Francia, Germania, Italia e Spagna. Quello Gran Bretagna è il primo test sugli alimenti.

«Siamo lieti – afferma Clare McDermott di Soil Association – di collaborare con il programma Amazon Climate Pledge Friendly per dare ai nostri licenziatari l’accesso a milioni di nuovi clienti che cercano prodotti biologici e rispettosi del pianeta». «L’online – continua – è un canale chiave per il biologico, cresciuto in modo significativo durante la pandemia con un prodotto biologico su quattro ora venduto online nel Regno Unito, e continuerà a crescere».

«Puntiamo con forza – sostiene Zak Watts, direttore della sostenibilità di Amazon in Europa – ad espandere il programma Climate Pledge Friendly a più di 100mila prodotti in Europa con nuove certificazioni di sostenibilità».

«Climate Pledge Friendly è stato progettato come un modo semplice per i nostri clienti di fare acquisti in modo più sostenibile e costituisce una parte importante del nostro impegno a costruire un business sostenibile per le nostre comunità».

Fonte: fruitnet

LA RICERCA DI NATURALEZZA SPINGE LA RIPRESA DEL COMPARTO ENOLOGICO

LA RICERCA DI NATURALEZZA SPINGE LA RIPRESA DEL COMPARTO ENOLOGICO

Cresce del 10% la domanda di vino bio, spinta soprattutto dalle preferenze delle consumatrici e soprattutto dal Centro Sud. Lo rileva il rapporto di Sace, Mediobanca e Ipsos

Anche la domanda, interna e internazionale, premia il vino bio. Dopo il calo nel 2020 per la pandemia, nei primi sette mesi del 2021 il comparto del vino in generale ha registrato infatti una crescita robusta con un +14,5% (addirittura +23,2% quella degli spirits). Lo attesta il rapporto elaborato da Sace, Mediobanca e Ipsos, illustrato a Verona nell’ambito del Vinitaly Special Edition.

Export a gonfie vele

Per i vini, il traino è dato dai mercati extraeuopei, in particolare gli Usa. A livello regionale, la ripresa dell’export è ben diffusa, con tassi a doppia cifra nelle prime 5 Regioni produttrici, capeggiate dal Veneto, che rappresenta da solo un terzo delle esportazioni totali. Dall’analisi del mercato emerge che la pandemia del 2020 ha consolidato alcune tendenze in atto.

L’exploit del vino bio

Il rapporto elaborato dai tre colossi finanziari stigmatizza infatti la forte crescita del vino biologico (+10,1%), ma anche di particolarità come i vini vegani e naturali (il 2% del mercato). Forte anche la tendenza all’acquisto di prodotti locali, con un aumento dell’attenzione online.

L’identikit dei consumatori

Particolare la dinamica di crescita del vino bio. Secondo Sace, Madiobanca e Ipsos la spinta alla naturalezza e l’attenzione al vino ‘bio’, viene infatti in maggioranza delle donne residenti nei territori del CentroSud. È forte però anche l’impatto della crisi economica post covid: le tendenze riscontrate al settembre 2021 indicano una spinta maggiore verso la convenienza rispetto alla qualità, che riguarda per il 25% dei consumatori di vini fermi e il 31% degli spumanti. E il tasso di “infedeltà” riguarda il 65% dei consumatori per i fermi e il 72% per gli spumanti, segno che la voglia di cambiare è molto alta.

Fonte: ANSA

IL VINO BIO TRAINA LA TRANSIZIONE ECOLOGICA

IL VINO BIO TRAINA LA TRANSIZIONE ECOLOGICA

Lo mette in evidenza il sottosegretario Francesco Battistoni (Mipaaf) commentando a Vinitaly Special Edition il record che vede l’Italia leader per superficie vitata bio con un’incidenza del 19% secondo Ismea

L’Italia, secondo i dati Ismea, è leader europea e mondiale per superficie vitata bio. Nel 2019, infatti, si contavano oltre 107mila ettari di vigneto biologico con un’incidenza sulla superficie vitata complessiva del nostro Paese di quasi il 19%, la più alta in Europa e nel mondo.

Ismea e Oiv, il succo non cambia

Più cauta l’Oiv: secondo l’ultimo rapporto dell’Organisation internationale de la vigne et du vin (Oiv), il nostro Paese registra infatti la maggiore incidenza di vigneti bio a livello mondiale, con il 15% del totale nazionale, seguito da Francia (14%) e Austria (14%). Una notizia che è stata enfatizzata da Francesco Battistoni, sottosegretario alle Politiche agricole, nel corso della sua partecipazione al Vinitaly Special Edition. «Un dato – evidenzia Battistoni – che spinge la forte domanda di biologico e che rende l’Italia del settore vitivinicolo sempre più green».

Gli investimenti delle aziende

Nel 2020, 4 bottiglie di vino su 100 vendute erano biologiche e questi numeri sono in costante aumento, tanto che gli operatori complessivi del settore vitivinicolo biologico raggiungono quasi le 25mila unità. «A VeronaFiere ho potuto apprezzare – commenta Battistoni – i grandi investimenti che le cantine stanno adottando per diversificare i prodotti, unendo alla bottiglia tradizionale sempre più etichette biologiche e sostenibili. Un impulso che va ad incidere positivamente sui consumi interni ma anche e soprattutto sull’export». «Il contributo del vino biologico – continua – sarà fondamentale per accelerare il processo di transizione ecologica permettendo all’Italia di essere in linea con gli obiettivi europei, offrendo ai consumatori sempre un prodotto di assoluta eccellenza e qualità». «Anche perché come diceva Goethe – è la chiosa di Battistoni – La vita è troppo breve per bere vini mediocri».

Fonte: Ansa