REGIONE MARCHE: L’AGRICOLTURA BIO SARÀ UNO DEI PILASTRI POST PANDEMIA

Aggregare almeno la metà dei coltivatori bio già operativi sul territorio, con l’intento di creare un Distretto Unico Marche Bio. È questo il disegno legato al rilancio delle Marche post pandemia, scritto dalla Regione assieme alla Camera di commercio.

L’obiettivo è stato stimato raggiungibile in un triennio e punta a valorizzare la realtà marchigiana per l’incidenza delle attività biologiche fino ad ora già realizzate. Vicina a Trentino ed Emilia Romagna per densità di negozi e numero di ristoranti, con 257 agriturismi attivi di cui il 24% aziende biologiche, la regione, leader in Italia per quantità, punta a costruire una leadership europea.

La presidente di Coldiretti Maria Letizia Gardoni, racconta che il biologico nelle Marche è nato prima rispetto alle altre regioni, soprattutto a supporto delle aziende zootecniche, che seguivano la linea vacca-vitello. Queste realtà hanno sempre ignorato l’utilizzo di presidi chimici, sottolinea.

All’interno del territorio si contano oltre 55mila ettari di coltivazioni, tra colture foraggere e pascoli rispettosi del benessere animale. Ci sono inoltre 19 mila ettari di cereali, 6 mila di vigneti, 3 mila di oliveti, 2.900 di ortaggi, mille di frutteti e il ritorno della barbabietola da zucchero, coltivata su 605 ettari raddoppiati in tre anni.

Negli ultimi dieci anni si stima che, nel complesso, le Marche abbiano raddoppiato i propri numeri. Da 30 mila a 52 mila ettari, con un’incidenza sul totale della superficie agricola regionale cresciuta dall’11 al 22,2%.

Questi dati non possono non incoraggiare la costituzione di un Distretto Unico, che incontra un momento fuori dall’ordinario anche per le risorse. 45 sono i milioni stanziati dal biennio transitorio 2021-22, 111 milioni quelli relativi al periodo 2014-2020, 100 mila euro quelli che finanzierebbero la promozione.

La convinta adesione di oltre 600 operatori del settore fa il resto, assieme al coinvolgimento dell’Associazione Cluster Agrifood Marche, composta da quattro università e oltre 50 tra centri di ricerca, piccole e medie imprese e associazioni di categoria. Queste ultime chiamate a immaginare una spinta innovativa per l’intera filiera agroalimentare.

Coldiretti, con la sua partecipazione, sta favorendo uno snellimento della parte burocratica da non sottovalutare, aggiunge la Gardoni, essenziale ai fini della velocità e dell’organizzazione.

Il Distretto Unico, è la possibilità di presentarsi uniti e solidali, come terra d’Europa, dove la tradizione contadina va a braccetto ai borghi ricolmi di storia.
Questo avviene in un momento che precede la riapertura del bando regionale e che finanzierà il subentro in agricoltura di tantissimi giovani, che troveranno così un assetto territoriale diverso, dove coltivare i propri progetti e le proprie aspirazioni.

Fonte: Il sole 24 ore

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