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BIOREPORT 2020: VANTAGGI, PROBLEMI E SOLUZIONI PER IL BIO ITALIANO

BIOREPORT 2020: VANTAGGI, PROBLEMI E SOLUZIONI PER IL BIO ITALIANO

Il rapporto della Rete Rurale nazionale pubblicato a fine 2021 mette in evidenza differenze territoriali legate al ruolo dell’integrazione di filiera e di politiche di sviluppo rurale equilibrate. Dopo il boom del 2020 il primo trimestre 2021 mette in evidenza in rallentamento del mercato

Lo scenario dell’evoluzione del sistema biologico italiano a cavallo della crisi pandemica. Con l’analisi dei dati consolidati che arrivano a fine 2019, ma anche delle tendenze registrate fino al primo trimestre 2021. È il contenuto offerto da Bioreport 2020, il rapporto pubblicato alla fine del 2021 dal Ministero per le Politiche agricole nell’ambito del Programma Rete Rurale Nazionale (clicca per accedere e scaricare il documento).

La tabella di marcia del Green Deal

Un’analisi che assume quest’anno un significato particolare alla luce del ruolo attribuito dall’Unione Europea al bio, considerato il metodo più efficace per realizzare gli obiettivi di transizione ecologica definiti da Bruxelles (e chiamato perciò a raggiungere in 10 anni l’incidenza del 25% di superficie agraria).

Un target che non sarà facile da raggiungere senza un convinto quadro di politiche di sostegno. Il documento di oltre 300 pagine messo a punto dal Ministero attraverso il Crea e la Rete rurale nazionale – rivolto a istituzioni, ricercatori, stakeholder – individua infatti una serie di nodi da sciogliere per garantire un’equilibrata crescita del sistema biologico italiano.

Gli approfondimenti

Bioreport 2020 è organizzato in tre sezioni:

– i dati del bio, dalle produzioni ai mercati a livello italiano, europeo e globale,

– le politiche europee e nazionali, le misure di sostegno al bio e il sistema dei controlli,

– approfondimenti su alcuni temi di attualità come l’impiego dei biostimolanti, l’analisi del settore olivicolo bio con l’approfondimento sulla difesa dalla Xylella, gli approfondimenti sul bio in Sardegna e in Francia e l’analisi dell’impatto di politiche locali disomogenee sulla tendenza, registrata in alcune Regioni, a uscire dal sistema della certificazione.

Mercato in frenata a inizio 2021

La preoccupazione maggiore deriva dalla fase di assestamento registrata nell’analisi dei dati di mercato nel primo semestre del 2021. Dopo il balzo del 4,5% del 2020, in piena pandemia, la crescita del bio a marzo 2021 si sarebbe infatti fermata al +0,9% (con valori negativi nei punti vendita a libero servizio) mentre quella dell’agroalimentare totale sarebbe arrivata al 5,4%. Un dato che farebbe per la prima volta contrarre la quota relativa del bio, tornato appena sotto al 4% a livello nazionale.

Un dato che spinge Laura Viganò, ricercatrice del Crea Politiche e Bioeconomica, redattrice di questo capitolo del rapporto, a mettere in evidenza la necessità di adottare politiche di green public procurement che assicurino una maggiore diffusione dell’utilizzo di prodotti biologici nella ristorazione collettiva sia pubblica (scuole, ospedali, caserme, carceri, strutture governative) sia privata (mense aziendali) per evitare che il biologico italiano sia polarizzato solo verso l’esportazione.

A livello Europeo è infatti evidente una dicotomia tra Paesi in cui il mercato del biologico continua a crescere con tassi a doppia cifra (Francia, Danimarca, Germania ma anche Spagna) e altri, soprattutto nell’Europa orientale, dove il peso di questo settore è ancora marginale.

Il ruolo dell’integrazione di filiera

Per il resto il rapporto evidenzia il valore dell’integrazione di filiera. Nei territori dove queste relazioni sono presenti la crescita delle superfici è infatti più sostenuta, portando a una SAU nazionale dedicata al bio prossima 2 milioni di ettari. Confermato il dato di 81mila operatori censiti nel 2019 (+2% sul 2018). Le aziende agricole sono stabili (70.540 unità), quelle di trasformazione aumentano del 9,2% (circa 2.000 unità), fino a raggiungere le 21.000 unità. Il dato più positivo (+14%) è l’evoluzione di aziende agricole che integrano la produzione primaria con la trasformazione.

Cala il Sud, cresce il Centro

Al Sud e nelle isole, ove si trova oltre la metà degli operatori biologici italiani, emerge una lieve riduzione dei produttori agricoli bio (-2%). Con picchi in Sardegna (-6%) e Calabria (-5%), oltreché nelle aziende a produzione esclusiva (-10%). I problemi sembrano legati alla fragilità del sistema produttivo biologico sardo (al quale il Bioreport 2021 dedica un focus), poco orientato al mercato, e ai ritardi connessi all’avvio del nuovo programma di aiuti in Calabria. Il Meridione registra però al contempo la maggiore crescita dei trasformatori complessivi (+11%, tra imprese di trasformazione esclusiva bio e non), con la al Calabria in testa (+30%).

Il Centro Italia invece un aumento significativo delle aziende agricole bio (+10% quelle solo bio, +11% quelle con produzioni miste). La regione Marche traina la crescita con un notevole aumento delle unità di produzione (+37%), grazie anche all’incremento dei fondi assegnati al sostegno del biologico (Misura 11 del PSR 2014-2020).

Le regioni centro-settentrionali ospitano oltre 800.000 ettari a biologico. Veneto e Trentino-Alto Adige – ove il bio occupa soltanto il 6% della SAU, rispetto al 16% nazionale e ai picchi di Calabria (36%) e Sicilia (26%) – risalgono la china, con incremento dei produttori trasformatori (+25% e +11%, rispettivamente).

NUOVA PAC, PARZIALE RISARCIMENTO PER IL BIO

NUOVA PAC, PARZIALE RISARCIMENTO PER IL BIO

Secondo le indiscrezioni sulla bozza del Piano strategico nazionale che deve essere consegnato a Bruxelles entro fine anno, il ministro Stefano Patuanelli punta a un prelievo da 90 milioni all’anno da spostare dagli aiuti diretti allo Sviluppo Rurale in favore del bio. Una misura che compensa solo parzialmente la decisione di sopprimere l’ecoschema dedicato

Entro il 1 gennaio l’Italia dovrà presentare a Bruxelles la proposta di Psn (Piano Strategico Nazionale per l’attuazione della nuova politica agricola comunitaria 2023-2027). Il tempo stringe e le prime indiscrezioni sulla bozza uscita dal confronto del tavolo nazionale tra Mipaaf, Regioni e stakeholder conferma purtroppo la paventata soppressione dell’ecoschema dedicato all’agricoltura biologica (ne avevamo parlato qui).

Ecoschemi indispensabili

Secondo le indiscrezioni sulle bozze del Psn gli ecoschemi saranno infatti cinque, dedicati a:

  • zootecnia (riduzione antibiotici e pascolo-allevamento semibrado);
  • inerbimento delle colture pluriennali;
  • olivi di rilevanza paesaggistica;
  • sistemi foraggeri estensivi;
  • colture a perdere di interesse mellifero.

Risorse che complessivamente riguardano il 25% della dotazione riservata agli aiuti diretti (3,63 miliardi di euro all’anno per l’Italia) e che saranno indispensabili per gli agricoltori per ottenere un’entità di sostegno paragonabile all’attuale.

Un taglio del 50% degli aiuti diretti

Secondo i calcoli di Confagricoltura Piemonte i titoli non verranno soppressi dal 2023 ma riassegnati anche sulla base di un meccanismo di convergenza interna, ma rispetto all’attuale ammontare del complesso titoli+greening la riduzione sarà superiore al 50%.

E questo anche per l’effetto dei prelievi dal primo al secondo pilastro.

Il bio nello Sviluppo rurale

Oltre infatti ai 36,2 milioni di euro (1% dei 3,63 miliardi annui totali) per il sostegno ai giovani agricoltori, il ministro Stefano Patuanelli intende applicare un prelievo di 90 milioni di euro (meno di 500 milioni se si considera tutto il quinquennio 2023-2027, circa il 2,5% della dotazione), dal massimale dei pagamenti diretti per incentivare l’agricoltura biologica, spostandolo appunto alla dotazione dello sviluppo rurale.

Una sorta di parziale compensazione per il biologico, che però non bilancia completamente la penalizzazione, anche simbolica, della soppressione dell’ecoschema.

I prelievi verso lo Sviluppo rurale danno infatti più forza alle Regioni, risultando però condizionati dalle scelte locali e dai sempre possibili errori di programmazione e rischi di disimpegno.

NEUTRALITÀ CLIMATICA, CREDITI DI CARBONIO PER I PRODUTTORI VIRTUOSI?

NEUTRALITÀ CLIMATICA, CREDITI DI CARBONIO PER I PRODUTTORI VIRTUOSI?

La Commissione Ue pubblica la Comunicazione sui cicli del carbonio sostenibili, primo step per l’attivazione di un sistema di scambi di crediti e di impegni certificati che possa remunerare gli sforzi degli agricoltori che si impegnano in pratiche sostenibili di carbon farming

L’agricoltura può giocare un ruolo decisivo nella sfida contro i cambiamenti climatici. Il green deal ha fissato l’obiettivo della neutralità climatica (equilibrio tra emissioni e assorbimenti di gas serra) entro il 2050. Una grossa incognita era finora rappresentata dall’effettiva disponibilità di strumenti per remunerare lo sforzo degli agricoltori nell’adottare pratiche di carbon farming. Aumentare la sostanza organica dei suoli è da sempre la missione dell’agricoltura biologica. Un impegno che ora finalmente riconosce anche Bruxelles perché consente parallelamente di ridurre l’emissione di CO2 in atmosfera.

Verso una disciplina europea nel 2022

Il 15 dicembre la Commissione Ue, dopo alcuni mesi dedicati alle consultazioni con gli stakeholder, ha pubblicato la Comunicazione sui cicli del carbonio sostenibili. (clicca qui per accedere al documento). Si tratta del primo passo propedeutico per arrivare ad una proposta legislativa entro il 2022. Grazie a questo documento il tema dei crediti di carbonio entra così nell’agenda politica europea.

Mitigazione del climate change

Nel documento si prospettano le opportunità di un nuovo modello di business green che premia le best practice di agricoltori e silvicoltori che si impegnano nell’immobilizzazione della CO2 nei carbon sink del suolo e delle biomasse vegetali. Ogni pianta arborea può, attraverso il processo di fotosintesi, sottrarre circa 30kg di CO2 all’anno dalla atmosfera rilasciando al contempo circa 25 kg di ossigeno. Ciò rappresenta un vantaggio per la fertilità dei terreni e la resistenza delle colture. E grazie al meccanismo dei crediti di carbonio questo impegno può tradursi anche in fonte di reddito aggiuntivo per gli agricoltori.

Le proposte per un mercato nazionale dei crediti di carbonio

La rete rurale nazionale ha già formulato alcune proposte per stimolare lo sviluppo di mercati volontari dei crediti agricoli e forestali nel quadro dello sviluppo rurale (leggi qui per approfondire). La decisione della Commissione può consentire di mettere a fuoco le azioni chiave da compiere, a partire dalla definizione di standard di certificazione che porteranno a riconoscere il valore del mercato dei crediti di carbonio generato da queste pratiche virtuose.

LA SVOLTA “GRÜNE” DELLA GERMANIA

LA SVOLTA “GRÜNE” DELLA GERMANIA

Angela Merkel dopo 16 anni lascia il testimone ad Olaf Scholz. Il nuovo cancelliere guida una coalizione “a semaforo” tenuta insieme da un forte impegno verso la transizione ecologica delle fonti energetiche e della produzione agroalimentare

Finisce l’era di Angela Merkel, inizia quella di Olaf Scholz. Dopo ben 16 anni la Germania cambia rotta. Il nuovo Cancelliere guida una coalizione definita “a semaforo” e composta da socialdemocratici (SD), verdi (Grüne) e liberali (FDP) che si presenta con una forte connotazione “verde”.

L’accordo di coalizione

Tra i punti chiave più caratterizzanti dell’accordo di coalizione (come riportano fonti Reuters) c’è infatti una forte accelerata alla transizione ecologica, con lo stop al carbone anticipato al 2030 (un precedente accordo tra Merkel e le associazioni degli industriali tedeschi aveva tracciato l’orizzonte al 2038); l’impegno a cessare l’uso di gas da fonti fossili per la generazione termica entro il 2040, tagliola ai nuovi veicoli con motore a combustione nel 2035. Da questi impegni il governo federale si aspetta un taglio di emissioni di gas serra del 65% entro il 2030 e la neutralità climatica entro il 2045, con un obiettivo intermedio dell’85-90% al 2040.

Steffi Lemke punta su biodiversità e riforestazione

A guidare questa transizione energetica sarà direttamente Scholz che ha affidato (come riporta Agrarheute.com) la politica climatica internazionale al Ministero degli Affari esteri e quella nazionale ed europea al ministero dell’Economia. Tramontata quindi l’ipotesi di un mega Ministero dell’Ambiente, ma Steffi Lemke, laureata in Agraria, membro di spicco dei Verdi e ora al vertice di questo ministero, ha dichiarato in una recente intervista al Süddeutsche Zeitung di non voler derogare al suo impegno in favore della difesa del clima naturale. «Tutela della biodiversità e sequestro del carbonio – ha riferito – sono impegni inderogabili da raggiungere attraverso la riforestazione, il rispetto delle aree naturali e favorendo la carbon farming, ovvero modi di produrre e di fare agricoltura neutrali da punto di vista climatico».

Cem Özdemir sul biologico

Un’invasione di campo che non preoccupa, per ora, il collega neoministro Cem Özdemir, verde, vegano, pragmatico e primo rappresentante di origine turca a dirigere il dicastero agricolo tedesco.

Una carta d’identità che non preoccupa per ora le lobby agricole del Paese tedesco. Il programma tracciato da Özdemir prevede infatti l’espansione dell’agricoltura biologica oltre gli obiettivi del 15% entro il 2030 tracciato dalla Strategia Farm to fork; la significativa riduzione dell’uso di pesticidi; regole di etichettatura più severe sui metodi di produzione, senza però intraprendere campagne contro il consumo di carne, con enorme sollievo per un’attività agroindustriale che fattura, nel grande Paese tedesco, decine di miliardi di euro ogni anno.

BIO SUISSE COMPIE 40 ANNI

BIO SUISSE COMPIE 40 ANNI

Nata come organizzazione ombrello per la difesa del marchio del biologico svizzero contro gli abusi, oggi è una solida struttura che si occupa di normativa, consulenza e rappresentanza degli interessi del bio, per il quale rappresenta un punto di riferimento non solo per il Paese alpino. Tra i soci 33 associazioni e 7.450 aziende biologiche

Bio Suisse compie 40 anni. La principale organizzazione dell’agricoltura biologica in Svizzera è nata infatti alla fine del 1981, 11 anni prima che il bio venisse ufficialmente riconosciuto nell’Unione europea. Nella gara tra i pionieri del biologico europeo l’Associazione Suolo e Salute, da cui si è sviluppato il nostro organismo di certificazione, è in prima fila registrando all’anagrafe la data di nascita del 31 marzo 1969, ad opera del compianto professore Francesco Garofalo, docente di fitoiatria dell’Università di Torino.

Il nodo della protezione del nome

Due anni dopo nel Paese elvetico è stato affrontato un nodo decisivo. Nel 1971, mezzo secolo fa, la Cooperativa svizzera Terraviva chiese infatti per prima all’Ufficio federale di Sanità pubblica la protezione del termine “biologico” contro gli abusi. Una richiesta di protezione legale allora prematura, a cui l’autorità normativa svizzera rispose vietando l’indicazione “biologico” per gli alimenti.

I tempi diventarono più maturi nel 1981, quando cinque entità di riferimento come Biofarm Genossenschaft, Bio Romandie Progana, la Coop Bioterra, Demeter Svizzera e l’Istituto di ricerca per l’agricoltura biologica FiBL fondarono, per l’appunto Bio Suisse, da allora organizzazione “ombrello” del biologico dello stato federale alpino, gestendo collettivamente le linee guida del marchio con la “gemma” che identifica le produzioni biologiche svizzere.

L’evoluzione della struttura

Allora la scheda tecnica che disciplinava la produzione di alimenti biologici era composta da sole 8 pagine, oggi salite a 348.

Oggi Bio Suisse rappresenta 33 organizzazioni dell’agricoltura biologica svizzera per un totale di 7.450 aziende biologiche. I numeri sono stati pubblicati in un recente approfondimento dal sito svizzero Die Grüne (leggi qui).

È gestita da un comitato direttivo composto da 7 membri eletti da 102 delegati in rappresentanza delle 33 organizzazioni. Presidente è Urs Brändli. L’ufficio di Basilea conta 82 dipendenti e i loro compiti comprendono:

  • l’ulteriore sviluppo delle linee guida;
  • la trasparenza e lo sviluppo del mercato, con compiti di riferimento nell’assicurazione della qualità;
  • l’esame delle domande di licenza.
  • la consulenza ai trasformatori e rivenditori autorizzati;
  • la rappresentanza degli interessi dei membri nei confronti del mercato e della politica.
SUL NEW YORK TIMES L’OLIO BIO ETNEO CERTIFICATO DA SUOLO E SALUTE

SUL NEW YORK TIMES L’OLIO BIO ETNEO CERTIFICATO DA SUOLO E SALUTE

Vincenzo Signorelli è un produttore di extravergini bio pregiati sulle pendici dell’Etna, certificato biologico da Suolo e Salute. Il suo intimo rapporto con un territorio unico viene descritto in un articolo sul quotidiano più autorevole al mondo. «Biologico e salutare sono punti di forza da valorizzare»

I ritmi e i sapori dell’olivicoltura siciliana conquistano le pagine di The New York Times, uno dei quotidiani più autorevoli a livello internazionale. Il merito è di Enzo Signorelli – fotoreporter, viaggiatore e olivicoltore bio nella sua azienda alle pendici dell’Etna – e un po’ anche di Suolo e Salute.

Ritorno a una terra difficile

La storia di Signorelli è infatti quella di un ritorno alla terra. Dieci anni fa ha lasciato la frenesia di Milano e la professione giornalistica per riscattare l’azienda di famiglia, una piccola proprietà di due ettari alle pendici dell’Etna con poco più un centinaio di alberi di olivo, molti dei quali secolari, nel territorio di Ragalna (Ct), uno dei comuni del parco dell’Etna, zona di eccellenza per le olive Dop Monte Etna. Un ambiente difficile da coltivare. «Gli alberi d’olivo – racconta-, alcuni maestosi, crescono tra le rocce laviche, circondati da una vegetazione selvaggia e lussureggiante, arroccati in luoghi non proprio accessibili». «Lavorare questa terra richiede molta fatica, senza contare i pericoli muovendosi tra rocce e antiche colate di lava ricoperte di muschi e licheni coloratissimi. Bisogna fare tutto a mano spostandosi a piedi e portando in spalla gli attrezzi necessari e l’acqua: una faticaccia».

Crescere attraverso il bio

Grazie al suo impegno gli ettari sono triplicati in 10 anni con altri due oliveti secolari nel comune di Santa Maria di Licodia, tutti tra 400 e 700 metri d’altitudine, sulle pendici sud occidentali del vulcano attivo più grande d’Europa (nel 2022 potrebbe toccare i 10 ettari, un’estensione ragguardevole in questo areale). L’olio prodotto ha raccolto premi importanti e i giornali internazionali si sono accorti di questa produzione di nicchia, certificata biologica e salutare e venduta come una reliquia anche negli States.

Tutti e quattro gli extravergini prodotti da Signorelli durante la campagna 2020-21 possono riportare infatti in etichetta il logo Health Claim, un riconoscimento concesso dal Reg 432/2012 agli oli Evo che contengono più di 250 mg/kg di polifenoli (quelli prodotti da Signorelli hanno raggiunto quest’anno punte di 861) riconoscendone l’importanza salutistica e nutrizionale.

Motivazioni etiche ed estetiche

La scelta del biologico è stata per Signorelli immediata, per motivi “etici ed estetici”. «Non faccio -spiega – alcun impiego di sostanze chimiche, fertilizzanti o altro. Rispetto la biodiversità, l’integrità dell’ambiente, la morfologia del suolo, l’equilibrio idrodinamico del terreno, tutti fattori determinanti per le qualità organolettiche e biochimiche dell’olio che produciamo».

Il rapporto con Suolo e Salute

Una scelta su cui ha inciso anche il rapporto consolidato di Signorelli con il nostro ente di certificazione. «Ho un rapporto di massima fiducia con Vincenzo Russo, referente di Suolo e Salute in Sicilia e con tutti gli ispettori di questo ente di certificazione e l’ho consigliato anche agli olivicoltori biologici vicini».

Una scelta che continua a premiare soprattutto nei mercati esteri, in Usa in particolare, dove il biologico è cresciuto notevolmente anche nel periodo del lockdown (ne abbiamo parlato già qui). «In Italia invece – puntualizza il produttore – pesa ultimamente un clima alterato da polemiche gratuite sul biologico».

In 10 anni Signorelli ha imparato a fronteggiare ogni possibile emergenza, compresa la mosca (Bactrocera olae), da cui si difende con trappole anche artigianali.

Durante l’ultima raccolta ha ospitato la giornalista Marta Giaccone che, assieme alla troupe di The New York Times, ha potuto raccontare sulle pagine del quotidiano statunitense l’avventura di una raccolta completamente manuale tra le rocce laviche, la molitura e la trasformazione in olio.

Dall’articolo traspare l’entusiasmo per lo stretto rapporto tra l’olivicoltore e un territorio unico e anche per il rispetto dei lavoratori nei confronti di un ambiente unico. Sia in oliveto che in frantoio.

Molitura ed estrazione a freddo

La molitura viene eseguita a freddo mediante estrazione in continuo, esclusivamente con mezzi meccanici, entro poche ore dalla raccolta per mantenere inalterate le caratteristiche delle olive. Sono stati impiegati macchinari di ultimissima generazione, a due fasi, presso due oleifici partner come i frantoi Cutrera e l’oleificio Consoli che rappresentano l’eccellenza delle aziende presenti sul territorio.

«Gli EVO appena estratti sono stati subito filtrati e conservati in silos di acciaio sotto argon/azoto a temperatura controllata».

L’imbottigliamento, esclusivamente in vetro, è stato programmato dopo un lungo periodo di “riposo” dell’olio per offrire al consumatore tutte le caratteristiche ottimali e il miglior equilibrio possibile tra le qualità organolettiche del prodotto.

Tre monovarietali e un blend di olive rare

Gli extravergine prodotti da Vincenzo Signorelli sono 4, tre monovarietali e un blend di olive:

  • Contrada Mancusi, Nocellara dell’Etna in purezza, Bio, Health Claim e Igp Sicilia. Un monocultivar profumato e deciso che proviene esclusivamente da un oliveto secolare tra i comuni di Santa Maria di Licodia e Ragalna, a 600 metri di quota sulle pendici dell’Etna. Ottime caratteristiche sensoriali con un grado di fruttato medio, sentori di carciofo, erba tagliata, amaro e piccante. Premiato come Grande Olio Slow nella Guida agli Extravergini 2021 di Slow Food, ha ottenuto 4 Gocce Bibenda 2021 di Fondazione Italiana Sommelier e riconoscimenti in Canada, Giappone, Regno Unito.
  • Contrada Difesa, antica proprietà Tomaselli Bio, IGP Sicilia Blend, Grand Cru 2020-2021 Health Claim. Ottenuto da olive Nocellara Etnea mescolate con piccole quantità di altre cultivar e varietà ormai rare. Blend ottenuto esclusivamente dalla mescolanza di olive (non di oli diversi) che provengono esclusivamente da un oliveto antico su suolo lavico, sempre nel territorio di Ragalna, a circa 400 metri s.l.m. Ottime le caratteristiche sensoriali con un grado di fruttato medio, sentori di carciofo, erba tagliata, pomodoro verde, amaro e piccante molto ben bilanciati. Premiato con le 5 Gocce Bibenda 2020 e 4 gocce 2021, terzo premio assoluto al Morgantìnon 2020, terzo premio assoluto al Morgantìnon 2020.
  • Foglie di Platino, Nocellara del Belice in purezza Bio, Igp Sicilia, Health Claim. Monocultivar profumato e di sapore deciso ottenuto da olive selezionate provenienti da un unico oliveto in regime di agricoltura biologica. Le aree prescelte sono costituite da alberi di impianto relativamente giovane, in aree ben esposte e ventilate della proprietà, situata in collina a circa 350 metri di quota in provincia di Agrigento. Extravergine di colore verde smeraldo ha ottime caratteristiche sensoriali con un grado di fruttato medio-alto, sentori di pomodoro e carciofo, erba, amaro e piccante. Premiato con le 5 Gocce Bibenda 2021, Grande Olio Slow nella Guida agli extravergini 2021 di Slow Food.
  • Foglie di Platino – Biancolilla Bio, IGP Sicilia. Monocultivar profumato e di sapore delicato ottenuto da olive selezionate provenienti da un unico oliveto in regime di agricoltura biologica. Le aree prescelte sono costituite da alberi di impianto relativamente giovane, in aree ben esposte e ventilate della proprietà, situata in collina a circa 350 metri di quota in provincia di Agrigento. La raccolta si è svolta in ottobre. Spiccate caratteristiche sensoriali con un grado di fruttato medio, sentori di carciofo, mandorla, pomodoro verde, amaro e piccante ben equilibrati. Miglior IGP Sicilia al Morgantìnon 2021, ha ottenuto 4 Gocce Bibenda 2021.