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Dibattito tra Michele Serra e Elena Cattaneo

Dibattito tra Michele Serra e Elena Cattaneo

Lo scorso 21 novembre, Michele Serra sulla sua rubrica L’Amaca, ha chiamato in causa Elena Cattaneo, scienziata e senatrice a vita. La discussione riguardava l’autorevolezza e l’arroganza di alcuni scienziati e la crisi di credibilità (e di entità) che oggi colpisce le competenze non solo in campo scientifico ma anche politico. Il tema: l’agricoltura biologica.

“In tempi di tramonto delle élite e di cattedre traballanti, basta, per ristabilire un minimo di rispetto per le competenze, parlare ex cathedra, e dare dell’ignorante agli ignoranti? La crisi dell’autorevolezza non dipenderà, magari, anche dall’arroganza degli autorevoli? Offro al dibattito questo minimo contributo: quando la senatrice Elena Cattaneo, eminente scienziata, attacca ripetutamente l’agricoltura biologica («il bio serve solo a chi ci guadagna»), oltre a farsi inevitabilmente dei nemici tra le molte migliaia di coltivatori che hanno scelto il bio non per convenienza (la certificazione si paga) ma per rispetto dei suoli, rende un buon servizio alla scienza o rischia di configurarla come un ipse dixit dogmatico?

La questione è enorme e non riguarda, come è noto, solo la scienza. Riguarda la politica, o perlomeno quella sua parte che si sente investita di un compito di orientamento e dunque non può accontentarsi di sguazzare nella corrente. Ogni forma di competenza è, in questo momento storico, controcorrente per sua stessa natura. Per nuotare controcorrente non basta essere forti. Bisogna essere anche resilienti, umili, disposti all’ascolto. Non si nasce imparati: è vox populi, ma i primi a dare l’esempio devono essere i capi. È autorevolezza anche questa” così scrive Serra.

La risposta di Elena Cattaneo, pubblicata su Repubblica, parte dal presupposto che l’“ascolto” a cui dovrebbero essere disposti gli scienziati lei già lo pratica.

“Ecco, sarebbe bello se, su un giornale “umile, resiliente e disposto all’ascolto” come Repubblica, si potesse leggere la testimonianza di qualche imprenditore agricolo che deve confrontarsi con la resa di prodotto per ettaro, coi parassiti e con le erbe infestanti, o una franca analisi della bilancia agroalimentare di un comparto che da decenni non innova, e promuovere un dibattito sulla sostenibilità dell’agricoltura e su tutte le tecnologie che possano aiutare a raggiungerla. Un dibattito nuovo, finalmente basato su dati e fatti scientifici verificati e su un approccio non ideologico” conclude la Cattaneo.

Il 24 Novembre, Serra pubblica la sua risposta su Repubblica:

“Le ricadute ambientali degli allevamenti intensivi sono, è dimostrato, pesantissime in termini di consumo d’acqua, di emissione di gas metano, di salute pubblica per via della somministrazione massiva di antibiotici che finiscono nel piatto del consumatore. L’impoverimento dei suoli dovuto alle monoculture è conclamato, e la perdita di biodiversità irrimediabile: se per migliaia di ettari hai solo soia, magari per produrre biocarburanti, quella fetta di terra è morta a ogni altra specie. La meccanizzazione è una meraviglia e ha liberato i coltivatori da fatiche bestiali: ma se il peso delle macchine diventa eccessivo i terreni perdono fertilità.

I successi tecnologici ed economici a breve termine (quantità di raccolto e di profitto) possono mutare verso sé li si analizza a medio e lungo termine: spremere un campo oggi per avere niente domani non è produttivo, è predatorio e imprevidente. I concetti di utilità e di produttività non sono così “oggettivi”: o meglio lo sono a seconda dello sguardo politico (utile a chi? Produttivo per chi?) e soprattutto della loro proiezione nel tempo. Il consumo dei suoli, la rotazione delle colture, la complessa (e ancora misteriosa) interdipendenza tra le specie — l’uomo tra esse — non sono una branca della magia. Sono biochimica. Sono pura scienza. “La natura è un esperimento scientifico che dura da quattro miliardi di anni”.

Non mi ricordo chi lo ha scritto. Ma non mi sembra un’opinione impugnabile. Ne sappiamo abbastanza? No. Ma a non saperne abbastanza non sono solamente quelli del jet-set del bio (sessantamila aziende, cinque miliardi di fatturato, quasi due milioni di ettari coltivati solo in Italia: un jet-set popoloso, direi). A saperne poco, anzi a non volerne sapere niente, sono anche i fondi di investimento cinesi e americani che comperano mezza Africa per sradicare l’agricoltura di auto-sostentamento e imporre l’agroindustria. Non basta nemmeno più la parola “latifondo”, a definire il fenomeno. L’avidità umana non risponde alla scienza, la disciplina che la regola è la legge del più forte. Agroindustria vuol dire anche un modo di produzione, una nuova gerarchia sociale. Vede quanto è complicata l’agricoltura, senatrice Cattaneo: c’è anche la politica di mezzo, a complicare le cose.

Così che il “dato scientifico”, in sé solamente un dato, diventa utile, diventa prezioso solo se lo si mette a confronto con altri dati. Spesso contraddittori. Un lavoro faticosissimo, come sa bene chi si occupa di ricerca. Non si stupisca se le dico, gentile senatrice, che gli agricoltori biologici sono, a modo loro, dei ricercatori. Suoi colleghi magari un po’ strambi, ma con uguale tensione scientifica: cercano di capire come l’estrazione di cibo dalla terra possa lasciarla indenne e ancora fertile. Non è un mondo nostalgico, che si racconta favole sulla “natura buona” e vorrebbe vivere “come una volta”. È un mondo che cerca innovazione, e ha fortissima necessità di tecnologia e di scienza. Non credo sia possibile (troppa animosità in campo), ma sarebbe bello trovare il modo e la sede per mettere a confronto non solo e non tanto i “dati certi” ai quali lei, come scienziata, si appella.

Anche quei “dati incerti” che sono le persone, le loro esperienze, le loro sensibilità. Come hanno già scritto, in polemica con lei, 53 professori e ricercatori (primo firmatario Claudia Sorlini, ex preside di Agraria) “oggi l’agricoltura ha il gravoso compito di nutrire il pianeta, di erogare servizi ecosistemici ed essere nello stesso tempo economicamente, ambientalmente e socialmente sostenibile. Il ruolo del mondo della ricerca è di fornire il supporto scientifico a questo importante percorso, senza sposare acriticamente posizioni di parte”.

A questo link trovate la risposta di Mammuccini risponde a Cattaneo: https://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/bio-mammuccini-risponde-a-cattaneo

Fonte: https://www.nextquotidiano.it/michele-serra-elena-cattaneo/

Il Grano duro “Bio” siciliano torna alla semina biennale

Il Grano duro “Bio” siciliano torna alla semina biennale

La Sicilia ha chiesto e ottenuto la deroga al decreto che limitava la possibilità di coltivare grano duro biologico solo dopo l’avvicendarsi di almeno due cicli di colture principali di specie differenti, uno dei quali destinato alle leguminose.

Il via libera dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari Forestali e del Turismo ha scongiurato, di fatto, che gli agricoltori siciliani producano grano duro uno sola volta per triennio.

Dopo il parere favorevole accordato all’assessore regionale per l’agricoltura Edy Bandiera; è stato emanato un decreto supportato da dati tecnico scientifici dei Dipartimenti di Scienze Agrarie, Alimentari e Forestali dell’Università degli studi di Catania e Palermo.

Nel documento si applica la seguente deroga: “In Sicilia si consente l’adozione di rotazioni quadriennali all’interno delle quali siano previste non meno di tre specie principali differenti, almeno una delle quali leguminosa”.
Con questo emendamento si torna pertanto alla tradizionale semina nìbiennale del grano duro, che vanta una tradizione secolare.

Fonte:

https://www.ilsicilia.it/grano-duro-bio-deroga-per-la-sicilia-si-torna-alla-semina-biennale/

Grandi risultati per questa edizione di Biolife 2018

Grandi risultati per questa edizione di Biolife 2018

Lo scorso 26 novembre, a Fiera Bolzano, è terminato la Fiera d’Autunno e Biolife.

Le manifestazioni autunnali, le iniziative, il primo congresso “Organic 2030” e il primo Bio Wine Festival hanno raccolto grande consenso tra i 40.000 visitatori e gli espositori.

“La ricetta del successo di questa manifestazione sta nel suo costante sforzo di adattarsi allo spirito dei tempi e alle esigenze e preferenze delle persone per rimanere sempre aggiornati e attuali”, ha spiegato il Presidente della Giunta Provinciale Arno Kompatscher alla cerimonia di apertura.

Biolife, la fiera dei prodotti biologici di qualità, ha presentato il primo congresso “Organic 2030” con un confronto internazionale sulla produzione biologica in tre Paesi chiave per questo settore: Germania, Austria e Italia.

Grande il successo ottenuto per la prima edizione del Bio Wine Festival: 20 viticoltori biologici dell’Alto Adige hanno presentato il loro vino ad un pubblico specializzato del settore alberghiero, della ristorazione e del commercio al dettaglio.

Prossima Edizione: dal 21 al 24 Novembre 2019

Fonte: http://www.fierabolzano.it/biolife/detailcomu-1-4038-fiera-dautunno-e-biolife-2018-.html

Organic 2030: Italia, Austria e Germania a confronto

Organic 2030: Italia, Austria e Germania a confronto

Oggi a FieraBolzano prende il via la 15°Edizione di Biolife, un viaggio nel mondo del bio. Per il giorno di apertura, tutti aspettano la prima edizione del congresso “Organic 2030”.

Sul tavolo di discussione, verranno messi a confronto tre Paesi: Italia, Germania e Austria.

Dalle ultime statistiche è emerso che circa il 70% del consumo dei prodotti biologici avviene da quattro paesi: Germania, Francia, Italia e Regno Unito.

  • L’8% della spesa ricade sul cibo biologico in Austria, Svezia e Danimarca
  • La Germania importa circa il 90% di pomodori e peperoni dall’Italia
  • Il 16% di ortaggi biologici è venduto nei supermercati in Austria
  • L’Italia si presenta con il maggior numero di produttori biologici.

Parliamo di 11,1 milioni di ettari destinati al biologico in 28 paesi Europei.

Al convegno parteciperanno Herbert Dorfmann, deputato del Parlamento europeo-Commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale che presenterà la panoramica generale e lo status quo in Europa; Jan Plagge, presidente Bioland e presidente del gruppo europeo IFOAM; Matteo Bartolini, vicepresidente FederBio; Sylvia Maria Schindecker della Camera dell’Agricoltura Austria.

 

Fonte: https://www.freshplaza.it/article/9042482/organic-italia-austria-e-germania-a-confronto/

Agricoltura biologica: caso Rame e Propoli

Agricoltura biologica: caso Rame e Propoli

Entro Natale la commissione Ue punta a chiudere l’argomento Rame, mentre l’Efsa solleva dubbi sull’utilizzo di un derivato della propoli per i trattamenti in post raccolta delle banane.

La propoli è costituita da una sostanza resinosa che le api raccolgono dalle gemme e dalla corteccia di alcuni alberi, ed è una sostanza che milioni di persone usano quotidianamente contro mal di gola, raffreddore e influenza.

Il mondo del biologico ha presentato la domanda per autorizzare un derivato della propoli come soluzione “naturale” per i trattamenti in post raccolta delle banane contro numerose patologie fungine e batteriche. L’Efsa ha preso in carico la domanda e ne ha coordinato la discussione con i 28 Stati membri, i quali hanno presentato alcune criticità:

  • La classificazione del prodotto come sensibilizzante cutaneo
  • Potenziale genotossico
  • Possibile azione di interferente endocrino

In attesa del verdetto finale per la propoli, dall’altra parte abbiamo la Commissione Ue che si appresta a riunirsi il prossimo 27 novembre per votare il rinnovo dell’approvazione Ue del rame come prodotto fitosanitario. Sembra che si sia raggiunto il consenso della maggioranza degli Stati con l’ultima versione della proposta di rinnovo: scadenza a sette anni e possibilità di sforare il limite massimo di 4 Kg/ha di rame annui a patto che nei sette anni la media non superi questo valore.

 

Fonte: https://agronotizie.imagelinenetwork.com/difesa-e-diserbo/2018/11/15/agricoltura-biologica-le-ultime-su-rame-e-propoli/60817

L’autorizzazione del pesticida Clorpirifos non è idonea

L’autorizzazione del pesticida Clorpirifos non è idonea

Una ricerca pubblicata su Environmental Health ha affermato che l’autorizzazione all’uso del pesticida Clorpirifos si basava su dati errati.

“Le nostre osservazioni suggeriscono che le conclusioni nelle relazioni di prova presentate dal produttore possono essere fuorvianti. Questa discrepanza influisce sulla capacità delle autorità di regolamentazione di eseguire una valutazione valida e sicura di questi pesticidi. La differenza tra i dati di partenza e le conclusioni nei rapporti di prova indica una potenziale esistenza di pregiudizi che richiederebbero un’attenzione normativa e una possibile soluzione” scrivono gli autori della ricerca.

Negli anni Novanta venne condotta una ricerca sulla neurotossicità del clorpirifos, uno dei pesticidi più usati in agricoltura, dichiarandone la poca dannosità per l’uomo: ma i dati erano errati.

“Per valutare l’effetto del clorpirifos sul cervello dei ratti in gestazione, l’azienda ha calcolato la media dell’effetto prodotto su tutte le regioni del cervello analizzate, correlate all’effetto sul peso del cervello. Un vero gioco di prestigioso: considerare solo l’effetto medio ha la conseguenza di mascherare l’impatto su specifiche regioni del cervello”.

Un chiaro invito alle autorità di controllo, Ue, Echa ed Efsa, di ragionare su un’ipotetica sospensione dell’uso del pesticida, che dovranno raggiungere un verdetto entro gennaio 2019.

 

Fonte: https://www.terranuova.it/News/Agricoltura/Il-pesticida-clorpirifos-autorizzato-sulla-base-di-dati-errati