L’ESPERIENZA DELL’AZIENDA VITIVINICOLA LE BAITE, TRA LE PRIME CERTIFICATE DA SUOLO E SALUTE

Stefano Baldessin, enologo/viticoltore pioniere del metodo biologico ha creato con la sua azienda Le Baite di Basalghelle di Mansuè (Tv) un’isola verde nel mare del Prosecco

Stefano Baldessin è un motivato pioniere del metodo biologico fin dalle origini e l’azienda Le Baite di Basalghelle di Mansuè (Tv), ancor prima di essere vitivinicola, è da sempre un esempio di ricerca esasperata del massimo grado di ecosostenibilità, un modello ante litteram di economia circolare. La versione digitale del mensile VVQ di Edagricole ha pubblicato un ampio reportage su questa realtà da sempre vicina a Suolo e Salute.

L’insegnamento del professor Garofalo

In questa realtà di 13 ettari situata vicino alle rive del fiume Livenza, al confine tra Veneto e Friuli, la vite è sempre stata coltivata, ma il padre Rino Baldessin aveva puntato dapprima sull’allevamento da latte per realizzare un ciclo chiuso in anticipo sui tempi. Fin dagli anni ’80 dello scorso secolo i Baldessin avevano infatti aderito con entusiasmo all’agricoltura organico-minerale, un modello antesignano del bio teorizzato dal professor Francesco Garofalo, fondatore nel marzo 1969 dell’Associazione Suolo e Salute. I formaggi freschi e naturali trasformati da Rino direttamente in azienda con soluzioni tecnologiche originali e venduti con il marchio Le Baite hanno saputo imporre un nuovo stile alimentare attento alla natura e alla salute poi imitato anche da altri brand decisamente più attrezzati, prima che la globalizzazione e le scelte politiche sulle quote produttive mettessero in crisi il settore del latte.

Stefano ha guidato la svolta con la coraggiosa scelta di convertire la stalla e il caseificio in cantina, trasferendo anche nel vino lo stesso modello di ciclo chiuso per realizzare tutta la produzione (coltivazione, vinificazione, presa di spuma) in azienda, nel massimo rispetto dei dettami dell’agricoltura biologica. Le Baite, infatti, è stata una delle prime aziende agricole a credere in questo modello di certificazione, come testimonia lo stesso numero dell’attestato: 00091, uno dei primi rilasciati dall’ente “Suolo e Salute”.

Un’isola verde nel mare del Prosecco

L’azienda vitivinicola Le Baite prende il nome da un vicino convento benedettino e ha i fianchi coperti da  due sorprendenti aree naturali:

  • il bosco di Baselghelle, un sito con un grande valore naturalistico perchè rappresenta l’ultimo “relitto” delle grandi foreste planiziali che occupavano questa regione prima dell’intervento umano;
  • i Prà dei Gai, un ampio bacino di espansione di 400 ettari, realizzato dalla Serenissima per assorbire le piene del Livenza, tutt’ora coperto da prati e incolti, tra l’ameno borgo medievale di Portobuffolè, uno dei più belli d’Italia, e l’abitato di Mansuè.

Un’isola verde risparmiata dagli eccessi dell’antropizzazione. Baselghelle è il baricentro di una delle più estese doc italiane, quella del Prosecco Doc. Una denominazione di successo in cui però, nonostante l’esempio di realtà come l’azienda Le Baite, il biologico non ha mai preso veramente piede. Colpa di “San” Prosecco, una benedizione calata dall’alto di cui ha giovato tutto l’esteso territorio che va da Trieste fino alle porte di Padova, che ha spinto tanti fortunati produttori a concentrarsi più sul vitigno che sul territorio o sul metodo di produzione.

Biodiversità varietale

Non è così per Baldessin: nella sua azienda la Glera non ha cannibalizzato le altre varietà e costituisce solo una parte minoritaria della superficie aziendale, arrivando al 50% dei vigneti solo se si sommano gli altri vitigni a bacca bianca Chardonnay e Verduzzo. Il restante 50% è a bacca rossa: Merlot di cloni diversi, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Carmenère e l’autoctono Raboso Piave. Il tutto dà origine a 13 etichette certificate biologiche e vegane, senza solfiti aggiunti, nelle diverse tipologie:

  • Bollicine (dove il Prosecco nelle tre versioni Brut, ExtraDry e frizzante è affiancato da Idem, uno spumante Brut rosè ottenuto da Raboso);
  • i Monovitigno di Verduzzo, Chardonnay, Merlot e Cabernet;
  • le Selezioni.

Queste ultime sono le produzioni limitate in cui Baldessin esprime tutta la sua propensione a sperimentare tecniche di vinificazione poco impattanti sull’ambiente e sulla salute dei consumatori. Barbaro è un taglio bordolese con aggiunta di Raboso, fermentato con lieviti autoctoni, sottoposto a follature manuali, e affinato in piccole botti di Rovere. Genium è un Raboso ottenuto da macerazione prolungata e invecchiato in tonneaux per 2/3 anni per arrotondare il tipico spunto “ruvido” dei tannini di questa varietà. Arcaico è un blend di Chardonnay e Verduzzo, un bianco parzialmente vinificato come un rosso, con una lenta fermentazione e un prolungato affinamento “sur lies” in piccole anfore di ceramica, dove Baldessin ha l’accortezza di evitare ossidazioni spinte («cerco più complessità e struttura, ma non voglio produrre orange wine che nascondono l’impronta del vitigno e del territorio»).

I pregi delle lunghe macerazioni

Una ricerca di equilibrio che caratterizza anche il 137Carmenère, ottenuto da uve di vecchie vigne sottoposte a lunga macerazione, metà in piccole vasche d’acciaio e metà nelle anfore di ceramica. «I polifenoli – spiega Stefano Baldessin – estratti durante la lunga macerazione, garantiscono longevità al vino, e la tenuta del colore anche invecchiamento».

 

 

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