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DAL GREEN DEAL AL FARMERS DEAL

DAL GREEN DEAL AL FARMERS DEAL

Ripensamento della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen sul piano di transizione ecologica lanciato da Bruxelles solo tre anni fa. Obiettivo del 25% di biologico in Europa a rischio?

Nel discorso sullo Stato dell’Unione pronunciato la settimana scorsa la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha dedicato ampio spazio all’impegno di sostenibilità dell’agricoltura.

Il dialogo “strategico”

Preannunciando però un maggiore “dialogo strategico” che porti a un ripensamento del Green Deal.

«Troppe volte gli agricoltori sono stati incolpati del cambiamento climatico, mentre sono i custodi della terra e le prime vittime del cambiamento climatico». Sulle pagine de L’Informatore Agrario Angelo di Mambro, inviato a Bruxelles, riporta l’obiettivo di un nuovo vero Farmers deal annunciato dalla presidente lo scorso 19 settembre in occasione della conferenza del Ppe, Partito popolare europeo sul futuro dell’agricoltura.

Una ricetta con due ingredienti

«Dobbiamo guardare in faccia –  ha detto – le sfide dell’agricoltura, ma per farlo abbiamo bisogno di una cooperazione più stretta con il settore e questo sarà essenziale per la nuova fase del Green Deal». La ricetta della presidente si basa  sull’utilizzo dei dati e delle infrastrutture digitali per aumentare la sostenibilità del settore primario e sulle nuove tecniche di modifica del DNA delle piante, ovvero le NGT, new genomic technique, per «aiutare i giovani a portare innovazione nel settore agricolo».

Un ripensamento che, si spera, non porti al sacrificio degli obiettivi della Farm to Fork Strategy, soprattutto riguardo al 25% di superficie agraria europea biologica da raggiungere entro il 2030.

 

ADELANTE BIO!

ADELANTE BIO!

A Cordova dal 26 al 28 settembre va in scena la 17a European Organic Congress in un momento decisivo per le sorti del Green deal e della strategia Farm to Fork europea. Suolo e Salute è al fianco di Ifoam Organics Europe: D’Elia: «Il biologico può ritrovare tutto l’entusiasmo e le motivazioni delle origini puntando sul ricambio generazionale, sul “giusto prezzo” dei prodotti e sui punti di forza del settore come la certificazione»

Adelante bio! Dal 26 al 28 settembre la città andalusa di Cordova ospiterà l’evento più importante per il settore biologico del Vecchio Continente, ovvero la 17a edizione dell’European Organic Congress (EOC23https://www.europeanorganiccongress.bio/programmeeoc/). Un appuntamento organizzato da IFOAM Organics Europe, l’associazione ombrello per gli alimenti e l’agricoltura biologica in Europa e da Ecovalia, l’associazione professionale spagnola dell’agricoltura biologica.

L’ultimo semestre dell’attuale legislatura Ue

Un evento che assume un forte significato istituzionale, visto che si svolge nel contesto del semestre di presidenza spagnola del Consiglio dell’Unione Europea che conclude di fatto una legislatura europea capace di portare la transizione ecologica e il ruolo del bio al centro dell’agenda politica.

Suolo e Salute, come nella precedente edizione di Bordeaux, è ancora una volta al fianco di IFOAM Organics Europe e sostiene l’iniziativa con la sua silver sponsorship.

Transizione necessaria

«La conferenza – ha detto Jan Plagge, presidente di IFOAM Organics Europe in occasione della sua recente rielezione – arriva in un momento difficile per il bio, perché la riduzione dei pesticidi e della protezione della biodiversità sono diventati temi altamente politicizzati e polarizzanti e molti produttori biologici si trovano ad affrontare una difficile situazione di mercato». «Tuttavia, la transizione del nostro sistema alimentare è più necessaria che mai e l’agricoltura biologica rimane uno strumento politico cruciale per rendere più verde la nostra agricoltura e rivitalizzare le aree rurali in Europa».

«A Cordova – ha continuato il presidente – il movimento biologico si riunisce quindi per testimoniare il proprio sostegno al Green Deal e alla strategia Farm to Fork. Occorre infatti salvaguardare la possibilità di un approccio olistico all’innovazione, per allontanarsi da quel modello di agricoltura intensiva ad alto input che si sta riaffacciando con l’illusione delle Nuove Tecniche Genomiche (NGT)».

L’entusiasmo delle origini

«Sulle rive del Guadalquivir – aggiunge Alessandro D’Elia, direttore generale di Suolo e Salute – il biologico europeo può ritrovare tutto il suo entusiasmo e riaccendere le sue forti motivazioni partendo dalla valorizzazione dei punti di forza come la certificazione, che permettono di differenziarsi e di riemergere dalla palude del greenwashing». «Alcuni dei temi messi al centro della conferenza che si terrà al Palazzo dei Congressi del capoluogo andaluso – continua D’Elia – come distribuzione, promozione, innovazione e soprattutto ricambio generazionale sono decisivi per dare nuovo slancio al settore. Inoltre è fondamentale rivedere completamente la logica del mercato dei prodotti biologici, partendo dalla corretta distribuzione del valore lungo la filiera produttiva: il nuovo paradigma per rilanciare il settore dovrà essere il “giusto prezzo” riconosciuto agli agricoltori biologici e il “giusto prezzo” per i consumatori».

Il programma

Nel corso dell’evento (leggi qui il programma) saranno affrontati gli argomenti più caldi del biologico attraverso il confronto tra istituzioni, produttori e tutti i rappresentati della filiera bio. Verranno tracciate le proiezioni di mercato e le soluzioni per aumentare in maniera armonica la domanda bio in Europa.  Verrà fatto il punto sull’impatto della nuova PAC 2023-2027 e non mancheremo le tavole rotonde sulla regolamentazione del biologico, sull’innovazione e sulla certificazione biologica.

L’identikit di IFOAM Organics Europe

 

IFOAM Organics Europe, con quasi 200 membri in 34 paesi europei, è l’organizzazione europea per gli alimenti e l’agricoltura biologica. Da 20 anni rappresenta il biologico nel processo decisionale europeo e a sostiene le politiche di sviluppo e promozione dei prodotti biologici. Nel 2022 ha compiuto 20 anni, mentre le candeline di IFOAM – Organics International sono già arrivate a 50.

I PROGRESSI EUROPEI NELLO SVILUPPO SOSTENIBILE

I PROGRESSI EUROPEI NELLO SVILUPPO SOSTENIBILE

Il resoconto di Eurostat sui progressi del Vecchio Continente  riguardo ai 17 obiettivi del millennio tracciati dall’Onu. Gentiloni (Commissario all’economia): «Ulteriori grandi progressi sono attesi con la progressiva implementazione del Green deal da parte degli Stati membri e dall’obiettivo del 25% di Sau bio»

Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione europea, ha pubblicato il documento “Sustainable development in the European Union – Monitoring report on progress towards the Sdgs in the Eu context, 2023 edition” (Sviluppo sostenibile nell’Unione europea – relazione di monitoraggio sui progressi verso gli Sdgs nel contesto dell’Ue, edizione 2023).

I 17 Millennium Goals

Il rapporto fornisce una panoramica statistica dei progressi verso i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdgs) nell’Ue, evidenziando che negli ultimi cinque anni «l’Unione europea ha compiuto progressi nella maggior parte degli obiettivi, in linea con le priorità della Commissione in settori chiave come il Green deal (patto verde per l’Europa), l’ottavo programma d’azione per l’ambiente e il piano d’azione sul quadro europeo dei diritti sociali».

Il vecchio continente avrebbe compiuto forti progressi su molti obiettivi socio-economici, mentre si prevedono ulteriori miglioramenti in campo ambientale, man mano che gli stati membri attuano gli ambiziosi obiettivi del Green deal, tra cui quello di arrivare al 25% di agricoltura bio.

«Per la prima volta – rileva Eurostat -, il rapporto analizza l’impatto a breve termine delle crisi attuali sugli Sdgs. Tra queste, la crisi energetica nel contesto della guerra della Russia contro l’Ucraina e le scosse della pandemia».

Le attese riguardo al Green deal

A tale proposito, il commissario all’economia Paolo Gentiloni ha dichiarato che «l’economia europea ha dimostrato una notevole capacità di recupero dopo la crisi degli ultimi tre anni». «Tuttavia, dobbiamo continuare ad affrontare le sfide strutturali, confermando il nostro impegno per la transizione ecologica e digitale». «Gli obiettivi di sviluppo sostenibile restano la nostra bussola in questi sforzi collettivi. Il rapporto fornisce dati affidabili che ci permettono di monitorare i progressi verso i nostri obiettivi a medio termine».

 

 

PRODUZIONE INTEGRATA, LA CERTIFICAZIONE  FA LA DIFFERENZA

PRODUZIONE INTEGRATA, LA CERTIFICAZIONE FA LA DIFFERENZA

Doppia intervista del direttore generale di Suolo e Salute Alessandro D’Elia e a Matteo Grillenzoni, responsabile dello schema di certificazione Sqnpi per Suolo e Salute sui Sistemi di qualità sul settimanale Terra e Vita. «Con il sistema Sqnpi la produzione integrata impara del biologico e si evolve»

Obbligo di adesione al sistema Sqnpi. È la novità più incisiva dell’intervento “Sra01 Aca01” (l’ex misura di produzione integrata) all’interno dei nuovi complementi regionali allo Sviluppo rurale.

Un’evoluzione che secondo Alessandro D’Elia, intervistato dal settimanale Terra e Vita, può garantire un doppio vantaggio alla produzione integrata volontaria. Rivalutata oggi dall’inserimento in un sistema di qualità tutelato e promosso a livello nazionale. Un’esigenza pressante per uno schema di produzione che ha avuto difficoltà a comunicare al mercato i propri plus dopo che il piano d’azione per gli usi sostenibili degli agrofarmaci ha reso obbligatoria la produzione integrata “base”. E finalmente valorizzata e tutelata dall’inserimento in uno schema nazionale di certificazione.

Gli obiettivi del Green deal

È questa l’opzione che fa la differenza?

«La sostenibilità ambientale – risponde D’Elia– è oggi al centro della nuova politica agricola comune perché il ruolo del comparto agroalimentare è decisivo per raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica e transizione ecologica fissati dal Green deal». «Si tratta di un elemento diventato decisivo per la valutazione della qualità del nostro cibo, ma non è un attributo evidente».

«Va gestito e comunicato con rigore perché la sostenibilità si basa sulla fiducia dei consumatori e la certificazione da parte di un organismo terzo garantisce la coerenza tra le indicazioni dei disciplinari, le azioni dei produttori e le esigenze dei consumatori».

Due filosofie produttive diverse

In questo modo l’integrato assomiglia sempre di più al biologico?

«L’agricoltura biologica fa parte del nostro DNA. Il nostro ente di certificazione è nato dall’evoluzione dell’associazione Suolo e Salute che, a partire dal 1969, è stata tra i precursori di questo metodo di produzione». «Siamo leader nella certificazione del biologico in Italia ma stiamo crescendo anche nel sistema Sqnpi». «Se l’obiettivo della sostenibilità è comune, le strade per arrivarci sono diverse, ma le due filosofie produttive non sono in competizione. Ma è innegabile che il modello di agricoltura biologica, così come codificato e normato dalla Ue e dagli Stati membri, è quello che presta più attenzione alla sostenibilità ambientale e sociale e alla qualità dei prodotti alimentari». «Per molte aziende agricole la produzione integrata è poi spesso l’anticamera per passare con maggiore convinzione al metodo biologico».

Come si certifica la produzione integrata?

«Il sistema Sqnpi prevede un doppio livello di controllo per dimostrare l’applicazione dei disciplinari di produzione integrata regionali, che sono il documento tecnico di riferimento, nelle fasi di produzione agricola, trasformazione, confezionamento ed identificazione del prodotto finito attraverso il segno distintivo “Qualità sostenibile”».

«I due livelli sono l’autocontrollo aziendale, che prevede la possibilità di verificare i requisiti di conformità da parte degli operatori inseriti nel Sqnpi per le attività svolte presso i propri siti produttivi. E poi il vero controllo da parte degli organismi di certificazione appositamente autorizzati dal Masaf».

 

I controlli

«I sostegni dell’intervento Sra01 Aca01 – spiega Matteo Grillenzoni, responsabile dello schema di certificazione Sqnpi per Suolo e Salute – sono vincolati all’osservanza di alcuni impegni riguardo alle lavorazioni del terreno, con obbligo in alcuni casi di semina su sodo o minima lavorazione, avvicendamento colturale, irrigazione e fertilizzazione».

«Il controllo viene effettuato sul 100% degli operatori aderenti in forma singola e occorre mettere a disposizione documenti come la registrazioni delle operazioni colturali, i risultati delle analisi del suolo obbligatorie per la gestione delle fertilizzazioni ecc.».

La fase più “calda” è però quella relativa ai trattamenti fitosanitari?

«Certo, è in questo caso occorre essere in grado di giustificare i trattamenti sulla base dei monitoraggi delle fitopatie o delle soglie di intervento vincolanti o dei criteri di prevenzione riportati nei disciplinari in modo da limitare il numero dei trattamenti. Utilizzando solo le sostanze attive ammesse dai DPI per ciascuna coltura».

«Ma anche di dimostrare l’avvenuta taratura delle macchine irroratrici nei centri prova autorizzati e la loro regolazione strumentale in sede aziendale». «Controlli che non sono solo documentali ma basati sulla competenza ed esperienza degli ispettori».

COOPERATIVE SEMPRE PIÙ BIO

COOPERATIVE SEMPRE PIÙ BIO

Biologico sempre più strategico nelle cooperative agroalimentari: vale quasi 3 miliardi di euro e una struttura su 4 è certificata. I dati diffusi da Alleanza delle Cooperative agroalimentari a margine della press dinner “A cena con il biologico cooperativo”

È in crescita la quota di fatturato biologico nel sistema cooperativo agroalimentare. «Nel corso del 2021 il giro d’affari complessivo ha superato i 2,8 miliardi di euro, con una quota pari a oltre il 30% del valore complessivo del mercato biologico che secondo gli ultimi dati di Ismea è stimato in circa 8 miliardi di euro, tra mercato interno ed export».

Sono alcuni dei dati resi noti a margine della press dinner “A cena con il biologico cooperativo”, un’iniziativa organizzata a Roma da Alleanza cooperative agroalimentari.

I numeri

Carlo Piccinini, presidente di Alleanza Coop e Francesco Torriani, coordinatore del settore biologico hanno messo in luce che «più di una cooperativa su quattro delle 4.300 aderenti ad Alleanza produce biologico». Su 4.000 cooperative aderenti sono oltre 700 le aziende registrati come operatori biologico nel sistema informativo agricolo nazionale (Sian)».

«Secondo un’indagine interna – aggiunge Torriani – realizzata dall’alleanza cooperative, il 23% delle cooperative attive certificate sono biologiche al 100%, mentre in 3 su 10 la quota di produzione bio supera il 50% del totale».

Il “sentiment” degli operatori

L’indagine congiunturale realizzata nel mese di febbraio ha inoltre evidenziato come il clima di mercato nel segmento biologico sia di segno positivo: «nonostante il clima di profonda incertezza, la forte crescita dei prezzi delle materie prime, l’inflazione e le crisi geopolitiche si segnala un saldo positivo nei giudizi dei cooperatori».

Secondo il 30% delle cooperative biologiche interpellate, la domanda di prodotti biologici tenderà ad aumentare rispetto allo scorso anno, sarà invece tendenzialmente stazionaria per il 51%. per il 26% del campione anche il fatturato è previsto in crescita, peraltro non sostenuto dall’aumento dei prezzi di vendita.

Gli obiettivi del Green deal

«La crescita della cooperazione nel settore biologico – commenta Torriani – è una buona notizia. Quello tra cooperazione e biologico è un binomio virtuoso per lo sviluppo della nostra agricoltura, in coerenza con gli obiettivi della nuova politica agricola e del green deal europeo».

CON L’AVVIO DEL GREEN DEAL IL PROGETTO CORE ORGANIC ENTRA IN UNA NUOVA FASE

CON L’AVVIO DEL GREEN DEAL IL PROGETTO CORE ORGANIC ENTRA IN UNA NUOVA FASE

Core Organic è un sistema di ricerca transnazionale attivo da 18 anni e sostenuto dall’Unione europea in favore del biologico. Appena terminato il progetto CORE Organic Cofund coordinato dall’Università di Aarhus in Danimarca, è partita a fine settembre la nuova esperienza di CORE Organic Pleiades che coinvolge 33 istituzioni europee tra cui i nostri ministeri dell’Università e dell’agricoltura.  Obiettivi: favorire i target bio del Green Deal e dare il via ad un partenariato europeo sull’agroecologia

Coltivare la ricerca transnazionale in agricoltura biologica. È l’obiettivo di CORE Organic (Coordination of European Transnational Research in Organic Food and Farming Systems) un consorzio di istituzioni e centri di ricerca nazionali europei che si è formato nel 2004.

«L’agricoltura biologica – spiega Ivana Trkulja, coordinatore biologico presso l’International Center for Research in Organic Food Systems (Icrofs) dell’Università danese di Aarhus – è uno dei percorsi meglio definiti di produzione alimentare sostenibile». «Ma per usufruire in pieno dei benefici di questo modello virtuoso di produzione, occorre implementarlo su larga scala. Quello a cui mira CORE Organic è quindi la costruzione, assieme alle realtà aziendali, di un vero e proprio ecosistema di agricoltura biologica di dimensione continentale». Il progetto è passato attraverso diverse fasi di programmazione: CORE Organic I (2004-2007), CORE Organic II (2010-2013), CORE Organic Plus (2013-2018) e CORE organic Cofund (2016-2022), concluso lo scorso maggio e CORE Organic Pleiades, partito in settembre e che arriverà fino al 2026.

Una rete virtuosa di collaborazioni

«Unendo le forze – continua Trkulja – tra organizzazioni e Stati membri, siamo in grado di sostenere meglio i progetti di ricerca transnazionali che affrontano alcune delle sfide più importanti lungo la catena del valore del biologico». Negli ultimi 18 anni il programma ha infatti lanciato otto bandi transnazionali di ricerca e ha fornito finanziamenti per 61,9 milioni di euro a 62 progetti di ricerca. Questi inviti hanno coinvolto ricercatori di tutti i paesi partner toccando argomenti di agroecologia per migliorare i sistemi di coltivazione e di allevamento degli animali, sviluppando filiere di economia circolare e a zero rifiuti.  «Progetti che hanno dimostrato come il bio sia un fattore chiave per un sistema alimentare sostenibile, resiliente ai cambiamenti climatici e circolare».

I 29 progetti del bando appena concluso

Nel corso della fase CORE Organic Cofund appena conclusa, la rete ha lanciato tre bandi di ricerca transnazionali. Da una collaborazione con SUSFOOD2 Cofund sono stati sviluppati nel 2019 e nel 2021 due ulteriori bando sui sistemi alimentari sostenibili e biologici. Questa fase di cofinanziamento ha coinvolto 29 organizzazioni finanziatrici di 21 Paesi membri che hanno sostenuto 29 progetti.

Tra giugno e novembre si sono tenuti i seminari conclusivi che hanno presentato i risultati su 18 progetti focalizzati su: mutualismo tra rizobia e legumi; Sottoprodotti di semi oleosi come potenziale fonte di antiossidanti e acidi grassi essenziali; Benefici dell’integrazione alimentare di larve vive sul microbiota intestinale dei polli biologici; Prodotti biologici freschi pronti da mangiare (un nuovo metodo di pastorizzazione degli alimenti bio freschi ready to eat); ottimizzazione dei prodotti a base di frutta bio minimamente trasformati; sviluppo di “living lab” per rendere i sistemi alimentari più diversificati e sostenibili; Servizi ecosistemici della produzione di alimenti biologici; l’aggiornamento del database Organic eprints.

La sfida del Green Deal

«Nonostante l’ormai raggiunta maggiore età – evidenzia Trkulja  – siamo ancora solo all’inizio».

Ci sono infatti ancora sfide decisive da affrontare, in particolare con l’ambizioso obiettivo del Green Deal europeo di rendere biologico il 25 % dei terreni agricoli dell’UE entro il 2030.«Per raggiungere questo obiettivo, CORE Organic Pleiades , la fase del programma lanciata nel settembre 2022 nell’ambito del progetto OrganicTargets4EU finanziato dall’UE si concentra completamente sulla comprensione delle implicazioni degli obiettivi di agricoltura biologica del Green Deal». Un nuovo progetto arrivato a interessare 33 unità di ricerca (per l’Italia il ministero dell’Università e quello della sovranità alimentare).

Il pregio della continuità

Nel frattempo, CORE Organic mantiene la sua missione di coordinare gli investimenti di ricerca necessari per facilitare l’ulteriore innovazione nel settore dell’agricoltura biologica. «Il pregio maggiore della rete CORE Organic – conclude la ricercatrice – è stata la continuità. Un elemento che sta garantendo un impatto duraturo e che la comunità della ricerca nel bio sia ben posizionata per affrontare le sfide attuali e quelle emergenti».