Suolo e Salute

Mese: Settembre 2021

IL FUTURO DEL CIBO BIO ALLA ORGANIC FOOD CONFERENCE 2021

IL FUTURO DEL CIBO BIO ALLA ORGANIC FOOD CONFERENCE 2021

In programma dal 30 settembre al 1 ottobre a Varsavia. La conferenza può essere seguita in diretta streaming dagli utenti registrati

Via alla Organic Food Conference 2021. La conferenza biennale sugli alimenti biologici di IFOAM Organics Europe si svolgerà dal 30 settembre al 1 ottobre a Varsavia e potrà essere seguita in diretta streaming (per registrarsi cliccare su questo link).

Il focus sulla trasformazione

La nuova edizione dell’evento, lanciata con il motto “Il futuro del cibo biologico” è organizzata in collaborazione con la Pize (Polish Chamber of Organic Food), la Camera Polacca dell’Alimentazione Biologica ed è rivolta soprattutto ai trasformatori di alimenti biologici, i dettaglianti, i commercianti, gli importatori e gli organismi di controllo.

Il programma

Questi gli argomenti in programma:

  • Green Deal europeo. Come raggiungere l’obiettivo del 25% di terreni biologici entro il 2030;
  • I cambiamenti attesi nel nuovo regolamento Ue sul biologico;
  • Packaging dei prodotti biologici, cosa cambia; e
  • progetto ProOrg sulla trasformazione, gli aggiornamenti;
  • in collaborazione con FoodShift2030 verranno presentate delle case history che hanno ispirato modelli di business biologici di successo.

Come nelle precedenti edizioni, i rappresentanti del settore, i politici e i partecipanti avranno l’opportunità di fare rete, condividere le conoscenze e ottenere approfondimenti sullo sviluppo della supply-chain, sulle tendenze del mercato e molto altro.

QUI è possibile scaricare il programma completo. Si tratta di un evento a pagamento con tariffe ridotte per i membri di IFOAM Organics Europe e PIZE, studenti e agricoltori.

Ulteriori informazioni a questo LINK.

Fonte: Sinab

UN BIODISTRETTO CHE COPRE TUTTA LA PROVINCIA DI TRENTO

UN BIODISTRETTO CHE COPRE TUTTA LA PROVINCIA DI TRENTO

Sarà istituito dopo il referendum del 26 settembre. Un sondaggio della società Xyz Field testimonia il grado di consapevolezza dei cittadini della Provincia autonoma: per più del 70% dei trentini fiducia nel biologico

Un unico biodistretto o più di uno? La provincia di Trento ha di recente aggiornato la normativa locale sul biologico. Una riforma (la precedente legge era del 2003) fortemente voluta dall’assessore provinciale Giulia Zanotelli, per recepire le norme europee, promuovere la valorizzazione dell’agricoltura biologica, migliorare il sistema di vigilanza e sostenere i distretti biologici.

Il comitato promotore

Creando le condizioni per costituirne uno nuovo di zecca, il Biodistretto del Trentino, proposto da un comitato di cui fa parte anche Andreas Fernandez, presidente della Commissione consiliare per l’ambiente, l’agricoltura, la mobilità e la vivibilità urbana del comune di Trento.

Il referendum per la sua costituzione è previsto il prossimo 26 settembre e coinvolgerà tutta la popolazione della Provincia autonoma.

Il quesito referendario

l quesito referendario propone: «Volete che, al fine di tutelare la salute, l’ambiente e la biodiversità, la Provincia Autonoma di Trento disciplini l’istituzione su tutto il territorio agricolo provinciale di un distretto biologico, adottando iniziative legislative e provvedimenti amministrativi – nel rispetto delle competenze nazionali ed europee – finalizzati a promuovere la coltivazione, l’allevamento, la trasformazione, la preparazione alimentare e agroindustriale dei prodotti agricoli prevalentemente con i metodi biologici, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo 228/2001, e compatibilmente con i distretti biologici esistenti?»

I dubbi, fuori e dentro al bio

Una copertura provinciale totale che rappresenterebbe un precedente unico per il nostro Paese e che ha sollevato qualche dubbio tra gli operatori agricoli trentini non bio, ma anche all’interno dei biodistretti già esistenti (Trento, Valle dei Laghi e Valle di Gresta), che temono di perdere la loro specificità (e il motivo della loro stessa esistenza).

Obiezioni che Fernandez rispedisce al mittente sostenendo: «in gioco c’è il destino, sostenibile o meno, del nostro territorio». «Bio significa anche trovare delle alternative alle monocolture intensive: noi immaginiamo un territorio più attento alla biodiversità che diversifichi la propria produzione, con una particolare attenzione alla salubrità dei processi e alla riduzione dell’utilizzo di trattamenti con agrofarmaci di sintesi».

«Rispetto al resto d’Italia -ribadisce il Consigliere trentino -, dove il biologico sta crescendo, qui siamo ancora molto indietro visto che il bio provinciale non supera il 6% della superficie agraria».

Un recente sondaggio effettuato dalla società Xyz Field ha voluto testare il grado di consapevolezza dei cittadini trentini e, secondo i ricercatori, i risultati indicano «un rapporto molto stretto e profondo con il mondo del biologico per i trentini».

I risultati del sondaggio

Il 66% degli intervistati ha infatti saputo scegliere la corretta definizione di prodotto biologico (“prodotto certificato che si ottiene senza utilizzare fertilizzanti, pesticidi e fertilizzanti chimici e industriali”).

Il grado di fiducia nei confronti del bio è molto alto in Trentino (73%), un dato che si traduce nel pratico con una percentuale che arriva quasi al 68% di persone che acquistano sovente (17,2% ‘sempre’ e 52,5% ‘qualche volta’) prodotti biologici.

Chi acquista biologico in Trentino lo fa principalmente perché ritiene i prodotti “più sani” (nel 63,3% dei casi), di “maggiore qualità” (32,3%), perché “salvaguardano l’ambiente e gli ecosistemi (30,2%) e per il loro “sapore” (19,4%). Interessante analizzare anche le ragioni che spingono al ‘non acquisto’ la percentuale di trentini che compra raramente (14,3%) o mai (16%) prodotti bio: in questa categoria il 44,5% delle persone “non crede nel biologico” ma ben il 23,6% non acquista biologico perché “consuma prodotti del suo orto o dell’orto di amici e parenti”. Importante la percentuale anche di chi non compra bio per il prezzo troppo elevato (22%).

Parlando della transizione verso il biologico poi, i cittadini hanno messo al primo posto per importanza l’idea che «è compito di tutti proteggere l’ambiente». Fondamentale per i trentini anche “tutelare la salute”, “difendere la biodiversità” e “preservare le risorse idriche”.

In tutto per l’analisi effettuata da Xyz Fieldsono state interpellati 600 residente della Provincia Autonoma di Trento che hanno risposto ad un questionario online.

Fonte: il dolomiti

STOP AL SEME IN DEROGA, ALLARME PER CEREALI E LEGUMINOSE BIO

STOP AL SEME IN DEROGA, ALLARME PER CEREALI E LEGUMINOSE BIO

Dal 2022 non sarà più possibile utilizzare seme convenzionale per 17 colture importanti tra cui frumento duro e tenero, ma solo il 5% delle superfici sementiere sono dedicate a queste produzioni. Cia Agricoltori italiani lancia un progetto per favorire gli accordi interprofessionali ma chiede al Mipaaf più impegno nel piano annunciato più di un anno fa

Addio deroga automatica per la semente non certificata bio. Già oggi per erba medica e trifoglio alessandrino non si può più utilizzare seme prodotto con tecniche convenzionali, un vincolo che potrebbe valere dall’anno prossimo per altre 15 colture importanti per la nostra agricoltura bio. Un elenco che comprende frumento duro e tenero, avena, farro, orzo e leguminose come lenticchia e fava, ecc.

Più programmazione

Dall’anno prossimo cambia anche il tempo utile concesso ai sementieri per fornire il materiale di propagazione richiesto. Ora è solo di 5 giorni, un termine talmente stretto da determinare, per l’appunto, una deroga automatica, dal 2022 sarà esteso a un anno, spingendo gli agricoltori ad una migliore programmazione delle semine.

Il problema è che in Italia il seme biologico continua ad essere decisamente insufficiente. Solo poco più del 5% della superficie sementiera nazionale è infatti destinata alle produzioni senza chimica di sintesi. Si tratta di quasi 11mila ettari sui 203mila complessivi riservati all’attività di moltiplicazione del seme. Questo vuol dire che, per la maggior parte delle colture, sono disponibili soltanto poche nuove varietà adatte al bio, spesso decisamente più costose.

Il progetto lanciato al Sana

Difficoltà a cui intendono rispondere Cia-Agricoltori Italiani e Anabio con l’iniziativa “Progetto Sementi Biologiche” lanciato nel corso dell’ultima edizione del Sana di Bologna.

Un’iniziativa che mira a migliorare e accrescere la disponibilità e la qualità di sementi bio, attraverso la promozione di accordi interprofessionali con le ditte sementiere. «Occorre però, spiegano da Cia Agricoltori Italiani, che anche il Ministero delle Politiche agricole faccia la sua parte avviando finalmente il Piano nazionale di ricerca per le sementi biologiche».

Una sfida decisiva

«La strategia Farm to fork – ricorda Federico Marchini, presidente di Anabio – impegna l’Unione europea a raggiungere il 25% di superficie agricola bio entro il 2030. In questo contesto quella delle sementi bio è una delle sfide più importanti».

Per non rallentare la crescita del bio (2 milioni di ettari in Italia per un valore alla produzione di 3 miliardi di euro), bisogna far decollare nello stesso modo il comparto sementiero, per chiudere la filiera e contribuire nel migliore dei modi alla tutela della biodiversità e, quindi, della salute della terra.

Una svolta non più derogabile per guardare con ottimismo alla scadenza del 2036, quando non sarà più possibile fare ricorso al sistema delle autorizzazioni in deroga per nessuna coltura.

Digitalizzare la Banca dati sementi

Anche perché gli strumenti per raggiungere questo obiettivo ci sono: la Banca Dati Sementi, operativa dal 2019 e che al momento contiene 878 varietà, va riformata e digitalizzata. «è però altrettanto necessario -mettono in evidenza da Cia Agricoltori italiani – che il Ministero delle Politiche agricole acceleri sulla definizione e sul finanziamento di un nuovo Piano nazionale per le sementi biologiche, annunciato da oltre un anno, ma ancora bloccato nell’iter amministrativo».

G20, LA CARTA DI FIRENZE DIMENTICA LA PAROLA “BIOLOGICO”

G20, LA CARTA DI FIRENZE DIMENTICA LA PAROLA “BIOLOGICO”

Un documento pieno di buoni propositi sul fronte della sostenibilità da raggiungere soprattutto attraverso l’innovazione conclude il vertice presieduto dal nostro Paese che ha messo a confronto le 20 agricolture più sviluppate al mondo.

«Chiederò che si sottoscriva una vera carta della sostenibilità in agricoltura da parte di tutti i Paesi membri, e di tutte le organizzazioni». Il ministro dell’agricoltura Stefano Patuanelli lo aveva promesso alla vigilia del G20 dell’agricoltura e sabato 18 settembre (evitando così per un giorno la scaramanzia del venerdì 17) è stato di parola.

Impegni sul fronte climatico

Al termine dei 4 giorni del vertice presieduto dal nostro Paese le 20 agricolture più sviluppate del pianeta hanno infatti sottoscritto assieme la “Carta di Firenze”.

Un documento lungo cinque pagine e diviso in 21 punti per definire la direzione delle azioni da intraprendere sul fronte dell’agricoltura e dell’alimentazione per raggiungere la sicurezza alimentare e la nutrizione per tutti e a garantire sistemi alimentari sostenibili e resilienti, «senza lasciare indietro nessuno».

«Il G20 – ha affermato Patuanelli – non può essere solo un momento in cui si parla, ma un prezioso appuntamento in cui ci si impegna».

«Da parte nostra – ha aggiunto – c’è una grande volontà d’impegno nel proseguire nel percorso di sostenibilità».

Secondo il ministro: «l’innovazione, la meccanizzazione, l’agricoltura di precisione sono strumenti che i nostri agricoltori stanno già utilizzando ma che occorre diffondere ulteriormente».

Una crescita che deve caratterizzare l’agricoltura mondiale, perché la transizione ecologica e la neutralità climatica sono obiettivi che si possono raggiungere solo se c’è comunione d’intenti. «L’Italia può fungere da battistrada».

Patuanelli: «In Italia Possiamo arrivare al 30% di bio»

Alla vigilia del vertice il ministro Patuanelli aveva anche portato come esempio positivo i record italiani nel  biologico. «L’agricoltura italiana è pronta ad essere sostenibile: in Italia abbiamo già il 15% di superficie biologica che potrà essere implementato con le risorse della nuova Pac fino al 30%, ben oltre quindi agli obiettivi della strategia Farm to Fork».

Nella carta di Firenze, scritta in inglese, la parola organic (biologico) però non è stata inserita. L’obiettivo dichiarato dal documento è quello di sviluppare «un’agricoltura moderna, economicamente sostenibile che generi un reddito stabile e gratificante e crei lavoro dignitoso e di qualità e opportunità per imprenditori e lavoratori agricoli, per le loro famiglie e le comunità rurali».

Più ricerca e formazione

Nel comunicato finale del G20 i Ministri si impegnano a promuovere la ricerca e l’innovazione per aumentare la resilienza e la sostenibilità dei sistemi agricoli e alimentari e per mitigare e adattarsi ai cambiamenti climatici e arrestare e invertire la perdita di biodiversità migliorando la resistenza di piante e animali a malattie, parassiti e stress abiotici.

«Sosterremo lo sviluppo delle competenze nella produzione sostenibile attraverso la formazione e i servizi di consulenza per i produttori».

«Sottolineiamo l’importanza della trasformazione digitale in agricoltura, promuoveremo investimenti in ricerca e sviluppo e trasferimento di conoscenze agli agricoltori».

I ministri dei 20 Stati che rappresentano i due terzi del commercio e della popolazione mondiale si affidano perciò soprattutto alle tecnologie innovative per ottenere l’aumento della produttività in modo sostenibile, aiutando i Paesi a produrre cibo sotto gli effetti dei cambiamenti climatici».

Noi invece continuiamo a pensare che il modo migliore per affrontare e mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici sia quello di cambiare paradigma nel modo di produrre in agricoltura, sostenendo la crescita del biologico e investendo sì in ricerca e formazione, ma soprattutto nel bio.

Fonte: Ruminantia

IL BIOLOGICO LA SPUNTA E CONQUISTA IL PRIMO PILASTRO

IL BIOLOGICO LA SPUNTA E CONQUISTA IL PRIMO PILASTRO

Ecoschemi, nella proposta definita dal ministro Stefano Patuanelli l’agricoltura biologica c’è. A meno di clamorosi ribaltoni assumerà un ruolo fondamentale nella definizione dei pagamenti diretti della Pac

Rush finale per la nuova Pac 2023-2027. Mentre a Bruxelles l’EuroParlamento vota (a larga maggioranza) i tre testi legislativi della nuova Politica agricola comunitaria, a Roma il ministro Stefano Patuanelli accelera nella predisposizione del Piano strategico nazionale (Psn), il documento che può assicurare, per la prima volta, una maggiore coerenza tra gli interventi delle diverse Regioni.

Adunanza digitale

Il secondo tavolo di partenariato, convocato in forma digitale dal ministro lo scorso 8 settembre, era particolarmente atteso (oltre 130 stakeholder erano collegati alla piattaforma del ministero) . All’ordine del giorno c’erano infatti le scelte del nostro Paese riguardo agli “ecoschemi”, ovvero gli schemi volontari per il clima e l’ambiente voluti da Bruxelles che, nella nuova programmazione della politica comunitaria, assicureranno un pagamento annuale per ettaro, aggiuntivo al pagamento di base, agli agricoltori che si impegnano a osservare pratiche agricole ecosostenibili.

Una novità più solida e vincolante rispetto al greening

Una novità che, nelle intenzioni del legislatore comunitario, dovrà essere decisamente più solida e vincolante del “greening” della vecchia Pac, anche perché assorbirà una quota consistente pari al 25% dei pagamenti diretti (parliamo di circa 907 milioni per l’agricoltura italiana), assumendo un ruolo decisivo nell’indirizzare le scelte tecniche degli agricoltori.

Una scelta, quella degli ecoschemi, non del tutto libera in realtà. L’Unione ha infatti elaborato all’inizio del 2021 un menù molto vasto – ma vincolante – di 41 pratiche agricole da cui attingere per le scelte nazionali.

Il documento predisposto dal ministro Patuanelli ne ha selezionati 7:

  1. pagamento per la riduzione del farmaco con l’obiettivo di riduzione dell’impiego di antimicrobici in zootecnia (Eco-1);
  2. premio per l’agricoltura biologica, per favorire la diffusione dell’agricoltura biologica (Eco-2);
  3. premio per la produzione integrata, per ridurre l’uso/rischio dei prodotti fitosanitari (Eco-3);
  4. premio all’inerbimento delle colture permanenti per contrastare il degrado del suolo (Eco-4);
  5. premio per la gestione sostenibile dei pascoli e prati permanenti in aree protette, per favorire la conservazione dei prati e dei pascoli (Eco-5);
  6. premio per l’avvicendamento colturale per aumentare lo stock di carbonio nei suoli (Eco-6);
  7. premio per la copertura vegetale ai fini della biodiversità, allo scopo di tutelare gli impollinatori e mantenere la biodiversità (Eco-7).

Biologico sugli scudi

Biologico e integrato sono gli unici ecoschemi che possono essere adottati su tutte le colture mentre la carbon farming è interpretata soprattutto nell’ottica dell’avvicendamento colturale. L’ecoschema del bio verrà attribuito come premio incentivante per ettaro di Sau condotta in agricoltura biologica e precede come variante la possibilità di attribuire premi aggiuntivi per le superfici inserite nelle aree Natura 2000 o ZNV (zone vulnerabili per i nitrati).

Il vaglio delle Regioni

La proposta del Ministero è ancora una bozza. Dovrà essere sottoposta al vaglio soprattutto delle Regioni, ma costituisce già una pietra miliare per le scelte nazionali, con una vittoria non scontata per il biologico.

Il vincolo che impone che gli ecoschemi siano diversi dagli impegni del secondo pilastro, quello dello Sviluppo Rurale, ha spinto infatti alcune Regioni a chiedere di non attivare l’ecoschema del bio, per il timore di perdere quella che fino ad oggi è risultata la misura più immediata ed efficace per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità (la misura 11 del Psr dedicata al biologico), proprio nel momento in cui una fette consistente della dotazione della Pac è vincolata all’obiettivo della transizione ecologica.

D’Elia: «La scelta del ministro Patuanelli non sia sabotata»

«Ringraziamo il ministro Patuanelli– commenta Alessandro D’Elia di Suolo e Salute – per l’attenzione che dedica al settore. Non attivare l’ecoschema del bio sarebbe grave soprattutto alla luce degli obiettivi della strategia Farm to Fork (riduzione del 50% dei pesticidi, crescita del biologico fino al 25% della superficie agraria europea entro il 2030)».

«Il documento predisposto dal ministero delle Politiche agricole ha sciolto nel modo migliore alcuni dei nodi più difficili della prossima Pac. Ci auguriamo che queste scelte non vengano sabotate e che si possa arrivare ad una veloce definizione del Psn entro il termine previsto di fine anno».

Fonte: Terra e Vita

SANA 2021: DATI E IMPRESSIONI SU UN EVENTO DA RIDISEGNARE

SANA 2021: DATI E IMPRESSIONI SU UN EVENTO DA RIDISEGNARE

Un’edizione dinamica e partecipata, quella di SANA 2021, almeno dal punto di vista degli organizzatori, arricchita da sinergie interne e dallo svolgimento in contemporanea, di eventi esterni generatori di valore.


Si tratta della 33esima edizione, ma anche della prima post pandemia, che riapre i battenti con fiducia e dati di mercato incoraggianti.

 

Quasi 50.000 le presenze raggiunte, tra operatori, buyer, distributori e altre figure di settore; professionisti che hanno popolato le giornate, partecipando a iniziative in presenza e digitali, nello sviluppo di nuovi contatti, occasioni di scambio e informazione.

 

Eventi interni, quali Rivoluzione Bio e Osservatorio SANA, hanno messo in luce il coinvolgimento di un numero sempre più elevato di interlocutori e consumatori del comparto. 4.573 milioni di euro, il valore del mercato bio attestato nel 2020, affiancato ad un export di prodotti biologici, Made in Italy, di circa 2.900 milioni.

 

Un salone che con slancio moltiplica le iniziative in Italia e verso l’estero: con SANA BUSINESS DAYS ad Amburgo, programmato per giugno 2022, base d’ingresso per il mercato tedesco; unito alla collaborazione sul versante Food, con l’associazione  tedesca Naturland, per la promozione del Bio italiano sui mercati esteri.

 

Momenti di riflessione significativi, sono stati forniti anche da SANATECH, che ha riscosso entusiasmi per la sua sfera di specificità, dedicata alla filiera della produzione agroalimentare e zootecnica bio. Preceduta, nei primi giorni di settembre, da SANA DIGITAL, piattaforma facilitatrice nei contatti tra operatori ed espositori, nazionali ed internazionali.

 

Non tutti vedono roseo nei dati di partecipazione e nell’organizzazione di SANA 2021. “Con spirito propositivo – commenta Alessandro D’Elia, Direttore Generale di Suolo e Salute – alla luce dei dati reali di partecipazione e del livello di organizzazione degli spazi, credo sia giunto il momento di rivedere in maniera concreta il format della manifestazione. La convegnistica, gli spazi e i servizi generali rivolti alle imprese, almeno a quelle legate al settore dell’alimentazione bio, da sempre l’anima dell’evento e inspiegabilmente più penalizzate in questa 33° edizione, devono essere completamente riconsiderati. Da una parte c’è la potenzialità delle aziende bio e dall’altra la professionalità di Bologna Fiere, insieme – continua D’Elia – possiamo rilanciare l’evento e renderlo degno del biologico italiano”.

 

Un’edizione di ritorno in presenza, quindi, vetrina nazionale e internazionale necessaria, in un momento di consolidamento verso una crescita strutturale del comparto.
Un incontro di riferimento per la comunità del settore, che dà appuntamento per la 34esima edizione, dall’8 all’11 settembre 2022, sempre a Bologna.

 

Fonte: Sana