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CRESCE IL BIO IN TURCHIA E ANCHE LE ESPORTAZIONI

CRESCE IL BIO IN TURCHIA E ANCHE LE ESPORTAZIONI

Forte presenza di esportatori turchi di prodotti bio al Biofach. L’export supera 1,6 milioni di dollari e Ankara punta a sviluppare ulteriormente il comparto dell’ortofrutta bio secca e fresca

L’export turco di prodotti bio, soprattutto di ortofrutta supera la barriera degli 1,6 milioni di dollari. E al Biofach aumenta la presenza di produttori dall’Anatolia.

L’obiettivo di Ankara

Le esportazioni di prodotti biologici della Turchia superano le aspettative. Nel corso del 2023 l’export di prodotti bio da questo paese ha infatti superato 1,6 miliardi di dollari (un guadagno netto per la bilancia commerciale del Paese euroasiatico) e l’obiettivo di Ankara è quello di raddoppiare questo valore cavalcando la crescente popolarità dell’agricoltura green a livello globale.

Un recente articolo di FreshPlaza mette in evidenza che, con 268 prodotti bio coltivati su 311.000 ettari di terreno, la Turchia è oggi solo al 53° posto in Europa con circa 4.000 coltivatori di prodotti biologici. Si tratta però di un comparto che cresce in fretta e gli esportatori turchi stanno aumentando la loro presenza anche al BioFach in Germania, il più grande punto d’incontro mondiale per i prodotti biologici.

Uva, fichi e albicocche

Secondo Mehmet Ali Işık, presidente dell’Associazione degli esportatori di frutta secca e prodotti dell’Egeo: “Siamo in posizione di leadership per uva, fichi e albicocche, che sono i prodotti principali del nostro paese». « Alla frutta secca stiamo progressivamente aggiugendo frutta e verdura fresca surgelata. In particolare contiamo di crescere ulteriormente nei comparti delle ciliegie, amarene e nocciole». «Ogni giorno aumentiamo la nostra diversità con prodotti come semi oleosi, olio d’oliva, legumi e cereali».

DIGESTATO, NUOVE LINEE GUIDA PER IL BIO

DIGESTATO, NUOVE LINEE GUIDA PER IL BIO

Da sottoprodotto della produzione di biogas a elemento decisivo per l’economia circolare

Sono state presentate da Cib (Consorzio italiano biogas) e da Federbio in occasione della 116a edizione di Fieragricola a Verona le nuove linee guida per l’uso del digestato agricolo in agricoltura biologica. L’obiettivo è quello di arricchire il terreno di nutrienti e di sostanza organica stabile attraverso la fertilizzazione organica, sostituendo i concimi di sintesi per ottenere benefici ambientali. Le linee guida sono il risultato di un lavoro tecnico che ha richiesto sei anni di elaborazione dopo la prima edizione del documento.

Vantaggi ecologici ed economici

A favore dell’uso del digestato agricolo giocano anche considerazioni economiche. Secondo il Cib le aziende agricole che lo usano hanno infatti ridotto i costi colturali di circa il 10-15% e hanno accresciuto la sostenibilità delle loro produzioni, con un beneficio ambientale tutt’altro che trascurabile.

Economia circolare

Secondo Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio: «L’utilizzo di un efficace biofertilizzante come il digestato agricolo, che restituisce sostanza organica al terreno, rappresenta una valida alternativa per una gestione agronomica sostenibile all’interno di un approccio di economia circolare».

DOPO L’ALLUVIONE LA ROMAGNA RIPARTE DAL BIO

DOPO L’ALLUVIONE LA ROMAGNA RIPARTE DAL BIO

Cab Massari, la cooperativa di Conselice (Ra) tra le più colpite dagli effetti degli allagamenti, annuncia il raddoppio del pereto allevato con metodo bio e l’investimento su sostenibilità ed elettrificazione

La Romagna riparte e punta sul bio. La Cab (Cooperativa agricola bracciantile) Massari di Conselice (Ravenna) ha infatti annunciato un piano aziendale coraggioso che punta, tra l’altro, a dribblare la crisi della pericoltura. Il pereto biologico sarà infatti raddoppiato con l’intenzione di valorizzare la sostenibilità certificata.

Il sacrificio per salvare l’abitato di Conselice

Cab è stata uno dei simboli dell’alluvione in Emilia-Romagna: quando arrivò la piena la cooperativa acconsentì ad abbassare il livello degli argini, per far sfogare l’acqua nei propri campi e alleggerire la pressione verso l’abitato di Conselice, che fu comunque duramente colpito.

 

Un territorio ancora ferito

Vigneti, campi e frutteti sono rimasti sotto l’acqua per settimane. Le strade che collegano le coltivazioni non sono ancora del tutto ripristinate e il 95% della produzione annuale è andato perso. Il pereto del Cab Massari è l’esempio vivente degli effetti del cambiamento climatico: prima flagellato nei primi mesi del 2023 dalle gelate che hanno compromesso le gemme, poi dall’alluvione di maggio lo ha sommerso due volte e da una tromba d’aria a luglio che ne ha completato la distruzione. Tutte le piante sono state strappate e ripiantate, si spera in una raccolta tra almeno 4 anni.

Il piano di investimento sostenuto da Coop

Ma la Cab Massari non si è arresa: «Rilanciamo – spiega il direttore Giampietro Sabbatani – con un ambizioso piano di investimenti che prevede la ricostituzione del pereto biologico di 8,2 ettari distrutto nel 2023 e l’impianto di ulteriori 7,5 ettari di pereto biologico che andranno a sostituire altrettanti pereti che stanno finendo il loro ciclo produttivo».

«Abbiamo programmato ulteriori 4,5 ettari di noceto che andrà ad alimentare la filiera di produzione italiana di frutta secca di Coop Italia». A ciò si aggiungono altri investimenti in tecnologie avanzate e rispettose dell’ambiente, come l’introduzione di tre carri raccolta ad alimentazione elettrica e un sollevatore telescopico elettrico per la movimentazione dei box contenenti le pere biologiche. Investimenti da 1,3 milioni, a cui ha contribuito Coop che ha destinato al Cab parte delle risorse ottenute dalla raccolta fondi avviata a maggio 2023, che si è conclusa con 2,1 milioni donati da 81 mila tra soci, fornitori, dipendenti e consumatori.

BIOLOGICO VUOL DIRE FIDUCIA

BIOLOGICO VUOL DIRE FIDUCIA

In un momento di crisi inflattiva come l’attuale occorre evitare incidenti mettendo al riparo il settore da tentativi di diffamazione, tentazioni di frode e cattive interpretazioni di vincoli normativi come quelli inerenti all’applicazione delle misure previste dal Reg. 848/2017 per evitare la presenza di sostanze non autorizzate. A Bruxelles l’Organic integrity network ha organizzato un convegno su questo tema nell’ambito dell’iniziativa comune anti-frode

Biologico vuol dire fiducia. La reputazione del settore è un capitale da difendere, mettendolo al riparo da tentativi di diffamazione e tentazioni di frode. Gli addetti ai lavori sanno che il biologico si caratterizza in Europa, grazie all’impegno degli organismi di certificazione terzi e alla collaborazione tra pubblico e privato, per il miglior sistema di gestione della qualità dell’intero comparto agroalimentare.

La difesa della reputazione

Tuttavia, per evitare di incrinare l’immagine del bio, le aziende del settore, come dimostrano alcuni recenti fatti di cronaca, non possono derogare dall’esigenza della massima correttezza nel rispetto non solo degli impegni di sostenibilità, ma anche di qualsiasi altro vincolo dichiarato in etichetta, come ad esempio quello della provenienza nazionale o locale delle materie prime utilizzate. Qualsiasi incidente che sottenda una pratica commerciale scorretta in questo campo inquinerebbe infatti non solo l’azienda interessata, ma tutta la filiera del biologico, obbligando il settore a reagire con prontezza.

Norme che introducono elementi di incertezza

Il legislatore dovrebbe aiutare il comparto in questo sforzo, agevolando il compito degli organismi di certificazione e controllo, vero baluardo di difesa del bio. Capita invece che alcune recenti riforme normative introducano elementi di incertezza che rischiano di aggiungere confusione in un momento di estrema difficoltà commerciale.

È il caso della complessità con cui il settore sta affrontando l’attuazione degli articoli 28 e 29 del Reg. 848/2018, da poco entrato in vigore, che riguardano le misure precauzionali da adottare per evitare la presenza di prodotti e sostanze non autorizzate.

L’iniziativa anti-frode

Al riguardo l’Iniziativa anti-frode dell’Organic integrity network assieme al Büro Lebensmittelkunde und Qualität (BLQ) hanno organizzato a Bruxelles il 25 e 26 gennaio la conferenza ” Chiavi, maniglie e leve da utilizzare nelle indagini sui casi di residui nella produzione biologica”. In particolare si è discusso sull’efficacia delle analisi sui residui per determinare l’uso di sostanze non autorizzate e la valutazione dell’efficacia delle misure precauzionali degli operatori. Nell’occasione è stato anche presentato un nuovo manuale di buone pratiche per corrispondere agli obblighi prescritti dai discussi articoli della legge di riferimento del bio in Europa.

NUOVI OGM E BIO, L’EUROPARLAMENTO NON RISOLVE

NUOVI OGM E BIO, L’EUROPARLAMENTO NON RISOLVE

A Strasburgo la Commissione Ambiente approva un testo che esclude per il biologico le Ngt di entrambe le categorie, ma non prevede obblighi di etichettatura e tracciabilità per quelli di categoria 1. La votazione in plenaria è prevista a breve

Nuovi Ogm, l’EuroParlamento non si ferma. Le votazioni sulla normativa di registrazione più permissiva riguardo all’attuale direttiva Novel food proposta dalla Commissione vanno infatti avanti nonostante lo stallo del Consiglio Ue, che sotto la presidenza spagnola non è riuscito a trovare una posizione di compromesso riguardo alle Ngt (leggi quanto avevamo riportato qui).

L’esito delle votazioni

La Commissione Ambiente del Parlamento Europeo (Envi) ha invece approvato mercoledì 24 gennaio un testo emendato del nuovo regolamento sulle nuove tecniche genomiche (Ngt) con 47 voti a favore, 31 contrari e 4 astensioni.

Il testo approvato dagli eurodeputati conferma la distinzione in due categorie in base alla complessità delle modifiche genetiche, ribadisce l’esclusione di entrambe le categorie dell’agricoltura biologica e punta a introdurre un divieto totale sulla possibilità di brevettare gli Ngt «per evitare l’aumento dei costi e nuove dipendenze per agricoltori e allevatori».

Il rischio frodi

Un’esclusione importante quella per il bio. IFOAM Organics Eu ha infatti recentemente ribadito il suo no ad ogm vecchi e nuovi. Negli Stati Uniti le frodi sugli ogm sono infatti considerate la più grande minaccia per il biologico (leggi al riguardo qui). La bozza approvata dalla Commissione Envi rischia però di non mettere il biologico europeo al riparo da questi rischi perché non prevede alcun obbligo di tracciabilità e di etichettatura per gli Ngt di categoria 1.

La votazione da parte dell’assemblea plenaria dell’Europarlamento è prevista per il prossimo 6 febbraio, ma restano dubbi sulla possibilità di approvare una legge prima delle elezioni europee. I paesi membri devono infatti ancora trovare una posizione comune sotto la presidenza belga del Consiglio UE

BIO E GDO, UN ABBRACCIO CHE PUÒ ESSERE SOFFOCANTE

BIO E GDO, UN ABBRACCIO CHE PUÒ ESSERE SOFFOCANTE

Cresce la presenza di aziende bio a Marca, la fiera dei prodotti a marchio del distributore. Quasi il 60% del fatturato di settore viene realizzato sugli scaffali di iper, supermercati e hard discount, ma la quota di consumo relativa non cresce e il rischio omologazione è dietro l’angolo

Sostenibilità ambientale, neutralità climatica, benessere sociale, economia circolare a fianco dei claim, quasi scontati, sulla qualità nutrizionale ed organolettica. Temi sparati sulle etichette delle anteprime dei nuovi prodotti alimentari, confezionati e freschi, e sulle pareti degli stand. Promesse virtuose di un mondo – food e non food-  migliore che hanno portato l’edizione 2024 della Fiera Marca, a Bologna il 16 e 17 gennaio, a superare il record sia dei visitatori che degli espositori. Attirando per la prima volta l’attenzione delle massime istituzioni italiane.

L’evasione della Meloni

La premier Giorgia Meloni si è infatti concessa un fuori programma con la sua visita nel corso della seconda giornata della manifestazione, una piccola evasione nel bel mezzo del vertice sul post alluvione dell’Emilia-Romagna con la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen e il governatore Stefano Bonaccini. Assicurandosi un caloroso bagno di folla tra i variopinti stand dei 1.100 espositori che hanno portato la superficie espositiva dedicata da BolognaFiere a 26mila metri quadrati (+26% rispetto al 2023).

Se c’è più bio a Marca che a Sana…

Molti di questi occupati da produttori bio che ormai, ed è un vero paradosso, sono più presenti a Marca che al Sana (tanto che si moltiplicano le voci di un prossimo abbinamento delle due manifestazioni fieristiche felsinee, con la prima a cercare di fare da traino alla seconda).

Il paradosso più vistoso è però quello relativo al fatto che Marca è il salone dedicato ai prodotti a marchio del distributore, organizzato da BolognaFiere in collaborazione con Adm – Associazione Distribuzione Moderna, ma la maggior parte delle aziende presenti in fiera non sono fornitrici delle private label (anche se a quasi tutte piacerebbe esserlo).

Alla ricerca di sicurezza

Perché in un’epoca di forte crisi inflattiva e di strenua difesa da parte dei consumatori della propria capacità di spesa, essere rappresentati dalla voce e dal brand del più forte diventa un fattore di sicurezza. O almeno così può sembrare.

Perché l’abbraccio della grande distribuzione organizzata può rincuorare, ma anche strangolare.

Ne sa qualcosa il biologico, le cui vendite, con la flessione del canale specializzato, sono ormai concentrate soprattutto negli scaffali di iper e supermercati (ma anche hard discount). Secondo i dati presentati da Nomisma nel convegno “L’Italia di oggi e di domani: il ruolo sociale ed economico del biologico nella Distribuzione Moderna”, che si è tenuto il 17 gennaio nella galleria sospesa sopra i padiglioni 21 e 22 (leggi il resoconto nel prossimo articolo) è infatti nella gdo che viene realizzato quasi il 60% del fatturato del bio in Italia, con una crescita in valore del 4,7% rispetto al 2023 (effetto inflazione) e una leggera flessione in volume (-0,3%).

Isole inaridite

Per i consumatori più attenti e motivati è però evidente che le isole di vendita del bio stanno diventando sempre più omologate, spesso con prodotti di un solo fornitore (soprattutto nel fresco) e scarsa differenziazione nel packaging e nell’offerta rispetto alle referenze convenzionali che le circondano.

Tanto che la quota del bio sull’agroalimentare totale continua a mantenersi ad un livello non superiore al 3%. Senza dubbio insufficiente a sostenere l’obiettivo Green deal di una produzione che deve rappresentare il 25% delle terre agricole europee entro il 2030.