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Il settore biologico italiano alla conquista di Bruxelles: va in scena la BIO WEEK

Dal 26 giugno al 2 luglio è andata in scena a Bruxelles, in Belgio, la BIO WEEK. 7 giorni di eventi per informare e sensibilizzare cittadini, istituzioni e stakholder, sull’importanza del mercato dei prodotti biologici. All’appuntamento ha partecipato anche il commissario all’Agricoltura dell’Unione, Philipp Hogan.

A organizzare l’evento, FederBio, la Federazione Italiana Agricoltura Biologica e Biodinamica, che ha voluto in questo modo dare risalto ai prodotti agroalimentari italiani a marchio bio.

I prodotti bio italiani sbarcano a Bruxelles

Italia ed Europa stanno conoscendo una crescita esponenziale del mercato dei prodotti a marchio bio. Secondo gli ultimi dati diffusi da Agence Bio, nel 2015 la superficie totale di terreni europei coltivati con metodo biologico raggiungeva gli 11,2 milioni di ettari, il 6,2% della SAU del continente. Nel giro di 5 anni, dal 2010, la superficie è incrementata del 21%. Anche la percentuale di terreni in conversione verso il metodo biologico in UE è in crescita esponenziale: in 14 Stati comunitari, la conversione riguarda più del 20% dei terreni, per 8 Stati tra il 10 e il 20%, per gli ultimi 4 la percentuale è ferma al di sotto del 10%. A dimostrazione dell’estrema vivacità del comparto.

L’Italia, che è seconda in Europa in termini di ettari coltivati a bio e quinta per SAU, può sfruttare il trend, proponendo eccellenze gastronomiche uniche al mondo. È questo l’intento di eventi come la BIO WEEK di FederBio presso il Parlamento Europeo a Bruxelles.

L’idea infatti è di promuovere i prodotti agroalimentari biologici italiani. Nella capitale belga, la Federazione ha individuato un “un mercato strategico che si distingue per un interessante mix di propensione al consumo, possibilità di spesa e ampia presenza di ristoratori interessati a proporre un menu mediterraneo, incentrato sul concetto biologico”.

Ecco perché la BIO WEEK è stata l’occasione per una serie di eventi informativi, di promozione dei prodotti italiani a marchio bio, da spingere nel circuito della ristorazione e della distribuzione del Paese nord europeo.

Anche il Commissario Hogan alla BIO WEEK di Bruxelles

All’evento di apertura della BIO WEEK, lunedì 26 giugno, hanno presenziato anche il Commissario UE per l’agricoltura, Philip Hogan, e il capo negoziatore per la riforma del regolamento UE sul biologico, Martin Hausling. Presenti inoltre, 150 tra professionisti, decison maker, VIP customer, opinion leader e buyer della GDO.

Durante la serata, alcuni chef hanno proposto ricette preparate con prodotti esclusivamente bio.

Paolo Frigati dell’Ufficio di Presidenza di FederBio è intervenuto sottolineando l’importanza del settore nel contesto europeo, soprattutto alla luce del regolamento UE in corso di approvazione a Bruxelles:

«Il mercato richiede sempre più prodotto bio non solo per una crescente attenzione verso la sostenibilità ambientale ma anche per un nuovo approccio alle qualità nutrizionale degli alimenti.Le rappresentanze del settore biologico e la politica devono condividere un approccio all’altezza della sfida che abbiamo davanti: far diventare il biologico il sistema agricolo e alimentare di riferimento per l’Europa, sapendo che l’Italia su questa frontiera può giocare un ruolo di leader».

Proprio durante la BIO WEEK, i Paesi dell’Unione hanno raggiunto un accordo informale sull’approvazione del nuovo regolamento. Un accordo che ora deve vedere l’approvazione definitiva da parte delle istituzioni di Bruxelles.

FONTI:

http://www.feder.bio/comunicati-stampa.php?nid=1191

http://www.suoloesalute.it/la-coltivazione-biologica-europa-nel-mondo-lanalisi-agence-bio/

http://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php/Organic_farming_statistics

http://agronotizie.imagelinenetwork.com/agricoltura-economia-politica/2017/07/04/biologico-l-ue-ci-prova/54810

Cotone e mais OGM: la Commissione UE autorizza 5 nuovi prodotti

È arrivata il 4 luglio una nuova approvazione di cotone e mais OGM nel territorio dell’Unione Europea.

La Commissione UE ha infatti dato il via libera a 5 nuove autorizzazioni per prodotti geneticamente modificati, che saranno destinati sia all’alimentazione umana che ai mangimi per animali.

Per il momento l’autorizzazione riguarda solo l’importazione di tali prodotti e non la loro coltivazione.

Cotone e mais ogm: il via libera a 5 prodotti

Sono 5 le nuove autorizzazioni di cotone e mais ogm approvate dalla commissione europea, di cui 4 nuove. L’ultima, quella che riguarda il mais Mon810, interessa invece il rinnovo di un’autorizzazione pre-esistente.Tre le varietà geneticamente modificate di mais, due quelle di cotone.

Sono 5 le sigle di prodotti ogm approvati:

  • Cotone 281-24-236 x 3006-210-23 x MON 88913;
  • Cotone GHB 119;
  • Mais Bt11 × 59122 × MIR604 × 1507 × GA21;
  • Mais DAS-40278-9;
  • Mais MON 810.

Le autorizzazioni, che resteranno in vigore per i prossimi 10 anni, valgono per uso alimentare e per l’utilizzo degli ogm nei mangimi.

I prodotti OGM approvati sono passati attraverso una completa procedura di autorizzazione, inclusa una valutazione scientifica da parte dell’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare”, leggiamo sul sito ufficiale dell’Unione. “Ciascuno dei prodotti derivati da tali OGM sarà soggetto alle rigorose regole dell’UE su etichettatura e tracciabilità”.

Il parere positivo della Commissione è arrivato dopo che gli Stati Membri avevano espresso un voto “no opinion” (nessuna opinione) nelle sedi competenti, i Comitati Permanente e d’Appello. A quanto pare, la conflittualità esistente tra i diversi Paesi UE sulla questione, ha impedito il formularsi di una posizione comune sulle nuove varietà di cotone e mais ogm approvati.

Cotone e mais ogm: gli ultimi voti sfavorevoli del Parlamento

L’approvazione da parte della Commissione arriva malgrado negli ultimi mesi il Parlamento europeo abbia reiterato più volte il proprio parere negativo all’importazione di prodotti ogm, anche se di altro tipo.

Ad aprile, l’istituzione di Strasburgo aveva affermato la propria contrarietà su 5 varietà di mais ogm: Bt11, 59122, MIR604, 1507 e GA21. In quell’occasione, la maggioranza per il voto sfavorevole era stata piuttosto ampia: 426 parlamentari contro 230, con 38 astensioni.

Ancora a maggio gli eurodeputati avevano detto chiaramente no a mais e cotone ogm con due distinte votazioni. In questo caso, i prodotti erano il mais Das-40278-9 e il cotone Ghb 119.

In entrambi i casi, si votava per la sospensione dell’autorizzazione al commercio, con approvazioni ad ampia maggioranza: 435 favorevoli e 216 contrari nel primo caso (34 astenuti) e 425 favorevoli con 230 contrari (27 astenuti) nel secondo.

FONTI:

http://www.informatoreagrario.it/ita/News/scheda.asp?ID=3403

http://europa.eu/rapid/press-release_MEX-17-1908_en.htm

http://www.suoloesalute.it/europarlamento-dice-stop-agli-ogm-no-al-mais-geneticamente-modificato/

http://agronotizie.imagelinenetwork.com/agricoltura-economia-politica/2017/05/19/mais-e-cotone-ogm-il-parlamento-ue-si-oppone-all-importazione/54199

Fusione Bayer-Monsanto, chiesta autorizzazione a UE. Gli ambientalisti: “Un matrimonio all’inferno”

La multinazionale tedesca Bayer AG ha richiesto ufficialmente all’Unione Europea l’approvazione della fusione con Monsanto.

L’operazione era stata chiusa nel settembre del 2016. Il colosso chimico e farmaceutico tedesco pagava 128 dollari per azione per accaparrarsi il colosso americano delle sementi e degli agrofarmaci. Costo totale dell’operazione: 66 miliardi di dollari.

Il gigante dell’agrochimica nato dalla fusione, se questa dovesse essere definitivamente approvata, controllerà il 24% del mercato dei pesticidi e il 29% del mercato dei semi.

Fusione Bayer Monsanto: la parola passa all’UE

Sarà ora la Commissione europea a doversi esprimere sulla richiesta di autorizzazione per la fusione. In un comunicato Bayer, che ha annunciato la richiesta presentata dalla multinazionale, i vertici del colosso tedesco hanno dichiarato di voler continuare “a lavorare a stretto contatto con le autorità europee per chiudere l’acquisizione prima della fine del 2017”.

La decisione della Commissione dovrebbe arrivare entro la fine del 2017. Intanto, Carles Esteva Mosso, vice direttore generale con delega alle fusioni presso il dipartimento per la competitività della Commissione, ha rilasciato alcune dichiarazioni in merito all’accordo.

Sottolineando che sarebbe sbagliato pensare che l’accordo porterà a soli 4 competitor globali il numero di aziende che si occupano di difesa delle coltivazioni. Infatti, spiega, “per l’80% dei raccolti europei sono già 4 o meno i player globali capaci di produrre e innovare”.

Trattandosi di una fusione tra aziende di diversa nazionalità, la Bayer ha dovuto richiedere un’autorizzazione specifica anche dagli Stati Uniti. Secondo Bloomberg, il Dipartimento della Giustizia americano potrebbe chiederealla multinazionaledi vendere alcuni asset prima di consentire la manovra, con l’obiettivo di ridurre le preoccupazioni in termini di competitività.

Come si muoverà invece l’Unione Europea? Difficile a dirsi. Di recente, la Commissione ha approvato la mega-fusione tra Dow e DuPont, un affare da 130 miliardi di dollari,dopo che quest’ultima ha assicurato alle istituzioni europee importanti disinvestimenti nel business degli agrofarmaci.

Fusione Bayer-Monsanto: “Un matrimonio all’inferno”

Friends of the Earth Europe, network ambientalista continentale, ha indirizzato una lettera alla Commissione Europea a nome di più di 200 organizzazioni che rappresentano coltivatori, allevatori, apicoltori e sigle ambientaliste, per fermare la l’accordo tra Bayer e Monsanto.

Questa fusione sarebbe un matrimonio all’inferno, ha dichiarato Adrian Bebb di Friends of the Earth. “Bayer e Monsanto detengono già un potere enorme sui nostri sistemi agroalimentari e la loro unione sarebbe una pessima notizia per cittadini, coltivatori e ambiente”. Tutti gli occhi, ora, sono puntati su Margrethe Vestager, Commissario Europeo alla Concorrenza. Bebbe scrive che Vestager “deve fermare questa fusione per impedire alle mega-corporation di impossessarsi di una fetta ancora più grande delle nostre campagne e della nostra filiera alimentare”.

FONTI:

http://www.ansa.it/canale_terraegusto/notizie/business/2017/06/30/bayer-chiesta-lautorizzazione-allue-per-la-fusione-con-monsanto_1e8f2f8d-b8e6-4f7d-b0b3-1277e0ab2cb9.html

http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2016-09-14/verso-l-accordo-la-fusione-bayer-e-monsanto-124141.shtml?uuid=ADmdsIKB

http://www.affaritaliani.it/affari-europei/la-commissione-ue-analizzeremo-la-fusione-bayer-monsanto-440929.html?refresh_ce

https://www.theguardian.com/global-development/2017/mar/27/eu-greenlights-dow-dupont-mega-merger-food-security-fears-climate-change

https://www.bloomberg.com/news/articles/2017-06-30/bayer-seeks-eu-blessing-for-66-billion-monsanto-takeover

http://www.foeeurope.org/monsanto-bayer-notify-eu-plan-merge-300617

Glifosato: 1,3 milioni di firme raccolte per dire no all’erbicida

Un milione e 320mila adesioni. È questo il risultato della raccolta firme messa in campo dalla Ice (Iniziativa dei cittadini europei) per mettere definitivamente al bando l’erbicida Monsanto, il più usato al mondo.

Secondo le regole europee, ora la Commissione dovrà obbligatoriamente vagliare la proposta.

La Coalizione #StopGlifosato, che ha raccolto le adesioni in Italia, parla di “segnale forte”. In primis al governo italiano e poi alle istituzioni di Bruxelles.

L’erbicida al bando: le firme raccolte

Presentata ufficialmente il 25 gennaio scorso, la petizione dell’Ice ha raggiunto in pochi mesi il risultato di un milione di adesioni. Oggi sono 1,32 milioni i cittadini europei che hanno dichiarato la propria contrarietà all’erbicida. Sono state un milione e 80mila le firme raccolte online, a cui si sono aggiunte le 237mila che sono arrivate materialmente, attraverso i banchetti sparsi in tutta Europa.

Nello specifico, la proposta ha l’obiettivo di fermare il processo di ri-autorizzazione del glifosato, prodotto chimico realizzato e commercializzato da Monsanto. Nel giugno del 2016, l’Unione Europea aveva rinnovato l’autorizzazione al prodotto fino alla fine del 2017. Ora è necessaria una nuova autorizzazione per continuare a utilizzare gli erbicidi che contengono questo formulato. Una autorizzazione che le associazioni ambientaliste vogliono fermare a tutti i costi.

La Commissione europea è ora obbligata a prendere in esame la richiesta. Secondo le regole comunitarie, infatti, se una proposta popolare raggiunge entro un anno il milione di firme, provenienti da almeno 7 Paesi Ue, le autorità non possono rifiutarsi di vagliarle.

Invitiamo la Commissione europea a rispettare le richieste dei firmatari rifiutando una nuova licenza per il glifosato”, ha rimarcato Greenpeace pochi giorni fa.

Anche l’Italia dice no all’erbicida

C’è soddisfazione nelle parole di Maria Grazia Mammuccini, portavoce della Coalizione StopGlifosato, che raccoglie 45 associazioni italiane. La coalizione si è impegnata, negli ultimi 4 mesi, a raccogliere firme per aderire all’iniziativa Ice.

L’Italia ha dato un suo importante contributo con oltre 73mila firme, superando di molto il quorum di 54mila necessarie, in appena quattro mesi di campagna”, spiega Mammuccini. “È merito dei cittadini che si sono mobilitati e delle organizzazioni che hanno aderito alla campagna”.

Nella nota, la Coalizione ricorda come l’erbicida sia stato giudicato come “probabile cancerogeno” da Iarc, Agenzia internazionale di ricerca sul cancro. Un pronunciamento chiaro, che poi è finito “in un processo di revisione di organismi europei (EFSA, ECHA) che ha colpito l’opinione pubblica per mancanza di chiarezza sui conflitti di interesse dei board scientifici, oltre che per l’inclusione nella valutazione delle ricerche non pubblicate pagate dalla multinazionale che produce il glifosato”.

Come spiega ancora Mammuccini, il risultato della raccolta firme è un segnale non solo per le istituzioni europee. Anche il governo italiano è fortemente chiamato in causa:

«Il risultato raggiunto è un segnale che rimandiamo forte e chiaro al Governo e al Ministro delle Politiche agricole. L’Italia, un paese che è all’avanguardia sull’agricoltura di qualità e sul biologico, deve fare la sua parte per vietare il glifosato e fermare metodi pericolosi e inadatti alla sua vocazione. Il ministro Martina e il suo dicastero inoltre non hanno ancora dettagliato in cosa consiste il cosiddetto Piano Nazionale Glifosato Zero, annunciato lo scorso anno. Sulla scorta dei risultati raggiunti dall’Ice, chiediamo che venga fatta chiarezza sul piano annunciato».

Mammuccini chiede infine “un incontro con il ministro Martina e che il Governo ufficializzi il prima possibile la posizione che intende adottare in sede europea per quanto riguarda il negoziato sul glifosato”.

FONTI:

http://www.feder.bio/comunicati-stampa.php?nid=1194

http://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/istituzioni/2017/06/15/iniziativa-cittadini-ue-su-glifosato-a-quota-1-mln-di-firme_5c226603-5c31-4675-ac07-03dd6fab9891.html

http://ec.europa.eu/citizens-initiative/public/initiatives/open/details/2017/000002

Decreto Legislativo sui controlli del biologico approvato dal CdM: la posizione di Suolo e Salute

 controlli

Comunicato Stampa  n.4/2017   –  28.06.2017

L’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri dello schema di decreto legislativo recante “disposizioni di armonizzazione e razionalizzazione della normativa sui controlli in materia di produzione agricola e agroalimentare biologica” impongono a tutto il settore del biologico ed agli OO.d.c. autorizzati ad operare nello schema di certificazione una seria riflessione sui ruoli e sulle modalità di realizzazione del controllo così come delineati dal testo della norma adottanda.

Se per un verso, infatti, la riforma del D.Lgs 17 marzo 1995 n. 220 era atto necessario, appare fondamentale rivendicare oggi un ruolo da protagonista per gli OO.d.c. autorizzati che sul campo saranno poi chiamati – insieme agli operatori – ad applicare le nuove regole. Non può, quindi, che auspicarsi una concreta e fattiva concertazione tra tutti i soggetti coinvolti.

Da più parti, dopo l’adozione dello schema di D.Lgs., si sono sollevate perplessità su diversi punti della norma: molte sono condivisibili, altre meno pertinenti.
Ed anche Suolo e Salute srl, dal canto suo, ritiene di richiamare l’attenzione del settore su taluni punti davvero preoccupanti.

 Il comma 9 dell’art. 4 del testo approvato in CdM impedisce “… l’attività di controllo sul medesimo operatore per un periodo superiore a cinque anni …”.
La previsione appare illogica atteso che la validità e la efficacia di un sistema di controllo si incentra sulla (e si misura dalla raggiunta) positiva e virtuosa sinergia tra controllato e controllore. Da capire poi come gli OO.d.c. soggetti a migrazioni di migliaia di operatori controllati in ingresso ed in uscita, possano garantire l’efficacia, l’efficienza, la tempistica dei controlli ed il rispetto dei requisiti generali e specifici elencati a titolo esemplificativo, sia dalla ISO/IEC 17065:2012 sia dal Decreto 15 aprile 2013, n. 8799 (stabilità finanziaria, infrastrutture minime, adeguata struttura organizzativa, requisiti del personale, etc). Seri dubbi di costituzionalità, poi, investono la medesima previsione normativa che lede apertamente il caposaldo costituzionale della libertà di impresa; senza dire che l’imposta rotazione attenta chiaramente al principio della libera concorrenza.

Inoltre, stabilita la necessità di mutare o.d.c. ogni quinquennio, la previsione normativa nulla regola e si limita ad un mero auspicio (“… gli organismi di controllo favoriscono il passaggio degli operatori …”) per altro pleonastico dal momento che esiste già una specifica norma che regola il transito ad altro o.d.c. (D.M. n. 10071/2012).

Si deve, ancora, rilevare che non si coglie la necessità di tale drastico intervento sul sistema di certificazione che lo scorso anno – Report ICQRF attività 2016 – presenta un tasso di operatori irregolari del 7,4% con una percentuale di prodotti non conformi pari al 5,7%, ben al di sotto delle altre certificazioni regolamentate che marcano rispettivamente il 20,7% degli operatori ed il 22,9% dei prodotti per le denominazioni di origine dell’area food ed il 35,2% degli operatori ed il 23,6% dei prodotti per i vini, come evidenzia lo stesso report dell’ICQRF.

I dati certificano la sostanziale affidabilità del sistema di certificazione del biologico in atto nel nostro Paese e, quindi, non si riesce a comprendere la ragione di una siffatta normativa.
 L’art. 8 dello schema di D.Lgs. de quo prevede in rubrica “… sanzioni amministrative pecuniarie a carico degli organismi di controllo …” mentre i commi dell’articolo in esame chiaramente fanno riferimento a persone fisiche che svolgano funzioni di “… rappresentanza, amministrazione o direzione dell’organismo di controllo, o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia funzionale …”.

La previsione di legge licenziata dal CdM – sul punto – soffre di evidente contraddittorietà ed ambiguità, senza percepire la complessità del processo di certificazione che si articola in tanti processi operativi in successione tra di loro.
La letterale applicazione dei commi dell’art. 8 rischia di comminare una molteplicità di sanzioni a fronte di un unico evento e/o fatti: omissivi o potestativi che siano.

I costi a fronte di sanzioni – per gli OO.d.c. – rischiano, così, di lievitare in maniera esponenziale.

 L’art. 5, comma 2, dello schema di D.Lgs. approvato definisce come documento giustificativo una documentazione probante che sembrerebbe assommare anche i contenuti del certificato di conformità: documento, questo, palesemente non abrogato così come non risultano abrogati gli artt. 6 e 7 del D.M. 18321 del 09.08.2012.

Tutte le questioni qui poste, congiuntamente ai contributi offerti da altri soggetti interessati necessitano di un ampio confronto dei soci Federbio e, soprattutto, all’interno della sua Sezione Soci OO.d.c.
Si auspica che tale confronto possa essere fattivo, propositivo e scevro da ogni preconcetto nei confronti di tutti gli attori di questa mutazione epocale che andrà ad investire – nei prossimi mesi – il sistema dei controlli del biologico in Italia.

 

Mipaaf: 500mila euro per progetti contro lo spreco alimentare

Spreco alimentare: il Mipaaf mette a disposizione 500 mila euro per progetti innovativi volti alla limitazione degli scarti e dei residui dalla ristorazione e dalla filiera agroalimentare.

A darne conferma lo stesso Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali con un comunicato sul suo sito ufficiale.

Spreco alimentare: i dettagli del bando

Il bando contro lo spreco alimentare prevede lo stanziamento complessivo di 500 mila euro. Ogni progetto ammesso sarà finanziato con un massimo di 50 mila euro.

I progetti dovranno riguardare:

  • il miglioramento del processo produttivo finalizzato alla prevenzione o diminuzione delle eccedenze dei prodotti agricoli, nella raccolta o distribuzione;
  • azioni di ricerca e sviluppo tecnologico per il prolungamento della durata dei prodotti agroalimentari;
  • la creazione di software per l’uso intelligente del magazzino industriale, la limitazione degli sprechi e il recupero delle eccedenze nella ristorazione e nell’ambiente domestico;
  • il recupero e il riutilizzo di sottoprodotti derivanti dalla raccolta, lavorazione o preparazione degli alimenti;
  • il recupero dei prodotti invenduti e destinati a mercati rivolti a fasce meno abbienti;
  • il recupero degli alimenti da destinare agli indigenti, anche attraverso l’ausilio del servizio civile internazionale.

Chi può partecipare al bando

Il bando è rivolto a:

  • enti pubblici, università, organismi di diritto pubblico e soggetti a prevalente partecipazione pubblica;
  • associazioni, fondazioni, consorzi, società, anche in forma cooperativa e imprese individuali;
  • soggetti iscritti all’Albo nazionale e agli Albi delle Regioni e delle Province autonome dell’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile.

I progetti potranno essere presentati entro il 21 luglio 2017.

Spreco alimentare: Italia nona in classifica

Secondo dati WWF, ogni anno, circa 1,3 miliardi di tonnellate di cibo vengono sprecate. Ben un terzo della produzione mondiale e circa quattro volte la quantità di cibo necessaria a sfamare le quasi 800 milioni di persone denutrite sul Pianeta. Nella speciale classifica stilata su 25 Paesi in termini di “Cibo perso e sprecato”, l’Italia occupa il nono posto, anche se nell’ultimo anno sono stati registrati miglioramenti, soprattutto nelle politiche adottate.

«La legge contro gli sprechi alimentari approvata lo scorso anno – ha commentato il Ministro Maurizio Martina –  ha reso più semplici le donazioni, permettendoci di recuperare sempre più cibo in favore degli indigenti. L’Italia ha lavorato tanto in questa direzione introducendo novità importanti come ad esempio il tavolo anti-sprechi che riunisce operativamente istituzioni, imprese ed enti caritativi. Ma c’è ancora molto da fare e questo bando pubblico è uno strumento fondamentale per trovare soluzioni innovative e sostenere la diffusione di buone pratiche. Ci aspettiamo un contributo importante di idee soprattutto dai giovani».

Fonti:

https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/11431

http://www.repubblica.it/solidarieta/cibo-e-ambiente/2017/02/03/news/spreco_alimentare_si_buttano_1_3_miliardi_di_tonnellate_di_generi_prima_ancora_che_arrivino_a_tavola-157492681/