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MARCIA AGRICOLA SU ROMA

MARCIA AGRICOLA SU ROMA

Le proteste del comparto primario raggiungono la Capitale, ma nel mirino ci sono gli obiettivi più diversi. Il rischio di un fuoco di paglia è concreto, il modo più corretto per migliorare le condizioni di vita degli imprenditori agricoli rimane il dialogo

Roma circondata dai trattori. La protesta del Cra (Comitati riuniti agricoltori) ha messo nel mirino la Capitale con almeno 5 punti di aggregazione tra Nomentana, Torrimpietra, Fiano Romano, Capena e Cecchina. Nella zona dei Monti Cimini, nel Viterbese, sosta uno dei gangli più attivi della protesta, con i 200 imprenditori agricoli motorizzati di “Riscatto agricolo” che hanno minacciato nei giorni scorsi di bloccare lo svincolo di Orte della A1. Da quanto dichiarano gli attivisti, entro giovedì 8 febbraio dovrebbero radunarsi nella capitale 1.500 mezzi provenienti da varie parti d’Italia con l’obiettivo di sfilare per le vie del centro, magari davanti al Colosseo.

Le anime della rivolta

Quella italiana è una movimentazione composita, caratterizzata da diverse anime e differenti obiettivi nel mirino: dal contestato ripristino dell’Irpef sui terreni agricoli al Green deal passando per la farina di grilli o l’impennata dei costi di produzione. Un’azione nata forse per imitazione, incoraggiata da quanto avvenuto negli ultimi mesi negli altri Paesi europei, che raccoglie tra le sue fila l’ex “movimento dei forconi” passando per vecchie conoscenze di estrema destra e dei movimenti antisistema.

Blocchi e disagi soprattutto al Centro Sud

In pochi giorni la movimentazione ha causato blocchi e disagi in numerose aree, soprattutto del Sud. In Siclia la Regione ha attivato un “Gabinetto di emergenza” per far fronte alle aggregazioni di protesta sempre più animate nei centri agricoli dell’Isola. Lo stesso vale per Calabria e Campania, dove sono stati organizzati presidi lungo strade, raccordi e persino davanti allo stadio di Battipaglia (Sa).

Ora tutto il movimento, al netto della rappresentanza ammessa al Festival di Sanremo, si sta concentrando a Roma. Dove martedì 6 febbraio si è tenuto un incontro per mettere d’accordo tutte le anime che popolano la protesta per avere una rappresentanza comune nel summit che si terrà il 7 febbraio presso la Prefettura di Roma. L’obiettivo è quello di evitare la sfilata dei trattori nella Capitale, soprattutto dopo i danneggiamenti avvenuti a Bruxelles. Una proposta di compromesso è quella di fare accedere una parte dei trattori in una zona dentro il raccordo anulare concedendo agli agricoltori senza mezzi di organizzare un sit in in centro.

Il rischio di un fuoco di paglia

Una dimostrazione di forza che rischia però di tramutarsi in un fuoco di paglia, viste le numerose differenti rivendicazioni. Le semine delle colture primaverili sono infatti ormai imminenti e anche in Europa il fronte della protesta sembra affievolirsi dopo le prime concessioni ottenute purtroppo a discapito della sostenibilità del Green deal.

Nei giorni scorsi Jan Plagge, presidente di IFOAM Organics Europe aveva riconosciuto che le sfide da affrontare sono pesanti sia per i produttori convenzionali che per quelli bio, mettendo in evidenza che la polarizzazione non porta a nulla e che il modo migliore per migliorare la condizione degli imprenditori agricoli europei passa per il dialogo con le istituzioni e i consumatori.

LA RIVOLTA DEL BIO FRANCESE CONTRO LE ETICHETTE CHE FANNO GREENWASHING

LA RIVOLTA DEL BIO FRANCESE CONTRO LE ETICHETTE CHE FANNO GREENWASHING

Alla 59° edizione del Salon International de l´Agriculture di Parigi va in scena la contestazione di produttrici bio motivate come Rosélène Pierrefixe contro scelte politiche che sfruttano il boom dei consumi bio degli anni scorsi per favorire protocolli alternativi come quelli marchiati Hve (High Environmental Value)

«Se non ci fossero gli agricoltori biologici finireste per mangiarvi solo le unghie!». A Parigi, Porte de Versailles, fino al 5 marzo va in scena la 59° edizione del Salon International de l´Agriculture. Un’edizione che si sta caratterizzando per la riscossa dell’orgoglio bio. Rosélène Pierrefixe è una giovane imprenditrice bio bretone. Dieci anni fa ha investito assieme al marito i suoi pochi averi, ma massima volontà di fare, in una minuscola azienda orticola a Monterblanc, vicino a Vannes, nel dipartimento del Morbihan, in Bretagna. Nel 2019 ha conquistato la copertina del mensile francese di agricoltura biologica “Symbiose” in un numero dedicato alle piccole realtà bio, giustificando il titolo: “microaziende, maxi fierezza”.

L’impatto del climate change

Una fierezza oggi piegata dall’impatto del climate change. «La scorsa estate – racconta-, il sud della Bretagna ha registrato temperature record, fino a 41 gradi». «Ondate di caldo e di siccità che hanno reso più impegnativo, anche dal punto di vista fisico, il nostro lavoro». «Ma quello che più indigna è come le autorità hanno mal governato la grave carenza idrica».

«Abbiamo infatti dovuto conquistarci ogni goccia d’acqua litigandocela con chi gestisce campi da golf o autolavaggi». «Eppure noi produciamo cibo. E con l’agricoltura biologica siamo in grado di immagazzinare nel suolo più carbonio di quanto ne emettiamo, contribuendo a mitigare gli effetti del climate change».

Una crisi climatica che si sta riproponendo, ma in maniera decisamente anticipata, quest’anno. «In Bretagna non piove da più di un mese, l’emergenza delle colture è rallentata e le espone al rischio delle gelate». «Gli eventi meteo estremi sono ormai diventati la norma: se arriva una gelata quando le patate sono alte 20 centimetri perdiamo tutto».

La contestazione va in scena a Parigi

Una situazione allarmante che l’ha spinta a recarsi a Parigi per contestare la consueta sfilata di politici al Salon International de l´Agriculture: «State sbagliando tutto: create confusione per sfavorire i consumi di cibo biologico e locale. Vorrei che il marchio del bio fosse riconosciuto, che i suoi agricoltori fossero ascoltati, non solo la Fnsea (Fédération nationale des syndicats d’exploitants agricoles, la federazione ombrello che riunisce le maggiori sigle di agricoltori francesi convenzionali)..».

Ecoscore e Hve, messaggi fuorvianti

Sotto accusa, non solo da parte di Rosélène, è il marchio Hve (High Environmental Value), voluto dal ministero dell’agricoltura francese. Dopo la denuncia di Ifoam Organics Europe contro il marchio francese eco-score (ne abbiamo parlato qui) perché favorisce la produzione intensiva a discapito di quella biologica,  un gruppo di associazioni, agricoltori e aziende ha seguito l’esempio facendo ricorso all’alto Consiglio di Stato in gennaio 2023 contro l’etichetta francese di Alto Valore Ambientale (HVE) asserendo che ha ingannato il consumatore per più di dieci anni. «Viene spacciata come molto rispettosa dell’ambiente, ma il disciplinare che c’è dietro non è più esigente della media delle pratiche agricole francesi, secondo gli studi condotti dall’Ufficio francese per la biodiversità e dall’Istituto per lo sviluppo sostenibile e le relazioni internazionali».

Dopo il boom registrato in Francia nel 2020 e 2021 il consumo del bio in Francia è rallentato anche a causa della confusione innescata da queste etichette e alla retromarcia del Governo francese sui promessi aiuti nazionali agli agricoltori bio. Le referenze bio sugli scaffali della grande distribuzione stanno così calando a discapito di etichette che fanno greenwashing.

La riscossa del bio

Le evidenze scientifiche confermano però che è l ‘agricoltura biologica a preservare la biodiversità, proteggere la qualità dell’acqua, del suolo e dell’aria e adattarsi meglio ai cambiamenti climatici. Tanto che anche il gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (IPCC) raccomanda di espandere rapidamente questo modello agricolo.

Al Salone di Parigi è così scattata la riscossa del bio: associazioni come Fnab (Federazione nazionale dell’agricoltura biologica) o Terre de Liens hanno avviato campagne informative per spingere i consumatori a guardare meglio le etichette e riconoscere il marchio del bio. In più dal 20 al 30 marzo è stata indetta “la Settimana delle alternative ai pesticidi”. Perchè il contrasto al cambiamento climatico ha bisogno di produttori responsabili, ma anche di consumatori consapevoli.