Etichetta con stabilimento di produzione, l’Ue ha bocciato la proposta italiana

La norma non ha avuto il via libera dalla Commissione Europea e l’Italia, che nel frattempo l’ha adottata, rischia di subire una procedura di infrazione.

Una norma che era stata approvata lo scorso 5 aprile (decreto legislativo 145 del 2017) che ha reintrodotto l’obbligo per i produttori alimentari di indicare lo stabilimento di produzione in etichetta.

Tutto nasce dal Regolamento europeo 1169/2011, entrato in vigore il 13 dicembre del 2014 che stabilisce una serie di regole sul confezionamento e l’etichettatura del cibo.

Tra le tante norme, però, il 1169 non contempla l’obbligo di indicare lo stabilimento di produzione e, allo stesso tempo, ha abrogato il decreto 109/92 con il quale l’Italia l’aveva introdotto. L’Italia ha quindi deciso di approvare una legge ad hoc per tornare allo status precedente, ma trattandosi di una norma che si inserisce in un mercato unico, per farlo aveva l’obbligo di notificare la decisione alla Commissione Ue, affinché ne analizzasse il contenuto.

Il problema è che questa norma riguarda solo leggi già esistenti che il Paese membro vuol mantenere in vigore. “L’Italia ha fatto finta che la nuova legge fosse identica a quella precedente, ma la norma del ’92, oltre a essere decaduta, era diversa da quella approvata dall’ultimo esecutivo” spiega Dario Dongo, avvocato esperto di diritto alimentare europeo e fondatore di Gift. Di qui il responso negativo della Commissione.

E adesso? Perché è stata interrotta la precedente procedura di notifica per avviarne una destinata a fallire? E perché il Governo non ha informato né i cittadini né i produttori di alimenti dell’esito negativo? Abbiamo provato a chiederlo al ministero delle Politiche Agricole ma, per ora, non abbiamo ricevuto risposta.

Nel frattempo Federalimentari recepisce il messaggio: “Il rigetto della notifica da parte di Bruxelles è ancora una volta la conferma dell’inefficacia e dell’inutilità di provvedimenti nazionali che vincolano solo alcuni operatori, risultando inapplicabili per altri, oltre che facilmente aggirabili. L’etichettatura è materia armonizzata ed è importante che si comprenda l’importanza di essere presenti nei tavoli convocati in sede europea invece che limitarsi ad emanare provvedimenti destinati a cadere sotto la scure dell’Ue”

La legge quindi c’è e viene rispettata, anche se, spiega l’avvocato Dongo, “le autorità di controllo hanno il dovere di disapplicarla. Questo significa che i produttori inadempienti, che non indicano cioè lo stabilimento di produzione, non potranno essere multati”.
Il rischio è che si creino diverse diseguaglianze tra produttori. Non solo tra le imprese italiane che si erano già adeguate e quelle che non lo avevano fatto. Ad oggi chi produce alimenti all’estero non è soggetto alla legge del 2017, anche se vende in Italia. La stessa legge, inoltre, prevede che se il luogo di produzione e quello di confezionamento sono diversi, il produttore può indicare in etichetta solo quello di confezionamento. “Chi produce in India ma confeziona in Italia può tranquillamente omettere di dire al consumatore da dove viene quel cibo, limitandosi a informarlo di dove è stato confezionato, e illudendolo che quel prodotto venga dall’Italia. Queste leggi protezionistiche in realtà danneggiano il made in Italy e agevolano i furbi” conclude Piccialuti.

La posizione del ministero. Il Mipaaf ha fatto sapere in una nota di essersi opposto alla irricevibilità della notifica e ha sostenuto di aver sostenuto le ragioni della sua piena correttezza. “Questa interlocuzione con la Commissione è ancora in corso, il decreto è pienamente in vigore e il Governo conta di risolvere in modo positivo la vicenda”, si legge. Il vice ministro Andrea Olivero si lamenta invece delle “polemiche politiche” sostenute “da chi invece di chiedere alla Commissione europea di rispondere positivamente alle richieste di trasparenza dell’Italia, si schiera a favore delle lobby che dice di combattere”.

 

Fonte: http://www.repubblica.it/economia/diritti-e-consumi/diritti-consumatori/2018/05/07/news/stabilimento_di_produzione_in_etichetta_la_legge_c_e_ma_la_commissione_l_ha_bocciata_tre_mesi-195518917/

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