Suolo e Salute

Autore: admin

MENO BUROCRAZIA E PIÙ RICONOSCIBILITÀ: IL RILANCIO DEL BIO PARTE DA QUI

MENO BUROCRAZIA E PIÙ RICONOSCIBILITÀ: IL RILANCIO DEL BIO PARTE DA QUI

L’intervento di Alessandro D’Elia. Direttore generale di Suolo e Salute, al convegno organizzato da Edagricole a Fieragricola

«Il biologico non ha bisogno di un rilancio, bensì di ritrovare l’entusiasmo delle origini». È quanto ha dichiarato Alessandro D’Elia, direttore generale di Suolo e Salute, nel corso del convegno organizzato da Edagricole all’ultima edizione della Fieragricola di Verona lo scorso mercoledì 31 gennaio.

I giovani guardano al futuro

Davanti a un pubblico costituito soprattutto da giovanissimi studenti degli istituti agrari, i più interessati al futuro dell’agricoltura e quindi ai temi della sostenibilità e della neutralità climatica, D’Elia ha ribadito la forza di un modello vivace e originale come il bio. L’unico che fa leva su una certificazione di processo che mette la competenza agronomica ed agroecologica al centro. «Uno dei suoi punti di forza decisivi – ha affermato il direttore generale  di Suolo e Salute – continua ad essere costituito dalla professionalità degli ispettori degli enti di certificazione e dalla sinergia tra gli organismi di controllo e le autorità pubbliche a cui spetta il compito di vigilanza».

Una “biodiversità” da tutelare

L’evento, che si è tenuto nell’Area Forum del Padiglione 5, era intitolato: “Biologico, strategie operative per un rilancio vincente”. Ma il biologico, più che di interventi esterni di rilancio, ha solo bisogno di ribadire dall’interno la propria “biodiversità”. Negli ultimi anni l’attenzione da parte delle istituzioni e della grande distribuzione (almeno a parole) hanno portato infatti un rischio di “normalizzazione” che non sta portando bene ad un movimento vivace, nato con una forte carica di innovazione e capace di tracciare il solco della sostenibilità in agricoltura.

I nodi da sciogliere

I nodi che deve sciogliere oggi il bio sono infatti soprattutto quelli stretti dall’eccessiva attenzione di istituzioni e gruppi commerciali. Lo sviluppo di protocolli di sostenibilità che richiamano i principi del bio senza però replicarne il rigore, con concessioni all’eccessivo ricorso a input produttivi e a sistemi di controllo più labili, sta infatti minando la riconoscibilità del bio sui banchi di vendita.

«Occorre ripartire dalla riconoscibilità – ha sottolineato D’Elia – per consentire ad un metodo attento alla sostenibilità climatica ed ambientale come il bio di difendere il proprio valore aggiunto e il differenziale di prezzo rispetto alle produzioni convenzionali».

E un’emergenza ancora maggiore è quella provocata dalla malaburocrazia.

Le riforme delle normative di riferimento per il bio che si sono succedute negli ultimi 15 anni hanno infatti progressivamente aggiunto un carico burocratico che complica l’attività degli Odc e che rischia di scoraggiare anche gli imprenditori agricoli più motivati.

La presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, per rispondere alle proteste agricole di questi giorni, ha promesso di alleviare la burocrazia lunga e gravosa che caratterizza oggi la politica agricola comunitaria. La speranza di D’Elia è che questa promessa di semplificazione riguardi anche e soprattutto il bio.

IL BIOLOGICO DIMEZZA I CONSUMI ENERGETICI E LE EMISSIONI DI GAS SERRA

IL BIOLOGICO DIMEZZA I CONSUMI ENERGETICI E LE EMISSIONI DI GAS SERRA

I risultati sullo studio sul minore impatto ambientale e sociale dell’agricoltura biologica coordinato da Fibl rilanciati dal settimanale Terra e Vita

«I vantaggi dell’agricoltura biologica sono molteplici e plurisettoriali». Il settimanale Terra e Vita rilancia in un articolo di Paola Cassiano i risultati dello studio coordinato da Fibl, il centro di ricerca svizzero sul biologico (ne avevamo parlato qui). Cassiano, che presso il Fibl ha svolto di recente il ruolo di ricercatrice, mette in evidenza, tra i risultati dello studio, il minore impatto climatico grazie a un significativamente minore consumo energetico.

Meno emissioni, più sostanza organica nel suolo

Rispetto all’agricoltura convenzionale, il metodo produttivo biologico permette infatti di dimezzare il consumo energetico e l’inquinamento da nitrati nelle acque sotterranee, incrementando la biodiversità (+30%). Inoltre, può dimezzare le emissioni di gas serra aumentando il contenuto di carbonio nel suolo (10%). Sono questi i risultati ottenuti da un’analisi delle principali pubblicazioni scientifiche sul tema, condotta dai ricercatori dell’Istituto di ricerca dell’agricoltura biologica Fibl.

AGROECOLOGIA, AGRICOLTURA RIGENERATIVA, NATURALE E BIOLOGICA: COMPETIZIONE O ARMONIA?

AGROECOLOGIA, AGRICOLTURA RIGENERATIVA, NATURALE E BIOLOGICA: COMPETIZIONE O ARMONIA?

Un dibattito controverso al centro dell’edizione 2024 di Biofach

Il biologico non è più solo: vari movimenti hanno principi e strategie simili. L’edizione 2024 del Biofach apre il confronto tra percorsi di sostenibilità spesso convergenti, talvolta discordanti discutendone le prospettive scientifiche (nell’evento organizzato da FiBL il 14 febbraio sala 3A) e politiche (nella giornata del 13 febbraio nel Focus organizzato da IFOAM Organics International, Regeneration International e Agroecology Europe/FAO).

Le differenze non balzano agli occhi

Il sito BioEcoActual anticipa il dibattito in un articolo che descrive pregi e difetti di ognuno di questi modelli produttivi.

Markus Arbenz del Fibl, autore del pezzo, evidenzia che la filosofia e i principi del biologico e dell’agroecologia si sovrappongono nella loro natura e che spesso le differenze sono maggiori all’interno dei movimenti che tra di loro. «Il successo del bio – conclude- è legato soprattutto alla sua riconoscibilità».

Sinergie vincenti

«La sua affinità con il mercato e la sua rigidità (ad esempio, nessun input sintetico o nessu OGM in ogni caso) non lo rendono però altrettanto attraente per la politica internazionale, pronta a tradirlo alla prima occasione». Il termine “Agroecologia” sarebbe quello più corretto per descrivere obiettivi e strategie, ma non ha un adeguato appeal sul mercato. «Insieme al bio può però avere successo». «Cerchiamo quindi di essere intelligenti, di utilizzare una varietà di termini e concetti e di seguire strategie sinergiche per raggiungere il nostro obiettivo generale di un’agricoltura e di sistemi alimentari veramente sostenibili».

CRESCE IL BIO IN TURCHIA E ANCHE LE ESPORTAZIONI

CRESCE IL BIO IN TURCHIA E ANCHE LE ESPORTAZIONI

Forte presenza di esportatori turchi di prodotti bio al Biofach. L’export supera 1,6 milioni di dollari e Ankara punta a sviluppare ulteriormente il comparto dell’ortofrutta bio secca e fresca

L’export turco di prodotti bio, soprattutto di ortofrutta supera la barriera degli 1,6 milioni di dollari. E al Biofach aumenta la presenza di produttori dall’Anatolia.

L’obiettivo di Ankara

Le esportazioni di prodotti biologici della Turchia superano le aspettative. Nel corso del 2023 l’export di prodotti bio da questo paese ha infatti superato 1,6 miliardi di dollari (un guadagno netto per la bilancia commerciale del Paese euroasiatico) e l’obiettivo di Ankara è quello di raddoppiare questo valore cavalcando la crescente popolarità dell’agricoltura green a livello globale.

Un recente articolo di FreshPlaza mette in evidenza che, con 268 prodotti bio coltivati su 311.000 ettari di terreno, la Turchia è oggi solo al 53° posto in Europa con circa 4.000 coltivatori di prodotti biologici. Si tratta però di un comparto che cresce in fretta e gli esportatori turchi stanno aumentando la loro presenza anche al BioFach in Germania, il più grande punto d’incontro mondiale per i prodotti biologici.

Uva, fichi e albicocche

Secondo Mehmet Ali Işık, presidente dell’Associazione degli esportatori di frutta secca e prodotti dell’Egeo: “Siamo in posizione di leadership per uva, fichi e albicocche, che sono i prodotti principali del nostro paese». « Alla frutta secca stiamo progressivamente aggiugendo frutta e verdura fresca surgelata. In particolare contiamo di crescere ulteriormente nei comparti delle ciliegie, amarene e nocciole». «Ogni giorno aumentiamo la nostra diversità con prodotti come semi oleosi, olio d’oliva, legumi e cereali».

MARCIA AGRICOLA SU ROMA

MARCIA AGRICOLA SU ROMA

Le proteste del comparto primario raggiungono la Capitale, ma nel mirino ci sono gli obiettivi più diversi. Il rischio di un fuoco di paglia è concreto, il modo più corretto per migliorare le condizioni di vita degli imprenditori agricoli rimane il dialogo

Roma circondata dai trattori. La protesta del Cra (Comitati riuniti agricoltori) ha messo nel mirino la Capitale con almeno 5 punti di aggregazione tra Nomentana, Torrimpietra, Fiano Romano, Capena e Cecchina. Nella zona dei Monti Cimini, nel Viterbese, sosta uno dei gangli più attivi della protesta, con i 200 imprenditori agricoli motorizzati di “Riscatto agricolo” che hanno minacciato nei giorni scorsi di bloccare lo svincolo di Orte della A1. Da quanto dichiarano gli attivisti, entro giovedì 8 febbraio dovrebbero radunarsi nella capitale 1.500 mezzi provenienti da varie parti d’Italia con l’obiettivo di sfilare per le vie del centro, magari davanti al Colosseo.

Le anime della rivolta

Quella italiana è una movimentazione composita, caratterizzata da diverse anime e differenti obiettivi nel mirino: dal contestato ripristino dell’Irpef sui terreni agricoli al Green deal passando per la farina di grilli o l’impennata dei costi di produzione. Un’azione nata forse per imitazione, incoraggiata da quanto avvenuto negli ultimi mesi negli altri Paesi europei, che raccoglie tra le sue fila l’ex “movimento dei forconi” passando per vecchie conoscenze di estrema destra e dei movimenti antisistema.

Blocchi e disagi soprattutto al Centro Sud

In pochi giorni la movimentazione ha causato blocchi e disagi in numerose aree, soprattutto del Sud. In Siclia la Regione ha attivato un “Gabinetto di emergenza” per far fronte alle aggregazioni di protesta sempre più animate nei centri agricoli dell’Isola. Lo stesso vale per Calabria e Campania, dove sono stati organizzati presidi lungo strade, raccordi e persino davanti allo stadio di Battipaglia (Sa).

Ora tutto il movimento, al netto della rappresentanza ammessa al Festival di Sanremo, si sta concentrando a Roma. Dove martedì 6 febbraio si è tenuto un incontro per mettere d’accordo tutte le anime che popolano la protesta per avere una rappresentanza comune nel summit che si terrà il 7 febbraio presso la Prefettura di Roma. L’obiettivo è quello di evitare la sfilata dei trattori nella Capitale, soprattutto dopo i danneggiamenti avvenuti a Bruxelles. Una proposta di compromesso è quella di fare accedere una parte dei trattori in una zona dentro il raccordo anulare concedendo agli agricoltori senza mezzi di organizzare un sit in in centro.

Il rischio di un fuoco di paglia

Una dimostrazione di forza che rischia però di tramutarsi in un fuoco di paglia, viste le numerose differenti rivendicazioni. Le semine delle colture primaverili sono infatti ormai imminenti e anche in Europa il fronte della protesta sembra affievolirsi dopo le prime concessioni ottenute purtroppo a discapito della sostenibilità del Green deal.

Nei giorni scorsi Jan Plagge, presidente di IFOAM Organics Europe aveva riconosciuto che le sfide da affrontare sono pesanti sia per i produttori convenzionali che per quelli bio, mettendo in evidenza che la polarizzazione non porta a nulla e che il modo migliore per migliorare la condizione degli imprenditori agricoli europei passa per il dialogo con le istituzioni e i consumatori.

PESTICIDI, ADDIO ALL’OBIETTIVO DEL DIMEZZAMENTO

PESTICIDI, ADDIO ALL’OBIETTIVO DEL DIMEZZAMENTO

Ursula von der Leyen annuncia il ritiro del regolamento Sur. Il Pesticide action network: «è una giornata nera per la biodiversità e la salute di agricoltori e consumatori»

è un duro colpo al Green Deal e alla strategia Farm to Fork quello che si è registrato il 6 febbraio. La Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, per rispondere alle proteste che nei giorni precedenti hanno messo a ferro e fuoco Bruxelles, ha annunciato infatti il ritiro del regolamento sull’uso sostenibile (SUR), che puntava a dimezzare l’uso dei pesticidi entro il 2030.

Una risposta alle proteste

«La proposta SUR è diventata un simbolo di polarizzazione – ha detto von der Leyen in un discorso all’assemblea plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo – è stata respinta dal Parlamento europeo e anche in seno al Consiglio non si registrano più progressi. Quindi dobbiamo fare qualcosa».

Von der Leyen ha suggerito che la Commissione potrebbe elaborare una nuova proposta con maggiori contributi da parte delle parti interessate, dopo settimane di proteste da parte degli agricoltori insoddisfatti delle normative ambientali dell’UE e l’avvio di un “dialogo strategico” con le parti interessate del settore agroalimentare.

«Per andare avanti, è necessario più dialogo e un approccio diverso – ha aggiunto von der Leyen-».

Verso la descalation del Green deal?

Una decisione che ha raccolto reazioni positive da parte del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e da parte delle associazioni di categoria, ma che frustra le ambizioni del mondo del biologico, minacciato ora da una possibile descalation del Green deal.

Plagge (Ifoam organics Eu): «L’obiettivo doveva essere quello di prezzi equi per chi si impegna nella sostenibilità»

Ifoam Organics Europe ricorda infatti che anche migliaia di agricoltori biologici si sono uniti alle proteste in tutta Europa, soprattutto per richiedere prezzi equi sia per i consumatori che per gli agricoltori che adottano pratiche più ecologiche «ma le legittime preoccupazioni sui prezzi sleali e sulla concorrenza non dovrebbero essere fuorvianti contro la protezione della salute e della natura». «Gli agricoltori – spiega Jan Plagge, presidente di IFOAM Organics Europe – che si impegnano nella transizione agroecologica non sono adeguatamente remunerati né dal mercato né dalla Pac e soffrono anche della concorrenza sleale da parte di standard meno ambiziosi, nonostante offrano molti benefici per l’ambiente e la società». «Il Green Deal e la strategia Farm to Fork – continua il presidente – sono politiche critiche e non possono essere incolpate come causa delle difficoltà degli agricoltori, dal momento che la maggior parte delle proposte legali relative all’agricoltura sono state bloccate, respinte o annacquate e finora non hanno avuto alcun impatto sugli agricoltori».

La sezione europea del Pesticide Action Network, un’organizzazione non governativa internazionale dedicata alla riduzione dell’uso di pesticidi, ha definito il 6 febbraio «una giornata nera per la salute e la biodiversità».