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LA VOGLIA DI SPERIMENTARE SALVA I VINI DI QUALITÀ DAL CLIMATE CHANGE

LA VOGLIA DI SPERIMENTARE SALVA I VINI DI QUALITÀ DAL CLIMATE CHANGE

L’esperienza di Massimo Maggio, patron dell’azienda Maggio Vini: attenzione alla natura, al biologico certificato da Suolo e Salute e alla “circolarità” della produzione, nel cuore del territorio assolato del Cerasuolo di Vittoria docg

Un’isola nell’isola. La rivista VVQ dedica un approfondimento a Maggio Vini, una realtà importante per il vino biologico siciliano, certificata da Suolo e Salute.  È una delle punte di diamante dell’enologia del Cerasuolo di Vittoria, l’unica docg presente in Sicilia. Un territorio in provincia di Ragusa con caratteristiche ambientali e climatiche uniche, nell’estrema punta meridionale della Trinacria. I rigogliosi grappoli d’uva ghermiti dall’aquila presente nello stemma comunale testimoniano la storica vocazione vitivinicola di questo territorio. Le coordinate geografiche spingono però Vittoria verso latitudini “africane”, posizionandola più a sud di Tunisi. E la scarsa altitudine raggiunta qui dai Monti Iblei mentre degradano verso il Mar Mediterraneo determina temperature medie decisamente elevate, più calde rispetto al resto dell’isola.

Inutile nasconderlo: la viticoltura di Vittoria è una delle più esposte all’impatto del climate change e per continuare a fare grandi vini occorre studiare e sperimentare, coltivare grandi competenze per migliorare continuamente il proprio standard di produzione.

Il legame con il territorio

Una necessità che per Massimo Maggio, terza generazione di questa famiglia di produttori, rappresenta un impegno quotidiano. Assieme alla sorella Barbara ha deciso di non spezzare il legame famigliare che lo lega a questa terra. Ha investito nella modernizzazione della cantina, salvaguardando però la tradizione dell’antico palmento. «Lo abbiamo – dice – restaurato conservando intatte le tracce di chi nei secoli è passato da cui, producendo il vino con la nostra stessa passione».

Il biologico come scelta di vita

Ne ha valorizzato i vigneti puntando sul recupero dei vitigni autoctoni, magari per scoprire il nuovo Frappato (il rosso profumato che assieme al Nero d’Avola costituisce la formula del Cerasuolo). Ha giocato la carta della naturalità di un territorio dove l’alternanza tra gli insediamenti civili, a partire dalle tracce archeologiche risalenti alla Magna Grecia, e le aree naturali protette testimonia una radicata cultura di rispetto ambientale. Per tutelare questa impronta ha puntato decisamente sul biologico assieme a Suolo e Salute, che certifica le tenute di Maggio Vini sin dalle prime conversioni, a cavallo del giro di boa del Millennio.

«Vigna del Pettineo – asserisce –, la tenuta di circa 60 ettari che è il cuore della nostra azienda, è per noi biologica da sempre, ovvero dall’inizio degli anni 2000 quando abbiamo iniziato a gestirla». Si tratta di una tenuta storica cresciuta attorno all’antico borgo omonimo, dove per decenni diverse famiglie hanno vissuto a pochi passi l’una dall’altra, dandosi una mano l’un l’altra nella piccola produzione vinicola e condividendo cantina e bottaia. «Oggi l’abbiamo trasformata in uno dei luoghi della nostra ospitalità, con i vigneti di Frappato, Nero d’Avola e di Grillo allevati ad alberello alternati a siepi, cespugli fioriti, erbe aromatiche, alberi da frutto che danno riparo e nutrimento ad uccelli ed insetti così come i muretti a secco diventano, oltre che testimonianze storiche, rifugio per i rettili. I nostri interventi e studi si spingono oltre sempre rivolti a preservare la bellezza della natura. «È stata la conversione al biologico – riconosce Maggio – ad accendere la miccia: da semplice scelta tecnica, metodo di produzione con disciplinari da seguire, è diventata per noi in breve tempo una filosofia di vita, un modo di vivere lavorare e produrre in armonia con la natura».

Top di gamma e novità trendy

Tra le corsie e gli stand dell’ultima edizione di Vinitaly, nel padiglione 2 siciliano, sempre più costellato di realtà biologiche, i top di gamma pluripremiati delle riserve bio “Vigna di Pettineo Cerasuolo di Vittoria Docg”,  e dei monovitigno sempre bio Vigna di Pettineo Frappato, Nero d’Avola e Grillo hanno riscosso un notevole successo per l’intensità e lo spessore. Ma sono le novità trendy e fun come il Luna nascente, uno spumante extra-dry prodotto con metodo Charmat da uve Frappato, a testimoniare la vocazione di questo motivato produttore per la sperimentazione.

Lingue di fuoco tra gli alberelli

«Quest’ultima – si rammarica – è in realtà un punto dolente per questo angolo di Sicilia». Le ricerche in viticoltura vengono infatti eseguite quasi sempre in areali “del Nord”, con altre caratteristiche pedoclimatiche. «Dobbiamo fare tutto in proprio. Ad esempio nell’inerbimento». «Lo adottiamo per difendere i terreni dall’erosione, oltre che favorire lo sviluppo di microrganismi e insetti, ma l’inerbimento totale, 2 mesi all’anno, nasconde pericolose insidie nella nostra zona».

Non per la competizione idrica. «La temevamo, ma con gli opportuni accorgimenti di gestione del suolo si può evitare». «I problemi che si sono manifestati sono invece di tipo, diciamo, “sociale”». «Quando è andato a fuoco – racconta- il terreno vicino lasciato a sterpaglia, le lame di fuoco si sono incuneate nei vigneti ad alberello, alimentate proprio dalle erbe seccate dal sole». «Quindi ora non applichiamo più l’inerbimento perenne, bensì lo rimuoviamo in estate parzialmente, lasciando strisce che coprono circa un quarto della tenuta per garantire la disseminazione delle erbe spontanee».

Biochar “dinamizzato”

Altra sperimentazione in proprio è stata proprio quella per la gestione della fertilità e della capacità idrica dei terreni attraverso il biochar. «È stata un successo: abbiamo carbonizzato il legname delle potature degli alberi da frutto in una carbonaia aziendale e poi lo abbiamo “attivato”, ovvero arricchito con letame e microrganismi per favorire la biodiversità del suolo (e ridurne la polverosità)». Con il clima secco e la forte insolazione il terreno di Vigna del Pettineo tenderebbe infatti a seccarsi, «Invece in questo modo non succede: il suolo rimane in salute e attivo. Sono ormai dieci anni che lo rivitalizziamo in questo modo».

Varietà reliquia

Altre prove sperimentali hanno riguardato il patrimonio ampelografico siciliano. Maggio Vini ha infatti partecipato al progetto di ricerca coordinato dall’Istituto vite e vino (Irvo) sulle varietà reliquia siciliane.

«Non si possono ancora utilizzare per etichette commerciali perché non sono iscritte a registro, ma dalle degustazioni sono emerse tipologie interessanti come il Cutrera (a bacca bianca), caratterizzato da maturazione tardiva, in grado di preservare un’eccellente acidità per basi spumanti anche a questa latitudine». «E un altro vitigno sconosciuto – che spero non rimanga tale – è l’Orisi (a bacca nera), caratterizzato da una decisa impronta fruttata e in grado di donare una “botta” di colore».

Magari potrà un giorno entrare nel disciplinare del Cerasuolo di Vittoria docg. Nella Vigna del Pettineo i vitigni Nero d’Avola e Frappato, autoctono di questa area, caratterizzato da eleganza e aroma floreale e speziato costituiscono ancora oltre il 75% della superficie, scalfita solo recentemente dall’avanzata di Grillo e Catarratto.

Bollicine circolari

«La nostra produzione – testimonia Maggio – è indirizzata per quasi il 95% all’estero, verso mercati sensibili come la Germania e il Nord Europa, dove il tema della sostenibilità e del biologico sono un vero biglietto da visita».

«L’attenzione per il territorio – mette in evidenza- per l’ambiente e la sostenibilità non può però essere il più possibile condivisa». «Per questo abbiamo deciso di non concentrarci solo su linee esclusive per mercati top, ma produrre anche linee più accessibili». L’ampiezza della gamma è così diventata uno dei tratti distintivi di Maggio Vini. «Luna Nascente, il metodo charmat da uve frappato, nasce da esigenze di circolarità». «Ovvero per non disperdere i grappoli che vengono diradati prima della raccolta per preservare questo vitigno caratterizzato da grappoli serrati». La vendemmia parziale anticipata di 15-20 si è infatti rivelata l’ottimo per la produzione delle basi spumante del Luna Nascente, un vero testimonial della filosofia spreco zero.

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I BIODISTRETTI FANNO RETE

I BIODISTRETTI FANNO RETE

Firmato a Mondavio, nel Pesarese, da un primo blocco di undici diversi sodalizi territoriali bio, dal Veneto alla Calabria, il protocollo d’intesa per la realizzazione della rete nazionale dei Distretti Biologici. Sara Tomassini (Terre Marchigiane): «Condividere le nostre diverse esperienze crea i presupposti per uno sviluppo veramente sostenibile, valorizzando aree rurali che crescono nel solco del biologico».

I biodistretti crescono e fanno rete. È stato infatti siglato a Mondavio (PU) il protocollo d’intesa per la realizzazione della Rete Nazionale dei Distretti Biologici.

A firmarlo, nella sede del ristorante “La Palomba”, sono stati 11 distretti nazionali sui 32 oggi riconosciuti.

Strumenti per una governance territoriale sostenibile

«I biodistretti– afferma Sara Tomassini, presidente del Distretto Biologico  Terre Marchigiane –, con la loro vocazione per la condivisione e la concertazione, stanno dimostrando di essere degli strumenti veramente efficaci per una governance territoriale sostenibile».

«L’accordo firmato a Mondavio – continua l’imprenditrice – testimonia la volontà di mettere in rete le nostre diverse esperienze per valorizzare aree rurali che crescono nel solco del biologico».

Gli undici pionieri

Assieme al Distretto Bio Terre Marchigiane hanno sottoscritto il protocollo:

  • Fondazione Bio Sardegna,
  • Distretto Casalasco Vadenese (Lombardia),
  • Biodistretto Alto Lazio Terra Viva,
  • Biodistretto dei Colli Euganei (Veneto),
  • Biodistretto Copanello (Calabria) rappresentato dal presidente Giovanni Gatti, titolare dell’azienda Libero Gatti certificata da Suolo e Salute,
  • il coordinamento dei Bio distretti della Toscana: Val di Cecina, Fiesole, Chianti, Calenzano, Montalbano.

Verso progetti condivisi

Sodalizi territoriali che si sono già distinti per la capacità di mettere in campo efficaci azioni in favore dello sviluppo delle filiere bio attraverso proposte turistiche integrata ai paesaggi, all’ambiente e ai prodotti agricoli biologici dei diversi territori. «L’accordo raggiunto – commenta Tomassini-  rappresenta un primo passo molto importante per l’avvio della rete e la condivisione di progetti comuni». «A breve seguiranno altri incontri per allargarci a ulteriori adesioni»

PIANO D’AZIONE SUL BIO, D’ERAMO PRESENTA LA PRIMA BOZZA

PIANO D’AZIONE SUL BIO, D’ERAMO PRESENTA LA PRIMA BOZZA

Un provvedimento che fisserà i contorni per il brand del bio nazionale, spingerà su ricerca, mense bio e assistenza tecnica alle aziende. I commenti delle associazioni intervenute al Tavolo di filiera convocato dal sottosegretario al Masaf

Secondo appuntamento con il Tavolo di confronto istituzionale sul biologico. In via XX Settembre a Roma, presso il Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare, il 12 aprile scorso, il Sottosegretario Luigi D’Eramo ha presentato alle associazioni di settore la prima bozza del Piano d’azione nazionale per il biologico tracciando il percorso di lavoro per la sua attuazione. Un provvedimento previsto dalla legge nazionale sul bio (L.23 del 2022).

L’importanza di un marchio nazionale

«Si tratta di uno strumento importantissimo – commenta Giuseppe Romano, presidente di Aiab – che aspettavamo ormai da anni per dare una strategia politica e una linea d’indirizzo a tutto il settore».

«Sosteniamo da sempre – aggiunge – l’importanza di un marchio di riferimento per il biologico nazionale, utile a rilanciare sia il mercato interno che l’export e siamo favorevoli all’impostazione data dal Ministero al marchio Made in Italy».

Attesa per la banca dati delle transazioni

«Il Piano d’azione sul bio contiene misure fondamentali per lo sviluppo futuro del biologico nazionale – commenta Alessandro D’Elia, direttore generale di Suolo e Salute – in particolare, sul fronte dei controlli, sono ormai cinque anni che attendiamo l’istituzione della banca dati per il controllo delle transazioni. Uno strumento che abbiamo sempre ritenuto importantissimo per aumentare l’efficacia dei controlli sui flussi di prodotto biologico lungo le filiere e ciò per offrire più garanzie a chi trasforma e commercializza e di conseguenza al consumatore».

L’equilibrio tra produzione e mercato

FederBio sottolinea l’importanza del riferimento a una strategia che riguarda sia l’aumento della domanda interna sia l’incremento della produzione bio, in linea con l’obiettivo del raggiungimento del 25% di superficie coltivata a bio entro il 2027 previsto dal Piano Strategico Nazionale della Pac. «Importante, inoltre, l’asse dedicato a Ricerca e Innovazione, indispensabile per rafforzare ulteriormente il contributo del biologico alla sostenibilità dei sistemi agricoli e alimentari».

Positiva, per l’associazione bolognese, anche la spinta ulteriore verso la ristorazione collettiva con la proposta di raddoppiare l’investimento sul Fondo per le mense scolastiche bio «Servono però più fondi per l’assistenza tecnica, la promozione e per lo sviluppo dei Distretti biologici.

Più assistenza tecnica, meno burocrazia

«L’ assistenza tecnica – concorda Aiab – per le aziende agricole medie e medio-piccole è uno strumento determinante per andare incontro ai processi di miglioramento di gestione e per superare le difficoltà burocratiche che le aziende spesso incontrano».

GUNTHER DI GIOVANNA: «L’IMPRONTA DEL BIO IMPREZIOSISCE I TERRITORI VITATI»

GUNTHER DI GIOVANNA: «L’IMPRONTA DEL BIO IMPREZIOSISCE I TERRITORI VITATI»

Grande successo a Vinitaly per le etichette dell’azienda biologica siciliana certificata da Suolo e Salute. Gunther Di Giovanna ribadisce l’importanza della certificazione per raggiungere i mercati di tutto il mondo

L’elegante aromaticità del Grillo Helios 830 metri, testimone del terroir irripetibile del vigneto “Fiuminello”, situato alle pendici del Monte Genuardo, in un incontaminato areale a parco naturale, tra le provincie di Agrigento e Palermo, nel cuore della Sicilia.

La morbidezza del Vurria Nero d’Avola Doc Sicilia, caratterizzato da sentori di amarena e frutti di bosco e piacevoli note speziate. La migliore interpretazione dal cru completamente diverso della Tenuta Miccina, caratterizzato da terreni magri, sassosi e tufacei.

L’assoluta novità della svolta naturale del Rufulia Pét-nat Catarratto Igp Terre Siciliane. Un metodo ancestrale imbottigliato senza filtrazione ottenuto dalle uve Catarratto prodotte nel vigneto San Giacomo.

Contraddistinto da un bouquet complesso di agrumi, frutti gialli oltre della persistente sapidità, vero marchio di fabbrica di questa apprezzata cantina biologica siciliana.

Una gamma vincente

La gamma dei vini dell’azienda Di Giovanna, portabandiera della tradizione del biologico siciliano e certificata da Suolo e Salute da 26 anni, ha ottenuto un forte apprezzamento nel corso dell’ultima edizione del Vinitaly. In una videointervista raccolta da Lorenzo Tosi e pubblicata sulla versione digitale del magazine VVQ, Vigne, Vini & Qualità Gunther di Giovanna, che rappresenta assieme al fratello Klaus la quinta generazione di una delle più originali famiglie del vino in Sicilia, ha spiegato che la domanda di sostenibilità continua ad essere fortissima e che «la certificazione – assicura Gunther – e la serietà di un metodo di produzione che si basa sulla terzietà dei controlli e sulla reciprocità, continua ad essere la chiave che apre i mercati di tutto il mondo». E questo vale per qualsiasi paese di destinazione.

L’impronta del bio

Nelle cinque tenute aziendali dislocate tra Contessa Entellina (Pa) e Sambuca di Sicilia (Ag), l’azienda Di Giovanna continua a puntare sulle chance di vitigni autoctoni come Nero d’Avola, Nerello Mascalese, Grillo, Catarratto e su alcune varietà internazionali come Chardonnay, Syrah e Merlot. Ma secondo Gunther l’elemento che più impreziosisce il terroir aziendale, al pari della tipicità, è l’impronta indelebile di un territorio unico in cui la certificazione biologica contraddistingue più del 70% delle superfici agricole.

IL CHECK UP DELLA SALUTE DEL SUOLO EUROPEO

IL CHECK UP DELLA SALUTE DEL SUOLO EUROPEO

Il progetto di ricerca transnazionale interdisciplinare “Benchmarks” punta a monitorare in cinque anni lo stato di salute dei suoli europei. Un’iniziativa che si inserisce dentro al piano della Commissione Ue di migliorare la condizione del 75% dei suoli entro il 2030

A metà febbraio è stato lanciato presso l’Università di Wageningen, nei Paesi Bassi, il progetto interdisciplinare “Benchmarks” (punti di riferimento). Questo progetto di ricerca quinquennale punta al monitoraggio dello stato di salute del suolo in tutta Europa. Ne dà notizia l’Istituto di ricerca svizzero FiBL che è una delle 29 organizzazioni europee partner del progetto. Sono coinvolti anche la Commissione europea, il Centro comune di ricerca e i rappresentanti dei settori delle imprese e della gestione del territorio.

Il degrado dei suoli

Il progetto si inserisce nell’obiettivo Ue di contrastare il degrado dei suoli Ue (non solo di quelli agricoli). Da una valutazione congiunta effettuata dal comitato di missione Soil Health and Food (SH&F) e dal Centro comune di ricerca (JRC) emerge infatti che il 60-70% dei suoli in Europa non è in salute a causa: dell’inquinamento, dell’eccesso di nutrienti, della compattazione e del degrado del suolo.

La politica Ue

La missione SH&F della Commissione europea ha fissato l’obiettivo del 75% dei suoli europei sani o significativamente migliorati entro il 2030, in linea con una nuova legge dell’Ue sulla protezione della salute del suolo. Anche il settore privato sta investendo sullo sviluppo di sistemi alimentari sostenibili, come la piattaforma 100 milioni di agricoltori del World Economic Forum (World Economic Forum, 2022) e il Regen10 iniziativa del World Business Council on Sustainable Development (WBCSD, 2022).

Ventiquattro paesaggi diversi

Misurare il successo di queste iniziative pubbliche e private attraverso il monitoraggio armonizzato dei suoli europei è un compito essenziale, ma enormemente complesso. Richiede un’analisi su più scale, per molteplici tipi di uso del suolo e in tutti i paesi europei. Il progetto Benchmarks si concentrerà su 24 diversi paesaggi per definire come monitorare la salute del suolo in tutta Europa, considerando anche il contesto locale della gestione del territorio .

Gli obiettivi

  • Fornire uno strumento chiaro e facile da usare per valutare la salute del suolo,
  • Definire indicatori appropriati per una serie di usi del suolo e zone climatiche in tutta Europa.
  • Sviluppare un “cruscotto” sulla salute del per gli ambienti agricoli, forestali e urbani.
  • Contribuire a migliorare le politiche e le normative europee esistenti relative alla salute del suolo.
CRESCE IL VIGNETO BIO E AUMENTA LA PRESENZA DI API TRA I FILARI

CRESCE IL VIGNETO BIO E AUMENTA LA PRESENZA DI API TRA I FILARI

Una buona notizia che arriva dal Vinitaly: la presenza degli impollinatori cresce di pari passo con la diffusione della gestione bio. È la conferma che i vigneti biologici sono una risorsa preziosa per la salvaguardia dell’ambiente e della biodiversità

Cresce la quota di vigneti bio, arrivati al 19% della superficie vitata italiane e cresce la presenza di api e di impollinatori selvatici tra i filari. Una buona notizia, visto il valore dell’ape come bioindicatore della qualità dell’ambiente, diffusa nel corso dell’edizione numero 55 del Vinitaly.

La conferma che il vigneto biologico possa rivelarsi un ambiente idoneo per l’allevamento delle api e per la tutela della biodiversità è emersa a Verona nel corso dell’evento “Dove le api incontrano il vino”, promosso da Fedagripesca Confcooperative, con la partecipazione del sottosegretario al ministero dell’Agricoltura con delega al miele, Luigi D’Eramo.

In arrivo un Tavolo di filiera

«Consideriamo l’apicoltura – ha testimoniato D’Eramo – un settore di punta dell’agroalimentare italiano, che può offrire opportunità di crescita economica anche per i giovani».

«Abbiamo spinto per il raddoppio dei finanziamenti per le aziende apistiche ed è in via di definizione anche l’istituzione di un tavolo permanente sul miele».

La conferma del fatto che la gestione biologica rende il vigneto un ambiente favorevole all’apicoltura è stata in messa in luce nel corso dell’evento da Antonio De Cristofaro dell’Università del Molise e da Paolo Fontana, ricercatore della Fondazione Edmund Mach, entomologo e apicoltore.

«La loro presenza è in ascesa – hanno precisato – anche perchè il minimo comune denominatore di queste due attività è l’amore e il rispetto per il territorio».

Sottospecie italiane da preservare

Fontana è il promotore della Carta di San Michele all’Adige, l’appello scritto dai maggiori esponenti del mondo della ricerca e dell’apicoltura per la conservazione dell’Apis mellifera e delle sue 1758 sottospecie in Italia.

Le api e gli insetti impollinatori sono infatti investiti da gravi minacce ambientali per effetto del climate change, delle modificazioni del paesaggio, di un uso inappropriato di agrofarmaci in agricoltura, ma anche dalla diffusione di sottospecie ed incroci non autoctoni.

L’ininterrotta presenza dei vigneti da Nord a Sud e la sempre maggiore diffusione delle tecniche di gestione bio può così diventare una concreta risorsa per la salvaguardia della biodiversità apistica e in particolare per la sopravvivenza di due sottospecie endemiche a rischio come l’Apis mellifera ligustica, detta appunto ape italiana e considerata la migliore ape per fare apicoltura e l’Apis mellifera siciliana, detta ape nera sicula.

Generazione Honey

All’evento ha partecipato anche il direttore generale del Masaf Luigi Polizzi che ha sottolineato l’importanza di una campagna di comunicazione come quella di Generazione Honey che fa informazione sul settore apistico, per il quale il ministero ha istituito un fondo specifico.