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BALZO DELL’8% PER L’EXPORT DEL MADE IN ITALY BIO

BALZO DELL’8% PER L’EXPORT DEL MADE IN ITALY BIO

Lo registra Nomisma in occasione dell’ultimo focus Ita.Bio. In Europa il primo mercato per i nostri prodotti agroalimentari bio è la Germania, poi il Benelux e i Paesi nordici

Cresce l’export di prodotti bio Made in Italy nel mondo: nel 2023, si registra un aumento a valore del +8% sul 2022, con un peso del biologico sull’export agroalimentare italiano del 6%.

È quanto emerso nel corso del webinar “Internazionalizzazione del bio Made in Italy: focus Benelux”, organizzato nell’ambito del progetto Ita.Bio, la piattaforma online curata da Nomisma e promossa da ITA – Italian Trade Agency e FederBio Servizi, che fornisce dati e informazioni per l’internazionalizzazione del biologico italiano.

Il sondaggio tra le aziende esportatrici

L’analisi – presentata da Silvia Zucconi, Chief Operating Officer Nomisma, Evita Gandini, Responsabile Market Insight Nomisma ed Emanuele Di Faustino, Responsabile Industria Retail e Servizi Nomisma – ha messo in luce i seguenti aspetti:

 

  • Relativamente all’Europa, la Germania si conferma al primo posto come mercato di destinazione dei prodotti BIO italiani sia per quanto riguarda il food, con il 69% delle aziende intervistate che esporta bio in questo mercato, che il wine (66%);

 

  • Il Benelux (Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo) si colloca al secondo posto, con il 39% delle aziende food e il 52% di quelle vitivinicole, seguito a ruota dai paesi nordici, rispettivamente con il 31% e il 52%;

 

  • Il mercato del Benelux continua a mostrare una tendenza positiva di lungo periodo nei consumi di prodotti italiani BIO. In questo contesto, il vino e la pasta rappresentano i prodotti trainanti, seguiti da formaggi e olio extravergine di oliva.

Bussola orientata verso Nord

Le aziende interpellate dall’istituto di ricerche di mercato bolognese hanno anche citato i NOrdics, ovvero i Paesi scandinavi come destinazione d’elite, con il 31% delle aziende food e il 52% di quelle vitivjnicole presenti in questi mercati.

L’ITALIA PROMETTE PIÙ IMPEGNO SUL FRONTE DEL LEGAME TRA CIBO E CLIMA

L’ITALIA PROMETTE PIÙ IMPEGNO SUL FRONTE DEL LEGAME TRA CIBO E CLIMA

La sicurezza alimentare si basa sulla sostenibilità della produzione agroalimentare: l’intervento di Vincenzo Grassi, Rappresentante permanente d’Italia presso le Nazioni Unite, in occasione del Consiglio sui Diritti umani a Ginevra

Il forte rapporto di interdipendenza tra i cambiamenti climatici e la sicurezza alimentare è stato al centro dell’intervento del Rappresentante Permanente d’Italia presso le Nazioni Unite. A Ginevra l’Ambasciatore Vincenzo Grassi è intervenuto infatti al Consiglio Onu dei Diritti umani.

L’impatto del climate change

In particolare, nell’ambito del Dialogo Interattivo sul diritto al cibo, Grassi ha ribadito le preoccupazioni dell’Italia per «l’impatto dei cambiamenti climatici e dei conflitti sul diritto al cibo e sulla sicurezza alimentare, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo».

«Le crescenti disuguaglianze nella distribuzione del cibo – ha osservato il diplomatico – colpiscono in particolare le popolazioni indigene e le persone povere e vulnerabili».

Al riguardo Grassi ha ricordato che la Dichiarazione di Matera, adottata durante la Presidenza italiana del G20, ha riconosciuto per la prima volta che la sicurezza alimentare costituisce una priorità dell’agenda internazionale, evidenziando che «l’Italia attribuisce grande importanza al diritto di ogni persona a un’alimentazione quantitativamente e qualitativamente adeguata e sufficiente».

Ridurre fame e povertà

«L’attuale Presidenza italiana del G7 – ha rassicurato – continuerà ad occuparsi del nesso cibo-clima e a promuovere iniziative sulla sicurezza alimentare e sulla tutela dell’agrobiodiversità, favorendo diete sane e la trasformazione sostenibile dei sistemi agroalimentari».

«È con questi obiettivi- ha concluso l’Ambasciatore – che l’Italia, in stretta collaborazione con Fao, Ifad e Programma Alimentare Mondiale, continuerà a contribuire attivamente agli sforzi internazionali per ridurre la povertà e la fame nelle aree più svantaggiate del mondo».

LE FUGHE IN AVANTI NORMATIVE PENALIZZANO IL BIOLOGICO ITALIANO

LE FUGHE IN AVANTI NORMATIVE PENALIZZANO IL BIOLOGICO ITALIANO

La nuova legge italiana dei controlli sul bio ci penalizza rispetto ai partner europei. Dal Biofach le considerazioni di Alessandro d D’Elia (Direttore generale di Suolo e Salute): «Serve un’armonizzazione delle norme di settore»

L’Italia è battistrada del biologico in Europa, ma le fughe in avanti normative possono compromettere quanto di buono è stato fatto finora sulla strada della sostenibilità della produzione agricola. Una riflessione che è emersa con chiarezza anche dall’ultima edizione di Biofach a Norimberga (Germania), dove Assocertbio ha organizzato un incontro sul tema della certificazione.

Legge sui controlli nel mirino

Un’assise da cui sono emerse numerose critiche riguardo alla nuova legge sui controlli nel bio (D. Lgs. N° 148 del 6.10.2023). Una legge che danneggia il settore perché, come avevamo già scritto qui: esaspera i giri di carte, ad esempio per le notifiche, introduce meccanismi perversi come quello del rating delle aziende e interviene su tariffe e sanzioni nonostante i dati mettano in luce che il settore sia in realtà tra i più virtuosi.

L’intervento di D’Elia

Al margine dell’iniziativa di Assocertbio Alessandro D’Elia, direttore generale di Suolo e Salute ha rilasciato a Elena Consonni le considerazioni pubblicate dal sito Geenplanet.net.

«Per sostenere il biologico italiano – afferma D’Elia – serve una completa armonizzazione delle norme». «Quando si fanno le leggi nazionali – continua – bisogna sempre conoscere come gli altri Stati europei gestiscono i medesimi aspetti, per non creare sperequazioni tra i nostri agricoltori bio e quelli di altri Paesi Ue».

Le fughe in avanti sono infatti controproducenti. «Se le nostre leggi sono più restrittive, si rischia di mantenere i produttori italiani un passo indietro agli altri, di far perdere loro delle opportunità. La nostra proposta è che ci sia una armonizzazione vera delle norme dei singoli Paesi, al là dei Regolamenti comunitari».

 

Anche perché, come certifica il Report sui controlli dell’Ispettorato Centrale Repressione Frodi (Icqrf): «Il biologico dà garanzie importanti, ma deve essere messo nelle condizione di lavorare con serenità». «Nell’attuale situazione di mercato – sostiene D’Elia – non si possono disseminare paletti normativi ingiustificati che complicano la vita a enti certificatori e aziende». L’inasprimento del quadro sanzionatorio rischia infatti solo di allontanare i piccoli agricoltori dalla produzione bio. «Invece è proprio sul biologico e sulle produzioni di qualità che il nostro Paese dovrebbe puntare, perché non possiamo competere sui grandi numeri che riescono a fare altri Paesi europei».

BIOFACH E VIVANESS, IL CONSUNTIVO DELL’EDIZIONE 2024

BIOFACH E VIVANESS, IL CONSUNTIVO DELL’EDIZIONE 2024

35mila visitatori e 2550 espositori nonostante i morsi della crisi inflattiva. Alessandro D’Elia (Suolo e Salute): «Occorre sostenere e riconoscere il ruolo dei produttori bio per non disperdere il percorso green finora sostenuto dall’agricoltura europea»

A Norimberga è squillata l’adunata e il mondo del biologico ha risposto presente. Il bilancio diramato dall’ente fiera di Norimberga ha registrato infatti circa 35mila presenze di visitatori provenienti da 128 Paesi  al Biofach e alla correlata mostra sulla biocosmesi Vivaness  che si sono tenuti dal 13 al 16 febbraio 2024. Gli espositori sono arrivati invece a 2550 da 94 Paesi. Denso anche il panorama degli eventi, con 171 sessioni di alto livello attorno al tema centrale su “Cibo per il futuro: Donne e sistemi alimentari sostenibili” che ha attirato in sala quasi 700 ascoltatori.

Suolo e Salute presente in forze

«Un successo non scontato – mette in evidenza Alessandro D’Elia, direttore generale di Suolo e Salute- perché il settore del biologico è quello che soffre maggiormente per gli effetti della crisi inflattiva che comprime il potere di acquisto dei consumatori del Vecchio Continente».

Suolo e Salute, l’organismo di certificazione e controllo leader in Italia, ha partecipato in forze all’evento consolidando il numero delle visite al suo stand presso il Padiglione 4 dell’expo della cittadina bavarese. «La comunità internazionale degli alimenti biologici risponde alla forte pressione a cui è sottoposta in queste settimane l’agricoltura europea ribadendo la necessità di riconoscere e premiare quei modelli produttivi che si caratterizzano per il maggiore sforzo in favore della sostenibilità e della biodiversità».

Pretese che si pagano caro

La pretesa di chiedere meno controlli rispetto all’utilizzo di input e risorse non rinnovabili è un messaggio che il sistema primario europeo rischia di pagare a caro prezzo nel medio periodo in termini di identità e di reputazione.  «Nonostante le difficoltà economiche i produttori bio a Norimberga hanno invece risposto in maniera compatta, rivendicando il loro ruolo di protagonisti delle sfide più significative contro il cambiamento climatico e in favore dell’equità sociale». Nei numerosi incontri che si sono svolti in Fiera il bio ha infatti chiesto alle istituzioni e al settore della distribuzione maggiore sostegno per non disperdere il percorso green finora intrapreso.

Italia protagonista

Il nostro Paese è stato protagonista di questo confronto: Il sottosegretario Luigi D’Eramo ha riconosciuto in una nota che il Biofach è un importante vetrina internazionale per il biologico italiano, e ha ricordato con orgoglio il fatto di non essere lontani dall’obiettivo del 25% di superficie bio (siamo al 19%) mentre la media europea è ferma al 10%.

«L’incontro e il dialogo sono essenziali – commenta Petra Wolf, del comitato esecutivo della NürnbergMesse -, soprattutto in tempi turbolenti». « Gli operatori hanno interagito nei padiglioni espositivi, al congresso e in altre forme di dialogo come il nuovo punto d’incontro HoReCa – GV & Gastro, con un’attenzione al futuro e un grande slancio creativo e nelle sessioni del Sustainable FutureLab, interattivo e collaborativo, è emerso chiaramente che possiamo plasmare il futuro solo agendo insieme».

L’ ITALIA È LEADER NEL BIOLOGICO E NELL’OGM FREE

L’ ITALIA È LEADER NEL BIOLOGICO E NELL’OGM FREE

Coldiretti contesta la visione pessimista di Legambiente e dopo il rapporto sui pesticidi nel piatto mette in evidenza: «Nei cibi stranieri i residui chimici irregolari sono 10 volte superiori»

«L’Italia può contare sull’agricoltura più green d’Europa». È quanto afferma la Coldiretti nel commentare il report di Legambiente “Stop pesticidi nel piatto 2023” (vedi notizia precente) dalla quale emerge il primato dell’agricoltura nazionale nella sicurezza con il numero di campioni irregolari che scende all’1,62%.

I record del Belpaese

Sono infatti 5.547 le specialità ottenute secondo regole tradizionali protratte nel tempo per almeno 25 anni censite dalle Regioni, 325 specialità Dop/Igp/Stg riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg. Coldiretti mette anche in evidenza la decisione di non coltivare Ogm e la leadership nel biologico con circa 86mila aziende agricole.

Gli allarmi vengono da altrove

«Risultati che – sottolinea la Coldiretti in una nota stampa- confermano i dati dell’ultimo Rapporto pubblicato da Efsa secondo il quale i cibi e le bevande stranieri sono oltre dieci volte più pericolosi di quelli Made in Italy per quanto riguarda il numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari oltre i limiti di legge». Non a caso in Italia, continua la Coldiretti, oltre otto prodotti su dieci pericolosi per la sicurezza alimentare provengono dall’estero (86%) sulla base delle elaborazioni del sistema di allerta Rapido europeo (Rassf). Sul totale dei 317 allarmi rilevati nel 2022 – evidenzia Coldiretti – 106 scaturivano infatti da importazioni da altri Stati dell’Unione Europea (33%) e 167 da Paesi extracomunitari (53%) e solo 44 (14%) hanno riguardato prodotti con origine nazionale.

GLI ITALIANI PREFERISCONO IL BIOLOGICO

GLI ITALIANI PREFERISCONO IL BIOLOGICO

Il 40% degli italiani ha consumato alimenti bio almeno 3-4 volte nell’ultimo mese. È quanto emerge da uno studio dell’Università Cattolica di Piacenza, che lancia un progetto di ricerca sulle tecnologie omiche per migliorare la tracciabilità e il grado di riconoscibilità di questi prodotti

Nonostante i numerosi tentativi di imitazione, il biologico rimane al vertice delle scelte sostenibili dei consumatori italiani. Tanto che gli alimenti con il logo della fogliolina verde fanno breccia sulle nostre tavole: nell’ultimo mese il 40% degli italiani li ha infatti consumati almeno 3-4 volte a settimana; specie i giovani (62%), i laureati (47%), e le persone originarie delle regioni del Sud e Isole (48%).

L’affollamento dei loghi green

Sono alcuni dei dati resi noti in occasione del convegno “Il consumo di alimenti biologici e le relative certificazioni: fra innovazione scientifica e aspettative del consumatore” svolto al polo di Cremona dell’Università Cattolica di Piacenza. È emerso però che il consumatore non riesce a orientarsi tra i diversi loghi “green”, quindi può essere indotto in errore negli acquisti.

I best seller del bio, secondo l’indagine della Cattolica, sono uova fresche (consumate dal 69% degli italiani), ortaggi (66%) e frutta (62%), considerati salubri, naturali e rispettosi dell’ambiente, con meno pesticidi e prodotti con particolare attenzione alla sicurezza.

Tecnologie “omiche” per migliorare la tracciabilità

Per risolvere il problema della riconoscibilità l’Ateneo piacentino ha quindi lanciato il progetto di ricerca “Omic technologies for consumer food engagement: innovazione nella tracciabilità degli alimenti biologici e fiducia del consumatore“, assieme a EngageMinds Hub – Consumer, Food & Health Research Center, sull’impiego delle tecnologie omiche per tracciatura e valutazione nutrizionale delle verdure e della frutta biologiche. Le tecnologie omiche sono in grado di valutare se un prodotto alimentare è davvero biologico, sulla base di alcuni parametri non considerati dalle certificazioni “tradizionali”, ad esempio il modo in cui l’alimento è conservato e trasportato. La tracciabilità degli alimenti è uno strumento importante per garantirne qualità e sicurezza.

«Dallo studio – spiega Luigi Lucini, docente di Chimica agraria dell’Università Cattolica – emerge che la maggior parte degli italiani (79%) non ha mai sentito parlare delle tecnologie omiche applicate al cibo». «Tecnologico e biologico – ammette Guendalina Graffigna, direttrice di EngageMinds Hub – è un binomio che può suonare stridente per il consumatore, invece può essere la base di un’alleanza per migliorare la sicurezza di un alimento».