Suolo e Salute

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MENSE SCOLASTICHE CON INGREDIENTI LOCALI E BIO A ROMA

MENSE SCOLASTICHE CON INGREDIENTI LOCALI E BIO A ROMA

La società Sodexo lancia il menù “Buono Così” da prodotti bio, tipici e a filiera corta con la collaborazione di esperti dietisti

Arriva nella Capitale “Buono così: Gusto, Benessere, Qualità”. Si tratta di un progetto per le mense realizzato da Sodexo, azienda multinazionale di origine francese, numero uno al mondo nel campo dei servizi di ristorazione e dei servizi alle imprese.

Salute e rispetto dell’ambiente

L’iniziativa mira a garantire agli alunni delle scuole del Municipio I menu buoni e sostenibili attraverso un’accurata selezione delle migliori materie prime, e la predisposizione di menù vari ed equilibrati. «Vogliamo tener conto – afferma Sodexo in un comunicato- delle esigenze di salute e di rispetto dell’ambiente e del territorio con il ricorso a prodotti di stagione che impattino positivamente sull’ambiente, provenienti da produzioni sostenibili».

I numeri

Le scuole interessate dal progetto sono 43, i bambini serviti ogni giorno 8.000. Il 77% dei prodotti utilizzati per creare i menu sono Bio, Dop, Igp, Equo Solidali, a Filiera Corta, provenienti da agricoltura sociale o da territori terremotati.

«Con il nuovo concept “Buono Così”- afferma Piero Pini, direttore regionale scuole, sanità e senior del Centro Sud Italia di Sodexo- ci impegniamo a intensificare ulteriormente il rapporto con i nostri fornitori e produttori, per poter offrire un servizio di qualità attraverso una rete qualificata di operatori». Sodexi si avvale della collaborazione di team di esperti come la “Food Intelligence”, composta da nutrizionisti e tecnologi alimentari, per la progettazione di menu equilibrati e sani, affiancati dall’equipe di dietisti che valorizza e divulga il valore della corretta alimentazione.

TRANSIZIONE ECOLOGICA, IL PIANO STRATEGICO PAC È TROPPO DEBOLE

TRANSIZIONE ECOLOGICA, IL PIANO STRATEGICO PAC È TROPPO DEBOLE

Parte la nuova programmazione della politica agricola comunitaria. L’Italia rispedisce a Bruxelles una nuova versione del documento con le linee d’indirizzo nazionali senza dare seguito alle osservazioni espresse in marzo dalla Commissione Ue. Quattordici associazioni ambientaliste esprimono il loro forte dissenso

L’agricoltura italiana sta entrando nella nuova fase di programmazione della Pac, la Politica agricola comunitaria. La riunione del tavolo di partenariato del 28 settembre ha chiuso la partita del Piano strategico nazionale (PsP), lo strumento che dovrebbe garantire la realizzazione anche in Italia degli obiettivi di transizione ecologica fissati dalle strategie Farm to Fork e Biodiversity del Green deal.

Non recepite le critiche della commissione

La Commissione ha espresso lo scorso marzo numerose osservazioni alla prima versione del piano, ma il nostro Paese ha deciso di ribadire le scelte nazionali già espresse.

Quattordici associazioni ambientaliste e dei consumatori (tra cui Legambiente, Greenpeace, Wwf e Slow food) esprimono un forte dissenso per il documento italiano di programmazione della Pac post 2022.

«È deludente – dichiarano in un comunicato congiunto- e inefficace per una vera transizione ecologica della nostra agricoltura». Le critiche riguardano tutti gli aspetti del Psp, sia riguardo al primo (aiuti diretti) che al secondo pilastro (Sviluppo Rurale). «Le Regioni – scrivono le 14 associazioni – hanno infatti programmato i loro interventi per lo sviluppo rurale senza una vera strategia condivisa per la sostenibilità dell’agricoltura».

La delusione degli ambientalisti

«Questo Piano strategico nazionale – è il commento tranchant – è una vera delusione che completa la pessima riforma della Pac voluta dal Parlamento e dal Consiglio Ue, incapaci di dare risposte concrete alle gravi crisi ambientali che colpiscono la stessa agricoltura e tutela solo gli interessi economici delle potenti corporazioni agricole».

Il bio è l’unica nota positiva

«L’unica novità positiva di questo Psp resta il maggiore investimento nell’agricoltura biologica con la volontà di anticipare al 2027 l’obiettivo del 25% della superficie agricola certificata rispetto all’obiettivo europeo al 2030». Ma il maggiore sostegno al biologico non è ritenuto dal sodalizio ambientalista sufficiente per promuovere la transizione ecologica di tutto il settore primario.

L’OTTIMISMO DELL’AMBIENTALISMO

L’OTTIMISMO DELL’AMBIENTALISMO

Produrre in maniera sostenibile sprecando meno risorse: una semplice formula resa possibile dall’affermarsi di movimenti come quello dell’agricoltura biologic ache stanno rendendo molto più leggero l’ impatto sul nostro Pianeta. Alcune cifre

Fiato alle trombe. La concomitanza della crisi sanitaria da Covid, della crisi geopolitica Ucraina e della crisi energetica per le sanzioni contro la Russia ha dato l’occasione a molti detrattori di mettere in discussione l’efficacia delle azioni intraprese dai movimenti ambientalisti in difesa dell’ambiente e di un’agricoltura pulita. La celebrazione della Giornata della Terra offre l’occasione per un’approfondita analisi. E il risultato fornisce solide basi per confutare il pessimismo dei detrattori.

Più con meno

Negli Stati Uniti, nel suo libro “More From Less” Andrew McAffee del MIT di Boston ammette che grazie alla maggiore attenzione all’ambiente abbiamo imparatoa camminare più alla leggera sul pianeta.

Negli anni ’70 previsioni come quelle di Pete Gunter, un professore universitario del Texas, stimavano che entro l’anno 2000 «il mondo intero, ad eccezione dell’Europa occidentale, del Nord America e dell’Australia, sarà in carestia». A quel tempo, infatti, il 34% dei Paesi in via di sviluppo era denutrito. Ora la percentuale è scesa al 13%,  nonostante la popolazione mondiale sia raddoppiata. Cosa è successo? Secondo McAffee, invece di abbandonare la crescita economica abbiamo fatto qualcosa di più profondo: la crescita economica disaccoppiata dall’uso delle risorse grazie all’attenzione al produrre meglio, ma con meno.

Quattro progressi nel Regno Unito

Un’analisi che non vale solo agli States, ma può essere applicata anche all’Europa. Mary Wakefiels, editorialista del settimanale inglese The Spectator ci ha provato con la realtà economica del suo Paese (con considerazioni applicabili anche all’Italia), scoprendo che le cose dal punto di vista ambientale vanno bene o per lo meno stanno decisamente migliorando:

  1. Crollo dell’inquinamento atmosferico nel Regno Unito. L’aria è più pulita oggi che mai dall’era preindustriale. Il peggior inquinante, il biossido di zolfo, è diminuito del 98% dalla Giornata della Terra del 1970. I PM (particolato inquinante, ovvero NO2, PM2,5 e PM10) sono in calo dell’80%. Un effetto legato alla Maggiore attenzione ambientale (ma anche alla Maggiore delocalizzazione in Cina);
  2. Agricoltura più sostenibile. L’utilizzo di mezzi tecnici è stato notevolmente contenuto. Fertilizzanti come il nitrato ammonico, ad esempio, costituivano un grosso problema, potendo inquinare I fiumi attraverso le percolazioni. Il suo utilizzo ha raggiunto il picco negli anni ’80 e da allora la quantità totale di azoto immesso nei campi è diminuita del 39% e quella di fosfato addirittura del 66%. Nel complesso la produttività agricola inglese è rimasta più o meno costante e anzi la produzione agricola complessiva è in realtà aumentata del 5%;
  3. Minori consumi energetici. Il consumo annuo di energia nel Regno Unito è diminuito del 31% dal 2001 e l’economia del Regno Unito è cresciuta del 33% nello stesso periodo di tempo. Questo è un classico esempio di disaccoppiamento: si fa di più ma con molta meno energia tanto che il consumo interno totale di energia primaria è sceso dall’equivalente di 236 milioni di tonnellate di petrolio equivalente nel 2001 a 191 milioni di tonnellate nel 2018 (meno 19%);
  4. Minore impronta di carbonio. In Inghilterra e negli altri paesi europei si viaggia meno: il ​​numero di miglia percorse in questo Paese ha raggiunto il picco nel 2002 e da allora è diminuito del 9% con un ulteriore calo post Covid per effetto di innovazioni come il lavoro digitale e nel frattempo le automobili sono diventate più efficienti, macinando più chilometri con meno carburante;

Grazie a questi risutati le emissioni di carbonio procapite , dopo avere raggiunto il picco nel 1973, sono progressivamente scese tanto che oggi in Inghilterra sono al di sotto del livello del 1860.

Un merito da attribuire alla maggiore attenzione dei consumatori che oggi possono scegliere cosa mangiare e cosa fare produrre grazie all’affermazione di movimenti come quello dell’agricoltura biologica.

EARTH OVERSHOOT DAY 2021: SIAMO OSPITI INGOMBRANTI CHE POSSONO (ANCORA) AGIRE

EARTH OVERSHOOT DAY 2021: SIAMO OSPITI INGOMBRANTI CHE POSSONO (ANCORA) AGIRE

Siamo ospiti, recita il titolo di una canzone contemporanea, ma se potessimo aggiungere un aggettivo che qualifica il nostro modo di esserlo, sarebbe ingombranti.

Siamo ospiti ingombranti che il 29 luglio hanno già esaurito le risorse biologiche che gli ecosistemi del pianeta possono rinnovare nell’arco dell’intero anno.

Ad annunciarlo è la consigliera Susan Aitken, leader del consiglio comunale di Glasgow, portavoce per la Global Footprint Network e per SEPA – Agenzia scozzese per la protezione dell’ambiente.

Siamo già in debito di risorse alimentari, CO2, spazio occupato e di tantissimo altro.

Siamo ospiti bizzarri anche, perché a questa faccenda dell’esaurimento delle risorse, abbiamo dato un nome: Earth Overshoot Day. Letteralmente, Giorno dell’over sfruttamento della Terra.

Nomi che servono, come a ricordare: “che siamo nella morsa di un’emergenza climatica ed ecologica”, sottolinea Susan Aitken.

Ma la storia si ripete, poiché nel 2019 l’Overshoot day era scattato esattamente lo stesso giorno. Come monito questa volta, che due anni e una Pandemia non sono stati sufficienti a contenere il nostro modo di essere ospitati da questo pianeta, o addirittura comprendere, che non ne siamo i padroni.

Nel 2020 infatti, la biocapacità forestale complessiva è calata dello 0,5%.
4,2 milioni di ettari di foresta primaria tropicale umida – cruciale per la custodia della biodiversità –, sono andati distrutti. Foresta diffusa prevalentemente in Brasile e nella Repubblica Democratica del Congo.

La ripresa delle attività economiche principali nel 2021, ha comportato un aumento delle emissioni di CO2 legate al consumo di energia, quasi del 5%; si rende sempre più necessario il contenimento del carbone, combustibile fossile di grande impatto (40%) nel contributo alle emissioni di CO2.

Alcune varianti attuali rispetto al 2019, causate dalla Pandemia ancora presente, sono: la riduzione delle emissioni legate ai voli soprattutto internazionali (33% in meno) e più in generale, ai trasporti di tipo stradale (5 % in meno).

Se proviamo a stilare una classifica dei paesi “più ingombranti”, ovvero quelli che consumano maggiormente su questo pianeta: in pole position troviamo gli Stati Uniti, che hanno esaurito le risorse annue già il 14 marzo 2021. Lo seguono Australia, Corea del Sud, Russia e Italia.

Secondo un calcolo effettuato, servirebbero ben 1,7 pianeti per soddisfare la voracità con cui gli esseri umani consumano risorse primarie all’interno dell’universo.

Di contro, esistono paesi che riescono in qualche modo a contenere i consumi: tra questi spicca la Colombia, Cuba e il Nicaragua. Una concentrazione di stati del centro e sud America, che con i suoi dati, contribuisce all’emersione del divario delle modalità di utilizzo delle risorse e del procedere delle economie dei paesi.

E a proposito di dialogo tra differenti modelli, forte è l’attesa per la Conferenza delle Parti sul cambiamento climaticoCop 26, appuntamento in programma a Glasgow, atteso come momento di occasione prezioso per la finalizzazione di un’azione collettiva contro i cambiamenti climatici.

In quest’ottica, il 29 luglio, ha visto il lancio della campagna dal titolo “100 days of possibility”.

L’iniziativa prevede la pubblicazione, sul sito dell’Earth Overshoot day, di una soluzione concreta al giorno per invertire la rotta del sovrasfruttamento delle risorse.

L’obiettivo è ritardare così, la data dell’overshoot – annualmente registrata, a mo’ di campanello d’allarme del nostro modo di “consumare” il pianeta -.

Azioni tangibili dunque, per prevenire fenomeni frequenti come lo spreco alimentare. Piccole grandi iniziative rivoluzionarie, quali la produzione di cemento low carbon, la promozione dell’ecoturismo, una rivisitata gestione dei gas refrigeranti.

Siamo ospiti agenti, che possono farsi trovare preparati. Determinante, sarà la velocità d’organizzazione che dimostreremo da questo momento in poi.

 

Fonte: Lifegate

NUOVA PAC: RAGGIUNTO L’ACCORDO PROVVISORIO, EMERGE LO SCONTENTO DI AMBIENTALISTI E AGRICOLTORI BIOLOGICI

NUOVA PAC: RAGGIUNTO L’ACCORDO PROVVISORIO, EMERGE LO SCONTENTO DI AMBIENTALISTI E AGRICOLTORI BIOLOGICI

Sono contrastanti le reazioni generate dall’esito dell’intesa per la formulazione della nuova PAC europea, che andrà in vigore nel 2023.

L’accordo, non ancora definitivo, è stato raggiunto per collaborazione della Commissione, del Consiglio e del Parlamento europeo. Parlamento, che dovrà accordare una conferma finale affinché l’intesa diventi ufficiale.

Il Ministro italiano delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli, ha espresso sostegno e soddisfazione, rispetto agli esiti e ad alcune conquiste realizzate all’interno della nuova PAC; dello stesso parere si è manifestata Julia Klöckner, ministra tedesca, condividendo il sicuro apporto di miglioramento, da parte dei nuovi standard raggiunti in tema ambientale, all’interno dell’accordo.

Meno entusiasta è stato il fronte ambientalista, che sottolinea una distanza minima della nuova proposta di PAC, rispetto ai modelli precedenti, su temi cruciali quali: le facilitazioni destinate all’agricoltura intensiva a discapito delle piccole realtà, che tentano un’impronta agricola sostenibile, portata avanti a fatica.

L’accordo non rende giustizia all’urgente necessità di agire nella crisi ecologica e in agricoltura, afferma il Presidente dell’organizzazione per la conversazione della natura, J.A.Krüger.

Sono di idea similare, gli europarlamentari Verdi, speranzosi in un marcia indietro del Parlamento, rispetto all’ok finale sull’accordo. Questi denunciano uno slegamento tra il perseguimento degli obiettivi del Green Deal e un terzo del bilancio dell’UE della nuova PAC, per quanto riguarda il minor uso di pesticidi, la tutela della biodiversità e altre misure necessarie.

Già a partire dalla creazione degli Ecoschemi, l’architettura verde della nuova PAC si rivela un’operazione di greenwashing: in cui le azioni green legate alla protezione dell’ambiente, vengono snaturate nei contenuti e marginalizzate, sottolinea Eleonora Evi, parte del gruppo dei Verdi.

A proposito degli Ecoschemi, gli agricoltori biologici denunciano l’impossibilità per la loro attività di accedere a tutte le tipologie previste, come invece accade per le altre aziende agricole.

Inoltre, la natura volontaria degli ultimi regolamenti biologici introdotti, fa sì che la loro applicazione, sia determinata dal modo in cui, gli Stati membri, definiranno le misure dei regolamenti a livello nazionale.

 

Fonte: Cambia la terra

LA TERRA SANA AL CENTRO, UNA PIANIFICAZIONE A PARTIRE DALLA GIORNATA PER LA LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE E ALLA SICCITÀ

LA TERRA SANA AL CENTRO, UNA PIANIFICAZIONE A PARTIRE DALLA GIORNATA PER LA LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE E ALLA SICCITÀ

Con l’intento di rispondere alla domanda sempre più incalzante di cibo, beni materiali, abitazioni e strade su cui costruire, l’essere umano ha finito per trasformare in qualcosa di molto diverso dalla natura originaria, quasi tre quarti della superficie terrestre.

A ricordarlo è il segretario generale dell’Onu, António Guterres, in occasione del 17 giugno, giornata scelta per onorare la Lotta alla desertificazione e alla siccità nel mondo.

“Dobbiamo fare pace con la natura  a partire da oggi, in cui mettiamo la terra sana al centro della nostra pianificazione”, è questo il messaggio fondamentale di Guterres, che racconta come sia il degrado del suolo, causato dall’agricoltura intensiva  e dall’espansione delle città, a minare il benessere di 3,2 miliardi di persone nel mondo e a favorire l’insorgere delle zoonosi: quelle malattie che passano dagli animali all’uomo e che tanto ci stanno condizionando; provocate soprattutto dall’alterazione della biodiversità originaria.

Fenomeni come desertificazione e siccità aumentano anche la scarsità d’acqua, effetto che potrebbe provocare la migrazione di 135 milioni di persone nel mondo, entro il 2030. Un evento non privo di sollecitazioni di conflitto e di instabilità; per questa ragione, mettere al centro la terra sana per evitare la desertificazione, è un’azione che ha a che fare con la ricostituzione di un assetto di pace oltre che di salvaguardia ambientale del pianeta.

In occasione de l’High level Dialogue on Desertification, Land Degradation and Drought, sono state definite alcune priorità per quello che riguarda il prossimo decennio: tra queste, l’obiettivo di porre fine al fenomeno della deforestazione illegale, affrontare la crisi climatica e rafforzare le soluzioni di recupero dalla pandemia da Covid-19.

L’approccio che sottende la risoluzione di queste problematiche, è quello incentrato sulla terra e sulle risorse territoriali pensate come capitale naturale.

16 trilioni di dollari sono stati finora investiti nei programmi di ripresa dalla pandemia: se la collettività investisse annualmente anche solo un quinto di tale importo, si potrebbero trasformare entro dieci anni le economie globali in economie verdi – che pongano come valore di base, la sostenibilità – , creando 400 milioni di nuovi posti di lavoro green e oltre 10 trilioni di dollari di valore aziendale annuo.

L’abitudine ormai acquisita ad un consumo e a una produzione alterati, va modificata, le conseguenze potrebbero altrimenti condurre ad un aumento della produzione agricola nell’Africa subsahariana e in America centrale e meridionale, in risposta a un incremento della crescente richiesta alimentare.

Ciò comporterebbe 300 milioni di ettari di terra da disboscare entro 30 anni e un declino della biodiversità globale del 6%; un’emissione di 32 gigatoni di carbonio nell’atmosfera e un declino della salute del suolo con conseguenze climatiche importanti.

A sostenere questa visione è il rapporto The global potential for land restoration: Scenarios for the Global Land Outlook 2”, realizzato dalla PBL Netherlands Environmental Assessment Agency, che tuttavia fornisce un piano di risoluzione e recupero.

Il rapporto sottolinea infatti che un miglioramento della gestione del territorio consentirebbe il ripristino di più di 5 miliardi di ettari di terreno; questa operazione condurrebbe a un aumento del 9% dei raccolti, a una buona capacità di ritenzione idrica del suolo e a una riduzione importante di rilascio di gas serra e maggiore stoccaggio del carbonio.

Il piano proposto, potrebbe ridurre la perdita di biodiversità di quasi un terzo, ma la sua realizzabilità potrà verificarsi solo attraverso una incisiva azione e coesione da parte dei principali leader mondiali.

Fonte: Green report