L’acqua “che mangiamo”

Quanta acqua consumiamo annualmente? Secondo le ultime stime, ogni italiano utilizza mediamente 152 metri cubi d’acqua l’anno. Ma si tratta solamente dell’acqua utilizzata per bere, cucinare, lavare e lavarsi. Se volessimo contare anche l’acqua che serve per produrre gli alimenti che mangiamo quotidianamente, il conto sarebbe ben diverso. E’ quella che Marta Antonelli e Francesca Greco hanno definito “L’acqua che mangiamo”, dal titolo del volume appena pubblicato per le Edizioni Ambiente. Si parla sempre dell’acqua in bottiglia, o per uso domestico, ma la verità è – dice una delle autrici – che se oggi parliamo di scarsità idrica, ci riferiamo alla scarsità d’acqua riguardo al cibo. Quindi dell’acqua che mangiamo”. “L’uso alimentare corrisponde a un 90% – precisa  -, non è un numero di poco conto”. Al tema abbiamo dedicato uno spazio specifico sul nostro sito, anche in concomitanza con la Giornata Mondiale dell’Acqua. E proprio a questo argomento è dedicata una parte significativa dell’Agenda 2013 di Suolo e Salute. Se si considera che il comparto agricolo è responsabile da solo di oltre il 70% del consumo idrico mondiale, è facile capire quanto sia importante misurare l’acqua consumata per la produzione degli alimenti che finiscono sulla nostra tavola. .“Il mondo ha sete perché ha fame”, non a caso, è lo slogan che la FAO ha coniato per la Giornata Mondiale dell’Acqua 2013. Qualche dato: un chilo di pasta prodotta in Italia richiede quasi 2.000 litri d’acqua. Una pizza di 725 grammi “beve” 1.216 litri d’acqua.

 “Coltivare grano in un paese dal clima umido, cioè con un’agricoltura pluviale, è la soluzione meno impattante. Mentre l’acqua blu [acque superficiali e sotterranee destinate ad un utilizzo per scopi agricoli, domestici e industriali, NdR] se prelevata in condizione di scarsità impatta l’ambiente”, afferma Marta Antonelli. “In più in Italia i prelievi di acqua sono tra i più alti del mondo, l’efficienza di uso tra le più basse. L’agricoltura italiana, in particolare, impiega una quantità di acqua enorme, e quanta più ne usa, tanto meno efficiente appare essere il suo modello gestionale. Con gli accorgimenti adeguati, i prelievi idrici potrebbero essere di molto ridotti”. Le soluzioni non sono semplici, ma qualcosa si può e si deve fare: “Il prezzo è un segnale, potrebbe essere un accorgimento e un limite allo spreco, ma l’acqua fossile non ha un prezzo, non è preso in considerazione”. Un’alternativa potrebbe essere costituita da un”etichetta idrica”, in cui informare il consumatore della quantità d’acqua utilizzata per produrre quello specifico alimento. Perché se è vero, come è vero, che la popolazione mondiale è destinata a crescere ulteriormente, aumentando notevolmente la richiesta di cibo, comprendere la sostenibilità (idrica, ma più in generale ambientale) della nostra dieta è assolutamente fondamentale. Questo libro è un primo, utile strumento per acquistate consapevolezza delle proprie azioni. Da sempre, l’unica maniera per affrontare e risolvere i problemi.

Fonte: Greenews

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