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L’agricoltura che vogliamo? Parla bio! Presentato il progetto “Conversione” di Legambiente

Raddoppiare le superfici coltivate a biologico, dal 10 al 20%, e liberare i territori italiani da Ogm e pesticidi sono le uniche soluzioni, secondo Legambiente, per assicurarci diete migliori e cibo più sano. Oltre naturalmente a combattere i cambiamenti climatici e le altre gravi emergenze ambientali del pianeta.

Queste, in sintesi, le parole dette durante la presentazione del progetto “Conversione”, presentato nella Conferenza Internazionale  “La terra che vogliamo. Quale agricoltura per nutrire il pianeta?”. L’evento, che si è svolto venerdì 10 aprile a Milano, è stato promosso da Legambiente insieme al Comitato Scientifico Expo a conclusione del viaggio del Treno Verde.

L’obiettivo, secondo l’associazione ambientalista, è perfettamente alla portata del nostro Paese dove esistono già varie realtà virtuose.

Proprio per questo, Legambiente chiede al ministro dell’agricoltura Martino e al Governo azioni concrete per sostenere il settore:

  • fondi per la ricerca e sperimentazione di metodi di agricoltura biologica,
  • formazione e istituzione in ogni regione italiana di liste di esperti in agricoltura biologica per l’assistenza tecnica alle imprese,
  • promozione di almeno un biodistretto per regione in alleanza tra agricoltura, filiere agroalimentari e ricerca scientifica,
  • agricoltura biologica nei Parchi.

agricoltura biologica

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come accennato, il progetto è stato presentato a termine del tour del Treno Verde, l’iniziativa organizzata da Legambiente e Ferrovie dello Stato, per portare il biologico e la tutela dell’ambiente in giro per l’Italia. Il treno è partito lo scorso 23 febbraio da Caltanissetta e ha percorso 16 tappe, da Sud a Nord, nel corso delle quali il convoglio ha raccolto e raccontato le migliori esperienze di agricoltura italiana di qualità. Il treno ha terminato la sua corsa proprio a Milano, dove si terrà Expo 2015. Una scelta non casuale.

Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, ha così dichiarato: L’Expo è un’occasione irripetibile per parlare al mondo di questi modelli di agricoltura sostenibile, della salute dei cittadini e non può essere prigioniero degli interessi delle multinazionali del cibo globalizzato e degli ogm. Esiste invece un’agricoltura che è attenta alla complessità e specificità locale degli ecosistemi ed è praticata già da molti agricoltori, alcuni dei quali hanno accompagnato il viaggio del Treno Verde lungo l’Italia. Parliamo purtroppo ancora di una visione non acquisita e consolidata, perché privilegi, lobby e approcci corporativi fanno da freno al processo di modernizzazione. Come ad esempio sta accadendo in questi mesi con il TTIP (Partenariato Transatlantico su Commercio e Investimenti) che mette sotto attacco gli stessi standard su sicurezza dei cibi, dell’ambiente, del lavoro e della chimica; per non parlare dell’eccessivo consumo di suolo accompagnato da una cementificazione selvaggia”.

L’agricoltura sostenibile, quella virtuosa, precisa Legambiente, è quella praticata quotidianamente dai 130 Ambasciatori del Territorio che sono saliti a bordo del Treno Verde durante il suo tour. C’è una grande domanda di cambiamento da parte dei consumatori e delle aziende agricole, a cui la politica è chiamata a rispondere.

Queste esperienze e queste richieste hanno ispirato il Manifesto della Nuova Agricoltura che, durante il tragitto effettuato dal Treno Verde, ha raccolto le firme di più di mille persone, operatori del settore agroalimentare, studenti, professori, tecnici, rappresentanti politici e istituzionali.

Nel manifesto viene proposta un’agricoltura di qualità, che rispetti gli ecosistemi e la biodiversità, in favore di una dieta più salutare, sostenibile, capace di nutrire il Pianeta. Perché il futuro del Pianeta dipende anche dal nostro stile alimentare che contrappone da un lato della Terra persone che muoiono di fame ad altre che muoiono per malattie determinate da un eccesso di carne, grassi, zuccheri, cibo scadente e contaminato da pesticidi. Tutti temi che sono stati trattati durante i due mesi di tappe del Treno Verde che ha accolto sulle sue carrozze oltre 35 mila visitatori.

Per ulteriori informazioni sul progetto “Conversione”, potete visitare il link: http://www.legambiente.it/sites/default/files/docs/agricoltura_che_vogliamo.pdf

Glifosato: le associazioni chiedono al governo di bandirlo

Gli ambientalisti e gli agricoltori biologici chiedono al Governo di mettere al bando il glifosato, uno degli erbicidi più utilizzato in agricoltura. Il gruppo Go Organic Davao  definisce il glifosato una sostanza chimica pericolosa per la salute e per l’ambiente. L’Agenzia Internazionale dell’Oms per la Ricerca sul Cancro (Iarc) ha pubblicato il rapporto presentato da un gruppo di lavoro di 17 esperti provenienti da 11 Paesi che hanno valutato la cancerogenicità di cinque insetticidi e erbicidi, tra cui il glifosato. Inoltre la valutazione dell’Oms sugli effetti  negativi per la salute del glifosato utilizzato come erbicida convalida ciò che i sostenitori della salute e gli operatori dell’agricoltura biologica hanno sostenuto a lungo. Malgrado tutto questo la Monsanto, multinazionale che produce l’erbicida RoundUp, a base di glifosato,  ha criticato aspramente il rapporto della IARC definendo “scienza spazzatura” e scatenando le ira degli ambientalisti. Eppure nel rapporto non veniva solo confermata la cancerogenicità del prodotto ma anche una  correlazione con la vulnerabilità al linfoma non Hodgkin di molti lavoratori esposti. Una cosa alquanto grave, visto che il glifosato è contenuto in circa 750 prodotti utilizzati per l’agricoltura. In questi giorni, il tavolo delle associazioni ambientaliste e dell’agricoltura biologica, di cui fanno parte 14 sigle nazionali, ha denunciato la pericolosità di una manovra che il Governo di appresta a compiere. Dalle agenzie di stampa si legge: “Invece di avviare la procedura per mettere al bando il glifosato, dopo che l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) ne ha decretato la ‘probabile cancerogenicità’, il nostro Governo si avvia a discutere e mettere in atto un piano di azione nazionale ‘per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari’ che ne prevede ampio uso anche per pratiche definite ‘sostenibili’ e che saranno finanziate dai nuovi Psr”.

glifosato

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il glifosato è il fitofarmaco più utilizzato nelle coltivazioni, associato agli OGM e che negli ultimi venti anni, il suo uso è aumentato di 140 volte solo negli Stati Uniti. Ecco il motivo della forte risposta della Monsanto, una reazione che la portavoce del tavolo delle associazioni, Maria Grazia Mammuccini, ha giustificato proprio con gli enormi interessi economici che la multinazionale ha con la vendita del prodotto. Ma secondo la Mammuccini, l’Italia e, più in generale, l’Unione Europea, devono rispondere a ben altri interessi, differenti da quelli della Monsanto: “gli interessi di milioni di agricoltori esposti direttamente all’uso del glifosato e alle centinaia di milioni di cittadini che nel continente consumano prodotti trattati con questo pesticida”.

Le associazioni lamenterebbero anche il fatto che nel Piano d’azione nazionale non sono previste azioni concrete per ridurre l’uso di pesticidi, favorendo la diffusione di pratiche come l’agricoltura biologica e biodinamica. Niente che sostenga gli agricoltori ad abbracciare la conversione a un metodo di produzione più sicuro. Si continua, secondo il tavolo delle associazioni, a garantire solo l’obbligo di rispettare le prescrizioni in etichetta, con un approccio che alla fine porterà come sempre un nuovo peso economico e burocratico sulle spalle degli agricoltori senza eliminare nessun pesticida.

Un’altra accusa è il fatto che al convegno “Piano di azione nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari: coordinamento, ricerca e innovazione”, organizzato dai ministeri delle Politiche agricole, della Salute e dell’Ambiente con Cnr e previsto per il 14 aprile, non siano state rappresentate le associazioni agricole.

Un’assenza importante, visto che, secondo l’Ispra, l’Italia è il maggiore consumatore, tra i Paesi dell’Europa occidentale, di pesticidi per unità di superficie coltivata, con valori doppi rispetto a quelli della Francia e della Germania. Eppure, l’uso di pesticidi incide pesantemente anche sulla salute delle acque. Secondo il rapporto Ispra 2014, nel 2012 sono state ritrovate nelle acque italiane 175 tipologie di pesticidi a fronte dei 166 del 2010 e di 118 del biennio 2007-2008. Le sostanze che più spesso hanno determinato il superamento sono il glifosato e i suoi metaboliti, il metolaclor, il triciclazolo, l’oxadiazon, la terbutilazina.