L’ALLARME DI ISMEA: REMUNERAZIONI IN CALO PER I PRODUTTORI BIO

L’indagine presentata da Ismea al Sana mette in evidenza l’impatto dell’inflazione che incide sia aumentando i prezzi al consumo, che contraendo quelli all’origine

L’agricoltura biologica in Italia conta 92.799 operatori ed è in costante crescita. Nel 2022 le superfici coltivate biologiche sono aumentate del 7,5% e il numero di agricoltori del 7,7%, mentre dal 2010 ad oggi ci sono 1,2 milioni di ettari coltivati bio (+111%) e 45.136 operatori (+94,7%) in più nel settore.

Produzione, le note liete

È questa la fotografia del settore tracciata da Pietro Gasparri, dirigente dell’ufficio Agricoltura biologica e Sistemi di qualità alimentare nazionale e affari generali del Masaf, nel corso dell’inaugurazione del Sana a Bologna, lo scorso 7 settembre. In Italia le colture biologiche occupano il 18,7% del territorio agricolo, con un incremento del 7,5% nell’ultimo anno, contro il 10,7% della Francia, l’11,2% della Germania e il 10,5% della Spagna. Cereali, olio, vino e agrumi sono i prodotti più diffusi. Il 54,2% dei produttori si concentra in Sicilia, Calabria, Puglia, Campania e Toscana. In aumento anche le importazioni di prodotti biologici dall’estero.

Mercato, le note stonate

Sul fronte dei prezzi, «la forte volatilità registrata nell’ultimo periodo rischia di creare confusione nel riconoscimento del valore aggiunto del bio», spiega Riccardo Meo, analista delle politiche agricole e del mercato dell’Ismea, presentando uno studio sulla risposta del settore alle forti fluttuazioni del mercato.

Per quanto riguarda i prezzi all’origine: «nel 2023 i listini per commodity non trasformate, come cereali, mais, soia e girasole, hanno subito cali significativi, con un crollo dei prezzi riconosciuti alle aziende agricole, senza grandi differenze tra agricoltura biologica e convenzionale».

Differente è il quadro per i consumatori: i prezzi medi annui sono cresciuti oltre il 20% nel 2022 e il trend, trasversale per tutti i prodotti, prosegue anche nel 2023 con un incremento minore per alcuni prodotti bio rispetto a quelli convenzionali. Le cause sono molteplici: oltre alla congiuntura economica, pesano le importazioni ridotte per via della guerra in Ucraina, le condizioni climatiche e eventi come l’alluvione in Emilia-Romagna, che hanno ridotto drasticamente le produzioni. In prospettiva, «il gap dei prezzi riconosciuti alle aziende agricole per prodotti bio e convenzionali potrebbe continuare a ridursi – conclude il ricercatore – anche perché le superfici coltivate a biologico stanno aumentando e, grazie alla maggiore offerta, potrebbero abbassarsi anche i listini prezzi del bio a beneficio dei consumatori».

 

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