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LE MARCHE PRIMA REGIONE 100% BIO D’EUROPA

LE MARCHE PRIMA REGIONE 100% BIO D’EUROPA

La lista Rinasci Marche Mangialardi Presidente, candidata alle prossime regionali, ha un programma molto ambizioso: rendere le Marche la prima regione Europea 100% biologica. I due candidati della lista Francesca Petrini e Roberto Rubegni hanno presentato questa parte del programma in cui s’impegnano a sviluppare una nuova visione d’agricoltura regionale, che porterebbe le Marche, in un lasso di tempo congruo, dall’attuale 21% di incidenza del biologico sull’intera superficie agricola utilizzata, al 100% del totale. Una visione ottimistica, che oltre al buon proposito massimo, sicuramente è portatrice di enorme crescita per il comparto a beneficio dei consumatori e dell’ambiente.

La lista (formata da +Europa, Civici e Verdi) trova nelle parole del coordinatore regionale della Federazione Verdi Marche Gianluca Carrabs un’esplicativa introduzione i due candidati: “Se rifletto su un modello di sviluppo di questa regione penso a questi due professionisti e alla loro lungimiranza. Roberto Rubegni e Francesca Petrini, professionisti di chiara fama che hanno costruito la loro storia personale sulla valorizzazione delle eccellenze agroalimentari delle Marche. Qui c’è la sintesi della nostra terra, delle nostre colline, persone che hanno saputo tracciare un percorso. La sintesi che proponiamo per la nostra regione. La legge che ha istituito l’agricoltura biologica nelle Marche è partita con l’assessore dei Verdi Marco Moruzzi. Oggi proponiamo di estendere, con una legge regionale ad hoc, questo modello, a tutte le Marche, per diventare la prima Regione 100% Biologica d’Europa. Un valore assoluto che ci renderebbe più attrattivi non solo dal punto di vista agricolo, ma anche e soprattutto turistico. La sostenibilità, la qualità e la bellezza del nostro territorio vero e proprio vantaggio competitivo della nostra regione”.

fonte: adriaeco

Decreto Legislativo sui controlli del biologico approvato dal CdM: la posizione di Suolo e Salute

 controlli

Comunicato Stampa  n.4/2017   –  28.06.2017

L’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri dello schema di decreto legislativo recante “disposizioni di armonizzazione e razionalizzazione della normativa sui controlli in materia di produzione agricola e agroalimentare biologica” impongono a tutto il settore del biologico ed agli OO.d.c. autorizzati ad operare nello schema di certificazione una seria riflessione sui ruoli e sulle modalità di realizzazione del controllo così come delineati dal testo della norma adottanda.

Se per un verso, infatti, la riforma del D.Lgs 17 marzo 1995 n. 220 era atto necessario, appare fondamentale rivendicare oggi un ruolo da protagonista per gli OO.d.c. autorizzati che sul campo saranno poi chiamati – insieme agli operatori – ad applicare le nuove regole. Non può, quindi, che auspicarsi una concreta e fattiva concertazione tra tutti i soggetti coinvolti.

Da più parti, dopo l’adozione dello schema di D.Lgs., si sono sollevate perplessità su diversi punti della norma: molte sono condivisibili, altre meno pertinenti.
Ed anche Suolo e Salute srl, dal canto suo, ritiene di richiamare l’attenzione del settore su taluni punti davvero preoccupanti.

 Il comma 9 dell’art. 4 del testo approvato in CdM impedisce “… l’attività di controllo sul medesimo operatore per un periodo superiore a cinque anni …”.
La previsione appare illogica atteso che la validità e la efficacia di un sistema di controllo si incentra sulla (e si misura dalla raggiunta) positiva e virtuosa sinergia tra controllato e controllore. Da capire poi come gli OO.d.c. soggetti a migrazioni di migliaia di operatori controllati in ingresso ed in uscita, possano garantire l’efficacia, l’efficienza, la tempistica dei controlli ed il rispetto dei requisiti generali e specifici elencati a titolo esemplificativo, sia dalla ISO/IEC 17065:2012 sia dal Decreto 15 aprile 2013, n. 8799 (stabilità finanziaria, infrastrutture minime, adeguata struttura organizzativa, requisiti del personale, etc). Seri dubbi di costituzionalità, poi, investono la medesima previsione normativa che lede apertamente il caposaldo costituzionale della libertà di impresa; senza dire che l’imposta rotazione attenta chiaramente al principio della libera concorrenza.

Inoltre, stabilita la necessità di mutare o.d.c. ogni quinquennio, la previsione normativa nulla regola e si limita ad un mero auspicio (“… gli organismi di controllo favoriscono il passaggio degli operatori …”) per altro pleonastico dal momento che esiste già una specifica norma che regola il transito ad altro o.d.c. (D.M. n. 10071/2012).

Si deve, ancora, rilevare che non si coglie la necessità di tale drastico intervento sul sistema di certificazione che lo scorso anno – Report ICQRF attività 2016 – presenta un tasso di operatori irregolari del 7,4% con una percentuale di prodotti non conformi pari al 5,7%, ben al di sotto delle altre certificazioni regolamentate che marcano rispettivamente il 20,7% degli operatori ed il 22,9% dei prodotti per le denominazioni di origine dell’area food ed il 35,2% degli operatori ed il 23,6% dei prodotti per i vini, come evidenzia lo stesso report dell’ICQRF.

I dati certificano la sostanziale affidabilità del sistema di certificazione del biologico in atto nel nostro Paese e, quindi, non si riesce a comprendere la ragione di una siffatta normativa.
 L’art. 8 dello schema di D.Lgs. de quo prevede in rubrica “… sanzioni amministrative pecuniarie a carico degli organismi di controllo …” mentre i commi dell’articolo in esame chiaramente fanno riferimento a persone fisiche che svolgano funzioni di “… rappresentanza, amministrazione o direzione dell’organismo di controllo, o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia funzionale …”.

La previsione di legge licenziata dal CdM – sul punto – soffre di evidente contraddittorietà ed ambiguità, senza percepire la complessità del processo di certificazione che si articola in tanti processi operativi in successione tra di loro.
La letterale applicazione dei commi dell’art. 8 rischia di comminare una molteplicità di sanzioni a fronte di un unico evento e/o fatti: omissivi o potestativi che siano.

I costi a fronte di sanzioni – per gli OO.d.c. – rischiano, così, di lievitare in maniera esponenziale.

 L’art. 5, comma 2, dello schema di D.Lgs. approvato definisce come documento giustificativo una documentazione probante che sembrerebbe assommare anche i contenuti del certificato di conformità: documento, questo, palesemente non abrogato così come non risultano abrogati gli artt. 6 e 7 del D.M. 18321 del 09.08.2012.

Tutte le questioni qui poste, congiuntamente ai contributi offerti da altri soggetti interessati necessitano di un ampio confronto dei soci Federbio e, soprattutto, all’interno della sua Sezione Soci OO.d.c.
Si auspica che tale confronto possa essere fattivo, propositivo e scevro da ogni preconcetto nei confronti di tutti gli attori di questa mutazione epocale che andrà ad investire – nei prossimi mesi – il sistema dei controlli del biologico in Italia.

 

Sostenere l’agricoltura biologica per contrastare la fame nel mondo

Fame nel mondo: è l’agricoltura biologica l’unica strada da percorrere per nutrire il pianeta. Questo, in sintesi, il messaggio dell’ultimo rapporto realizzato dall’istituto di ricerca FiBL e da IFOAM.

Il rapporto, intitolato “The World of Organic Agriculture: Statistics and Emerging Trends”, è stato presentato in occasione di Biofach, Salone leader mondiale degli alimenti biologici, conclusosi domenica a Norimberga.

Secondo il documento, sono l’Asia, l’Africa e l’America Latina le aree che ospitano il maggior numero di produttori biologici di tutto il mondo. Ben tre quarti degli operatori di settore risiede in queste zone.

In testa l’India, con le sue 585.200 unità, seguita dall’Etiopia, a quota 203.602 e dal Messico, 200.039.

Dati che, come afferma FederBio in un comunicato stampa, non solo scardinano la vecchia convinzione che l’agricoltura biologica sia un tipo di coltivazione elitaria, ma evidenziano allo stesso tempo come il bio sia uno strumento concreto per migliorare la qualità di vita degli agricoltori.

Agricoltura biologica per contrastare la fame nel mondo

Secondo Federbio, l’agricoltura biologica è la chiave di volta per garantire lo sviluppo della sicurezza alimentare, combattere la fame nel mondo, e mettere a disposizione delle popolazioni più povere cibo sano e sostenibile.

Il rapporto, aggiornato al 2015, evidenzia come il settore sia in crescita sotto tutti i fronti: quello economico, con un fatturato di 75 miliardi di euro, per superficie, con un più 14,7% di terre coltivate a biologico rispetto all’anno precedente, e per numero di produttori, con un più 7,2%.

I numeri dell’Africa

Il biologico segna numeri importanti anche in Africa. Qui, nel 2015, la produzione sostenibile di avocado, frutta tropicale e cacao ha registrato una forte crescita. Merito anche degli incentivi e della pianificazione strategica del settore, supportata dall’African Union.

I numeri dell’Asia

Allo stesso modo, anche il continente asiatico ha registrato un’importante crescita del mercato interno biologico. È la Cina a fare da traino, sia in termini di dimensioni di mercato, con un fatturato di 4,7 miliardi di euro, che di superficie agricola, con 1,6 milioni di ettari coltivati.

I numeri dell’America Latina

L’America Latina è la terza area al mondo per estensione di territori coltivati ad agricoltura biologica. L’Oceania si aggiudica il primo posto, seguita dall’Europa. La forza dell’America Latina sono le amministrazioni locali, che si sono rimboccate le maniche per agevolare i produttori locali, nonostante la riduzione dei supporti governativi all’agricoltura biologica.

Perché il biologico può combattere la fame nel mondo

Il ruolo del biologico nella lotta alla fame nel mondo è spiegato bene nell’intervento di Paolo Carnemolla, presidente FerBio:

«L’agricoltura biologica gioca un ruolo fondamentale nei Paesi in via di sviluppo, soprattutto in aree caratterizzate da scarsità di risorse e dove piccole unità familiari sono legate a una gestione tradizionale della terra. È stato dimostrato come in queste zone l’agricoltura biologica sia più efficiente. Non solo per i costi più bassi determinati dal reimpiego delle sementi e dalla rinuncia a fertilizzanti chimici e pesticidi, ma anche per rese uguali e superiori all’agricoltura convenzionale nel lungo periodo. Rese che sono conseguenza del ripristino della sostanza organica nel terreno, in grado anche di diminuire l’impatto della siccità e di contrastare la desertificazione».

 

FONTI:

https://www.greenbiz.it/biologico/15490-agricoltura-biologica-fame-mondo

http://www.feder.bio/comunicati-stampa.php?nid=1124

Legumi biologici: Italia prima in Europa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Italia prima per produzione di legumi biologici in Europa. È quanto emerge dall’Annuario statistico dell’Agricoltura 2016, pubblicato da Eurostat.

Nell’anno internazionale dei legumi della FAO, il rapporto ha dedicato un capitolo specifico a questo tipo di coltura.

I dati

Secondo quanto diffuso da Eurostat, l’Italia è il Paese del continente con la maggiore proporzione di aziende agricole che hanno deciso di dedicare la loro attività alla coltura dei legumi biologici. Il dato, nel Bel Paese, si attesta a ben il 20%. In linea generale, dal 2013 al 2015, la coltivazione dei legumi biologici ha guadagnato il 64% di superfici nell’Ue, grazie anche alla riforma della politica agricola comune (Pac).

Non bisogna dimenticare che questo genere di colture, capaci di fissare l’azoto nel terreno, come i legumi secchi, sono una delle opzioni disponibili nell’ambito delle pratiche “verdi” promosse dalla Pac, alla cui applicazione è vincolato il 30% degli aiuti diretti Ue agli agricoltori.

Il primato legato alla produzione di legumi biologici ottenuto dall’Italia non fa altro che aggiungere conferme su un trend di settore che, almeno per il momento, non accenna ad arrestarsi.

Non solo legumi biologici…

A ottobre 2016, Eurostat aveva già fotografato un’Italia fortemente propensa al biologico, evidenziando una crescita delle aree dedicate all’agricoltura sostenibile di 2 milioni di ettari nel 2010. Cifra che era passata a 11 milioni di ettari, ovvero il 6,2% della superficie agricola utilizzata nell’Ue, nel 2015. Dal 2010 al 2015, le superfici coltivate con metodi sostenibili hanno visto un aumento del 34%.

Ottimi anche i dati inerenti alla percentuale delle superfici bio sul totale di quelle coltivate, con il 12% e circa 1,5 milioni di ettari. Fanno meglio solo Austria (oltre il 20% con 552mila ettari), Svezia, Estonia, Repubblica ceca e Lettonia.

Bene anche il valore della produzione di leguminose nel nostro Paese, di poco inferiore ai 100 milioni di euro che inserisce l’Italia al quarto posto in Europa, dietro a Polonia, Francia e Regno Unito. Un valore ottenuto senza sussidi accoppiati alla produzione.

L’Annuario statistico dell’Agricoltura pubblicato da Eurostat conferma la tendenza al consolidamento strutturale (meno aziende ma più grandi) dell’agricoltura sia in Europa che nella penisola.

 

Fonti:

http://www.ansa.it/canale_terraegusto/notizie/prodotti_tipici/2016/12/21/agricoltura-litalia-leader-ue-per-legumi-bio_c9f3c960-28b5-44cb-a378-3245ae8f4537.html

http://www.italiafruit.net/DettaglioNews/37577/mercati-e-imprese/italia-ai-vertici-ue-per-i-legumi-bio

https://www.istat.it/it/archivio/194422

http://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2016/10/25/agricolturabiologico-in-crescitaitalia-tra-piu-dinamici-ue_78695b17-0edb-4998-bfc8-8fd92b0461d8.html

Carnemolla (FederBio): “Basta scomuniche contro il Biodinamico”

Campo di grano

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non si placano le polemiche sul settore agricolo biodinamico. Tutto è nato in occasione del 34esimo convegno internazionale sul comparto, organizzato nell’ateneo Federico II di Napoli. Una parte della comunità scientifica, in occasione dell’evento, si è infatti scagliata contro quella che considera come “stregoneria agricola”.

Le associazioni del settore, però, non ci stanno. E ribattono punto su punto. “L’agricoltura biodinamica è una risorsa economica e ambientale, pienamente inserita nel mondo più vasto del biologico, e chiede impegno nella ricerca e nella formazione”, è il commento di Paolo Carnemolla, presidente di Federbio, la federazione delle sigle del comparto agroalimentare che, in Italia, non fanno ricorso a prodotti chimici nei campi.

Il biodinamico come opportunità

In una lettera inviata al Corriere della Sera, Carnemolla ha ricordato in primis il grande successo del settore bio, che potrebbe avere un effetto trainante su tutto il comparto agroalimentare:

Il settore cresce al ritmo del 20% ogni anno e sono già diversi i Paesi del Nord Europa che guardano con interesse ai nostri prodotti. In molti infatti hanno manifestato la loro disponibilità ad accogliere un aumento del 25% di export bio dal nostro Paese”. Una richiesta che consentirebbe di aumentare di circa 300 milioni di euro il fatturato annuo dei prodotti biodinamici Made in Italy destinati all’export. “Vogliamo buttarli via per una questione di principio, come propongono di fare alcune società scientifiche?”, si chiede Carnemolla.

Il biodinamico, sottolinea inoltre, non è una parte marginale dell’agroalimentare biologico, ne è anzi componente fondamentale. Carnemolla parla apertamente di “scomunica” operata nei confronti di alcuni docenti universitari che hanno dato la propria disponibilità ad avviare un percorso di ricerca nel campo del biodinamico. “Una scomunica che nasce da pregiudizi e luoghi comuni, che nulla hanno a che vedere con la scienza, che invece dovrebbe indagare senza preconcetti”.

D’altro canto, il presidente di FederBio si dice convinto che “la gran parte dei ricercatori italiani non è disposta a istituire un nuovo indice delle pratiche proibite. Al contrario, la comunità scientifica vuole confrontarsi su numeri e fatti. Il settore biodinamico è pronto a rispondere: questo tipo di agricoltura non si oppone all’indagine scientifica, ma anzi la sollecita, per affinare le tecniche di coltivazione e scoprirne di nuove”.

E conclude sottolineando come il biologico non abbia “multinazionali alle spalle e che abbia invece bisogno di ricerca scientifica pubblica e libera”.

Il biodinamico per la protezione umana e ambientale

In Italia, secondo i dati snocciolati dal presidente di FederBio, vengono impiegati ogni anno quasi 1,5 milioni di quintali di pesticidi. Una quantità di prodotti chimici che viene poi distribuito sulle tavole di milioni di italiani.

Conosciamo gli effetti nefasti per la salute umana delle sostanze chimiche usate sui campi. E anche se sono pochi i singoli prodotti alimentari che risultano fuori norma, è anche vero che i residui chimici si accumulano di volta in volta: nessuno ha mai indagato su cosa fa lo zero-virgola-qualcosa di residuo di pesticidi aggiunto allo zero-virgola-qualcosa aggiunto alla zero-virgola-qualcosa e così via”.

Ecco perché, secondo Carnemolla, ci si dovrebbe occupare di questo tipo di problemi e non del fatto che “il biodinamico sia o non sia una pseudoscienza.

Tra l’altro questa tecnica di coltivazione ha anche importanti ricadute ambientali: migliora la tenuta idrogeologica dei terreni, incrementa la capacità di assorbimento dei gas serra, rallenta il processo di desertificazione, interviene positivamente nella difesa del paesaggio.

Biodinamico “progenitore” del bio

Sullo stesso argomento, Carnemolla è poi intervenuto con un articolo sull’Huffington post. Dove ha sottolineato che il biodinamico è il primo in ordine di tempo dei metodi agricoli biologici. Una pratica agricola ecologica che porta con sé un bagaglio di esperienze e conoscenze quasi secolare.

Concludendo, il presidente FederBio ricorda anche l’importante riconoscimento che le istituzioni comunitarie hanno conferito al settore già 25 anni fa:

L’agricoltura biodinamica dal 1991 è normata e certificata nell’Unione Europea al pari di quella biologica, di cui condivide quindi tutte le basi scientifiche e tecniche e l’impianto normativo, oltre che il sistema di certificazione”.

FONTI:

http://www.feder.bio/comunicati-stampa.php?nid=1099

http://www.huffingtonpost.it/paolo-carnemolla/quanto-accanimento-contro-il-biodinamico-e-se-invece-si-facesse-piu-ricerca_b_13281816.html

http://www.ilfoglio.it/scienza/2016/11/12/news/universita-biodinamica-la-federico-ii-si-occupa-di-stregoneria-agricola-106578/

http://www.suoloesalute.it/lagroecologia-la-rinascita-del-sud-convegno-napoli/

La voce fuori dal coro di Michele Serra a difesa del biologico

michele-serra-reportLa recente puntata di “Report” di Rai3 ha fatto sì luce su delle gravi inefficienze nella filiera del biologico italiano, ma ha avuto anche l’effetto opposto di gettare nello sconforto le migliaia di operatori onesti che da decenni svolgono il loro lavoro in modo ineccepibile; quella stessa filiera che è la migliore al mondo per esportazione dei prodotti agro-alimentari. Vogliamo riportare oggi l’opinione di Michele Serra così come è apparsa sulle pagine de ” La Repubblica” il 13 ottobre.

“Un vecchio amico pioniere del biologico ) aveva vent’anni quando prese la via della terra) mi telefona affranto dopo la puntata di “report” nella quale si smascheravano un paio di truffe ( vere, e gravi ( commesse nel nome,usurpato, del bio.” Non una parola sulla passione, la fatica, l’affetto per i campi di molte migliaia di coltivatori e allevatori, soprattutto ragazze e ragazzi, piccole e medie aziende virtuose che ormai costituiscono massa critica, numeri importanti.Sembrava che “bio” fosse sinonimo di furbata o di crimine”. Mi ha colpito l’uso del termine ” affetto”, non tutti i lavoratori sono affettuosi, non tutte le attività economiche hanno come obiettivo la cura di qualcosa, in questo caso la terra e il cibo. Mi ha colpito anche, il tuo tono ferito.

Così funziona in giornalismo, gli ho detto, punta lo sguardo sulle cose che non vanno e sui conti che non quadrano, azzanna l’errore, o almeno ci prova. Capita poi che nell’inseguire la preda urti anche vite e sensibilità di persone, per così dire, estranee ai fatti; o peggio vittime anch’esse, come è il caso dei coltivatori bio lesi dal danno di immagine prodotto da pochi imbroglioni. Per rasserenarlo ho anche aggiunto ( non me ne voglia la corporazione della quale faccio parte ) che le cattive notizie fanno molto rumore ma passano veloci come lampi. L’agricoltura ha tempi lunghi e la pazienza nel suo Dna, e il fatto che i media ne parlino poco forse, a conti fatti, non è un male ”

 

fonti:

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2016/10/13/-lamaca30.html?ref=search

https://www.facebook.com/AmacaMicheleSerraRepubblica/