Suolo e Salute

Autore: admin

IL SUCCESSO DELLE MASTERCLASS DI VINITALYBIO

IL SUCCESSO DELLE MASTERCLASS DI VINITALYBIO

Vini biologici protagonisti della 55a edizione della kermesse veronese

La Federazione del biologico torna al Salone internazionale dei vini e distillati nell’area dedicata VinitalyBio, dove propone diverse MasterClass con degustazione delle migliori etichette bio.

 

Il vino biologico piace sempre di più. Grande affluenza all’ottava edizione di VinitalyBio, il Salone dedicato al vino biologico certificato che si svolge all’interno di Vinitaly 2023.

Italia leader

L’Italia si conferma tra i leader mondiali nella produzione di vino biologico, un comparto che sta riscuotendo crescente successo sia a livello nazionale che internazionale.

Con 128 mila ettari di vite coltivata con metodo biologico, il nostro Paese detiene il primato per incidenza di superficie vitata bio: il 19% sul totale della viticoltura nazionale. Negli ultimi 10 anni le superfici di vite coltivate a bio sono aumentate di oltre il 145%.

Inoltre, da un’indagine condotta da Nomisma-Wine Monitor risulta che 1 italiano su 2 preferisce il vino biologico per la qualità legata all’attenzione alla sostenibilità ambientale.

I dati sull’export

Il vino bio Made in Italy è particolarmente apprezzato anche all’estero, dove vale il 19% dell’esportazione globale di agroalimentare bio, che in termini assoluti ammonta a 626 milioni di euro di vino bio italiano venduto all’estero nel 2022, +18% rispetto all’anno precedente e una quota sul totale dell’export vitivinicolo italiano dell’8% (dati Nomisma Osservatorio Bio).

Particolarmente affollate, a VinitalyBio, le MasterClass organizzate da FederBio dedicate alle principali regioni produttrici di etichette biologiche di Veneto, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Marche, Campania ed Emilia Romagna.

L’attenzione all’economia dei territori

«Siamo davvero soddisfatti – mondiale – commenta Maria Grazia Mammuccini, Presidente di FederBio -. per la grandissima partecipazione di pubblico». «Iil vino biologico – continua la presidente si distingue unendo qualità, identità territoriale, e tutela dell’ambiente e della coesione sociale dei territori».

«Il vino bio Made in Italy valorizza le zone di provenienza e premia il lavoro di tanti viticoltori che hanno scelto di produrre in maniera sostenibile a tutela della fertilità del suolo, della biodiversità, contribuendo al contrasto al cambiamento climatico e alla valorizzazione del territorio rurale».

BRUXELLES VARA NUOVE REGOLE CONTRO IL GREENWASHING

BRUXELLES VARA NUOVE REGOLE CONTRO IL GREENWASHING

Stop all’abuso dei suffissi “Eco” e “Bio” in etichetta. La Commissione Ue vara una stretta con pesanti sanzioni contro le false dichiarazioni green

La Commissione europea lancia il suo piano contro il greenwashing. Le aziende europee saranno infatti chiamate a offrire prove scientifiche per garantire che le etichette “eco”, “bio” o a “ridotta impronta climatica” sui loro prodotti siano veritiere, affidabili, e comparabili in tutta l’Ue. Tutto questo è contenuto nella proposta di direttiva sulle affermazioni ambientali (“Green Claims”) presentata dall’Esecutivo comunitario a fine marzo. La proposta, inoltre, punta a proteggere i consumatori ed evitare forme di greenwashing, contribuire a creare una solida economia circolare e a stabilire parità di condizioni tra le imprese in tema di sostenibilità.

Multe deterrenti

Contro le dichiarazioni infondate gli Stati membri potranno comminare sanzioni amministrative pecuniarie deterrenti con importi stabiliti a seconda della «natura e gravità della violazione». L’obiettivo è tutelare i consumatori e gli operatori economici impegnati ad accelerare la transizione verde.

L’indagine della Commissione

Nel corso della conferenza la Commissione ha diffuso uno studio secondo cui il 53,3% delle dichiarazioni verdi sui prodotti fatte dalle aziende esaminate nell’Ue è risultato vago, fuorviante o infondato e quasi il 40% privo di fondamento. Per questo l’esecutivo Ue, per contrastare il greenwashing, si concentra sulle etichette che riportano le diciture “ecologico”, “climate neutral”, “carbon neutral”, oppure “100% CO2 compensato”, “biodegradabile”, “compostabile”, “bio-based”. Oppure, ancora: “maglietta realizzata con bottiglie di plastica riciclata”, “realizzato con compensazione di CO2”, “imballo realizzato con il 30% di plastica riciclata” o “crema solare rispettosa dell’oceano”.

Sono invece escluse le indicazioni come l’Ecolabel già coperte dalle norme Ue o il logo degli alimenti biologici. L’esecutivo Ue chiede alle aziende di fornire «prove scientifiche ampiamente riconosciute» che dimostrino la veridicità di quanto dichiarato dal punto di vista del ciclo di vita del prodotto – dall’estrazione dei materiali fino allo smaltimento.

La proliferazione dei green label

Le dichiarazioni o le etichette che utilizzano un punteggio aggregato dell’impatto ambientale complessivo del prodotto non saranno più consentite e, davanti alla continua proliferazione di etichette ambientali – Bruxelles stima che oggi ve ne siano almeno 230 -, non saranno permessi nuovi sistemi di etichettatura pubblici, a meno che non siano sviluppati a livello dell’Ue. Qualsiasi nuovo sistema privato dovrà comunque «mostrare ambizioni ambientali più elevate rispetto a quelli esistenti e ottenere una pre-approvazione per essere autorizzato».

AIAB-EQUALITAS, ACCORDO NEL NOME DELLA VITICOLTURA SOSTENIBILE

AIAB-EQUALITAS, ACCORDO NEL NOME DELLA VITICOLTURA SOSTENIBILE

Siglata a Roma l’intesa tra l’associazione dei produttori biologici e il più diffuso standard di viticoltura sostenibile. L’obiettivo è lo sviluppo di un modello virtuoso che metta insieme le esperienze dei due metodi di produzione per migliorare le performance in termini di  carbon footprint, water footprint, biodiversità e indicatori sociali.

Promuovere un modello agricolo sostenibile basato sulla trasparenza e sulla correttezza nella comunicazione. Il tutto per diffondere l’attenzione alla salute dei consumatori, al benessere animale, alla biodiversità, al rispetto dell’ambiente e alla giustizia sociale. È l’ambizione dell’accordo di collaborazione siglato tra Aiab ed Equalitas. L’associazione dei produttori biologici e la società che detiene la standard più diffuso a livello mondiale per la gestione della sostenibilità nella filiera del vino hanno infatti organizzato un evento a Roma il 29 marzo per ufficializzare la loro base di accordo.

Mettere insieme il meglio dei due modelli

La partnership, sottoscritta alla presenza del sottosegretario Masaf Luigi D’Eramo, prevede attività di ricerca e sviluppo con il coinvolgimento dei due rispettivi comitati tecnico-scientifici, finalizzate alla comparazione di modelli di coltivazione biologica, convenzionale e alternativa in viticoltura su carbon footprint, water footprint, biodiversità e indicatori sociali.

«Il biologico – commenta Giuseppe Romano, presidente Aiab – si è affermato come metodo di coltivazione sostenibile, certificato e garantito».

Per l’ambiente e per la coesione sociale

«Ma nei suoi valori – continua Romano – rientrano anche quelli sociali ed economici. L’idea del protocollo nasce proprio dell’esigenza di cominciare a confrontarsi con altri parametri della sostenibilità che vanno oltre a quella ambientale». Il, ha precisato che «Unire le competenze delle due organizzazioni- testimonia  Riccardo Ricci Curbastro, presidente di Equalitas – mira a favorire la diffusione di pratiche agricole sostenibili nella filiera del vino e in altri settori agricoli, garantendo al contempo una comunicazione trasparente e corretta».

D’Eramo: «Un progetto virtuoso che valorizza l’impegno della filiera vino»

«Progetti come questo – commenta Luigi D’Eramo, sottosegretario al biologico presso il Masaf – vanno nella direzione di valorizzare il settore, promuovere una sostenibilità al tempo stesso ambientale sociale ed economica, favorire una sempre maggiore consapevolezza delle caratteristiche della filiera e comunicarne il valore ai consumatori».

«Nei prossimi anni – precisa D’Eramo – puntiamo a consolidare la leadership italiana nel biologico e a raggiungere ambiziosi risultati».

CONTROLLI PIÙ FREQUENTI PER ALCUNI PRODOTTI BIO IMPORTATI

CONTROLLI PIÙ FREQUENTI PER ALCUNI PRODOTTI BIO IMPORTATI

Lo stabilisce il Decreto ministeriale n. 165043 del 20 marzo 2023 appena pubblicato in Gazzetta Ufficiale

Massima attenzione allo zenzero, alla zucca, al tè e alla soia bio che arrivano dalla Cina. Ma anche alla curcuma indiana, ai semi di chia paraguaiani, alla quinoa peruviana e alle fave di cacao della Sierra Leone.

Il dispositivo

Il Masaf, Ministero dell’agricoltura, della Sovranità alimentare e delle foreste pubblica infatti il Decreto n. 165043 del 20 marzo 2023 relativo alla “Frequenza dei controlli fisici sulle partite di prodotti biologici e in conversione prima della loro immissione in commercio”. Con previsioni riguardo alla natura e alla frequenza dei controlli determinata in base alla valutazione della probabilità di non conformità alle disposizioni del Regolamento (UE) 2018/848 per l’anno 2023 e relativa decisione sulla partita.

Solo per l’import

Il decreto si riferisce ai controlli all’importazione dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023.  I prodotti per i quali viene intensificata la frequenza dei controlli sono per l’appunto quelli indicati all’inizio di questo post.

RISO IN BALIA DELLA SICCITÀ, UNA SOLUZIONE VIENE DAL BIO

RISO IN BALIA DELLA SICCITÀ, UNA SOLUZIONE VIENE DAL BIO

L’Ente Risi stima una produzione 2022 inferiore del 17% rispetto alla media e per l’anno in corso il calo potrebbe essere maggiore se permangono le attuali scarse precipitazioni. Sperimentazione e produzione a confronto per trovare una soluzione

Per far fronte alla siccità e non compromettere le colture del riso sempre più aziende agricole provvedono con varie sperimentazioni in campo in modo da salvaguardare la produzione.

In occasione della giornata mondiale dell’acqua dello scorso 22 marzo l’Ente Risi ha organizzato un confronto. Tra le diverse testimonianze spicca quella di Ariane Lotti, titolare dell’azienda agricola Tenuta San Carlo (Grosseto), 350 ettari di coltivazione bio di cui il 10% destinato alla produzione di riso.

Cover crop in Maremma

«Oltre a provare – afferma la giovane risicultrice – ad anticipare alcune pratiche agricole per poter sfruttare le piogge che solitamente arrivano in primavera, stiamo sperimentando le cover-crop, colture di copertura, al fine di tenere i suoli coperti e protetti dal rischio di perdita di sostanza organica e disidratazione».

Un metodo che prevede la semina a ottobre di un erbaio a cui, a maggio, viene aggiunta una nuova semina di riso che crescerà sull’erbaio allagato senza disturbare il terreno. I produttori del gruppo Terre di Ecor stanno invece approfondendo nuove tecniche rigenerative per affrontare l’emergenza climatica.

La biodiversità del suolo

«Condividiamo- dichiara Filippo Prandi agronomo di Ecor- pratiche innovative di coltivazione, studiando ad esempio le interazioni tra funghi e batteri e la microfauna del suolo».

«Stiamo migliorando – aggiunge – le tecniche di uso dei sovesci, per intervenire sulla struttura del suolo. Sono metodi finalizzati ad avere suoli ricchi di sostanza organica, quindi maggiormente capaci di trattenere acqua, abbassando la dipendenza da fattori esterni e ottenendo piante più resistenti agli stress climatici».

Le previsioni di Ente Risi

Il 2022 è stato condizionato dalla più importante siccità degli ultimi 70 anni. A soffrire più di tutti la mancanza di acqua, in agricoltura, è il settore del riso con l’Ente Nazionale Risi che ha stimato una produzione 2022 inferiore del 17% rispetto all’anno precedente, quasi 260 mila tonnellate di risone in meno a causa del calo della superficie coltivata e della minore resa.

IL GRANO RESISTENTE AL CLIMATE CHANGE CHE VIENE DALL’ACROCORO ETIOPICO

IL GRANO RESISTENTE AL CLIMATE CHANGE CHE VIENE DALL’ACROCORO ETIOPICO

Due ricerche pubblicate su Pnas della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa anno selezionato, da un campione di 1.200,  le varietà più con maggiori capacità di adattamento e produttività mettendo a frutto le conoscenze dei cerealicoltori del paese africano

Varietà di frumento più resistenti al clima che cambia. È uno degli obiettivi più sfidanti per la genetica agraria, ma una delle linee più promettenti deriva dall’attività di selezione massale effettuata per secoli dagli agricoltori etiopi. Alcune delle acquisizioni più recenti su questo tema sono state infatti  evidenziate in due ricerche, pubblicate entrambe su Pnas, Rivista della Società per l’avanzamento delle scienze degli Stati Uniti.

Pisa epicentro del miglioramento genetico del frumento

Tutti e due gli studi parlano italiano, grazie al contributo della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa con il suo Centro di Ricerca in Scienze delle Piante. I cui ricercatori hanno messo a punto un metodo per accelerare la produzione di piante più resistenti e produttive, grazie all’esperienza degli agricoltori degli altipiani dell’Etiopia, per l’appunto. Il primo studio, coordinato dal della Scuola Sant’Anna, è stato condotto in collaborazione con l’Amhara Regional Agricultural Research Institute (Etiopia), il Biodiversity International e il Dipartimento di Bioscienze dell’Università di Milano (Italia).  Il secondo è invece coordinato da Biodiversity International. Entrambe le ricerche dimostrano che approcci in grado di integrare informazione genetica, climatica e conoscenza tradizionale degli agricoltori siano la chiave per aumentare la sostenibilità dell’agricoltura e la sicurezza alimentare nel Sud del mondo.

Milleduecento varietà al vaglio

Oltre 1.200 varietà di grano sono state prodotte e analizzate, identificando nuovi tipi di grano con maggiori capacità di adattamento e produttività. La selezione, svolta in collaborazione con gli agricoltori locali, ha dimostrato di avere un’accuratezza più che doppia rispetto a quella eseguita da tecnici e ricercatori.

«Il grano dell’Etiopia – rileva Matteo Dell’Acqua, docente di Genetica agraria della Scuola Sant’Anna e coordinatore del Centro di ricerca in Scienze delle piante – rappresenta un’enorme ricchezza, sviluppata nei secoli dagli agricoltori locali».

Il progetto Africa connect

La ricerca è stata condotta nell’ambito del progetto AfricaConnect, un programma speciale della Scuola Superiore Sant’Anna che si pone l’obiettivo di unire le scienze sociali e le scienze sperimentali con l’obiettivo di supportare lo sviluppo sostenibile in Africa. Mario Enrico Pè, docente alla Sant’Anna e impegnato in AfricaConnect, rileva che «è grazie a metodi transdisciplinari che uniscano scienze del clima, della genetica, dell’agronomia, e delle scienze sociali che è possibile avere un impatto duraturo sulle vite degli agricoltori dei paesi emergenti».

Sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 23 febbraio 2023 è stato pubblicato il Decreto n. 663273 28 dicembre 2022, che disciplina i requisiti necessari per la costituzione e il riconoscimento dei distretti biologici e dei biodistretti.