Suolo e Salute

Autore: admin

BIO, CRESCONO SAU. NUMERO DI OPERATORI E PESO SUL TOTALE DELLE SUPERFICI

BIO, CRESCONO SAU. NUMERO DI OPERATORI E PESO SUL TOTALE DELLE SUPERFICI

Le anticipazioni del ministero: superati i due milioni e mezzo di ettari, sfiorati i 100mila operatori

Con sei anni di anticipo rispetto al 2030, in sette regioni (Toscana, Calabria, Sicilia, Marche, Basilicata, Valle D’Aosta e Campania), ma anche nella provincia autonoma di Bolzano si è già superato l’obiettivo europeo di portare al 25% la quota di biologico nella Superficie agricola.

 

Ma anche Lazio e Puglia, rispettivamente con il 23,4% e il 24,5%, sono molto vicine al traguardo.

I dati emergono dall’anticipazione del rapporto “Bio in cifre” che ISMEA ha presentato in occasione della “Giornata europea del Biologico” al ministero dell’Agricoltura (la versione definitiva del rapporto sarà pubblicata a dicembre).

 

Dal rapporto (relativo al 2024) emerge che la superficie biologica incide su quella totale nella misura del 20,2% (sostanzialmente stabile rispetto al 2023, l’aumento è dello +0,4%).

Gli ettari coltivati con metodo biologico sono in tutto 2.514.596 (comprese le superfici in conversione); qui la crescita è del +2,4% rispetto all’anno precedente, mentre è di un più robusto +68% su dieci anni.

In parallelo alle superfici aumenta anche il numero degli operatori biologici, che alla fine del 2024 erano complessivamente 97.170 (+2,9% sul 2023 e + 62% nell’ultimo decennio), di cui più dell’89% (esattamente 87.042) erano aziende agricole (+3,4% sul 2023).

 

Anche la domanda di prodotti biologici da parte dei consumatori italiani si conferma robusta e in continua espansione.

 

Potete leggere l’intera anticipazione del rapporto a pagina https://sinab.it/bionovita/giornata-europea-del-biologico-a-roma/

AGRICOLTURA RIGENERATIVA E RISCHIO GREENWASHING

AGRICOLTURA RIGENERATIVA E RISCHIO GREENWASHING

Slogan di marketing o vera sostenibilità?

 

Da qualche tempo, per aggiungere confusione al consumatore, al residuo zero, al prodotto locale (km zero), alla non meglio determinata “agricoltura sostenibile” si è affiancata l’”agricoltura rigenerativa”.

Parafrasando il Così fan tutte di Mozart, “Che vi sia, ciascun lo dice; cosa sia, nessun lo sa”: dovrebbe trattarsi di un approccio agricolo che mira a ripristinare e migliorare la salute del suolo, la biodiversità e l’ecosistema, ma l’analisi della Food and Land Use Coalition “Aligning regenerative agricultural practices with outcomes to deliver for people, nature and climate” sulla letteratura scientifica (centinaia di pubblicazioni) e sui documenti di alcune multinazionali agroalimentari già nel 2023 aveva identificato la bellezza di 44 “agricolture rigenerative”, tutte diverse: Bayer ha la sua, Cargill ha la sua, Syngenta ha la sua.  Hanno la loro anche Nestlè, Barilla, Illy, tutte diverse, tutte tagliate su misura.

L’agricoltura no-tillage e le minime lavorazioni sono eccellenti tecniche agronomiche, ma se si affiancano all’uso di erbicidi han poco di eco-sostenibile e di rigenerativo.

Prima sarebbe necessario stabilire di cosa parliamo: naturalmente senza nulla togliere a chi è impegnato davvero nella transizione verso sistemi agricoli realmente sostenibili, ora come ora la massima parte delle autodefinite agriculture rigenerative non fornisce informazioni trasparenti, pertinenti e affidabili ed è grande il rischio che si tratti solo di claim autoreferenziali di marketing.
In ambito ISO è stato istituito un gruppo di lavoro che dovrebbe stabilire una volta per tutte cosa sia davvero “agricoltura rigenerativa”.

Paolo Bàrberi, professore ordinario di Agronomia e coltivazioni erbacee presso l’Istituto di Scienze della vita della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, e tra i fondatori di Agroecology Europe, in un acuto editoriale su Terra e Vita n. 17/2025 mette in guardia sul rischio di scrivere regole per l’agricoltura rigenerativa che strizzino l’occhio al marketing più che alla vera sostenibilità.

 

Leggi qui l’editoriale: https://terraevita.edagricole.it/agricoltura-conservativa/lagricoltura-rigenerativa-eviti-il-rischio-greenwashing/

Qui il sito di Agroecology Europe: www.agroecology-europe.org.

FRANCIA, IL NOCCIOLO DURO DEI CONSUMATORI BIO HA TRA I 30 E I 50 ANNI

FRANCIA, IL NOCCIOLO DURO DEI CONSUMATORI BIO HA TRA I 30 E I 50 ANNI

Il bio è attrattivo nella fascia 30/50enni, lo è meno per gli under 30

La testata specializzata francese Biolineaires nel suo dossier «Mieux vieillir» del 2024 ha indagato presso una novantina di negozi biologici delle diverse aree del Paese e sostanzialmente in media come dimensioni (247 mq di superficie di vendita contro una media nazionale di 274 sull’intero universo dei punti vendita biologici) per identificare l’età dei consumatori e il peso delle diverse fasce di età sul fatturato.

Dall’indagine risulta che gli over 50 anni rappresentano il 73% dei clienti. Il dato non è in linea con quelli dell’ISTAT francese (INSEE, Institut national de la statistique et des études économiques), secondo i quali gli over 50 rappresentano solo il 41% della popolazione; la clientela è un po’ agè…

 

Più in dettaglio, i consumatori dai 50 ai 70 anni rappresentano il 37% dei clienti dei negozi biologici (contro il 25% dei dati statistici INSEE), ma a loro si deve il 40% del fatturato.

Gli over 70 sono il 15% (in linea con le statistiche nazionali, che dicono il 16%), quelli tra i 30 ai 50 anni il 36% (mentre nella società francese rappresentano il 25%) e gli under 30 sono solo il 13%, pur se in questa fascia d’età è compreso il 34% dei francesi.

 

I dati meritano delle valutazioni: tra gli acquirenti biologici i 30/50enni sono molti di più rispetto ai dati anagrafici nazionali, ma mentre un terzo della popolazione è sotto i trent’anni, i consumatori biologici in questa fascia d’età sono molto meno.

Ciò da un lato cozza con la percezione di una gioventù attenta alle tematiche ambientali, del benessere animale e della salute, dall’altro può avere molte chiavi di lettura.

Per quanto in Francia il regime di protezione sociale sia più generoso e articolato di quello italiano il contesto generale è di calo delle assunzioni, con tassi di disoccupazione giovanile sì inferiori a quelli italiani, ma grazie a contratti flessibili e precari: redditi bassi non si coniugano nel migliore dei modi a scelte d’acquisto di qualità.

 

La fotografia di Biolineaires è con l’obiettivo puntato al canale specializzato e non indaga gli acquisti biologici non tanto nella GDO (dove non necessariamente i prezzi sono più bassi), quanto nei discount, che sono in costante crescita come fatturato anche biologico e presso i quali è lecito attendersi si orientino consumatori con minor disponibilità economiche.

In ogni caso, molti motivi d’attenzione per le aziende che commercializzano soltanto o prevalentemente nel canale specializzato: la fascia forte dei clienti è tra i 30/50enni e si fatica a attrarre i giovani adulti, sono necessarie scelte strategiche per estendere la platea ai junior.

 

Per saperne di più: https://www.biolineaires.com/dossier-mieux-vieillir-un-angle-majeur-pour-le-reseau-bio

UK, IL BIO VEDE ROSA

UK, IL BIO VEDE ROSA

Tesco e Waitrose ampliano la linea biologica

In Gran Bretagna la domanda di prodotti biologici sta crescendo rapidamente e i retailer ne stanno prendendo atto. Anche Tesco (terzo retailer al mondo e primo nel Regno Unito, dove ha una quota di mercato compresa tra il 25 e il 30%) aumenta gli investimenti nel settore, come ha annunciato in occasione dell’Organic September.

La catena rinnova e amplia la sua linea biologica Tesco Organic, che pone la qualità, la trasparenza e l’ampiezza di gamma al centro dello shopping.

Perché proprio ora? “Perché la domanda di prodotti biologici sta crescendo più rapidamente rispetto al mercato dei prodotti non biologici e i nostri clienti ci dicono che ne vogliono di più”, la risposta della catena.

 

A partire da fine settembre il nuovo packaging Tesco Organic, progettato per distinguersi, dare un’immagine di alta qualità e rendere più facile individuare i prodotti biologici si può vedere sia nei negozi che online.

Non si tratta solo di un restyling: Tesco sta lanciando nuovi prodotti in categorie chiave dei prodotti freschi; l’obiettivo dichiarato è rendere il biologico accessibile e non esclusivo.

Dal canto suo Waitrose ha annunciato l’ampliamento della gamma a marchio Duchy Organic (partnership tra la catena e Duchy Originals Limited, società fondata da Carlo quand’era principe del Galles).

La linea, che conta oltre 280 referenze, vedrà 24 nuovi inserimenti; anche qui cambierà il packaging (col passaggio alla carta si risparmieranno 20 tonnellate l’anno di plastica) e verrà messa mano al logo.

 

Asda, Sainsbury’s e Morrison staranno a guardare?

 

Vedi qui la linea biologica a marchio Tesco: https://www.tesco.com/groceries/en-GB/search?query=organic&inputType=suggested

IN ARRIVO IL MARCHIO DEL BIOLOGICO ITALIANO

IN ARRIVO IL MARCHIO DEL BIOLOGICO ITALIANO

Per adesso esiste il marchio ma non è ancora nota la procedura di concessione e le modalità di utilizzo

In occasione della Giornata europea del biologico, è stata scelta una location d’eccezione: la Sala dei Consigli Superiori del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, nota anche come “il Parlamentino”, per la sua caratteristica forma ad emiciclo.

Durante l’evento è stato presentato il nuovo marchio del biologico italiano, che vede finalmente la luce a più di tre anni dall’entrata in vigore della legge quadro sull’agricoltura biologica.

Attualmente il marchio esiste solo nella sua forma grafica: si tratta di un fiocco tricolore che richiama la forma di un cuore, accompagnato dalla scritta “Bio logico italiano”. Il logo è stato realizzato da Domenico Lacava, vincitore del concorso con un premio di 40.000 euro.

Tuttavia, mancano ancora la procedura ufficiale di concessione e le modalità di utilizzo. Si sa soltanto che il marchio dovrebbe essere riservato ai prodotti biologici realizzati con materie prime 100% italiane.

Da un lato, la presentazione grafica è stata accolta positivamente, soprattutto per l’inserimento esplicito del termine “Bio”, che contribuisce a rendere il messaggio più chiaro, rafforzando la fiducia dei consumatori e incentivando l’acquisto. Lo conferma anche un recentissimo studio condotto da ricercatori di università tedesche, britanniche e ungheresi, secondo cui l’assenza di un riferimento testuale al “Bio” costituisce uno dei punti deboli del marchio europeo.

Dall’altro lato, alcuni esperti di diritto hanno sollevato dubbi circa la compatibilità del nuovo marchio con il principio della libera circolazione delle merci all’interno del mercato europeo. La giurisprudenza consolidata, infatti, segnala l’incompatibilità di un marchio nazionale che certifichi l’intera filiera produttiva come localizzata esclusivamente sul territorio nazionale.

Dal Ministero fanno sapere che saranno necessari ancora quattro o cinque mesi di lavoro: il nuovo marchio potrebbe quindi arrivare sugli scaffali già all’inizio del prossimo anno.

Per saperne di più: https://www.masaf.gov.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/22064

L’INTESTINO MIGLIORA CON UN’ALIMENTAZIONE BIOLOGICA

L’INTESTINO MIGLIORA CON UN’ALIMENTAZIONE BIOLOGICA

Una giornalista britannica racconta (soddisfatta) un mese di alimentazione biologica

Su invito della Soil Association, che da anni organizza un “Organic September” ricco di iniziative, la giornalista britannica Dianne Bourne ha adottato per un mese una dieta esclusivamente biologica, per capire l’impatto sulla salute sul benessere, la soddisfazione (e il costo) e ha raccontato la sua esperienza sul Manchester Evening News.

Già nel giro di una settimana la Bourne ha annotato effetti positivi della dieta; dopo i primi due giorni non ha più sofferto del suo cronico mal di testa, si sentiva più rilassata e ha notato un miglioramento del sonno.

Se queste possono essere solo sensazioni, non mancano gli effetti misurati: ha potuto verificare con il suo fitness tracker una riduzione della frequenza cardiaca a riposo da 73bpm all’inizio dell’esperimento a 68bpm alla fine.

Poi, per lei (e per gli altri cinque partecipanti al test) è stato riscontrato un “miglioramento clinicamente significativo nella permeabilità intestinale”. La permeabilità intestinale è la misura di ciò che passa nel flusso sanguigno attraverso il rivestimento intestinale; un rivestimento intestinale più permeabile è associato a problemi di salute quali sintomi gastrointestinali, mal di testa, affaticamento e infiammazione.

Secondo i fisiologi della Functional Gut Clinic che hanno condotto i test sui volontari “Il miglioramento può essere dovuto a una riduzione dei residui di pesticidi alimentari, che negli studi sugli animali hanno dimostrato di causare perdite intestinali”.

Dato che i partecipanti al test hanno mangiato tutto biologico, non è chiaro se il risultato positivo dipende dalla dieta complessiva o da qualche alimento in particolare; comunque, come scrive la Bourne “Sarebbero necessari studi più ampi per dimostrare clinicamente i benefici di un’alimentazione biologica, ma quello che posso dire a livello personale è che dopo un mese di dieta bio ho sentito un miglioramento della mia salute e del mio benessere”.

E si dice anche molto soddisfatta di aver perso 2 chili e mezzo in un mese, senza aver adottato limitazioni volontarie, ma mangiando “un’intera gamma di cibi deliziosi, tra cui snack e qualche bicchiere di vino ogni tanto, senza alcuna restrizione, a parte la caratteristica biologica”.

 

L’articolo si può leggere qui: https://www.manchestereveningnews.co.uk/whats-on/food-drink-news/i-ate-only-organic-food-32370557