Ceta: facciamo chiarezza sull’accordo di libero scambio tra Canade e Ue

Il governo gialloverde vuole bloccare il trattato, Luigi Di Maio, “un cavallo di Troia per distruggere il made in Italy

Difficile fare chiarezza tra i vantaggi, svantaggi, posizioni contrastanti e punti ancora oscuri del Ceta (Comprehensive Economic and Trade Agreement), l’accordo di libero scambio tra Canada e Unione europea entrato in vigore in via provvisoria il 21 settembre 2017 e ora in fase di ratifica da parte dei Paesi membri dell’Ue.

Se sotto il governo Gentiloni il ministero dello Sviluppo economico affermava che avrebbe creato posti di lavoro e nuove opportunità per le imprese, oggi M5S e Lega vogliono bloccare il trattato. Dure le parole in merito del ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, per cui: “Se anche uno solo dei funzionari italiani all’estero continuerà a difendere trattati come il Ceta sarà rimosso”. Posizione condivisa anche dal ministro leghista dell’Agricoltura Gian Marco Centinaio: “Nessuno ha fretta di portare il Ceta in aula – ha detto – e quindi vogliamo capire con dati concreti se realmente il Ceta è vantaggioso per il nostro Paese, ad oggi ci sembra di no”.

Il Ceta è un accordo misto (mixed agreement) che comporta l’abbattimento dei dazi (con l’eliminazione delle tariffe sul 92% delle esportazioni), la tutela dei prodotti agroalimentari e la semplificazione degli investimenti, dato che apre i rispettivi mercati alle imprese canadesi ed europee. Al momento il Ceta è applicato in modo provvisorio solo per quelle parti di competenza Ue (es. l’abbattimento dei dazi), mentre è momentaneamente ferma la parte che riguarda gli investimenti e che necessita della ratifica dei 28 Stati membri (una decina quelli che hanno portato a termine l’iter) e poi dell’Unione, mentre il Canada ha già firmato. Non è cosa di poco conto, che i singoli Paesi abbiano una sorta di veto sulla piena attuazione dell’accordo perché questa è la prima volta che questo potere decisionale viene dato ai parlamenti nazionali anziché agli organi europei.

Cosa accadrà ora? L’eliminazione dei dazi dovrebbe favorire un aumento degli scambi, già molto favorevoli per l’Italia che ha importato dal Canada beni per 2,3 miliardi di dollari, mentre ha esportato al gigante del nord America beni per un valore di 8,1 miliardi di dollari. Inoltre l’accordo prevede l’apertura dei mercati, con una maggiore facilità d’ingresso in Canada per le aziende europee (e viceversa), che potranno anche partecipare alle gare per gli appalti pubblici nel Paese nordamericano. Stabilendo il reciproco riconoscimento di titoli professionali.

Attualmente, con l’applicazione parziale del ceta, le esportazioni italiane verso il Canada sono aumentate dell’8% da quando l’accordo è entrato in vigore, secondo statistiche canadesi. Mentre secondo i dati dell’Ufficio Studi Cia-Agricoltori Italiani riferiti al primo trimestre del 2018 si è registrata una discesa del 46% delle importazioni di grano canadese e un aumento del 12% delle esportazioni agroalimentari italiane verso il Canada. Con vino Made in Italy, in crescita dell’11%.

Eppure Luigi di Maio ha detto: “Il Ceta dovrà arrivare in aula per la ratifica e questa maggioranza lo respingerà”. Ed in caso di mancata ratifica dell’Italia, l’intesa salterebbe e ne verrebbe revocata anche l’applicazione provvisoria. Effettivamente già dagli inizi di luglio l’europarlamentare del Movimento 5 Stelle Tiziana Beghin avevave denunciato: “Ci sono troppe protezioni e barriere che impediscono la vendita del vino europeo oltreoceano”. Il riferimento è alle “strozzature nei canali di vendita” e “al funzionamento dei monopoli degli alcolici su base locale, che il Ceta avrebbe dovuto contribuire a cancellare”. Un trend confermato da Coldiretti (da sempre contraria all’accordo) sulla base dei dati Istat relativi ai primi quattro mesi del 2018: “Calano del 4% le bottiglie di vino made in Italy esportate in Canada”. Pareri contrastanti insomma intorno all’effettivo funzionamento dell Ceta. “L’accordo di libero scambio con il Canada (Ceta) non protegge dalle imitazioni”, denuncia Coldiretti e “non prevede nessun limite per i wine kit che promettono di produrre in poche settimane le etichette più prestigiose dei vini italiani, dal Chianti al Valpolicella, dal Barolo al Verdicchio”.

Anche in merito alle eccellenze casearie si registra un simile contrasto di dati e pareri. Per Coldiretti le esportazioni di Parmigiano Reggiano e di Grana Padano in Canada “sono diminuite del 10% nel primo trimestre del 2018”, a causa anche di un’impennata dell’italian sounding, ossia le imitazioni. Mentre per lo stesso periodo di tempo, Assolatte parla di un +3,5% per quanto riguarda tutto il comparto dei formaggi. “Gli accordi di libero scambio servono all’export agroalimentare made in Italy. Inizialmente – ha sottolineato il presidente del Consorzio di tutela del Parmigiano Nicola Bertinelli – il Ceta sembrava rappresentare per i formaggi a denominazione un aumento delle quote esportabili, ma queste quote andavano meglio gestite. Senza gestione, la tutela diminuisce e si amplia la presenza di imitazioni e Parmesan”.

Il riconoscimento del principio delle indicazioni geografiche è in effetti, uno dei punti più importanti del Ceta. Un passo importante, ma non una totale vittoria per il nostro Paese, le cui specialità sono minacciate dalle imitazioni. Nulla si fa infatti per l’italian sounding, punto contestato dai detrattori del Ceta. Il coordinamento di Agrinsieme, che riunisce Cia-Agricoltori Italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari ha espresso la sua posizione in merito con un comunicato ufficiale: “Con il Ceta vengono tutelate ben 41 denominazioni italiane, pari a oltre il 90% del fatturato dell’export nazionale a denominazione d’origine nel mondo e che, soprattutto, senza questo accordo non godevano di nessuna tutela sui mercati canadesi”. Come dire, meglio di niente.

Resta critica la questione relativa agli ogm il Canada, infatti, ha standard di sicurezza sul cibo più deboli e un settore agricolo molto più dipendente da sostanze chimiche e ogm rispetto all’Unione europea, parliamo, del terzo produttore di ogm al mondo. Altra questione è quella legata agli strumenti previsti dal trattato per la risoluzione delle controversie (tecnicamente Isds) tra investitori e Stato che consente a gruppi di privati di ricorrere a un arbitrato internazionale qualora vedano i propri investimenti messi a rischio da provvedimenti varati dai governi dei vari Paesi.

Sarà creato, quindi, un tribunale permanente con giudici scelti da Canada e Unione Europea, partendo dal presupposto che difficilmente i tribunali statali tutelerebbero gli interessi di un’impresa straniera. Secondo i detrattori del Ceta così facendo, si limita la possibilità, da parte di un singolo Stato, di adottare leggi di interesse pubblico che tocchino gli affari delle aziende magari per proteggere l’ambiente o la salute dei cittadini.

Fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/07/19/ceta-export-e-tutela-agroalimentare-in-chiaroscuro-sulla-bilancia-del-trattato-col-canada/4498630/

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