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L’Agricoltura Biologica spopola in Emilia Romagna: boom a Ferrara

Il settore dell’agricoltura biologica sta vivendo un periodo di fioritura importante in tutta Italia, in modo particolare in Regioni come Calabria, Puglia e Sicilia, dove grazie allo strumento dei Psr e ai fondi europei, sono presenti le maggiori superfici agricole investite nel biologico (dati 2014).

Uno sviluppo importante nel settore ha investito, però, anche il centro-nord. È il caso dell’Emilia Romagna che, secondo l’ultimo rapporto sul biologico presentato dal Centro Studi di Confagricoltura, ha visto una variazione del +9,9% tra il 2013 e il 2014, passando dagli 80.924 ettari originari agli 88.899 dell’ultima rilevazione. In particolare, a stupire è la performance della provincia di Ferrara, con i suoi 12mila ettari di terreno coltivati con metodi green. Un sistema che sta riscontrando molto successo, soprattutto sul fronte delle esportazioni: “Il settore biologico sta dimostrando grande vivacità oltre ad essere proiettato verso i mercati esteri” ha spiegato di recente Pier Carlo Scaramagli, presidente di Confagricoltura Ferrara. Scaramagli tenta anche di spronare le istituzioni per un impegno maggiore nel settore:“Oltre a consolidare l’aggregazione dell’offerta dei produttori, è necessario aumentare la ricerca: il biologico, infatti, potrebbe rappresentare un investimento tecnologico per il futuro oltre ad una concreta possibilità soprattutto del seminativo e della frutticoltura”. Servono, quindi, maggiori investimenti nel campo dell’innovazione: il piano strategico nazionale per l’agricoltura biologica, appena approvato, va in questa giusta direzione.

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D’altronde è ormai assodato che se l’intero comparto agricolo vuole crescere a livello nazionale, deve seguire le orme delle aziende più green. Le imprese che hanno scelto, in Italia, l’agricoltura biologica hanno superato le 55mila, facendo marcare un +6% ogni anno a partire dal 2011. La coltivazione sostenibile rappresenta più del 10% dell’intera superficie agricola nazionale (circa un milione e mezzo di ettari).

L’agricoltura biologica nostrana ha una vocazione soprattutto per l’export: secondo i dati Confagricoltura, oltre il 74% delle imprese italiane del settore è presente sui mercati internazionali da più di 5 anni, con sbocchi soprattutto nel Nord Europa (Germania e Francia su tutte). Il primo Paese extraeuropeo per importazione del Made in Italy sono gli Stati Uniti. Tra i prodotti privilegiati dai mercati esteri ci sono frutta e verdura (20%) e i sostituti del latte (16%) come le bevande vegetali e la soia.

FONTI:

http://lanuovaferrara.gelocal.it/ferrara/cronaca/2016/07/24/news/agricoltura-biologica-in-marcia-1.13867217?refresh_ce

http://www.confagricoltura.it/ita/press-room_anno-2016/giugno-2/convegno-confagricoltura-biologico-comparto-in-crescita-sul-mercato-interno-ed-internazionale-pero-le-regioni-devono-crederci.php

https://argav.files.wordpress.com/2016/06/agricoltura_biologica_italiana.pdf

PAC: misure realmente a sostegno dell’agricoltura biologica? Il parere di IFOAM

La riforma della PAC (Politica Agricola Comune) per il periodo 2014-2020 non fornisce strumenti chiari e sufficienti per promuovere una vera transizione verso l’agricoltura sostenibile.

È questa la conclusione a cui arriva un nuovo studio, promosso da IFOAM EU e condotto dall’Istituto per l’agricoltura biologica (FiBL).

I risultati sono stati diffusi prima della riunione dei ministri dell’agricoltura dell’UE, tenutasi il 18 luglio scorso per discutere l’ulteriore semplificazione della PAC.

Secondo quanto affermato in un comunicato stampa diffuso dalla stessa IFOAM, la maggior parte degli strumenti messi a disposizione dalla PAC sarebbero limitati a sostenere le singole pratiche agricole e non a promuovere una transizione completa verso la sostenibilità.

Anche se sono previste delle misure “verdi” che rappresentano un passo e un incoraggiamento verso la giusta direzione, queste non sono sufficienti.

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Il supporto diretto per lo sviluppo di sistemi agricoli biologici rappresenta solo l’1,5% del bilancio agricolo totale dell’UE.

L’autore principale dello studio, Matthias Stolze, responsabile di Scienze Socio-economiche all’Istituto di ricerca di agricoltura biologica (FiBL), dichiara: “Nonostante alcuni miglioramenti nell’ultima riforma, come la componente ecologica, la maggior parte del bilancio della PAC è ancora dedicata a obiettivi politici non legati alla sostenibilità e così non riesce a dare all’UE concrete opportunità per una transizione verso sistemi agro-alimentari più sostenibili e per sostenere gli agricoltori che vorrebbero prendervi parte“.

Per questo, conclude, sono necessari maggiori sforzi per rendere i beni pubblici una parte integrante e integrata della strategia PAC e non semplicemente un'”aggiunta”.

Lo studio mostra che la maggior parte della PAC favorisce ancora in modo sproporzionato la produzione a prescindere dalla sostenibilità globale dell’azienda. Per esempio, l’agricoltura biologica si è dimostrata un scelta adatta a soddisfare la domanda dei consumatori e un beneficio per l’ambiente, eppure i mezzi per aumentarne la produzione in Europa sono piuttosto deboli. Dati previsionali sulle conversioni future indicano che nella maggior parte dei paesi le opportunità per aumentare in modo significativo la superficie biologica entro il 2020 sono veramente limitate.

Jan Plagge, di IFOAM EU, spiega: “La PAC rappresenta il 40% dell’apporto dei contribuenti al bilancio dell’UE e dovrebbe essere usato per aiutare gli agricoltori a migliorare la loro sostenibilità a lungo termine, raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici dell’UE, e soddisfare le aspettative dei consumatori che sono sempre più alla ricerca di cibo di qualità come dimostra la continua crescita delle vendite di alimenti biologici “.

Per questo, spiega IFOAM, è necessario che la Commissione europea e i ministri dell’Agricoltura pensino seriamente a come la politica possa incoraggiare gli agricoltori che vogliono intraprendere una strada più sostenibile, riconoscendogli pienamente la fornitura di beni pubblici come l’acqua pulita e suoli sani.

Fonti:

http://www.feder.bio/comunicati-stampa.php?nid=1048

http://www.ifoam-eu.org/en/news/2016/07/15/press-release-cap-not-delivering-public-goods-promised

http://www.ifoam-eu.org/sites/default/files/ifoameu_study_organic_farming_cap_2014_2020_final.pdf

Lombricoltura conquista il biologico. Aziende di Humus in crescita in Italia

Negli ultimi anni, un gran numero di aziende hanno iniziato a occuparsi di lombricoltura da reddito.

Secondo i dati Sian, riportati da Agronotizie, sono una ventina le aziende autorizzate e iscritte regolarmente al registro di fabbricanti di fertilizzanti che producono vermicompost da letame. Il numero, però, sembra sia sottostimato perché ci sarebbero diverse realtà che operano anche senza certificazione.

Un trend in crescita che segue inevitabilmente lo sviluppo del settore biologico. Nei 12 mesi conclusi a maggio 2016, il biologico ha fatto registrare una crescita del 21%, rappresentando il 3% della spesa alimentare delle famiglie. Secondo l’ultimo rapporto Bio in cifre, pubblicato da SINAB, gli operatori certificati in Italia sono oltre i 55 mila.

Un quadro con numeri così positivi non può quindi non influenzare gli altri settori del mercato, provocando lo sviluppo di attività correlate, tra cui appunto quella della lombricoltura. Oggi, si pensa addirittura alla nascita di un vero e proprio consorzio che raccolga tutte le aziende produttrici di humus di lombrico presenti sul territorio nazionale.

Stando a quanto affermato da Agronotizie, la maggior parte delle realtà che si occupano di lombricoltura sono situate al Nord, in particolare in Lombardia.

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Si tratta di realtà medio piccole, che non superano i 3mila quintali all’anno di humus di lombrico prodotto. A eccezione di un’impresa di Matera che quest’anno si è imposta come obiettivo quello di arrivare ai 24 mila quintali prodotti.

L’humus di lombrico è uno dei fertilizzanti naturali utilizzati in agricoltura biologica. Immediatamente disponibile per le piante, ha un effetto strutturante, capace di ridare vita anche ai terreni desertificati. Ricco di nutrienti, ridona vitalità al suolo. Risultati che rispondono alle esigenze dell’agricoltura biologica e biodinamica, che hanno come obiettivo quello di preservare la salute del terreno e delle specie che vi abitano.

Gli operatori di settore sono fiduciosi: probabilmente, entro fine 2016, nascerà anche il primo consorzio dei lombricolturi italiani. L’obiettivo è dare un disciplinare in modo che l’humus prodotto dalle aziende presenti sul territorio italiano sia conforme.

Fonti:

http://agronotizie.imagelinenetwork.com/agricoltura-economia-politica/2016/07/11/bio-e-humus-di-lombrico-alleanza-vincente/49575

http://www.sinab.it/sites/default/files/share/anticipazioni%20dati%202014%20rev3.pdf

http://www.adnkronos.com/sostenibilita/tendenze/2016/06/30/boom-del-bio-anno-nella-grande-distribuzione_2Y4KzLhUsZ8kTvqq7fHN9J.html?refresh_ce

Agricoltura biologica contro acquaponica. È scontro negli Stati Uniti

acquaponicaIn America è scontro tra i sostenitori della coltura acquaponica e quelli della “tradizionale” agricoltura biologica. Ad accendere la miccia delle proteste, un provvedimento del governo federale di Washington che mette a rischio la certificazione delle colture “senza terra”.

Fino ad oggi, infatti, chi coltivava negli Stati Uniti utilizzando acquaponica e idroponica poteva legittimamente richiedere, per i propri prodotti, il marchio “organic”, corrispondente alla nostra dicitura “biologico”. Questo perché, nonostante il metodo di coltivazione sia diverso da quello comunemente adoperato, i prodotti coltivati nelle vasche rispettano a tutti gli effetti le norme in vigore e quindi possono essere certificati come biologici.

L’acquaponica è una particolare tecnica che coniuga  l’acquacoltura, ovvero l’allevamento di pesci e crostacei, alla coltivazione idroponica di vegetali.

Con le colture acquaponiche, ad esempio, è possibile associare l’allevamento di pesci commestibili alla coltivazione di pomodori, zucchine e insalata, senza il bisogno di occupare terreno.

In sintesi, in un impianto acquaponico l’acqua della vasca dove vengono allevati i pesci viene utilizzata per irrigare speciali letti di crescita, privi di terra e concime, dove si trovano le piante.

L’acqua, ricca di sostanze nutrienti provenienti dal metabolismo degli animali, viene adoperata per lo sviluppo delle piante, grazie anche all’azione biochimica di alcuni microrganismi coltivati all’interno dei letti di crescita. Così, sostanze considerate di rifiuto vengono trasformate in fertilizzanti naturali e assorbiti dalle radici delle colture.

Le piante a loro volta purificano l’acqua delle vasche, garantendo il benessere degli animali e determinando un continuo scambio reciproco di benefici. Questo sistema porta con sé diversi vantaggi, perché si traduce in un risparmio idrico del 90% e la fertilizzazione costante accelera notevolmente la crescita dei vegetali.

Secondo gli addetti ai lavori, una delle motivazioni che hanno portato il governo federale a mettere a rischio la certificazione dipende proprio dalla costante diffusione di queste tecniche, a discapito del comparto agricolo “tradizionale”.

I sostenitori della coltura acquaponica hanno così deciso di avviare una petizione online che chiede di non modificare la legge.

Fonti:

http://www.rinnovabili.it/ambiente/usa-biologico-guerra-acquaponica-222/

http://www.freshplaza.it/article/55915/Aquaguide-impianti-di-acquaponica-per-la-produzione-sostenibile-e-biologica-di-verdure

https://petitions.whitehouse.gov/petition/usda-dont-ban-aquaponics-and-organic-hydro-organic-farming

Psr: nel primo trimestre 2016 spesi 129milioni di euro

PSRAmmontano a 129milioni di euro, pari a 65 milioni di quota comunitaria, i fondi investiti da 14 regioni nei primi tre mesi del 2016 nell’ambito dei Programmi di sviluppo rurale (Psr).

Al primo posto si piazza la Calabria, con 30,8 milioni di euro; segue al secondo posto la Lombardia con 20,5 milioni di fondi investiti, la Sicilia con 19,3 milioni e la Toscana con 16,4 milioni di euro.

Scorrendo la graduatoria, troviamo la Sardegna (8,74 milioni), l’Emilia Romagna (7,41 milioni), e il Veneto (7,09).

In coda alla classifica delle regioni che hanno già rendicontato ci sono l’Abruzzo, la Basilicata, la Campania e la Provincia di Trento. Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Puglia, Molise e Lazio non hanno ancora dato comunicazione delle spese effettuate nell’ambito dei Psr.

Ma come sono stati investiti questi fondi?

Buona parte delle risorse sono confluite in progetti avviati nella passata programmazione, trovando il loro naturale completamento con il nuovo budget dei Psr 2014-2020.

Le principali misure finanziate sono: immobilizzazioni materiali, con una spesa di 23,5 milioni di euro, seguite dall’agricoltura biologica, con 12,3 milioni di euro, gli investimenti forestali (9,5 milioni di euro) e le indennità soggette a vincoli naturali (3,9 milioni di euro).

Nonostante l’ottimo avvio di programmazione, alcune regioni rimangono però ancora al palo con un avanzamento di spesa pressoché nullo. Parte dei ritardi è dovuta all’aumento della complessità della nuova struttura dei PSR 2014-2020, combinata con le difficoltà amministrative mai superate della precedente programmazione.

A risollevare la situazione potrebbe contribuire la proroga al 15 giugno, concessa dall’Unione europea, dei termini per la presentazione della domande relative alle misure a superficie e connesse agli animali che avrà sicuramente un effetto di stimolo sulla spesa nel secondo semestre dell’anno.

Da inizio programmazione, sono stati spesi complessivamente 265 milioni di euro, pari a 124 milioni di euro di quota FEASR ai quali è necessario aggiungere il prefinanziamento del 1% annuo (per i primi tre anni di spesa) pari a 313 milioni di euro che rappresenta il volano di spesa essenziale nei primi anni.

Fonti:

http://agronotizie.imagelinenetwork.com/agricoltura-economia-politica/2016/06/01/psr-129-milioni-di-euro-spesi-nel-primo-trimestre-2016/49038

http://www.pianetapsr.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/1594

 

L’agricoltura biologica come volano di sviluppo per l’economia locale

Una nuova ricerca effettuata per l’Organic Trade Association (OTA) da Edward Jaenicke, economista agrario e professore associato presso la Penn State University, suggerisce che l’agricoltura biologica può avere un impatto positivo sull’economia delle aree in cui è praticata.

All’interno del rapporto, redatto da Jaenicke e intitolato “U.S. Organic Hotspots and their Benefit to Local Economies“, sono state identificate e analizzate 225 contee presenti negli Stati Uniti con alti livelli di attività agricola biologica. Per ognuna di queste contee è stata valutata l’influenza del metodo biologico su reddito medio delle famiglie e tasso di povertà della contea.

L’OTA ha anche creato una mappa interattiva all’interno della quale gli utenti possono inserire un codice postale per verificare se una determinata zona è oppure no ad alto interesse biologico.

Secondo i risultati della ricerca, le contee con livelli più elevati di attività biologica hanno visto aumentare il reddito medio familiare di 2mila dollari e ridurre la povertà di circa l’1,3 per cento.

Rod Sullivan, supervisore dello studio, ha spiegato che questo avviene perché comprare e mangiare a km 0 consente al denaro di circolare, fungendo da stimolo allo sviluppo dell’economia locale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questa ricerca indaga sistematicamente gli impatti economici dell’agricoltura biologica“, ha affermato il dottor Edward Jaenicke, facendo notare come  “il crescente interesse del mercato nei confronti dell’agricoltura biologica può essere sfruttato all’interno di una politica efficace per lo sviluppo economico.”

L’economista ha iniziato a interessarsi al biologico perché era curioso di conoscere l’effetto che le scelte dei consumatori, sempre più attenti alla sostenibilità e alla sicurezza degli alimenti, possonono avere sulle economie locali.

L’agricoltura biologica ha già ampiamente dimostrato di apportare benefici alla salute e all’ambiente. Questa ricerca dimostra che il metodo biologico può anche garantire un maggiore benessere finanziario delle famiglie che abitano nelle aree in cui è praticata.

I responsabili politici hanno ora una ragione in più, quella economica, per decidere di sostenere l’agricoltura biologica.

L’Organic Trade Association (OTA) è la voce più autorevole all’interno del settore biologico negli Stati Uniti, e rappresenta oltre 8.500 aziende presenti in tutti e 50 gli Stati.

Fonti:

http://www.farms.com/ag-industry-news/study-suggests-organic-agriculture-improves-local-economies-027.aspx

http://ota.com/sites/default/files/indexed_files/OTA-HotSpotsWhitePaper-OnlineVersion.pdf

http://www.press-citizen.com/story/news/2016/05/26/study-johnson-county-iowa-organic-food-hot-spot/84998026/