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L’ANELLO DEBOLE DEI CONSUMI FUORI CASA PENALIZZA IL BIO

L’ANELLO DEBOLE DEI CONSUMI FUORI CASA PENALIZZA IL BIO

Al Convegno di apertura di B/Open emerge il ruolo marginale di ristoranti, bar e hotel nella crescita del bio. Un sondaggio dell’app The Fork mostra però la forte sensibilità del canale on trade nei confronti della sostenibilità. Il sottosegretario D’Eramo «Il Governo è favorevole ad azioni di promozione che valorizzino questo canale di consumo del bio»

«Sono qui per confermare la grande attenzione del Governo nei confronti del biologico, un comparto che vogliamo sostenere all’interno di un Piano d’azione che stiamo elaborando con il contributo di tutte le associazioni che rappresentano le diverse espressioni di questo settore».

Lo ha chiarito il sottosegretario Luigi D’Eramo in occasione del talk show di apertura di B/Open, la manifestazione dedicata al biologico certificato. L’edizione 2023 si è tenuta alla Fiera di Verona all’interno dei padiglioni dedicati a Sol&Agrifood, in concomitanza con la 55a edizione di Vinitaly.

Sinergie per la sostenibilità a VeronaFiere

Il workshop era dedicato al tema de “La crescita del biologico e i consumi fuori casa: sinergie per la sostenibilità”, con gli interventi di Riccardo Cozzo, presidente di Assocertbio (Associazione degli Organismi di Certificazione del Biologico); Valentina Quattro, Industry Relations Director Italia e Spagna di “TheFork”, la più affermata app di prenotazione di ristoranti; Riccardo Uleri,  amministratore delegato di Longino & Cardenal, affermata società di distribuzione di prodotti agroalimentari  nel canale Ho.RE.Ca.

Nel corso dell’evento hanno portato i loro saluti Sergio Rossi, Chief Executive Officer di Fierecom & Events e Antonella Capriotti, project manager di Veronafiere. Presente anche Alessandro D’Elia, direttore generale di Suolo e Salute.

L’impegno del 25% entro il 2027

D’Eramo ha confermato che il Governo intende rispettare l’ambizioso obiettivo di portare il biologico europeo al 25% di superficie agricola entro il 2027, anticipando così di tre anni la Farm to Fork europea. Ma anche di favorire l’equilibrio tra domanda e offerta, per una crescita armoniosa del mercato del bio, e per questo sta collezionando, con una serie di incontri ufficiali vis a vis, le diverse proposte delle organizzazioni del settore. Tra le quali quella di promuovere i consumi attraverso azioni di promozione nel canale dei consumi fuori casa (ristoranti, bar, hotel).

Lo scarso apporto dell’Horeca

Veniamo infatti da un periodo particolare, che ha messo in evidenza una tendenza contrastante per il bio: quando siamo stati costretti a incrementare i consumi casalinghi a causa del lockdown pandemico, il bio ha manifestato un deciso trend di crescita. Quando è tornato forte il canale on-trade, il bio ha iniziato a rallentare. Come mai? Emerge con tutta evidenza il basso utilizzo di ingredienti biologici nel settore Horeca, eppure il ruolo e la responsabilità di bar e ristoranti riguardo alla diffusione di uno stile di consumo più sostenibile è fondamentale. Con quali strumenti possono essere stimolati?

Secondo Riccardo Uleri la ristorazione è attenta alla sostenibilità ma fatica a trovare ingredienti bio e soprattutto a indicarli nei menù «per non screditare gli altri piatti». Anche la certificazione, secondo Uleri, rappresenterebbe un vincolo a cui la ristorazione preferisce slegarsi per contenere i costi in un periodo di forte crisi inflattiva.

Gli ingredienti bio siano evidenziati nei menù

Argomenti a cui si è fortemente opposto Riccardo Cozzo, che ha ricordato che il settore della ristorazione non è sottoposto al vincolo della certificazione e che l’indicazione nei menù di ingredienti biologici potrebbe costituire un forte elemento di valorizzazione per gli esercizi che facessero uso. Una chance da promuovere e stimolare.

Dello stesso avviso Sergio Rossi, organizzatore di B/Open, che ha ricordato che le stesse obiezioni erano state avanzate, agli esordi del biologico, dal settore della produzione e trasformazione, superati poi dall’evoluzione del mercato.

Ristoratori sensibili alla sostenibilità

In realtà il rapporto tra ristoratori, biologico e sostenibilità è più complesso ed è stato messo in luce dalla survey presentata a Verona da Valentina Quattro di The Fork. Si tratta della piattaforma leader nella prenotazione online dei ristoranti, nata nel 2007 ed entrata nel 2014 nell’orbita di Tripadvisors detiene l’esclusività delle prenotazioni dei ristoranti stellati Michelin e oggi è presente in 12 paesi.

Dal sondaggio “Dalla terra alla forchetta” su un campione di 2.465 ristoratori e utenti in tutta Italia, realizzato nel mese di marzo, è emerso il forte approccio alla sostenibilità sia sul lato B2B che B2C.

In particolare:

  • l’86% dei ristoranti ha fatto scelte attente alla sostenibilità negli ultimi 2 anni;
  • l’85% dei ristoranti utilizza più del 25% di materie prime di provenienza locale,
  • il 65% propone almeno un pasto vegetariano;
  • il 22% a km zero;
  • solo il 2% mette in evidenza il bio;
  • anche se la maggior parte (46%) dichiara di acquistare più del 20% di prodotti con certificazione biologica (il  67% lo fa per la qualità; il 44% per la filosofia del ristorante);
  • Per il 61% dei ristoratori inflazione e aumento dei costi non hanno contribuito positivamente alla sostenibilità;
  • il 37% dichiara invece di spende il 10% in meno nei costi di gestione del ristorante dopo esser diventato più ecosostenibile.

Le richieste dei clienti

Sul lato degli utenti:

  • il 56% è propenso a scegliere ristoranti che adottano pratiche sostenibili;
  • l’83% ritiene che la sostenibilità dipenda dalle materie prime utilizzate nei piatti (83%);
  • il 44% dal recupero e riutilizzo del cibo avanzato;
  • il 39% è disposto a premiare i ristoratori attenti all’ambiente;
  • I ristoranti che utilizzano prodotti a km zero sono di gran lunga i più prenotati (64%) seguiti dai ristoranti bio (12%)

 

IMPORTAZIONI DI PRODOTTI AGROALIMENTARI BIOLOGICI: LA COMUNITÀ EUROPEA REGISTRA UN CALO TRA 2019 E 2020

IMPORTAZIONI DI PRODOTTI AGROALIMENTARI BIOLOGICI: LA COMUNITÀ EUROPEA REGISTRA UN CALO TRA 2019 E 2020

Un documento della Commissione Europea dal titolo “Importazioni UE di prodotti agroalimentari biologici”, rivela la diminuzione, seppur leggera, di questo tipo di importazioni, tra l’anno 2019 e l’anno 2020. Sicuramente la situazione pandemica a livello globale ha avuto un ruolo importante negli scambi commerciali nel corso del 2020.

Lo studio è stato pubblicato nel mese di giugno 2021, sul numero 18 di “EU Agrimarket briefs” e mette in evidenza come, sebbene il mercato dell’UE per i prodotti biologici sia cresciuto, le importazioni siano invece scese lievemente.

Nell’anno 2020, l’Unione Europea ha importato circa l’1,9% in meno di prodotti agroalimentari biologici, rispetto all’anno precedente.

Se scendiamo nel dettaglio del tipo di prodotti interessati, vediamo che frutta tropicale, riso, noci e spezie sono saliti nel numero di importazioni a 0,84 milioni di tonnellate, circa il 9% in più; così anche le importazioni di agrumi – aumentate del 31% – assieme a quelle di frutta bio; mentre i quantitativi di verdura e preparati, sono rimasti stabili.

Cereali, farina, zucchero e succhi di frutta biologici hanno registrato invece una diminuzione (nell’anno 2020) e accanto a loro, materie prime come oli vegetali e oleaginose, latte in polvere, burro, caffè in chicchi e cacao, hanno rappresentato in termini di volume, il 48% delle importazioni, mentre in termini di valore il 29%: una decrescita significativa se paragonata alle quantità dell’anno precedente.

Altri prodotti primari come yogurt, miele e alimenti a base di carne, sono di contro, cresciuti nella domanda, arrivando al 42% delle importazioni in termini di volume e al 53% in termini di valore.

Se allarghiamo lo sguardo alle altre nazioni, Paesi Bassi, Germania e Belgio si collocano tra i principali stati che hanno importato il maggior volume di prodotti bio nell’Unione Europea.

Nell’anno 2020 i Paesi Bassi hanno contato il 31% delle importazioni, la Germania il 18%, mentre il Belgio l’11%; si è infine affacciata in coda a questi paesi, la Francia, con una percentuale di importazioni del 10%.

Tra i principali paesi fornitori di prodotti bio per l’UE, compaiono: Ecuador, Repubblica Dominicana, Cina e Ucraina; registrando rispettivamente un volume di prodotti del 12, 9 e 8% (per le ultime due nazioni).

A seguire troviamo Perù, Turchia, India e Colombia, Brasile e Messico, con percentuali di fornitura di prodotti nettamente inferiori, ma che sommate all’azione dei primi quattro paesi extraeuropei, hanno rappresentato nel 2020 il 64% di tutte le importazioni.

Frutti tropicali biologici, noci e spezie sono arrivati maggiormente dall’Ecuador (35%), dalla Repubblica Dominicana (26%) e dal Perù (15%).

Per quanto riguarda le oleaginose, la provenienza include paesi come Cina, India e Ucraina.

Lo zucchero bio invece, ha raggiunto l’Europa dalla Colombia, in altri casi dal Brasile, dall’India o dal Paraguay.

Ultimo non per importanza: il riso biologico, che nel 2020 è “approdato” nell’UE, partendo da territori quali Pakistan (+54%), India (+36%), Thailandia (+23%) e Argentina (+41%) registrando una significativa crescita nel numero di importazioni.  

Fonte: Sinab