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Mipaaf: 485 milioni di euro per garanzie in agricoltura e agroindustria

Con una nota, il Mipaaf, Ministero per le politiche agricole alimentari e forestali, ha reso nota l’istituzione della piattaforma italiana multiregionale di garanzia.

Con il contributo di diversi enti pubblici, italiani e comunitari, sarà stanziato un impegno finanziario per complessivi 485 milioni di euro. In base alle stime dei proponenti, i fondi stanziati potranno mobilitare circa un miliardo di euro di investimenti privati nei settori dell’agricoltura e dell’agroindustria, nei prossimi anni.

Tutti i dettagli dell’operazione.

L’annuncio del Mipaaf in occasione dei 60 anni della PAC

L’annuncio della costituzione della piattaforma multiregionale di garanzia, è arrivato a Verona, presso il Palazzo della Gran Guardia, lo scorso 8 aprile, in occasione della conferenza “Sessant’anni di Europa, sessant’anni di Politica agricola comune – L’agricoltura europea dalle radici al futuro”. Erano presenti il Ministro per le politiche agricole, Maurizio Martina, e il Commissario europeo per l’agricoltura, Phil Hogan. Hanno partecipato, inoltre, rappresentanti degli altri enti coinvolti nell’istituzione della piattaforma: Dario Scannapieco, Vice Presidente della BEI (Banca Europea per gli Investimenti), Leonardo Di Gioia, Coordinatore della commissione politiche agricole della Conferenza delle Regioni, Pier Luigi Gilibert, CEO del Fondo Europeo per gli Investimenti, Fabio Gallia, CEO di Cassa Depositi e Prestiti, ed Enrico Corali, Presidente di Ismea, Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare.

Come spiega la nota del Mipaaf, la piattaforma rappresenta il «primo esperimento in assoluto nel quale sono coinvolte le Amministrazioni regionali, gli Enti nazionali e le istituzioni finanziarie europee».

Sono 8, per ora, le regioni italiane che aderiscono all’iniziativa: Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria e Veneto.

In sostanza, l’accordo tra le parti prevede la costituzione di un «portafoglio multiregionale di garanzie, per proteggere prestiti destinati a finanziare gli investimenti connessi ai Programmi di Sviluppo Rurale».

L’obiettivo finale dell’iniziativa è di sostenere le scelte delle piccole e medie imprese operanti nel settore della produzione, trasformazione e distribuzione di prodotti agroalimentari. Uno scopo da raggiungere attraverso l’impiego ottimale del FEASR, il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, con cui saranno istituiti strumenti di garanzia per le PMI del settore.

Un impegno finanziario da 485 milioni

Come accennato, l’impegno finanziario totale previsto nell’ambito del programma è pari a 485 milioni di euro, così ripartiti:

  • 165 milioni da parte del Fondo Europeo per gli Investimenti
  • 150 milioni da Cassa Depositi e Prestiti
  • 150 milioni dalla BEI
  • 20 milioni da Ismea

I fondi stanziati dovrebbero contribuire, secondo le stime del Mipaaf e degli altri proponenti, a mobilitare un miliardo di euro di investimenti per agricoltura e agroindustria, nel corso dei prossimi anni.

Soddisfazione è stata espressa dal Ministro Martina durante la presentazione della piattaforma:

«Ancora una volta l’Italia si pone alla testa di una sperimentazione utile per le imprese agricole. L’obiettivo è quello di stimolare e rendere più semplice l’utilizzo dei fondi di sviluppo rurale. Con l’impegno della Bei, del Fei e delle nostre Ismea e Cassa depositi e prestiti realizziamo un’operazione che non ha precedenti. Le Regioni capofila potranno così essere un vero laboratorio di un’Europa che dà risposte concrete alle sue imprese e ai cittadini».

FONTE:

https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/11178

 

Europarlamento dice stop agli OGM: “No al Mais geneticamente modificato”

L’Europarlamento si è espresso sulla possibilità di importare sul territorio dell’Unione cibo e sementi che contengono o derivano da mai geneticamente modificato: 426 voti a favore, 230 contrari e 38 astensioni.

La risoluzione approvata dai deputati era di netta contrarietà a tale possibilità.

Malgrado il parere Efsa, che esprimeva invece favore verso l’importazione, i deputati europei hanno bloccato 5 varietà di mais OGM. La parola definitiva spetta in ogni caso alla Commissione guidata da Jean-Claude Juncker, dal momento che il provvedimento votato non ha valore vincolante.

La decisione dell’Europarlamento: le motivazioni

Sono 5 le varietà di mais OGM su cui l’Europarlamento ha dichiarato la propria contrarietà all’importazione: Bt11, 59122, MIR604, 1507 e GA21. Si tratta di varietà resistenti agli erbicidi a base di glufosinato ammonio, allo glifosato, nonché ad alcune specie di parassiti, come lepidotteri e coleotteri potenzialmente nocivi.

La motivazione principale allo stop, è da individuare nella presunta mancanza di sufficienti informazioni e dati sulle varietà considerate.

«Durante il periodo di consultazione di tre mesi», si legge nella risoluzione approvata, «gli Stati membri hanno presentato centinaia di osservazioni»: si tratta perlopiù di segnalazioni riferite «alla mancanza d’informazioni e di dati, studi mal eseguiti o mancanti». Si sottolinea inoltre come siano carenti alcuni dati riguardo «la digeribilità, alla mancata considerazione degli effetti combinati delle diverse proteine della tossina Bt nel valutare il potenziale di allergenicità e tossicità».

E ancora: la richiesta di autorizzazione da parte di Syngenta non prevedrebbe relazioni sulle attività di monitoraggio, sugli effetti negativi sull’ambiente, sulla valutazione «delle differenze statisticamente significative, ad esempio nella composizione nutrizionale». Mancherebbero infine «prove immunologiche in riferimento a un potenziale allergenico potenzialmente più elevato».

In definitiva, l’Europarlamento ritiene che l’approvazione di «varietà per le quali non siano stati forniti dati sulla sicurezza, che non siano neppure state sottoposte a test, o non siano ancora state create, contravvenga ai principi generali della legislazione alimentare».

Per queste ragioni, come già accaduto in passato, i parlamentari europei richiedono una riforma della procedura di autorizzazione per gli OGM. Come abbiamo accennato, infatti, la risoluzione approvata non è in alcun modo vincolante per la Commissione. Qualora quest’ultima approvi l’autorizzazione al mais OGM, malgrado il parere contrario dei deputati, gli Stati membri potranno però a loro volta vietarne la coltivazione sul proprio territorio.

Il parere EFSA e la “relazione di minoranza”

Il parere contrario dell’Europarlamento è arrivato malgrado l’Efsa, l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare, abbia espresso nell’agosto 2016 una valutazione favorevole sulle domande di autorizzazione.

Come sottolineano gli eurodeputati, infatti, è lo stesso provvedimento dell’Efsa a riconoscere la carenza di informazioni, quando «riconosce che non sono stati presentati dati specifici sulle 20 sottocombinazioni(del granturco OGM, ndr), molte di queste non sono state ancora create e l’esame della letteratura specialistica non ha permesso di recuperare informazioni scientifiche su tali combinazioni».

Esiste inoltre un parere di minoranza, contrario a quello favorevole dell’Efsa, a firma di Jean-Michael Wal, membro del gruppo di esperti OGM della stessa Agenzia europea. Wal sottolinea che Syngenta «non ha addotto giustificazioni soddisfacenti per spiegare» la mancanza delle informazioni, né ha indicato per quale ragione ritenga che tali dati «non siano necessari ai fini della valutazione del rischio».

Nella risoluzione, gli europarlamentari concludono dunque che tale carenza possa «generare un rischio incontrollato per la salute di alcuni segmenti di popolazione».

La posizione dell’Italia

Sul mais OGM, negli ultimi mesi l’Italia ha avuto una posizione ondivaga. Il 27 gennaio, infatti, quando gli Stati membri dell’UE si sono riuniti per approvare l’ingresso nel continente di 3 tipologie di mais geneticamente modificato resistente ai parassiti, il nostro Paese ha votato per la prima volta a favore dell’autorizzazione. Poche settimane dopo, però, il governo italiano – rappresentato dai ministri della Salute, delle Politiche Agricole e dell’Ambiente –recuperava la sua posizione originaria, di netto rifiuto agli organismi geneticamente modificati.

FONTI:

http://www.informatoreagrario.it/ita/News/scheda.asp?ID=3282

http://www.ilfattoalimentare.it/ogm-parlamento-ue-autorizzazioni-mais.html

http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P8-TA-2017-0123+0+DOC+XML+V0//IT&language=IT

http://www.agi.it

http://www.suoloesalute.it/mais-ogm-italia-vota-favore-le-reazioni-carnemolla-greenpeace/

http://www.suoloesalute.it/mais-ogm-nuova-impasse-sulle-concessioni-litalia-vota/

Fitofarmaci sul nocciolo: l’allarme dei cittadini

Nocciolo dei Cimini: è allarme fitofarmaci.

I cittadini dei monti Cimini, insieme di rilievi presenti nell’Appennino laziale, in provincia di Viterbo,non hanno dubbi: nei comuni di Carbognano e Caprarola, sarebbe in atto un uso massiccio non conforme di fitofarmaci. A riprova delle proprie affermazioni, stanno inondando i social network di numerose denunce, corredate da foto. Gli agenti chimici sarebbero stati sparsi persino nei pressi di corsi d’acqua e case.

Agenti chimici sul nocciolo: i sindaci si spaccano

Mentre i cittadini sembrano concordi nel denunciare la mancanza di controllo sull’uso di erbicidi sul nocciolo, i sindaci delle zone interessate mostrano posizioni diametralmente opposte.

Agostino Gasbarri, primo cittadino di Carbognano, conferma l’esistenza del problema, aggiungendo che la non conformità nell’utilizzo dei fitofarmaci avrebbe già portato a emettere sanzioni per il valore di 400 euro a 4 agricoltori.

Qui, fino a un anno fa, a detta del primo cittadino, “persisteva una situazione di vera anarchia”. L’8 febbraio 2016 dal Comune è stata emessa la prima ordinanza con il fine di regolamentare l’uso di fitofarmaci sul nocciolo. Ma le autorità si sono scontrate con la difficoltà di far rispettare efficacemente la nuova regolamentazione. “Oltre alla repressione – racconta Gasbarri – cerchiamo di sensibilizzare gli agricoltori, ma alla fine vince la logica del profitto”.

Di parere opposto, invece, il sindaco di Caprarola, Eugenio Stelliferi, che parla di “prodotti autorizzati”. Stelliferi afferma che a Caprarola è presente un’ordinanza che norma l’uso fuori dalla caldera del lago e limita quello al suo interno solo ai punti più scoscesi.

Una posizione intermedia, invece, è stata assunta da Alessandro Giovagnoli, primo cittadini di Ronciglione, che afferma: “Tranne casi sporadici, la situazione è sotto controllo”.

Un patentino per l’acquisto di fitofarmaci

Da circa un anno a questa parte, evidenzia Coldiretti, esiste l’obbligo di esibire un tesserino per l’acquisto dei prodotti chimici da usare in agricoltura. Per ridurre l’impatto ambientale, afferma il presidente Mauro Pacifici, sono stati istituiti dei corsi in tutta la provincia, per formare gli agricoltori sull’uso corretto dei fitofarmaci. Tra le pratiche consigliate, c’è quella di usare i prodotti non seguendo un calendario, ma a bollettino, quando cioè gli esperti segnalano l’attacco di agenti dannosi in determinate aree.

Fonte:

http://www.ilmessaggero.it/viterbo/nocciole_allarme_fitofarmaci_sui_cimini_preoccupati_cittadini_ma_sindaci_si_spaccano-2349665.html

Carbonio organico nel suolo per salvare il clima: il ruolo dell’Agricoltura bio

Il Simposio scientifico Globale sul carbonio organico (GSOC17) si è svolto poche settimane fa, a Roma, dal 21 al 23 marzo 2017.

L’appuntamento, organizzato dalla FAO, puntava a sensibilizzare policy maker e stakeholder sul ruolo chiave della sostanza organica nel suolo. Un elemento imprescindibile sia per mantenere la buona fertilità dei suoli, sia per contrastare l’aumento di gas a effetto serra in atmosfera.

Al Simposio è intervenuta anche IFOAM – Organic International, organizzazione di livello mondiale che raccoglie attori e appassionati del mondo biologico. Di recente, IFOAM ha reso disponibile il report che il presidente André Leu ha presentato durante l’evento FAO. In esso, interessanti spunti e risultati scientifici sull’iniziativa 4 per mille, che punta all’incremento del carbonio organico nel suolo. Vediamo le principali risultanze emerse.

Carbonio organico: obiettivo 4‰

Leu ha innanzitutto presentato un excursus storico dell’iniziativa. Tutto è partito da una scelta del governo francese, che nel dicembre 2015 ha lanciato un programma di sequestro di CO2 nel suolo denominato per l’appunto “4 per 1.000 Initiative”. L’obiettivo era di promuovere una serie di pratiche agricole sostenibili per immagazzinare il carbonio nel suolo, a un livello del 4‰ ogni anno. Una cifra simbolica, che si riferisce ad alcune stime tecniche realizzate e rese pubbliche durante la LPAA, Lima-Paris Action Agenda: «Un tasso annuale di crescita del 4‰ negli stock di carbonio nel suolo, sarebbe sufficiente a fermare l’attuale incremento di CO2 in atmosfera».

Alla decisione della Francia, è seguita l’adesione all’Initiative di 30 Paesi in tutto il mondo, insieme a 26 istituti di ricerca e università, organizzazioni sovranazionali (Banca Mondiale, la FAO, etc.) e centinaia di ong. La quota del 4 è puramente indicativa, spiega Leu. La cifra è stata scelta per il suo potere soprattutto simbolico. Il messaggio di fondo è: “Non occorrono sforzi giganteschi per ridurre sensibilmente la quantità di gas serra nell’atmosfera”.

Carbonio organico nel suolo: il fattore bio

Da diverso tempo, IFOAM si batte affinché vengano estesi e replicati modelli di coltivazione sostenibili, come quelli agroecologici e in particolare la coltivazione biologica. Sarebbe questa la strada maestra per incrementare la quota di carbonio organico nel suolo.

Nel paper presentato al Simposio romano, l’organizzazione ha dimostrato come l’agricoltura tradizionale non sia un rimedio efficace contro la perdita di carbonio nel suolo.

Il SOC (SoilOrganic Carbon) è infatti andato perduto soprattutto nei suoli destinati alla coltivazione ‘tradizionale’ a un range pari al 50-70% del totale. Un processo che sarebbe ulteriormente esacerbato da desertificazione e degradazione del suolo. I sistemi invece che si fondano sul riutilizzo della materia organica e la rotazione delle colture, possono incrementare i livelli di SOC.

Il report riporta inoltre numerosi studi scientifici a riprova delle affermazioni di IFOAM. Un’indagine pubblicata nel 2013, per esempio, confrontava i risultati di 24 test nel bacino del Mediterraneo, tra sistemi biologici e non. I primi riuscivano a sequestrare nel suolo 3559,9 chilogrammi di CO2 per ettaro, ogni anno. Se il sistema fosse implementato in tutto il mondo, rileva lo studio, il SOC sequestrato arriverebbe a 17,4 Gt ogni anno.

Leu arriva quindi a una conclusione ben precisa:

«L’introduzione su vasta scala di sistemi di coltivazione e allevamento rigenerativi e biologici può contribuire sensibilmente alla stabilizzazione della CO2 in atmosfera. Non occorre investire in tecnologie costose, potenzialmente pericolose e non sufficientemente testate, come la cattura e l’immagazzinamento di carbonio o tecniche di geo-ingegneria. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è scalare le soluzioni agricole esistenti e lavorare sulla ricerca per incrementare i livelli di sequestro».

FONTI:

https://www.ifoam.bio/en/news/2017/03/29/report-global-symposium-soil-organic-carbon

http://www.ifoam.bio/sites/default/files/leu_andre.pdf

http://www.fao.org/about/meetings/soil-organic-carbon-symposium/en/

La Germania punta tutto sul bio: presto SAU dedicata al 20%

Il ministro dell’Agricoltura nel governo di tedesco, ritiene che la SAU (Superficie Agricola Utilizzata) in regime biologico debba arrivare nei prossimi anni almeno al 20%.

Christian Schimdt ha le idee molto chiare sulla direzione da imprimere al mondo agricolo tedesco. Per rispondere alle esigenze di un mercato in crescita e alle esigenze dei consumatori, sempre più attenti alla qualità e alla salubrità di ciò che mangiano.

Biologico agroalimentare: cresce la richiesta dei consumatori

Il 24 settembre si terranno in Germania le elezioni per il rinnovo dei 630 seggi del Parlamento federale. Durante la campagna elettorale in corso, si discuterà delle politiche da attuare da qui ai prossimi 5 anni di legislatura. Anche la direzione da imprimere al comparto agricolo sarà oggetto di dibattito.

L’attuale ministro dell’Agricoltura, Christian Scmidt della CSU (Unione Cristiano Sociale in Baviera), ha le idee molto chiare sul futuro del settore: la direzione giusta è il biologico.

«Èda diverso tempo ormai che i prodotti biologici stanno avendo successo anche al di fuori della propria nicchia di consumatori di riferimento», spiega in un’intervista Schmidt. «Lo scorso anno, le vendite di prodotti bio in Germania sono arrivate a 10 miliardi di euro. Un aumento di quasi il 10% rispetto all’anno precedente».

Da qui la necessità di dare un’ulteriore spinta al settore, attraverso investimenti ad hoc. Secondo un recente sondaggio, il 25% dei consumatori tedeschi ha già scelto o è interessato a scegliere un prodotto biologico del settore agroalimentare.

SAU biologica al 20%: l’obiettivo

Un trend che, però, secondo il Ministro non sarebbe sufficientemente perseguito dai coltivatori locali.

«Al momentola SAU in regime biologico è intorno al 6-7%, ma sono convinto che l’obiettivo del 20% sia utile e a portata di mano. Un obiettivo che introdurrò nella mia futura strategia per l’agricoltura bio».

Attualmente, spiega Schimdt, il mercato è alimentato dalle importazioni. «Una necessità per soddisfare la domanda interna». L’idea però è di arrivare, se non a coprire interamente, quantomeno a incrementare la quota di prodotti destinati al mercato interno: «Non succederà nel giro di poco tempo, ovviamente. Anche perché altrimenti sarebbe difficile mantenere la qualità dei prodotti. Realisticamente, credo si possa ipotizzare un periodo di transizione di circa 10/15 anni».

La conversione al modello di produzione deve avere impulso innanzitutto nelle scelte degli operatori di settore:

«L’obiettivo del 20% di SAU agricola coltivata a biologico è raggiungibilese gli agricoltori decidono di convertire i propri terreni. Su questo non si può legiferare, ma si possono applicare azioni di incoraggiamento», conclude Schmidt.

FONTE:

http://www.rp-online.de/politik/deutschland/landwirtschaftsminister-christian-schmidt-20-prozent-oeko-landbau-sind-machbar-aid-1.6730083

http://www.freshplaza.it

Vinitaly celebra il successo del vino bio italiano nel mondo

Vinitaly: Dal 9 al 12 aprile, va in scena a Verona la 51esima edizione, il salone internazionale dei vini e dei distillati. Si tratta di una delle più importanti fiere del settore, al mondo, prima per superficie espositiva e per numero di operatori esteri presenti.

Durante la kermesse di quest’anno sarà dedicato ampio spazio anche al segmento del vino biologico, sempre più richiesto dai consumatori, sia europei che nel resto del mondo. L’appuntamento è per lunedì 10 aprile con un convegno ad hoc.

Il bio protagonista a Vinitaly

Il successo del comparto bio nel settore vinicolo è testimoniato dalla grande crescita in termini di produzione.

Si stima che la superficie a vigneto coltivata con metodo biologico raggiunga 335mila ettari nel mondo, la stragrande maggioranza in Europa, che conta 293mila ha. In percentuale, la SAU con vigneti bio corrisponde al 4,7% di quella mondiale, con una crescita del 6,7% tra il 2014 e il 2015. Dal 2006, la superficie è triplicata. In Italia, i vigneti biologici sono arrivati a coprire, nel 2015, quasi 84mila ettari, con un buon incremento del 15,6% rispetto all’anno precedente.

Secondo i dati di Wine Monitor, sono in aumento anche i consumatori. Sempre nel 2015, il mercato ha raggiunto i 205 milioni di euro solo in Italia. Gran parte del business è orientato all’export (137 milioni di euro le revenue), con una predilezione particolare verso Germania, USA e Svizzera.

Per fare il punto sul settore, a partire dalle ore 15, presso la Sala Puccini – Centrocongressi Arena a Verona, si terrà un convegno dal titolo: “Il successo del vino biologico in Europa e nel mondo”. L’appuntamento rientra nelle attività della 51esima edizione di Vinitaly.

Il successo del vino bio? Una questione di qualità

La riflessione del convegno parte da un presupposto fondamentale: il vino bio vince perché ha una qualità migliore. Lo attesta uno studio della University of California. I ricercatori hanno analizzato 74mila rating di vini provenienti da diverse vendemmie, varietà e regioni. Lo studio che ha raccolto i dati è stato poi ripreso da tre pubblicazioni di settore: The Wine Advocate, Wine Enthusiast e Wine Spectator.

La ricerca rivela che i vini biologici hanno ricevuto, in media, una valutazione di 4,1 punti in più (su 100), rispetto alle etichette non bio.

I nostri risultati indicano che la certificazione biologica è associata a un incremento della valutazione di qualità statisticamente significativa”, spiegano i ricercatori.

L’ipotesi è che la messa al bando dei prodotti chimici di sintesi, favorisca la vitalità dei microrganismi nel suolo, esaltando quindi il sapore dell’uva. In questo modo, al vino viene conferita una rappresentazione più autentica del terroir, nonché dell’ambiente naturale dove è cresciuta la vite. Non solo. Alle pratiche bio sono assegnate anche migliori performance dal punto di vista organolettico.

Per approfondire tali evidenze, e sottolineare l’importanza assunta dalla qualità e della certificazione biologica, Vinitaly ha organizzato il focus incentrato specificamente sul comparto biologico.

Vinitaly e il vino bio: il programma

Durante l’evento veronese, a partire dalle ore 15, si alterneranno esperti nel settore della viticoltura bio. Ad aprire il convegno, con un’introduzione dei lavori, Maria Ines Aronadio, Dirigente Ufficio Agroalimentare e Vini – ICE, e Roberto Pinton, consigliere delegato di FederBio.

Con una relazione intitolata “Aspetti tecnici della vinificazione biologica e ricadute sul profilo organolettico. Gestione biologica del vigneto e ricadute su qualità e sanità delle uve”, interverrà poi Enzo Mescalchin della Fondazione Mach. Seguirà “La fase di Cantina e l’esperienza di Barone Pizzini in Franciacorta”, di Leonardo Valenti dell’Università degli Studi di Milano.

Alle 16, appuntamento con Silvia Zucconi di Nomisma con un intervento dal titolo: “Gran Bretagna, Germania, Italia: numeri e tendenze del vino biologico sul mercato Europa”. Il mercato al centro anche nella relazione di Salvo Bonanno, Vice Segretario Generale dell’Italian-American Chamber of Commerce of Midwest, che interverrà sul “Mercato del vino biologico in USA”. Sarà poi la volta del mercato giapponese, con intervento di Marco Colosi, Junior Analyst per l’ItalianChamber of Commerce in Japan.

Spazio infine alla discussione con i partecipanti. Modererà il convegno, Lorenzo Tosi, giornalista.

FONTI:

http://www.feder.bio/agenda.php?nid=1146

http://www.suoloesalute.it/vino-biologico-nel-2015-raddoppiati-consumatori/