Suolo e Salute

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SUOLO E SALUTE AL B/OPEN 2021

SUOLO E SALUTE AL B/OPEN 2021

Torna il 9 e 10 Novembre 2021, B/Open: la rassegna di Veronafiere dedicata al biologico, che si propone come la prima fiera italiana b2b.

Le due giornate si concentreranno su aree tematiche distinte: una prima dedicata al food e una seconda al self-care, con un focus particolare sul tema del packaging.

Anche per l’edizione live 2021, sarà previsto l’affiancamento online della piattaforma B/Open Digital, a disposizione prima e dopo l’evento per il networking e l’organizzazione degli incontri.

Tra i partner di B/Open vi saremo noi di Suolo e Salute, siamo il primo organismo di controllo e certificazione del biologico in Italia, con circa 1.900 aziende certificate, oltre 600.000 ettari controllati e oltre cinquant’anni di esperienza.

Tra i numerosi attori che hanno creduto con forza nel metodo biologico, oggi in crescita esponenziale in Italia e nel mondo, vi è la nostra società che ha origine nel 1969 a Torino. Pioniera dell’epoca nella promozione del settore, oggi lo attraversiamo nel ruolo di organismo di controllo e certificazione, continuando a lavorare per il consolidamento e la crescita del metodo biologico in Italia.

Non potremo mancare all’appuntamento con B/Open e saremo lieti di incontrarvi all’interno dei nostri spazi espositivi.

VI ASPETTIAMO il 9 e 10 Novembre presso Veronafiere !

Per informazioni: sviluppo@suoloesalute.itufficiostampa@suoloesalute.it

ECONOMIA CIRCOLARE: IL CASO VIRTUOSO DELL’ITALIA

ECONOMIA CIRCOLARE: IL CASO VIRTUOSO DELL’ITALIA

Sempre più investigato e diffuso è il tema dell’economia circolare e il cambio di paradigma alla base  – quello del riutilizzo di materiali in successivi cicli produttivi -, che comporta. Ma se un modello già funzionante di questo tipo di economia, lo avessimo sotto il naso?

A suggerire questa idea è la Fondazione Symbola, nel rapporto intitolato: “L’Italia in 10 selfie. Un’economia a misura d’uomo per affrontare il futuro.”

Secondo i dati rilevati dalla Fondazione, l’Italia è il primo stato all’interno dell’Unione Europea per economia circolare, vale a dire il paese con la più alta percentuale di riciclo di rifiuti, che realizza con il 79,3 %, quasi il doppio della media generale europea. La Francia infatti è subito in coda con il 55,8 %, il Regno Unito lo segue con il 50,5, Spagna e Germania arrivano infine, con 43,5 e 42,7%.
Il risparmio annuale è notevole: pari a 23 mln di tonnellate equivalenti di petrolio e a 63 mln di CO2.

Il secondo selfie immortalato, trova l’Italia al primo posto anche per riduzione di rifiuti: 43,2 tonnellate per milione di euro prodotto. La media dell’Unione Europea è del 78,8 %, pensate.

Ma il quadro è ben più ampio, il Paese infatti risulta il più grande operatore nel settore delle rinnovabili, con Enel al primo posto nel mondo come operatore privato con 47GW di capacità gestita al terzo trimestre 2020 e impianti diffusi in tutti i continenti.

Il quarto selfie racconta di un Made in Italy sempre più di rilievo, perché legato a un’agricoltura connessa a un pensiero di sostenibilità. Sono oltre 432mila infatti, le imprese che tra il 2015 e il 2019 hanno investito in prodotti e tecnologie green e il 47% di queste hanno alla guida un imprenditore under 35.

Anche nelle esportazioni di prodotti di questo tipo, l’Italia si colloca al secondo posto dopo la Germania, grazie alle rigorose politiche ambientali, al numero di brevetti in questo senso depositati e alle basse emissioni di CO2.

Un altro dei selfie fermati e approfonditi nel rapporto di Symbola, è l’Italia e il Design: è difatti il Paese europeo con il più alto numero di imprese in questo settore, nello specifico il 15,5% del totale Ue. Per un totale di 34mila imprese, che offrono un mercato occupazionale a 64.551 lavoratori e alimentano un valore aggiunto superiore a 3 mld.

Al Design si affianca il settore nautico, legato alle barche da diporto e all’esportazione di mezzi di questo tipo. Il fatturato globale si aggira intorno ai 4,78 mld di euro e 23.510 addetti diretti; mentre il saldo commerciale ci trova leader, con più di 2,2 mld di dollari e tra i maggiori esportatori secondi solo ai Paesi Bassi.

Ma non è finita qui, perché il settimo selfie descritto tocca il ruolo del legno all’interno di questa economia circolare dall’impronta italiana.

Il 93% dei pannelli truciolati prodotti, infatti, è di legno riciclato: questo comporta la riduzione dell’emissione di CO2 vale a dire 26 kg equivalenti ogni mille euro di produzione, a fronte dei 43 tedeschi, dei 49 francesi, dei 79 britannici. L’industria italiana del legno da arredo è quindi prima in Europa per economia circolare.

E se ci confrontiamo sul fronte agricolo, non usciamo meno efficienti, in quanto a sostenibilità e azioni per perseguirla. La nazione ha infatti ridotto l’utilizzo di pesticidi del 20%, ha aumentato l’uso e la produzione di energie rinnovabili e ridotto i consumi d’acqua e inoltre emette un numero di CO2 (30 mln di tonnellate equivalenti), notevolmente inferiore a Paesi come Francia, Germania, Regno Unito, Spagna.

Dietro gli ultimi due selfie bussano il settore farmaceutico e l’esportazione delle biciclette. Al valore di 32,2 miliardi di euro infatti, ammonta la vendita di prodotti di questo tipo nel nostro paese, cifra che conferma il ruolo della leadership italiana in questo campo, grazie anche alla crescita delle esportazioni, cresciuta nel decennio 2009-2019 del 168%.

Per quanto concerne la vendita di biciclette, il mercato italiano risulta il primo in Europa. La vendita delle due ruote è superiore a quella del Portogallo, dei Paesi Bassi, della Germania e Romania. Per un 16,6% in contributo italiano all’export europeo e un valore complessivo nella vendita nazionale pari a 609 mln. Una filiera che al suo totale conta 3.128 imprese, generando un fatturato di 1,03 mld.

Un circolo economico virtuoso che identifica il ruolo strategico dell’Italia nel quadro di un’economia mondiale, che urge una ripartenza oltre che un sostanziale rinnovamento.

Da ricordare anche che l’Italia è uno dei paesi europei con la più ampia superficie agricola investita ad agricoltura biologica e uno dei più importanti produttori al mondo di prodotti bio.

Fonte: Avvenire

AL WORLD AGRI-TECH SUMMIT SI PARLA DI RINASCIMENTO AGRICOLO E SOSTENIBILITÀ

AL WORLD AGRI-TECH SUMMIT SI PARLA DI RINASCIMENTO AGRICOLO E SOSTENIBILITÀ

Si è tenuta il 9 e 10 marzo 2021 l’edizione digitale statunitense del World Agri-tech Summit, una delle più grandi manifestazioni in campo green, che riunisce aziende, ricercatori, investitori, policy maker sul tema dell’Innovazione agricola.

Tra i molti temi attraversati dalla manifestazione: il ruolo delle aziende come guida alla sostenibilità, il Carbon Farming, la Tracciabilità, la Carbon neutrality, le Tea – Tecnologie di evoluzione assistita.

Nel susseguirsi di eventi e conferenze organizzate, un termine è ricorso con frequenza: Rinascimento. Inteso probabilmente come una nuova età di cambiamento, legato alla sostenibilità; un nuovo modo di concepire la produzione alimentare, sano e vantaggioso, sul fronte ambientale come su quello di chi consuma e produce.

Non molti giorni prima in Germania, ha avuto luogo il Biofach, manifestazione di riferimento per il biologico mondiale, all’interno del quale sono stati annunciati numeri record per il settore bio, senza precedente alcuno.

Forse per la prima volta nella storia, diverse parti del mondo si stanno proiettando verso una rivoluzione green e aspirano a lasciarsi “travolgere”. Il governo americano infatti, con la nuova amministrazione Biden, ha confermato tra i principali obiettivi, il perseguimento di una politica con questa impronta per gli Stati Uniti d’America, già al primo posto per mercato nel mondo. Negli stessi giorni, Ursula Von Der Layen, Presidentessa della Commissione Europea, si è espressa rispetto alle linee da seguire per l’Unione Europea.

Se parliamo di dati, Fibl e Ifoam rende noto che la superficie coltivata a biologico nel mondo, ha raggiunto i 72,3 milioni di ettari di estensione in ben 187 nazioni. Per un incremento dell’1,6% rispetto allo scorso anno, ovvero di 1,1 milioni di ettari in più. Soltanto in Europa risultano in coltivazione a metodo biologico, 16,5 milioni di ettari, con una vendita relativa ai prodotti che ammonta a 106 miliardi.

Al primo posto, come preannunciato, gli Stati Uniti, con 44,7 miliardi di euro, seguiti dalla Germania con 12 miliardi e in coda la Francia, che ha visto negli ultimi anni una vera e propria esplosione con la vendita complessiva di 11,3 miliardi di euro annui.

L’Italia non viaggia troppo distante da queste cifre, con 4,3 miliardi di prodotti biologici venduti l’anno, più del 4% della spesa totale legata agli alimenti. Un vero record, che identifica il settore come strategico anche per il Bel Paese, in testa alle classifiche per Sau impiegata (il 16% contro l’8% della media europea). Una Rivoluzione o meglio, Rinascimento, su cui è importante non rimanere indietro.

 

Fonte: Agronotizie

LA CENTRALITA’ DEL CIBO COME STRUMENTO PER LA DIFESA DEL TERRITORIO

LA CENTRALITA’ DEL CIBO COME STRUMENTO PER LA DIFESA DEL TERRITORIO

Il cibo come strumento, per accendere i riflettori su tematiche collaterali. È uno dei perni della visione di Slow Food, storica associazione che già ai tempi del modello Fast di approccio all’alimentazione, perseguiva uno stile lento; un procedere scandito di minuti investiti nella scelta delle materie prime, per uno sguardo che pone l’ambiente e la sua tutela, al primo posto. Un vero e proprio modo alternativo rispetto alle tendenze di alcuni anni fa.

Francesco Sottile, membro dell’esecutivo nazionale Slow Food Italia, sottolinea questo elemento di centralità del cibo, come prodotto e pretesto per difendere il patrimonio di saperi legati al territorio. Perché ogni forma di tutela della biodiversità, se decontestualizzata dal territorio di provenienza, perde la sua reale azione di salvaguardia.

Sono questi i pensieri e i principi che guidano l’ingresso di Slow Food all’interno del Comitato dei Garanti di Cambia La Terra.

La coalizione è tesa a raggruppare realtà che hanno a cuore la salvaguardia del pianeta: rappresentanti delle associazioni ambientaliste e dei cittadini, ricercatori e scienziati, nella condivisione di un percorso culturale legato alla sostenibilità, che trova coinvolto anche FederBio.

Slow Food è notevolmente cresciuta negli ultimi trent’anni, aggiunge Sottile, rivelandone la presenza in tutti e cinque i continenti, per un totale complessivo di 150 realtà sparse in giro per il mondo, grazie a una rete costruita e proposta nei vari territori secondo la stessa visione politica, ma calata e contestualizzata in questi secondo le condizioni sociali e culturali del luogo di riferimento.

Conservazione della biodiversità ambientale, tutela della biodiversità culturale, attenzione al legame con il territorio e con le comunità e i produttori locali: sono i principi fondamentali che guidano Slow Food. Valori difficili da salvaguardare, afferma Francesco Sottile, perché oggi la produzione di cibo è davvero uno strumento di economia globale, che condiziona fortemente i rapporti tra i paesi.

Gravi sono gli effetti sugli agricoltori per esempio, che perdono il controllo di scelta sui loro territori. Un fenomeno di questo tipo è il Land Grabbing, l’accaparramento di terre da parte di Paesi stranieri, che con queste non hanno in genere niente a che spartire. I governi locali, sono spesso complici dello sfruttamento, poiché svendono il proprio suolo a forze economiche esterne che maltrattano il terreno applicando modelli agricoli che lo lasciano impoverito e desertificato dalla chimica di sintesi.

All’interno di questo approccio, i piccoli agricoltori rimangono impotenti, per questo il ruolo del consumatore diventa strategico: con la scelta quotidiana di ciò che porta in tavola, può davvero fare la differenza. Ritorna quindi il cibo, come elemento centrale per portare l’attenzione su alcune tematiche collaterali.

Oggi difatti, conclude Sottile, anche a causa della Pandemia, il consumatore è estremamente più accurato e consapevole, interessato a ciò che succede dietro la produzione di un determinato cibo.

Iniziative come “Buono, Pulito e Giusto”, immaginate da Slow Food, si pongono  l’obiettivo di far comprendere che dietro una bottiglia di passata di pomodoro c’è un’intera storia fatta di persone e lavoratori presenti nei campi e che un giusto prezzo di prodotto, corrisponde a un adeguato riconoscimento del lavoro e rapporti nelle relazioni sociali non basati sullo sfruttamento.

Fonte: Cambia la terra

LE ASSOCIAZIONI PROTESTANO: NESSUNA MENZIONE AL BIOLOGICO ALL’INTERNO DEL PNRR

LE ASSOCIAZIONI PROTESTANO: NESSUNA MENZIONE AL BIOLOGICO ALL’INTERNO DEL PNRR

Profonda è la delusione manifestata da parte delle Associazioni di settore AssoBio, AIAB, Associazione Biodinamica e FederBio, per l’inconsistenza della parte dedicata all’agricoltura biologica e agli investimenti in merito, all’interno del capitolo relativo all’agricoltura sostenibile del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza; presentato dall’Italia alla vigilia dell’approvazione del Piano d’Azione europeo per il settore biologico.

A parere delle Associazioni, non sarebbero state citate neppure le note strategie “Farm To Fork” e “Biodiversità 2030” approvate dalla Commissione Europea nell’ambito dell’European Green Deal.

Al settore Bio sembra essere stata dedicata solo una marginale citazione, nella parte relativa al recupero delle terre incolte, raccontano le Associazioni.

Un risultato non soltanto deludente, poiché sembra non considerare lavoratori e imprese del settore, ma almeno all’apparenza disconnesso rispetto ai dati di forte sviluppo che l’agricoltura biologica e la vendita dei suoi prodotti ha registrato, in un tempo non ordinario come quello pandemico.

Nella linea d’Azione del documento, all’interno del capitolo relativo all’agricoltura sostenibile, le Commissioni di Camera e Senato, hanno dato rilevanza a temi come: lo sviluppo del biometano agricolo, il rinnovo del parco mezzi circolanti e dei macchinari, l’agricoltura di precisione, la promozione dell’impiego della biomassa forestale italiana per la produzione di energia.

Le Associazioni avevano invece posto l’attenzione su questioni quali: gli investimenti nella ricerca e innovazione del settore bio, un ausilio verso la sua digitalizzazione e un’azione sulla fiscalità finalizzata ad agevolare le attività, i prodotti e i servizi, per un impatto complessivo positivo.

Manifestano così incredulità e incomprensione, verso un agire che sembra disincentivare la conversione all’agricoltura biologica e con questa, alle aree dei biodistretti, di grande efficacia per la lotta al cambiamento climatico, per il rilancio economico dei tanti territori rurali dimenticati, così come un’opportunità di lavoro concreta per donne e giovani.

 

Fonte: Help consumatori

IL PIANO D’AZIONE UE 2021/27 E IL CONTRIBUTO DELL’ITALIA NEL PROCESSO DI ESPANSIONE AL BIOLOGICO

IL PIANO D’AZIONE UE 2021/27 E IL CONTRIBUTO DELL’ITALIA NEL PROCESSO DI ESPANSIONE AL BIOLOGICO

Consiste di ventitré azioni il Piano della Commissione europea, presentato il 25 marzo e finalizzato al sostegno e all’espansione del settore biologico.

Tra gli obiettivi principali vi è il: triplicare la superficie agricola coltivata a metodo bio, dimezzare l’uso di pesticidi e antibiotici all’interno dei suoli e incrementare la produzione e la domanda di prodotti alimentari di tipo biologico.

Nell’intento di espandere la superficie delle aree coltivate, il dato di partenza totale dell’Europa al momento, è dell’8,5 %, quello a cui si tende del 25%, da realizzare entro il 2030 – secondo i termini del Green Deal europeo – agendo in modo calibrato a seconda della superficie di partenza di ogni paese.

Ricordiamo infatti che Austria, Svezia, Estonia, Repubblica Ceca e Italia hanno un’area coltivata a metodo bio tra il 15 e il 25%; Olanda, Polonia, Bulgaria e Romania sono invece sotto il 4%, la situazione appare quindi fortemente eterogenea e solo attraverso una collaborazione a livello europeo, nazionale e infine locale si può immaginare di tendere a un obiettivo ambizioso come il 25% totale.

Tra le azioni del Piano della Commissione Europea, si prevede quella di riservare circa il 30% dei fondi per le produzioni biologiche per i programmi di promozione Ue e per i finanziamenti per la ricerca agricola.

Avviare campagne di promozione e appalti green per le mense, al fine di stimolare la domanda; attivare ecoincentivi Pac per aumentare superfici, ricerca e innovazione per sostenere la diversità genetica; incrementare le rese e identificare alternative al rame e alla plastica.

L’esecutivo propone inoltre di integrare i prodotti biologici all’interno dei criteri minimi obbligatori per gli appalti pubblici e sostenibili e suggerisce ai paesi membri di utilizzare la leva fiscale, come la riduzione dell’Iva sull’ortofrutta, al fine di incentivarne lo sviluppo.

Anabio Cia – Associazione Nazionale Agricoltura Biologica, a posteriori della presentazione del Piano, richiede invece al Governo italiano, di aggiornare al più presto la strategia nazionale relativa al settore biologico. Questo non solo per essere all’altezza con gli obiettivi del Green Deal Ue, ma anche a tutela della leadership del Made in Italy nel mondo. Per una conversione al biologico su così larga scala, non possono essere conservati i vecchi schemi d’azione, sottolinea l’Associazione.

Occorre capire, gli effetti che avrebbe un aumento della produzione bio sull’agricoltura totale: in modo che una maggiore offerta con conseguente diminuzione dei prezzi, positiva per il consumatore, non si ripercuota però sul reddito dell’agricoltore, fino ad ora tutelato dal mercato.

Si tratta, secondo Anabio Cia, di rivedere gli indicatori quantitativi, rendere i target più ambiziosi e le scadenze chiare. Poiché la Commissione spinge a un’accessibilità maggiore dei prodotti bio, che stimoli la domanda, e a un riposizionamento del settore biologico nella transizione green, spetta tra gli stati, anche all’Italia, capire come contribuire a questo processo, immaginando per esempio, di fissare un valore nazionale per la quota di superficie bio nel 2030.

Fonte: La Repubblica e Ansa