AGRICOLTURA BIODINAMICA DALLA PARTE DEI SUOLI: UNA BATTAGLIA CHE NON SUSSISTE

Di estrema chiarezza il punto di vista del chimico agrario, Alessandro Piccolo, sul tema dell’agricoltura biodinamica.

Il dibattito, ad oggi ancora piuttosto acceso, ha sollevato polemiche e portato alla messa in discussione della metodologia, da parte di figure istituzionali come la senatrice Elena Cattaneo.

Alessandro Piccolo, professore di Chimica agraria ed ecologia, presso l’Università Federico II di Napoli, racconta come, la natura originaria di questo metodo agricolo, legata a conoscenze ancestrali sulla trasformazione della sostanza organica naturale, non pregiudichi, bensì confermi, – attraverso un riscontro obiettivo –; il miglioramento della qualità dei suoli agricoli e dei conseguenti prodotti agroalimentari che ne derivano.

Quello davanti al quale ci troviamo, è un nuovo sistema emergente, afferma il docente, e in quanto tale richiede di andare oltre i limiti dello scientismo riduzionistico; per abbracciare e permettere la crescita di un approccio scientifico di tipo olistico, da applicare a sistemi complessi multifasici, come appunto quello agrario.

Il cornoletame per esempio, una delle pratiche di impronta biodinamica, più attaccate all’interno del dibattito scatenato sul tema, non ha alcuna pericolosità per l’ambiente e la salute umana, al contrario di quanto invece non emerga dagli studi effettuati sugli agrofarmaci industriali di sintesi; per nulla toccati all’interno del dibattito.

Il cornoletame è un humus compostato da batteri e ricco di metaboliti altamente bioattivi, che, sciolto in acqua e diffuso nei suoli in quantità minime, stimola il microbioma del suolo rizosferico, innescando la produzione di altri metaboliti microbici che attivano la fisiologia delle piante. Una vera e propria biotecnologia naturale – molto diversa dall’etichetta di alchimia esoterica, con cui è stata identificata ultimamente -.

I suoi costi, come quelli degli altri preparati biodinamici, sono molto contenuti e non necessitano dell’investimento in capitali fissi; sia che avvengano nella stessa azienda biodinamica, che nelle aziende specializzate.

In Italia esistono circa 4500 aziende biodinamiche certificate, in continua crescita a causa del successo economico: la minore resa produttiva infatti, è molto ben compensata dai maggiori ricavi, proporzionali alla maggiore qualità dei prodotti e dal risparmio ottenuto dal non utilizzo di pesticidi e agrofarmaci industriali.

Quest’ultimo aspetto, potrebbe non essere molto gradito dalle lobbies, sottolinea Piccolo, che hanno letteralmente costruito il proprio status, sulla base delle commesse di ricerca delle multinazionali agronomiche.

La polemica ha infatti origine, dalla possibilità, in vista del Green Deal europeo, di una ridistribuzione dei finanziamenti in favore dell’agricoltura biologica e quindi di una potenziale espansione di quella biodinamica.

Tuttavia, realtà come Assofertilizzanti di Federchimica, stanno già evolvendo in linea con la direzione europea, rendendo noto il loro impegno nel comparto dei biostimolanti di origine bio-organica. Segnale che instilla fiducia, all’interno di una prospettiva europea complessiva che si propone di tendere verso l’Agroecologia.

Quest’ultima (paradigma emergente delle agricolture biologiche), è il sistema più vantaggioso al fine di dare un avvio incisivo al sistema agrario, all’insegna della sostenibilità.

L’Agroecologia riduce fortemente gli input esterni industriali, tutelando e favorendo ad un ripristino dell’equilibrio della biodiversità e offrendo al contempo, produzioni stabili e altamente qualitative.

L’agricoltura biodinamica rientra e in sé integra, questo genere di principi dell’agroecologia, abbracciando il concetto di economia circolare e lavorando per definirne la solidità.

 

 

Fonte: Il Manifesto

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