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La quinoa, una risorsa contro la fame nel mondo

Si è tenuta il 21 febbraio scorso la cerimonia ufficiale dedicata al lancio dell’Anno Internazionale della Quinoa, svoltasi presso la sede Onu di New York. Un evento cui hanno preso parte tra gli altri il Direttore Generale della Fao,  José Graziano da Silva, insieme al Segretario Generale Onu Ban Ki-moon, il Presidente boliviano Evo Morales e la First Lady del Perù, Nadine Heredia Alarcón de Humala.

“Oggi siamo qui per arruolare un nuovo alleato nella lotta contro fame ed insicurezza alimentare – la quinoa”, ha dichiarato da Silva, elogiando le caratteristiche di questa pianta e le sue caratteristiche nutrizionali.

Si tratta infatti di una specie in grado di adattarsi a climi e ambienti molto diversi e che ha la prerogativa di contenere all’interno dei propri tessuti tutti gli amminoacidi essenziali, i micronutrienti e le vitamine più importanti per l’alimentazione umana, offrendo un’alternativa credibile e fondamentale per moltissimi paesi afflitti da endemiche carestie alimentari.  La quinoa ha la capacità quasi esclusiva nel regno vegetale di poter crescere dal livello del mare fino ad oltre 4.000 metri di altezza, sopportando temperature variabili dai -8 °C fino ai 38°C. Una plasticità ecologica straordinaria, in grado di fornire una risposta concreta anche alle nuove sfide imposte dal cambiamento climatico e alle crescenti richieste alimentari di una popolazione mondiale in costante crescita.

“Questo straordinario cereale è stato un punto di riferimento culturale e un alimento base nella dieta di milioni di persone in tutte le Ande per migliaia di anni”, ha detto il Segretario Generale dell’Onu Ban Ki-moon- “Adesso è venuto il momento di dare alla quinoa il riconoscimento mondiale che si merita”. “Questa coltura può essere decisiva nel far incrementare i redditi – un elemento chiave della Sfida Fame Zero”, ha aggiunto Ban Ki-Moon.

La quinoa, una pianta  appartenente alla famiglia delle Chenopodiaceae (la stessa di spinaci e barbabietole), pur non essendo un cereale ha un utilizzo per molti versi simile, ragion per cui è considerata uno pseudo cereale, ovvero una pianta dalla quale è possibile ricavare farina. Per secoli è stata una fondamentale risorsa di cibo per le civiltà pre-colombiane, insieme alle patate. La quinoa infatti può essere macinata per ottenere un pane di quinoa, cucinata, utilizzata come un cereale, come pasta o per fare la birra o la chica, bevanda tradizionale delle Ande. Oggi, oltre che in Bolivia, Perù, Ecuador, Cile, Colombia ed Argentina, è coltivata anche negli Stati Uniti, in Canada, in Francia, nel Regno Unito, in Svezia, in Danimarca, in Italia, in Kenya ed in India.  “La quinoa è un dono ancestrale delle popolazioni andine”, ha affermato il Presidente boliviano Evo Morales, ricordando il ruolo delle popolazioni indigene nel custodire questa coltivazione per oltre 7000 anni..

“L’Anno Internazionale della quinoa servirà non solo a stimolare lo sviluppo di questa coltivazione in tutto il mondo, ma anche a riconoscere che le sfide del mondo moderno possono essere affrontate facendo ricorso al sapere dei nostri antenati e dei piccoli coltivatori che attualmente ne sono i principali produttori”, ha dichiarato Graziano da Silva. La cerimonia di New York dà il via ad un anno nel corso del quale la Fao intende dare forte impulso al miglioramento condizioni di vita di migliaia di piccoli contadini e consumatori dei paesi più poveri del mondo.

Fonte: Utagri-Enea

“Fa la cosa giusta”, a metà marzo l’edizione del decennale

Appuntamento dal 15 al 17 marzo a Milano per l’edizione 2013 di “Fa la cosa giusta”, la fiera dedicata al consumo critico e agli stili di vita sostenibili che proprio quest’anno festeggia il decennale. La kermesse, ospitata all’interno dei padiglioni di Fieramilanocity, sarà l’occasione per conoscere molti prodotti innovativi realizzati nel nome del riciclo, della sostenibilità e dell’ecodesign. Un’iniziativa premiata da un’affluenza record di visitatori che, nel corso dell’edizione 2012, hanno superato quota 67mila, con oltre 700 espositori e 2000 studenti provenienti da tutta Italia. Novità dell’edizione del decennale “Made in Mage”, una “factory” per giovani stilisti e designer all’insegna del recupero e del riuso. Nei tre giorni della fiera si succederanno laboratori creativi, workshop  e incontri all’insegna della sostenibilità.

Fonte: Greenplanet

Rapporto ISAAA: continua la crescita degli OGM nel mondo

170,3 milioni di ettari, pari al 21% della superficie globale coltivata, con un aumento di 10,3 milioni di ettari rispetto al 2011: questo il dato saliente presentato dal rapporto annuale dell’ISAAA (International Service for the Acquisition of Agri-biotech Applications) sullo stato delle coltivazioni di OGM nel mondo. In testa a questa speciale classifica gli Stati Uniti, che da soli contribuiscono con circa 69,5 milioni di ettari, pari al 41% del totale mondiale, destinati principalmente alla coltivazione di masi, soia, cotone e colza. Ma è il Brasile la nazione a far registrare la crescita più importante, con una superficie coltivata a OGM pari a 36,6 milioni di ettari, oltre un terzo in più 11,6 milioni di ettari) rispetto al 2011. Anche qui soia, mais e cotone sono tra le coltivazioni più diffuse. Un dato che consente al Brasile di essere il paese sudamericano con la maggior estensione coltivata transgenicamente, seguito dall’Argentina con 23,9 milioni di ettari. Coi suoi 11,6 milioni di ettari invece il Canada compie il sorpasso sull’India (10,8 milioni di ettari coltivati a cotone). Più indietro la Cina (4 milioni di ettari che comprendono coltivazioni di cotone, papaia, pioppo, pomodoro e pepe), il Paraguay (3,4), e il Sud Africa (2.9) che supera di poco  Pakistan (2,8 milioni di ettari coltivati a  cotone), e Uruguay (1,4, in prevalenza soia e mais).

Complessivamente sono 28 i paesi “biotech” nel mondo, dei quali 8 rientrano tra i paesi industrializzati (contro i 10 del 2011) e 20 in via di sviluppo (contro i 19 del 2011). Proprio questi ultimi nel corso del 2012 hanno superato complessivamente per la prima volta il 50% della superficie globale totale, attestandosi ad un 52% contro il 48% dei paesi industrializzati. Di questo 52%, la quasi totalità (pari al 46% globale) è rappresentata da Cina, India, Brasile, Argentina e Sud Africa. Il continente africano, tra i pesi produttori, annovera anche Burkina Faso (con 3000 ettari coltivati a cotone transgenico), l’Egitto (con meno di 1000 ettari di mais Bt) e il Sudan, new entry con circa 1000 ettari di cotone Bt. In costante trend negativo l’Europa, con circa 130.000 ettari di mais Bt, i 90% dei quali coltivati in Spagna, mentre escono dalla lista Germania e Svezia in cui non si seminano più patate “Amflora”.

Il rapporto dell’ISAAA si sofferma inoltre sulla grave siccità che ha colpito la produzione cerealicola statunitense, responsabile del 53% delle esportazioni mondiali di mais e del 43% di quelle di soia. Un calo che si è tradotto in una perdita pari a circa il 30% della produzione totale e che potrebbe favorire la commercializzazione di alcune varietà OGM resistenti alla siccità quali il mais Monsanto, il cui lancio è previsto nel 2013, e il grano GM, la cui approvazione è prevista nel 2020. Il rapporto completo è consultabile al seguente indirizzo web: Global Status of Commercialized Biotech/GM Crops: 2012 – http://www.isaaa.org/resources/publications/briefs/44/executivesummary/default.asp

Fonte: Fondazione Diritti Genetici

Svezia: presentata l’ agenda di ricerca 2013 per l’agricoltura biologica

L’Epok, Centro svedese per l’alimentazione e l’agricoltura bio, ha recentemente presentato il documento “Agenda di ricerca per l’agricoltura biologica 2013”. Il documento muove i suoi presupposti dall’esperienza maturata in 15 anni di attività da parte del Centro, che ha consentito di realizzare molti progetti innovativi nel settore. Il documento, secondo quanto dichiarato da Maria Wivstad, responsabile del Centro, si propone di analizzare le priorità di finanziamento per il centro stesso, entrando nel merito delle principali sfide del prossimo futuro e approfondendo la conoscenza della catena alimentare biologica, nell’ottica di una sempre maggiore sostenibilità ed efficienza sia ambientale che sociale. Il documento, in lingua inglese, è scaricabile gratuitamente a questo indirizzo

Fonte: Organic World

Il pomodoro biologico? Più “stressato” e quindi più salutare

La notizia, dei giorni scorsi, getta una nuova luce sui benefici dell’agricoltura biologica e sull’effetto che il metodo organico può avere sulle coltivazioni. Ricercatori brasiliani infatti hanno messo a confronto due colture sottoposte ad analoghe condizioni colturali e climatiche, una biologica e una convenzionale. A maturazione, hanno confrontato i frutti sottoponendoli ad una serie di analisi e test sui nutrienti. E’ emerso così che i pomodori biologici hanno una concentrazione di vitamina C superiore di ben il 55% rispetto a quelli convenzionali, percentuale che sale addirittura al 139% nel caso dei fenoli totali. Superiore anche l’acidità (+29%) e la massa  della parte solida solubile (+57%), a fronte di un calo sensibile nella taglia dei frutti, più piccoli in media del 40% nel caso di quelli biologici. La ricerca è stata condotta dagli agronomi della Federal University di Ceará, in Brasile che hanno pubblicato i risultati della ricerca nello studio “The Impact of Organic Farming on Quality of Tomatoes Is Associated to Increased Oxidative Stress during Fruit Development”. Il motivo delle differenze riscontrate nella ricerca risiede nel maggiore stess ossidativo cui sono sottoposti i pomodori bio, che obbliga la pianta a rispondere attivando i propri meccanismi di difesa, mancando la difesa dei pesticidi. Si tratta di una ricerca dagli esiti molto importanti perché evidenzia non solo che l’agricoltura biologica è caratterizzata da un quantitativo minore di sostanze nocive, come ovvio, ma che al tempo stesso possiede molte sostanze benefiche in più. Un’indicazione preziosa per gli agricoltori, ma anche per i consumatori: un prodotto agroalimentare più piccolo nella taglia e magari esteticamente meno accattivante, coltivato secondo il metodo biologico, in realtà è un serbatoio di vitamine e antiossidanti ed è senza dubbio migliore da un punto di vista tradizionale.

Fonte: il Fatto Alimentare

Agricoltura europea: calano le aziende, ma crescono i biologico e le agro energie

E’ uno scenario a doppia faccia quello che emerge dall’analisi di due rapporti pubblicati di recente riguardanti il comparto agricolo europeo: Rural Development in the EU – Statistical and Economic Information Report 2012 a cura della Commissione Europea  e Agriculture, fishery and forestry statistics 2010-2011 dell’ Eurostat.  Secondo il quadro che ne emerge, nei paesi dell’Unione durante il quadriennio 2007-2010 sono diminuite numericamente le aziende agricole e, conseguentemente, si è assistito ad un sensibile calo nei posti di lavoro a tempo pieno, ridottisi di circa due milioni, ma parallelamente la dimensione media delle imprese e la produzione sono aumentate e, soprattutto, in molte si sono dedicate alla produzione biologica e alle agro energie.

Il calo numericamente più consistente ha riguardato la Germania, con una flessione record del 19,3%; numeri meno negativi ma comunque importanti anche per Francia (-2,1%) e Italia (-3,5%), ma bilanciati come detto da un significativo aumento della produzione che ha coinvolto la maggior parte dei paesi europei con picchi in Slovacchia (+285%), Repubblica ceca (+85%), Polonia (+77%) e Lettonia (+68%). A crescere soprattutto la SAU coltivata a biologico, aumentata del 42% nel periodo 2005-2010, settore questo dove il nostro paese, con circa 48000 aziende biologiche, detiene saldamente il primato di “nazione bio d’Europa”. Importante anche la produzione di agro energie, ovvero energie rinnovabili da agricoltura e foreste, che hanno raggiunto rispettivamente 17,5 e 80,8 milioni di TEP (Tonnellate Equivalenti di Petrolio).

Fonte: Fa.re.na.it – Lamiaterravale.it