Suolo e Salute

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IL PROSECCO PIACE SE È SOSTENIBILE

IL PROSECCO PIACE SE È SOSTENIBILE

In Italia il 28% dei consumatori sceglie il Prosecco in base alla presenza di attributi green (come il bio e il marchio di sostenibilità). All’estero l’interesse è ancora maggiore: 32% in Germania, 36% in Svezia e 40% negli Usa. É quanto emerge dall’originale analisi di Nomisma per il Consorzio di Tutela della doc Prosecco presentata in occasione della 55° edizione del Vinitaly.

Il biologico rappresenta, insieme alla sostenibilità, uno dei principali driver di acquisto del Prosecco. Un trend che coinvolge trasversalmente – seppur con entità diverse – i consumatori di tutti i principali mercati di riferimento del principe delle bollicine italiane. Nello specifico, in Italia il 28% dei consumatori sceglie il Prosecco da consumare proprio sulla base della presenza di attributi green (come il bio e la sostenibilità ambientale e sociale). All’estero l’interesse è ancora maggiore: si va dal 32% dei consumatori tedeschi per arrivare al 36% di quelli svedesi e al 40% di quelli statunitensi.

È quanto emerge dal sistema di survey che Wine Monitor Nomisma conduce da anni per il Consorzio di Tutela della doc Prosecco. Lo scopo è quello di monitorare i comportamenti di consumo del Prosecco nei principali mercati mondiali e valutare le potenzialità di sviluppo del vino spumante più venduto nel mondo, tra cui quelle legate alla certificazione di sostenibilità. Lo studio è stato presentato in occasione della 55a edizione della kermesse veronese.

La diffusione e la percezione dei vini sostenibili

In Italia il 9% dei consumatori di spumanti ha acquistato negli ultimi 12 mesi un vino certificato l’identikit dell’acquirente è ben definito: millennials, di genere maschile con titolo di studio e reddito elevato. Tali caratteristiche socio-demografiche si ritrovano anche in Germania e Svezia, dove la quota di soggetti che consumano vini sostenibili è più elevata rispetto all’Italia (in particolare nel caso del Paese Scandinavo) e pari rispettivamente al 10% e 15%.

Dalle consumer survey condotte da Wine Monitor Nomisma per il Consorzio di Tutela della DOC Prosecco emerge anche la migliore reputazione di cui godono questi vini. Si tratta, infatti, di prodotti che secondo i consumatori presentano un maggior rispetto dell’ambiente ma anche una maggiore tracciabilità, così come un più alto rispetto per lavoratori e cittadini. La sostenibilità non è difatti solo sinonimo di maggiore attenzione all’ambiente ma presenta anche forti connotati di natura sociale.

Opportunità da cogliere in Germania, Regno Unito e Usa

«Nomisma – dichiara Emanuele Di Faustino, Responsabile Industria, Retail e Servizi del centro sudi bolognese-  supporta da anni il Consorzio di Tutela della doc Prosecco e le aziende consorziate con originali analisi di market intelligence».

«Lo studio presentato a Vinitaly – continua – dimostra che il bio e la sostenibilità rappresentano un driver per valorizzare ulteriormente questa denominazione a livello globale». «In Germania, ad esempio, si collocano al secondo posto tra i fattori che potrebbero motivare a spendere di più per una bottiglia di Prosecco con una quota del 25%, valore che sale al 29% tra i consumatori degli USA, primo mercato di destinazione del Prosecco».

Nel Regno Unito (seconda destinazione del Prosecco) il 39% dei consumatori pensa che i vini bio & sostenibili saranno tra i più rilevanti trend di consumo dei prossimi 2/3 anni, tale quota sale al 47% negli Stati  Uniti e al 49% in Germania, rispettivamente primo e terzo mercato di export per il Prosecco doc.

Per soddisfare le esigenze, sempre più evolute, dei consumatori di tutto il mondo, il sistema Prosecco da anni investe per incrementare il livello di sostenibilità ambientale e sociale della denominazione.

NASCE IL NUOVO BIODISTRETTO DEL PROSECCO

NASCE IL NUOVO BIODISTRETTO DEL PROSECCO

Promosso dal Consorzio del Conegliano Valdobbiadene Docg assieme ad altri 9 soci, interessa 15 Comuni, 150 soci di cui 52 aziende vitivinicole. Salgono così a sei i biodistretti attivi nel Veneto

«Le priorità del sistema Prosecco è la certificazione ambientale, il biologico ed essere apripista di buone pratiche agricole».

Lo ha detto il Presidente del Veneto Luca Zaia al Castello di San Salvatore a Susegana (Treviso), a margine dell’evento di celebrazione del sessantesimo anniversario del Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg.

Il progetto di sostenibilità del Consorzio

Consorzio che, come spiega il direttore Diego Tomasi sulle pagine di VVQ, Vigne, Vini & Qualità di dicembre è attivamente impegnato nella nascita del nuovo biodistretto, un progetto che interessa i 15 Comuni dell’area del Prosecco di Conegliano Valdobbiadene per l’intera superficie, più larga rispetto alla Docg. I soci fondatori sono 150 (integralmente bio), di cui 52 aziende del vino, sia produttori che trasformatori, oltre 100 aziende agricole tra i comparti di ortofrutta, cereali, caseifici, piante aromatiche, zootecnia e selvicoltura. I soci promotori, tra cui il Consorzio, sono una decina.

Una quota bio oltre al 7%

Il progetto del Biodistretto ha subito una battuta d’arresto con la pandemia, ma adesso è in dirittura d’arrivo. L’area del Conegliano Valdobbiadene vanta una superficie biologica certificata pari al 7,2% dell’intera superficie agricola; in Veneto la media Bio è di 4,9%. Sono in fase di presentazione i documenti di richiesta (statuto, atto costitutivo, modulo adesione) e in tre mesi la Regione può approvarlo. Il Pnrr metterà a disposizione ai bio-distretti 24 milioni di euro. Spesso i progetti Ue, nazionali e regionali privilegiano i bio-distretti.

I biodistretti veneti

Lo scopo principale è di promuovere la cultura del biologico, la sostenibilità, la ricerca, lo sviluppo e l’informazione. Il nuovo Biodistretto del Prosecco si aggiunge agli altri già attivi in Veneto:

  • BioVenezia;
  • Biodistretto Colli Euganei;
  • BioAltopiano;
  • BioVerona;
  • Biodistretto pedemontano vicentino.
L’ESPERIENZA DELL’AZIENDA VITIVINICOLA LE BAITE, TRA LE PRIME CERTIFICATE DA SUOLO E SALUTE

L’ESPERIENZA DELL’AZIENDA VITIVINICOLA LE BAITE, TRA LE PRIME CERTIFICATE DA SUOLO E SALUTE

Stefano Baldessin, enologo/viticoltore pioniere del metodo biologico ha creato con la sua azienda Le Baite di Basalghelle di Mansuè (Tv) un’isola verde nel mare del Prosecco

Stefano Baldessin è un motivato pioniere del metodo biologico fin dalle origini e l’azienda Le Baite di Basalghelle di Mansuè (Tv), ancor prima di essere vitivinicola, è da sempre un esempio di ricerca esasperata del massimo grado di ecosostenibilità, un modello ante litteram di economia circolare. La versione digitale del mensile VVQ di Edagricole ha pubblicato un ampio reportage su questa realtà da sempre vicina a Suolo e Salute.

L’insegnamento del professor Garofalo

In questa realtà di 13 ettari situata vicino alle rive del fiume Livenza, al confine tra Veneto e Friuli, la vite è sempre stata coltivata, ma il padre Rino Baldessin aveva puntato dapprima sull’allevamento da latte per realizzare un ciclo chiuso in anticipo sui tempi. Fin dagli anni ’80 dello scorso secolo i Baldessin avevano infatti aderito con entusiasmo all’agricoltura organico-minerale, un modello antesignano del bio teorizzato dal professor Francesco Garofalo, fondatore nel marzo 1969 dell’Associazione Suolo e Salute. I formaggi freschi e naturali trasformati da Rino direttamente in azienda con soluzioni tecnologiche originali e venduti con il marchio Le Baite hanno saputo imporre un nuovo stile alimentare attento alla natura e alla salute poi imitato anche da altri brand decisamente più attrezzati, prima che la globalizzazione e le scelte politiche sulle quote produttive mettessero in crisi il settore del latte.

Stefano ha guidato la svolta con la coraggiosa scelta di convertire la stalla e il caseificio in cantina, trasferendo anche nel vino lo stesso modello di ciclo chiuso per realizzare tutta la produzione (coltivazione, vinificazione, presa di spuma) in azienda, nel massimo rispetto dei dettami dell’agricoltura biologica. Le Baite, infatti, è stata una delle prime aziende agricole a credere in questo modello di certificazione, come testimonia lo stesso numero dell’attestato: 00091, uno dei primi rilasciati dall’ente “Suolo e Salute”.

Un’isola verde nel mare del Prosecco

L’azienda vitivinicola Le Baite prende il nome da un vicino convento benedettino e ha i fianchi coperti da  due sorprendenti aree naturali:

  • il bosco di Baselghelle, un sito con un grande valore naturalistico perchè rappresenta l’ultimo “relitto” delle grandi foreste planiziali che occupavano questa regione prima dell’intervento umano;
  • i Prà dei Gai, un ampio bacino di espansione di 400 ettari, realizzato dalla Serenissima per assorbire le piene del Livenza, tutt’ora coperto da prati e incolti, tra l’ameno borgo medievale di Portobuffolè, uno dei più belli d’Italia, e l’abitato di Mansuè.

Un’isola verde risparmiata dagli eccessi dell’antropizzazione. Baselghelle è il baricentro di una delle più estese doc italiane, quella del Prosecco Doc. Una denominazione di successo in cui però, nonostante l’esempio di realtà come l’azienda Le Baite, il biologico non ha mai preso veramente piede. Colpa di “San” Prosecco, una benedizione calata dall’alto di cui ha giovato tutto l’esteso territorio che va da Trieste fino alle porte di Padova, che ha spinto tanti fortunati produttori a concentrarsi più sul vitigno che sul territorio o sul metodo di produzione.

Biodiversità varietale

Non è così per Baldessin: nella sua azienda la Glera non ha cannibalizzato le altre varietà e costituisce solo una parte minoritaria della superficie aziendale, arrivando al 50% dei vigneti solo se si sommano gli altri vitigni a bacca bianca Chardonnay e Verduzzo. Il restante 50% è a bacca rossa: Merlot di cloni diversi, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Carmenère e l’autoctono Raboso Piave. Il tutto dà origine a 13 etichette certificate biologiche e vegane, senza solfiti aggiunti, nelle diverse tipologie:

  • Bollicine (dove il Prosecco nelle tre versioni Brut, ExtraDry e frizzante è affiancato da Idem, uno spumante Brut rosè ottenuto da Raboso);
  • i Monovitigno di Verduzzo, Chardonnay, Merlot e Cabernet;
  • le Selezioni.

Queste ultime sono le produzioni limitate in cui Baldessin esprime tutta la sua propensione a sperimentare tecniche di vinificazione poco impattanti sull’ambiente e sulla salute dei consumatori. Barbaro è un taglio bordolese con aggiunta di Raboso, fermentato con lieviti autoctoni, sottoposto a follature manuali, e affinato in piccole botti di Rovere. Genium è un Raboso ottenuto da macerazione prolungata e invecchiato in tonneaux per 2/3 anni per arrotondare il tipico spunto “ruvido” dei tannini di questa varietà. Arcaico è un blend di Chardonnay e Verduzzo, un bianco parzialmente vinificato come un rosso, con una lenta fermentazione e un prolungato affinamento “sur lies” in piccole anfore di ceramica, dove Baldessin ha l’accortezza di evitare ossidazioni spinte («cerco più complessità e struttura, ma non voglio produrre orange wine che nascondono l’impronta del vitigno e del territorio»).

I pregi delle lunghe macerazioni

Una ricerca di equilibrio che caratterizza anche il 137Carmenère, ottenuto da uve di vecchie vigne sottoposte a lunga macerazione, metà in piccole vasche d’acciaio e metà nelle anfore di ceramica. «I polifenoli – spiega Stefano Baldessin – estratti durante la lunga macerazione, garantiscono longevità al vino, e la tenuta del colore anche invecchiamento».