Suolo e Salute

Autore: admin

QUELLA ITALIANA È L’AGRICOLTURA PIÙ GREEN D’EUROPA

QUELLA ITALIANA È L’AGRICOLTURA PIÙ GREEN D’EUROPA

Lo evidenzia Ettore Prandini di Coldiretti sottolineando il ruolo del biologico e i record nei prodotti tipici, nella riduzione dell’utilizzo di agrofarmaci e delle emissioni di gas serra. «Ma occorre mantenere alta l’attenzione per evitare il pericoloso insinuarsi della logica delle deroghe»

«L’agricoltura italiana è la più green d’Europa con il taglio record del 20% sull’uso di agrofarmaci che al contrario aumentano in Francia, Germania e Austria». È il commento di Coldiretti sull’ultimo Report Eurostat sull’utilizzo dei mezzi tecnici in agricoltura.

La retromarcia della Francia

Nel periodo compreso fra il 2011 al 2020 il massimo ente statistico europeo registra infatti un aumento del 6% del ricorso agli agrofarmaci in Francia che fino a questo momento si contendeva con l’Italia il primato di sostenibilità agricola nell’Unione europea.

«Oggi l’agricoltura italiana è la più green d’Europa, con 315 specialità dop/igp riconosciute a livello comunitario e 526 vini dop/igp, 5333 prodotti tradizionali regionali censiti lungo la penisola, la leadership nel biologico con oltre 80mila aziende agricole e il primato della sicurezza alimentare mondiale con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari».

Il ruolo del bio

Lo sottolinea la Coldiretti mettendo in rilievo il ruolo del biologico nel raggiungere questi risultati positivi.

«L’Italia è anche leader nella biodiversità. Il settore è tra le più sostenibili a livello comunitario, con appena il 7,2% di tutte le emissioni a livello nazionale con 30 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti emesse in Italia, contro i 76 milioni di tonnellate della Francia, i 66 milioni di tonnellate della Germania, i 41 milioni del Regno Unito e i 39 milioni della Spagna. L’Italia produce anche 1,7 miliardi di metri cubi di biometano ma secondo l’associazione agricola «è possibile quadruplicare questa cifra nel giro di meno di dieci anni con la trasformazione del 65% dei reflui degli allevamenti». «Un modello di sviluppo unico che ha garantito all’Italia anche il primo posto in Ue per valore aggiunto con 31,3 miliardi di euro correnti, superando la Francia (30,2 miliardi)».

Ma i sussidi vanno ad altri

«Nonostante questo l’agricoltura italiana è la meno sussidiata tra quelle dei principali paesi europei dove in vetta alla classifica ci sono al primo posto la Francia, seguita da Germania e Spagna».

«I primati del made in Italy a tavola – evidenzia Ettore Prandini, presidente di Coldiretti – realizzati grazie a 730mila imprese agricole sono un riconoscimento del ruolo del settore agricolo per la crescita sostenibile del paese».

«Occorre dunque salvaguardare un settore chiave per la sicurezza e la sovranità alimentare soprattutto in un momento in cui con l’emergenza covid -19 il cibo ha dimostrato tutta la sua strategicità».

No alla strisciante logica delle deroghe

«Ma occorre anche avversare – mette in guardia Prandini- ogni tentativo di ridurre gli standard di sicurezza, a partire da pericolose deroghe ai prodotti contaminati con principi chimici vietati perchè pericolosi. A questo proposito preoccupa il fatto che in italia sia stato consentito di non indicare nelle etichette degli alimenti la provenienza degli oli di semi indicati, mettendo a rischio la trasparenza dell’informazione ai consumatori».

UNA FILIERA DELLA BIRRA AGRICOLA 100% LOCAL E BIO

UNA FILIERA DELLA BIRRA AGRICOLA 100% LOCAL E BIO

A Cibus firmato il protocollo d’intesa tra Cia-Agricoltori e Unionbirrai uniti per fare crescere un settore in grado di dare risposte convincenti alle aree interne del nostro Paese

Fare sistema per difendere le attività brassicole artigianali, creando un legame diretto fra birrifici indipendenti e aziende agricole per la produzione di specialità legate al territorio.

È l’obiettivo del protocollo d’intesa siglato alla fiera Cibus tra Cia-Agricoltori Italiani e Unionbirrai che dà il via a una collaborazione sinergica tra i due protagonisti di questo comparto giovane e dinamico, ovvero l’agricoltore e il mastro birraio.

I numeri del settore

Già dal 2015 al 2022 le imprese produttrici di birra artigianale sono arrivate a 1.253 unità (+93%), con un incremento di occupati pari al 31%. Un comparto che oggi vale il 4% del mercato nazionale per una produzione di 500 mila ettolitri l’anno, di cui il 20% in biologico per un fatturato di oltre 250 milioni di euro.

La differenza tra artigianale e agricola

Protagonisti di questa crescita, i birrifici agricoli (21% del settore), che rispetto agli artigianali garantiscono una percentuale di produzione di orzo in proprio. Un trend che va favorito incentivando lo sviluppo di filiere locali. Dopo un normale approvvigionamento estero di materia prima, ora si punta ad una marcata caratterizzazione territoriale; un’opportunità per le aziende che possono coltivare cereali per la maltazione, valorizzandoli rispetto agli abituali mercati delle commodity; per chi produce birra, invece, di scommettere sull’unicità del prodotto e non solo perché artigianale.

Verso la definizione di nuove Dop

«L’agreement formalizza una partnership importante in particolare per la valorizzazione della filiera – commenta il direttore generale di Unionbirrai, Vittorio Ferraris – dalla produzione delle materie prime alla trasformazione, al prodotto finito».

Secondo il presidente Cia, Dino Scanavino: «La creazione di distretti brassicoli territoriali con un proprio disciplinare di produzione può aprire la strada della denominazione di origine protetta anche al mondo della birra e questo darebbe maggior valore alle produzioni agricole e potrebbe essere occasione di sviluppo e recupero per tante aree interne o marginali del nostro Paese».

«CHI ATTACCA IL BIOLOGICO, VUOLE COLPIRE L’ITALIA»

«CHI ATTACCA IL BIOLOGICO, VUOLE COLPIRE L’ITALIA»

Lo afferma il presidente di Coldiretti Ettore Prandini stigmatizzando l’intervento del Ceo di Syngenta Erik Fyrwald che in un’intervista a un quotidiano svizzero ha chiesto «lo stop dell’agricoltura biologica».

«L’attacco della multinazionale Syngenta al biologico colpisce direttamente l’Italia». Coldiretti non usa mezzi termini contro la “sparata” della società dell’agrochimica acquisita nel 2017 dal colosso cinese ChemChina.

La “sparata” di Fyrwald

In un’intervista rilasciata al quotidiano svizzero The Neue Zürcher Zeitung (“Il nuovo giornale di Zurigo”, clicca qui per accedere alla versione digitale) l’amministratore delegato Erik Fyrwald aveva infatti invocato lo stop del biologico perché «è dannoso per il clima e determina un maggiore uso del suolo».

Nell’intervista il Ceo di Syngenta si è spinto a dire che «le rese dell’agricoltura biologica possono essere inferiori fino al 50% e la conseguenza indiretta è che le persone muoiono di fame in Africa, perché stiamo mangiando sempre più prodotti biologici».

Una semplificazione tutta da dimostrare, un’evidente forzatura a cui risponde il presidente di Coldiretti Ettore Prandini: «Viviamo in un’economia di mercato dove a decidere cosa produrre non può essere di certo la cinese Syngenta».

Speculare sulla guerra

Speculare sulla crisi ucraina per invocare il ritorno a un modello iperintensivo che ha mostrato tutti i suoi limiti non è un modo razionale per rispondere al rischio di carenze alimentari nei Paesi in via di sviluppo e può diventare un boomerang per Paesi sensibili al tema della sostenibilità della produzione agricola come l’Italia. Dove anche il gruppo con sede a Basilea in Svizzera si è impegnato negli ultimi anni investendo in soluzioni a basso impatto come biostimolanti e agenti di biocontrollo autorizzati nel biologico.

«L’intervento di Fyrvald – continua Prandini – è offensivo per un modello produttivo come quello dell’Italia, leader europeo nel numero di imprese agricole bio con ben 70mila produttori  ed oltre 2 milioni di ettari coltivati».

Il caso Verisem

«Un parere inopportuno – mette in evidenza il presidente – perché espresso dal massimo esponente della multinazionale del settore dell’agro-industria, specializzata nella produzione di mezzi tecnici per l’agricoltura e nelle attività nel campo delle sementi, acquistata nel 2017 per 43 miliardi di dollari dal colosso cinese ChemChina, il quale nel frattempo si è unito con Sinochem, dando vita a una holding petrolchimica da 150 miliardi di dollari».

«Un intervento che arriva -sottolinea – dopo il tentativo fallito dalla multinazionale cinese di acquisire in Italia la ditta sementiera Verisem, per la quale ha ricevuto lo stop dal Governo italiano attraverso l’espressione della golden share riservata alle attività strategiche come appunto la produzione di semente».

Coldiretti ricorda che l’Italia ha dato il via libera alla legge sul biologico ed è impegnata ad elaborare il relativo piano strategico, oggi i prodotti bio finiscono nel carrello della spesa di quasi due italiani su tre (64%) con le vendite totali che nell’ ultimo decennio sono più che raddoppiate tanto che nel 2021 hanno sfiorato il record di 7,5 miliardi di euro di valore, tra consumi interni ed export.

«Nessun passo indietro sulla sicurezza alimentare»

«Oggi l’agricoltura italiana è la più green d’Europa, con 316 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 526 vini Dop/Igp, 5333 prodotti tradizionali regionali censiti lungo la Penisola, ha la leadership nel biologico e nella biodiversità ma anche il primato della sicurezza alimentare mondiale con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari».

«Un Paese come il nostro – conclude Prandini – non può accettare passi indietro sulla sicurezza alimentare: l’aumento quantitativo delle produzioni deve essere ottenuto solo salvaguardando con azioni concrete aziende agricole e stalle».

BANDI PER IL BIOLOGICO AL SUD

BANDI PER IL BIOLOGICO AL SUD

Calabria e Sicilia aprono I bandi per il Psr 2022 per il biologico e altre misure

Calabria e Sicilia aprono le case per finanziare l’agricoltrura biologica.

Un mese di anticipo in Calabria

È infatti disponibile, sul sito istituzionale www.calabriapsr.it, e con un mese di anticipo l’avviso pubblico per la presentazione delle domande di pagamento delle misure 10 “Pagamenti agro-climatici- ambientali”, 11 “Agricoltura biologica” e 14 “Benessere degli animali”, in riferimento alle riconferme dell’annualità 2022.

Le domande dovranno essere presentate attraverso il portale Sian entro il 16 maggio. Le stesse potranno tuttavia essere presentate con un ritardo massimo di 25 giorni di calendario successivi rispetto al termine previsto, ma in tal caso l’importo eventualmente spettante verrà decurtato dell’1% per ogni giorno lavorativo di ritardo. Le istanze formalizzate oltre il 10 Giugno 2022 saranno invece considerate irricevibili.

120 milioni in Sicilia

Anche la Sicilia sostiene il biologico regionale. Dal Programma di Sviluppo Rurale sono infatti in arrivo 120 milioni con la pubblicazione di tre bandi che interessano le coltivazioni biologiche, l’indennità compensativa e il benessere animale.

Nello specifico si tratta di 60 milioni di euro per la Misura 11 su “Agricoltura biologica”,  il cui obiettivo è incrementare e mantenere un sistema di produzione ecosostenibile che contribuisce al miglioramento della qualità del suolo, dell’acqua e dell’aria, alla mitigazione e all’adattamento ai cambiamenti climatici e al miglioramento della biodiversità.

Altri 30 milioni sono per la Misura 13 su “Indennità compensativa”, per  mantenere e far proseguire l’attività agricola-zootecnica agli allevatori che operano nelle zone montane, garantire il presidio per la salvaguardia del territorio e compensare gli allevatori dei costi di produzione aggiuntivi.

Trenta milioni di euro riguardano la Misura 14 “Benessere degli animali” che ha la finalità di promuovere il benessere degli animali attraverso specifici impegni assunti volontariamente dagli allevatori, che vanno oltre i requisiti obbligatori previsti dalla normativa vigente e oltre la pratica ordinaria, in grado di incidere sul benessere psico-fisico degli animali.

L’OTTIMISMO DELL’AMBIENTALISMO

L’OTTIMISMO DELL’AMBIENTALISMO

Produrre in maniera sostenibile sprecando meno risorse: una semplice formula resa possibile dall’affermarsi di movimenti come quello dell’agricoltura biologic ache stanno rendendo molto più leggero l’ impatto sul nostro Pianeta. Alcune cifre

Fiato alle trombe. La concomitanza della crisi sanitaria da Covid, della crisi geopolitica Ucraina e della crisi energetica per le sanzioni contro la Russia ha dato l’occasione a molti detrattori di mettere in discussione l’efficacia delle azioni intraprese dai movimenti ambientalisti in difesa dell’ambiente e di un’agricoltura pulita. La celebrazione della Giornata della Terra offre l’occasione per un’approfondita analisi. E il risultato fornisce solide basi per confutare il pessimismo dei detrattori.

Più con meno

Negli Stati Uniti, nel suo libro “More From Less” Andrew McAffee del MIT di Boston ammette che grazie alla maggiore attenzione all’ambiente abbiamo imparatoa camminare più alla leggera sul pianeta.

Negli anni ’70 previsioni come quelle di Pete Gunter, un professore universitario del Texas, stimavano che entro l’anno 2000 «il mondo intero, ad eccezione dell’Europa occidentale, del Nord America e dell’Australia, sarà in carestia». A quel tempo, infatti, il 34% dei Paesi in via di sviluppo era denutrito. Ora la percentuale è scesa al 13%,  nonostante la popolazione mondiale sia raddoppiata. Cosa è successo? Secondo McAffee, invece di abbandonare la crescita economica abbiamo fatto qualcosa di più profondo: la crescita economica disaccoppiata dall’uso delle risorse grazie all’attenzione al produrre meglio, ma con meno.

Quattro progressi nel Regno Unito

Un’analisi che non vale solo agli States, ma può essere applicata anche all’Europa. Mary Wakefiels, editorialista del settimanale inglese The Spectator ci ha provato con la realtà economica del suo Paese (con considerazioni applicabili anche all’Italia), scoprendo che le cose dal punto di vista ambientale vanno bene o per lo meno stanno decisamente migliorando:

  1. Crollo dell’inquinamento atmosferico nel Regno Unito. L’aria è più pulita oggi che mai dall’era preindustriale. Il peggior inquinante, il biossido di zolfo, è diminuito del 98% dalla Giornata della Terra del 1970. I PM (particolato inquinante, ovvero NO2, PM2,5 e PM10) sono in calo dell’80%. Un effetto legato alla Maggiore attenzione ambientale (ma anche alla Maggiore delocalizzazione in Cina);
  2. Agricoltura più sostenibile. L’utilizzo di mezzi tecnici è stato notevolmente contenuto. Fertilizzanti come il nitrato ammonico, ad esempio, costituivano un grosso problema, potendo inquinare I fiumi attraverso le percolazioni. Il suo utilizzo ha raggiunto il picco negli anni ’80 e da allora la quantità totale di azoto immesso nei campi è diminuita del 39% e quella di fosfato addirittura del 66%. Nel complesso la produttività agricola inglese è rimasta più o meno costante e anzi la produzione agricola complessiva è in realtà aumentata del 5%;
  3. Minori consumi energetici. Il consumo annuo di energia nel Regno Unito è diminuito del 31% dal 2001 e l’economia del Regno Unito è cresciuta del 33% nello stesso periodo di tempo. Questo è un classico esempio di disaccoppiamento: si fa di più ma con molta meno energia tanto che il consumo interno totale di energia primaria è sceso dall’equivalente di 236 milioni di tonnellate di petrolio equivalente nel 2001 a 191 milioni di tonnellate nel 2018 (meno 19%);
  4. Minore impronta di carbonio. In Inghilterra e negli altri paesi europei si viaggia meno: il ​​numero di miglia percorse in questo Paese ha raggiunto il picco nel 2002 e da allora è diminuito del 9% con un ulteriore calo post Covid per effetto di innovazioni come il lavoro digitale e nel frattempo le automobili sono diventate più efficienti, macinando più chilometri con meno carburante;

Grazie a questi risutati le emissioni di carbonio procapite , dopo avere raggiunto il picco nel 1973, sono progressivamente scese tanto che oggi in Inghilterra sono al di sotto del livello del 1860.

Un merito da attribuire alla maggiore attenzione dei consumatori che oggi possono scegliere cosa mangiare e cosa fare produrre grazie all’affermazione di movimenti come quello dell’agricoltura biologica.

IL PAESAGGIO DI BALI RINASCE GRAZIE ALL’AGRICOLTURA BIOLOGICA

IL PAESAGGIO DI BALI RINASCE GRAZIE ALL’AGRICOLTURA BIOLOGICA

In trent’anni il Progetto di piccoli prestiti e sovvenzioni delle Nazioni Unite in favore dei piccoli agricoltori ha portato allo sviluppo di un’economia resiliente, in grado mitigare l’effetto del climate change, con un forte radicamento nelle comunità locali. L’esempio dei centri di istruzione agraria e delle reti di piccolo agricoltori biologici sviluppata a Bali e a Nusa Penida in Indonesia

L’isola di Bali è una delle mete più ambite dal turismo internazionale. Anzi è proprio in questa piccolo isola indonesiana che è nato a fine ‘800 il primo esempio di turismo di massa.

Un fenomeno che ha portato benessere ad una fascia ristretta della popolazione ma che ha alterato profondamente la sua economia basata sull’agricoltura e sulla pesca e su un equilibrio millenario tra uomo e ambiente ora decisamente spezzato. L’isola presenta infatti molte zone in cui le barriere coralline sono state distrutte e I terrazzamenti a risaie abbandonati, lasciando spazio al rischio di erosione e spopolamento delle aree interne. Un fenomeno che si sta ripetendo nelle isole vicine come Lombok, nuove mete del turismo.

Stop al degrade ambientale

Un degrado a cui si vuole mettere la parola fine attraverso progetti come quello di piccoli prestiti e sovvenzioni agli agricoltori (Sgp) attuato da Gef (Global Environment Facility) e sostenuto dalle Nazioni Unite.

Carlos Manuel Rodriguez, amministratore delegato e presidente del Gef, ha verificato personalmente in una recente visita lo stato di avanzamento di questi progetti. Nell’isola di Nusa Penida, a metà strada tra Bali e Lombok, Rodriguez ha potuto apprezzare come le iniziative di cooperazione abbiano potuto dare vita a iniziative come quelle del Centro di istruzione di Rumah Belajar Batu Keker e la fattoria biologica SukaDanta Organic Farm.

Qui le comunità locali stanno lavorando con Gef per ripristinare i paesaggi, creare orti biologici e promuovere il compostaggio e la gestione dei rifiuti attraverso il riciclaggio e lo sviluppo di impianti di biogas. Il Centro d’istruzione è alimentato dall’energia solare ed è uno spazio per aumentare la consapevolezza sulle questioni ambientali, sviluppare capacità locali nelle pratiche agro-ecologiche e sostenere la conoscenza e la cultura tradizionali.

L’esempio della SukaDanta Organic Farm

SukaDanta Organic Farm è una piccola azienda con una superficie di poco inferiore a un ettaro ed è un esempio delle piccole realtà rurali interamente biologiche sostenute dal fondo multilaterale gestito da Gef.

«Un esempio – ha commentato Rodriguez – di un cambio radicale nella geastione delle risorse in chiave anti climate change che può essere replicato in tutte le isole dell’arcipelago indonesiano e oltre rafforzando il radicamento delle comunità rurali locali».

Catharina Dwihastarini, coordinatrice nazionale del fondo per le piccolo realtà in Indonesia, ha aggiunto che queste attività a sostegno della produzione sostenibile e del miglioramento dei mezzi di sussistenza non potrebbero essere raggiunte senza la collaborazione delle autorità e dei partner a livello locale.

502 progetti attivati in Indonesia

Il fondo per le piccole realtà aziendali Sgp è atttivo in Indonesia dal 1992, fornendo supporto finanziario e tecnico alla società civile e alle iniziative guidate dalla comunità che affrontano le questioni ambientali globali migliorando al contempo i mezzi di sussistenza locali in Indonesia. Negli ultimi tre decenni, SGP Indonesia ha sostenuto 502 progetti e ha collaborato con 200 organizzazioni della società civile e gruppi di comunità locali. La sesta fase operativa del PSC in Indonesia (2017-2022) ha applicato l’approccio paesaggistico basato sulla comunità per migliorare e mantenere la resilienza socio-ecologica dei paesaggi e dei paesaggi marini prioritari in Indonesia.

Azione locale = impatto globale

Questo lavoro si basa sulle strategie approntate da GEF e sull’offerta di servizi di azione locale delle Nazioni Unite che supportano gli attori locali su tre percorsi basati su: responsabilizzazione, resilienza e investimento. Ad oggi, in questa fase sono stati completati 95 progetti pari a 130.698 ettari in produzione sostenibile e 71.827 ettari di paesaggi marini costieri gestiti come aree di conservazione secondo la logica azione locale = impatto globale.

Quest’anno ricorre il 30° anniversario di SGP, un programma aziendale del Global Environment Facility, implementato dal Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo dal 1992, alla vigilia del vertice per la Terra di Rio de Janeiro. Attualmente attivo in 128 paesi, SGP ha sostenuto oltre 26.000 progetti guidati dalla società civile locale e da organizzazioni comunitarie , comprese le donne, i popoli indigeni, i giovani e le persone con disabilità, per progettare e condurre azioni che affrontino le questioni ambientali globali.