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RISCALDAMENTO GLOBALE, ANCORA LUNGA LA STRADA VERSO L’ACCORDO DI PARIGI

RISCALDAMENTO GLOBALE, ANCORA LUNGA LA STRADA VERSO L’ACCORDO DI PARIGI

Secondo il dossier “Running hot: accelerating Europe’s path to Paris” stilato attraverso una ricerca condotta da Cdp Europe – organizzazione no profit finanziata dall’Unione Europea – e Oliver Wyman – società di consulenza strategica globale controllata dal gruppo Marsh & McLennan – , meno di un’azienda europea su 10 ha obiettivi di riduzione dell’emissione di gas serra, tali da rispettare l’impegno preso dagli Stati Membri dell’Ue nell’accordo di Parigi, ovvero sotto i 2 °C.

La ricerca si basa sui dati forniti da un campione di 974 imprese europee. Più della metà di queste (56%) dichiara di avere già in atto un piano di transizione ecologica. Di questa porzione, il 75% delle imprese fa parte del settore energetico. Le aziende più avanti nel processo e più virtuose dal punto di vista della decarbonizzazione, hanno riportato riduzioni del 15% rispetto allo scorso anno.

Ma, uno dei perni centrali relativi alla questione, riguarda il fronte economico e in particolare il rapporto tra le banche, gli istituti finanziari e le imprese in oggetto.

La ricerca stima che il 95% di tutti i prestiti alle imprese in Europa provengono da istituti finanziari che intendono allinearsi all’Accordo di Parigi.

È tuttavia stato registrato un divario di 4 trilioni di euro tra i finanziamenti che le banche e le società finanziarie hanno stimato di emettere in linea con l’accordo di Parigi (offerta) e la richiesta reale di finanziamenti da parte delle aziende (domanda).

Questi 4 trilioni comprendono le aziende che non raggiungono i requisiti di emissione minimi per accedere ai finanziamenti, quelle che probabilmente li raggiungono ma non dichiarano i dati realivi è infatti un grosso problema di trasparenza all’interno del settore – e altre ancora, che ottengono i finanziamenti attraverso vie alternative, più vantaggiose rispetto ai tassi di interesse previsti dall’accordo di Parigi.

La questione è complessa, ma in uno scenario di accelerazione e raggiungimento degli obiettivi previsti dall’Accordo di Parigi entro il 2030, è necessario mutare il passo in uno più adeguato alle tempistiche ed eventualmente rendere accessibili i finanziamenti a tasso agevolato. Quest’ultima azione al fine di indurre le aziende europee ad incentivare il cambiamento green, condizionato a un livello di trasparenza relativo ai dati di emissione all’interno del settore.

 

Fonte: Cambia la terra

Il riscaldamento globale si combatte col biologico: l’evento a Bologna

L’agricoltura biologica come antidoto ai devastanti cambiamenti climatici che stanno modificando profondamente il nostro pianeta. È questo, in estrema sintesi, il tema del Convegno che si terrà il prossimo 12 settembre a Bologna, organizzato nell’ambito del progetto “BIOrganic LifeStyle”, promosso da Federbio, la Federazione italiana Agricoltura Biologica e Biodinamica.

L’evento prende il titolo di “Agricoltura biologica: la risposta globale al riscaldamento globale” e si terrà presso la Sala Notturno, Blocco D – Centro Servizi a Bologna. Integrato nelle attivitàdel SANA, il Salone internazionale del biologico e del naturale che si tiene nella città emiliana dal 9 al 12 settembre, l’appuntamento è organizzato in collaborazione con il Kyoto Club.

Qual è la relazione tra cambiamenti climatici e agricoltura? Quanto ha inciso l’agricoltura intensiva sull’ambiente e sul clima? Come l’agricoltura biologica contribuisce alla riduzione delle emissioni dei gas serra? A partire da queste domande il convegno vuole fare il punto sul ruolo che il settore agricolo riveste nell’ambito del dibattito sui cambiamenti climatici, una delle principali sfide ambientali del nostro tempo”, si legge nella presentazione dell’evento.

federbio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel dettaglio si cercherà di analizzare il contributo che l’agricoltura biologica può fornire nell’ostacolare il riscaldamento globale in atto e, soprattutto, nel raggiungimento degli obiettivi ambientali fissati dall’ultima conferenza sul clima a Parigi, la COP21. “L’agricoltura biologica”, spiegano gli organizzatori,“rappresenta un metodo sostenibile di coltivazione e di produzione grazie anche all’attenzione sempre più viva delle aziende alla sostenibilità energetica”.

Il programma della giornata prevede:

ore 10.00 – Registrazionedei partecipanti

ore 10.30 – Salutie introduzione dei lavori di Paolo Carnemolla, Presidente FederBio

ore 10.45 – Il direttore del Kyoto Club, Sergio Andreis, interviene sul “Ruolo del settore agricolo nella lotta al riscaldamento globale dopo la COP 21”

ore 11.05 – Lorenzo Ciccarese dell’ISPRA espone sul tema “Agricoltura biologica, una risposta concreta ai cambiamenti climatici (e ad altre grandi sfide ambientali globali)”

ore 11.25 – Sjef Staps del Louis Bolk Institute, relaziona sulle sfide poste dai cambiamenti climatici all’agricoltura biologica e alle soluzioni in merito individuate nei Paesi Bassi

ore 11.50 – Hans Herren, presidente di Biovision, chiude questa prima serie di interventi con la relazione “Invertire i cambiamenti climatici con l’agroecologia e l’agricoltura rigenerativa: quali sono gli ostacoli a questa trasformazione?”

Successivamente è prevista una tavola rotonda dal titolo “La sostenibilità energetica in Agricoltura Biologica: efficienza energetica e utilizzo di fonti rinnovabili”, che porterà all’uditorio dati e case history sull’argomento. Al dibattito  parteciperanno Carlo Alberto Campiotti, Referente scientifico Efficienza Energetica in Agricoltura e Industria Alimentare – ENEA-UTEE; Valentina Nicolucci – Relazioni Istituzionali per Europa, Africa, Medio Oriente, Asia e Pacifico – CNH Industrial; Mauro Conti – Direttore di BIT SpA; Paolo Foglia – Responsabile Ricerca&Sviluppo ICEA, Istituto di Certificazione Etica e Ambientale. Modera la tavola rotonda Diego Gavagnin di Energia Media.

FONTI:

http://www.feder.bio/agenda.php?nid=1055

http://www.feder.bio/files/1775.pdf

 

Aflatossine, il riscaldamento globale mette a rischio le coltivazioni di mais

Una recente ricerca condotta dal Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche), dall’Ispa (Istituti di scienze delle produzioni alimentari) e dall’Ibimet (Istituto di Biometeorologia), mette in guardia agricoltori e consumatori sugli effetti del riscaldamento globale sulla produzione cerealicola europea, in particolare del mais.

A destare preoccupazione è il rischio di contaminazione da aflatossine, che aumenterebbe a causa del costante innalzamento delle temperature. Le aflatossine sono delle micotossine presenti soprattutto nei cereali (mais, frumento, riso, etc.) e nei loro derivati, ma anche nei semi di arachidi e girasole, nella frutta secca e in legumi, spezie, caffè e cacao. Alcuni tipi di aflatossine (B1, B2, G1, G2) e i loro derivati metabolici (M1, M2) possono avere un’azione tossica, mutagena e cancerogena sul fegato e interferire con le risposte del sistema immunitario umano. La più pericolosa è la B1.

A causa del riscaldamento globale, “l’Aspergillus flavus, il fungo responsabile della produzione di aflatossine, si trova nelle condizioni ideali per prosperare“, spiega Antonio Moretti (Ispa-Cnr), in un’intervista. “Immaginando un aumento della temperatura di due gradi da qui al 2050 l’intero areale produttivo che si affaccia sul Mediterraneo vedrebbe incrementato di oltre il 50% il rischio di contaminazione.

aflatossine

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il più colpito sarebbe il mais“. Al momento dunque l’area più a rischio è la costa del Mediterraneo, ma il riscaldamento globale potrebbe portare a una diffusione dell’Aspegillus anche nell’Europa dell’Est e nel Sud-Est europeo.

Si tratta di un processo già in atto da tempo, come spiega Piero Toscano (Ibimet-Cnr): “In anni recenti, ad esempio nel 2003, 2012 e 2015, le persistenti anomalie termiche del periodo estivo hanno fatto impennare le contaminazioni da aflatossine del mais; la conseguenza è stata una sensibile riduzione dei raccolti e l’impossibilità di utilizzarli per l’alimentazione umana e animale”.

Per contrastare la diffusione di questo pericoloso fungo, che prospera nei climi secchi e caldi, bisogna immediatamente limitare l’innalzamento della temperatura globale. In secondo luogo, suggerisce Moretti, occorre “diffondere le migliori pratiche agronomiche. Lo strumento più promettente per la lotta alle aflatossine è l’uso di popolazioni di Aspergillus flavus non tossigene per contrastare quelle che producono micotossine“.

Non basta quindi il recente accordo di Parigi sul contenimento delle temperature globali fino a un massimo di +1,5°C: “Se da punto di vista politico l’accordo ha rappresentato un successo, altrettanto non può dirsi per l’emergenza tossine: a tale livello di riscaldamento, infatti, corrisponderebbe un aumento molto significativo di aflatossina B1”, conclude Toscano.

FONTI:

http://agronotizie.imagelinenetwork.com/difesa-e-diserbo/2016/07/29/aflatossine-coi-cambiamenti-climatici-mais-a-rischio/49720

http://www.cnr.it/sitocnr/almanacco_view.html?id=525

http://www.treccani.it/enciclopedia/aflatossina_%28Dizionario-di-Medicina%29/

Agricoltura biologica: unica strada contro i cambiamenti climatici

L’agricoltura biologica è la soluzione ai cambiamenti climatici. Ne sono fermamente convinti Aiab e FederBio, che riportano alcuni dati di uno studio pubblicato nel 2013 e diretto da Andreas Gattinger (FiBL – Istituto di ricerca per l’agricoltura biologica). Secondo lo studio, infatti, se tutte le superfici agricole fossero coltivate con metodi biologici, le emissioni di CO2 potrebbero ridursi del 23% in Europa e del 36% negli Usa.

Una provocazione, e al tempo stesso una proposta, che arriva mentre gli occhi di tutto il mondo sono puntati sulla COP21 di Parigi.

Che agricoltura e allevamenti intensivi generino un forte impatto nocivo sull’ambiente è ormai cosa risaputa. In questi giorni, ad esempio, l’Enpa ha distribuito a tutti i nostri deputati un documento ricco di autorevoli riferimenti scientifici che evidenzia come il 20% dei gas serra provenga proprio dagli allevamenti intensivi. E le coltivazioni non sono da meno. Ma scegliere il tipo giusto di agricoltura potrebbe ridimensionare il problema.

Lo studio diretto da Gattinger ha esaminato i risultati di 74 indagini internazionali che hanno messo a confronto gli effetti sul terreno delle coltivazioni biologiche e di quelle convenzionali. L’analisi ha portato alla conclusione che l’agricoltura biologica permette di fissare nel terreno quantità di carbonio significativamente superiori, offrendo un importante contributo per frenare il riscaldamento globale. Coltivare biologico corrisponderebbe a circa il 13% della riduzione complessiva di CO2 necessaria per raggiungere gli obiettivi climatici fissati per il 2030.

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Ma non è tutto. Un altro studio comparso sulla rivista Critical reviews in plant sciences, e realizzato dai ricercatori del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova in collaborazione con l’Università di Cornell, conferma che i terreni coltivati con metodo biologico hanno una maggiore capacità di stoccaggio di CO2 e al tempo stesso trattengono acqua, generando un miglior rendimento in caso di siccità.

Le tecniche agricole sostenibili garantiscono non solo un’attività produttiva duratura, ma accrescono la fertilità dei suoli, salvaguardano la biodiversità. Accrescere il tasso di sostanza organica nel terreno, inoltre, rappresenta il più importante sistema di assorbimento di carbonio sul nostro pianeta.

Promuovere metodi di coltivazione sostenibili non è solo una possibilità è un’esigenza.

Paolo Carnemolla, Presidente di FederBio afferma: “Come abbiamo dimostrato con la Carta del Bio in EXPO, il modello agricolo e alimentare biologico è la risposta più efficace alle sfide del futuro in quanto capace di conciliare la tutela dell’ambiente, la salute e la nutrizione adeguata della popolazione con un’economia rurale equa e migliore. Questo anche perché le tecniche di agricoltura e allevamento biologico possono concretamente contribuire alla lotta al cambiamento climatico“.

Il modello biologico, dunque, è l’unico in grado di salvare il pianeta dai cambiamenti climatici. Per poter abbracciare il cambiamento, però, è necessario l’intervento delle forze politiche in gioco, affinché diano il sostegno economico che necessita e una normativa seria e rigorosa che non dia più voce a nessuna ambiguità.

Fonti:

http://www.adnkronos.com/sostenibilita/world-in-progress/2015/11/30/clima-soluzione-bio-con-agricoltura-naturale-solo-usa_3zytgXenGcUsWY6b3WTgKO.html?refresh_ce

http://www.askanews.it/cop-21/clima-cia-cop21-valorizzi-ruolo-agricoltura-anti-effetto-serra_711676626.htm

http://www.repubblica.it/ambiente/2015/11/27/news/pericoli_industria_carne-128274534/